Età Tolemaica, Mai cosa simile fu fatta

FIGURA DI REGINA

Provenienza incerta
Argento con doratura
Altezza 24, 5 cm
Brooklyn Museum of Art, New York

I lineamenti idealizzati di questa figura, la parrucca ripartita con le lunghe masse frontali di capelli ( di cui una sola visibile), le forme generose e il seno abbondante ne indicano chiaramente l’appartenenza all’Età Tolemaica.

Il copricapo è danneggiato, ma aveva sicuramente forma di avvoltoio, quindi caratteristico di regine o dee.

La figura Indossa un abito senza maniche con bretelle, una collana, bracciali.

L’aspetto più interessante dell’abbigliamento è l’avvoltoio che con le ali aperte le avvolge la parte inferiore del corpo : le penne e la coda sono visibili sulla coscia.

La figura è i rilievo, con dettagli incisi, le gambe sono andate parzialmente perdute.

Fonte: Egitto 4000 anni di arte – Jaromir Malek – Edizioni Phaidon

Foto: Brooklyn Musuem New York

Età Tolemaica, Mai cosa simile fu fatta

TESTA DI GIOVANE UOMO

Provenienza incerta (Alessandria)
Grovacca
Altezza 24,5 cm
British Museum, Londra

Testa di giovane uomo.

Dal punto di vista artistico l’età Tolemaica fu molto feconda.

Sculture di puro stile egizio venivano realizzate accanto ad altri di tradizione greca.

Molte statue egizie erano idealizzate, altre invece naturalistica.

L’opinione prevalente è che le statue più realistiche non fossero veri ritratti di individui, ma rappresentazione di “tipi”.

Sicuramente ciò vale per le statue create precedentemente, durante l”epoca faraonica, ma la diversità delle fisionomia della statuaria naturalistica tolemaica è tale da mettere in dubbio questa ipotesi.

.È appurato l’esistenza di un’intenzione fra le sculture in stile egizio e quelle in stile ellenistico, e alcune presentano una commissione di stili.

Il viso dai tratti femminili del giovane potrebbe appartenere a entrambi gli stili, o essere una sintesi di entrambi.

Il contrasto fra il viso levigato e i capelli si riscontra in molte statue egizie.

Fonte

Egitto 4000 anni di arte – Jaromur Malek – Edizioni Phaidon

Foto: British Museum Londra

Età Tolemaica, Mai cosa simile fu fatta

MASCHERA FUNERARIA

Epoca Tolemaica – Romana
Altezza 42 cm
Assiut
Museo Egizio di Torino S. 11059

Maschera funeraria Cartonnage

L’imbalsamazione fu praticata in Egitto fino alla tarda epoca imperiale romana.

Le mummie di questo periodo mostrano una particolare cura nella fasciatura e presentano maschere funebri in cartonnage o veri e propri ritratti su tavola di legno, posizionati in corrispondenza del volto ( noti come “ritratto del Fayyum, che vi descriverò prossimamente).

Fonte e fotografia

Museo Egizio di Torino – Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino – Franco Cosimo Panini Editore

Età Tolemaica, Mai cosa simile fu fatta

IL PAPIRO DI EFANKH

Epoca Tolemaica
Lunghezza 1912 cm – Altezza 30 cm
Collezione Drovetti – Museo Egizio di Torino C. 1791

Nell’immaginario collettivo i papiri, insieme alle mummie, sono i manufatti associati all’antico Egitto.

Effettivamente questa grande civiltà produsse un’ enorme quantità di documenti scritti, molti su papiro, inerenti tutti gli aspetti della vita quotidiana: lettere, testamenti, opere letterarie, atti giudiziari, mappe, testi religiosi.

Tra questi ultimi una posizione di primo piano spetta al cosiddetto Libro dei Morti, una raccolta di formule religiose scritte con inchiostro nero e rosso, corredato da illustrazioni policrome, che a partire dal Nuovo Regno faceva regolarmente parte dei corredi funerari dei personaggi abbienti.

La conoscenza delle varie formule che componevano la silloge avrebbe dovuto aiutare il defunto a superare gli ostacoli che questi poteva incontrare nel suo cammino verso l’aldilà.

Tra i vari ” capitoli” in cui è stato convenzionalmente suddiviso il Libro dei Morti, il più noto è certamente il 125 relativo alla psicostasia o pesatura dell’anima.

Nella raffigurazione ad essa associata, qui estratta dal Libro dei Morti di Efankh, è raffigurato il tribunale divino, composto da 42 giudici e presieduta da Osiride in trono.

Al cospetto di queste e altre divinità viene pesato su una bilancia il cuore del defunto che, se innocente, avrà accesso al mondo ultra terreno dove inizierà la sua nuova vita eterna.

Nelle scene di psicostasia l’esito della pesatura viene registrato per scritto, come in un vero processo.
È Thot, il dio della scrittura è della conoscenza, che si occupa di questa operazione.
Thot è raffigurato con la testa del suo animale sacro, l’ Ibis, intento ad annotare il verdetto utilizzando i tipici strumenti degli scribi, ed è inoltre rappresentato sotto forma di babbuino sopra la bilancia.

La bilancia, il fulcro dell’intera scena, è composta da due piatti sui quali sono posti l’immagine della dea della giustizia Maat, a sinistra e il cuore di Efankh, a destra, che deve risultare più leggero del suo contrappeso affinché il defunto sia salvo.
Le due divinità sotto la bilancia sono Anubi, a sinistra, il dio dell’imbalsamazione e delle necropoli, e Horus, a destra, figlio di Osiride.

Se il cuore posto sulla bilancia non supera la prova della pesatura e risulta più pesante del simbolo di Maat la piuma, il defunto è condannato a una seconda e definitiva morte che non gli consentirà l’accesso alla vita eterna.
In questo caso il suo cuore viene divorato da un essere mostruoso e ibrido, noto come “la grande divoratrice”, raffigurato con la testa di coccodrillo e il corpo metà di leone e metà di ippopotamo.

Fonte

I grandi musei: il Museo Egizio di Torino – Silvia Einaudi – Electa

Età Tolemaica, Mai cosa simile fu fatta

PANNELLO INTARSIATO

Epoca Tolemaica
Legno e pasta vitrea – 17,2 x 20,5 cm.
Scavi di C. Anti a Tebtynis
Museo Egizio di Torino – S. 18155

Nella collezione del Museo Egizio torinese sono confluiti anche i reperti recuperati dal professore padovano Carlo Anti, durante i suoi Scavi effettuati negli anni 1930 – 1933 a Tebtynis, nel Fayyum.

La località è nota per aver restituito una grande quantità di materiali risalenti soprattutto all’epoca greco-romana, quand’essa divenne un importante centro agricolo e religioso con abitazioni, botteghe, strade, bagni pubblici e un importante santuario consacrato a Soknebtynis.

Tra gli oggetti rinvenuti a Tebtynis vi è anche questo pannello ligneo, probabilmente parte di una cassetta, che è di per sé un piccolo capolavoro di artigianato.

Nel legno sono stati inseriti intarsi di pasta vitrea colorata: blu rossa e azzurra, che raffigurano quattro figure stanti.

Da sinistra verso destra si riconoscono la dea Hathor, il dio bambino Arpocrate, il faraone con la doppia corona e infine una divinità femminile.

La scena è collocata sotto l’immagine stilizzata di un cielo stellato su cui domina il disco solare alato.

L’eccezionalità del reperto sta soprattutto nella raffinata e meticolosa lavorazione di alcuni piccoli dettagli quali le rosette e il panneggio dell’abito della dea all’estremo destra, le striature del suo copricapo ad alte piume o i piccoli intarsi che formano le di Arpocrate e del sovrano.

Fonte: I grandi musei: Torino Museo Egizio – Silvia Einaudi – Electa

Foto: Museo Egizio di Torino

Età Tolemaica, Mai cosa simile fu fatta

SARCOFAGO DI PETOSIRI

Legno con intarsi in pasta vitrea
Altezza 195 cm
Museo Egizio del Cairo – JE 46592

Sarcofago di Petosiri, sommo sacerdote del dio Thoth, dalla sua tomba a Tuna el-Gebel

Gli Egizi vivevano in un’ambiente variopinto e i colori vivaci e la policromia aveva un ruolo importante anche nelle iscrizioni geroglifiche sui monumenti, nei rilevi e nelle sculture.

La scelta cromatica seguiva modelli predefiniti.

La decorazione della cappella di Petosiri era a rilievo, con una commistione di stile ellenistico ed egizio, ma il sarcofago ligneo antropomorfo è in puro stile egizio.

Il sarcofago si trovava dentro ad un altro sarcofago in pietra, e le iscrizioni su di esso sono tratte dal Libro dei Morti.

I geroglifici sono intarsiati in pasta vitrea policroma, si tratta di una tecnica insolita per i sarcofagi, è un segno dei progressi compiuti nella produzione di decorazioni intarsiate in pasta vitrea durante il periodo Tolemaico.

Fonte

Egitto 4000 anni di arte – Jaromir Malek Edizioni Phaidon

Età Tolemaica, Mai cosa simile fu fatta

SARCOFAGO PER GATTO

Provenienza sconosciuta
Bronzo
Lunghezza 52 cm.
Rijsmuseum van Oudheden, Leida

Secondo la mitologia, alcune divinità avevano aspetto teriomorfo e i loro templi comprendevano allevamenti dell’animale adorato nella località.

Alla dea Bastet era associato il gatto e i suoi templi maggiori si trovavano a Bubasti e a Menfi.

I sarcofagi per animali erano disponibili in diverse forme e misure, il più costoso era realizzato in bronzo, nella bottega del tempio

La forma poteva essere a scatola, con la figura di un animale sopra di essa; in questo modo il sarcofago ricorda un piedistallo, associazione riconosciuta ed enfatizzata dagli artisti creatori.

La forma ricordava inoltre il modo standard di rappresentare il contenuto di una scatola nell’arte bidimensionale, che era quello di riprodurlo sopra di essa.

Fonte

Egitto : 4000 anni di arte – Jaromir Malek – Phaidon

Età Tolemaica, Mai cosa simile fu fatta

SARCOFAGO PER IBIS

Provenienza sconosciuta
Legno, argento, oro, cristallo di rocca
Età Tolemaica
Lunghezza 58,7 cm
Brooklyn Museum of Art, New York

Le Divinità legate ad animali diventano estremamente popolari durante la seconda metà del I millennio a. C.

Annessi ai templi si trovavano speciali allevamenti e grandi necropoli in cui i corpi mummification potevano essere sepolti.

Le tombe erano spesso gallerie scavate nella roccia i cui si deposita ano piccoli sarcofagi o urne contenenti le mummie degli animali.

Radiografia del sarcofago che mostra la mummia dell’ibis all’interno

Il dio Thot era personification dal babbuino e dall’ibis, ed era la divinità principale venerata a Ermopoli Magna, oggi El-Ashmu-nein, nel Medio Egitto.

Le statuette di Ibis hanno spesso il corpo in legno o Cartonnage, materiale simile alla cartapesta e realizzato applicando strati successivi di lino, papiro, collante e stucco

La testa e le zampe erano in metallo, solitamente in bronzo, o in argento, come in questo caso.

Queste statuette altro non erano che sarcofagi per ibis, nei quali l’uccello mummificato veniva introdotto attraverso un’apertura sulla schiena.

L’ibis è rappresentato congrande realismo e cura dei dettagli nel modellato di testa e zampe.

Fonte

Egitto 4000 anni di arte – Jaromir Malek – Edizioni Phaidon

Foto: Brooklyn Museum di New York

Età Tolemaica, Mai cosa simile fu fatta

STATUA DI PENEMERIT

Basalto, regno di Tolomeo XIII

La testa fu trovata nel 1861 da Auguste Mariette, il torso fu trovato nel 1937 da Montet a Tanis

Il torso si trova al museo del Louvre E 15683, qui è conservato anche il moulage, cioè il calco.

La testa si trova al al Museo del Cairo CGC 27493 JE 15154.

Panemerit visse durante il regno di Tolomeo XIII

Questa foto, fatta al Louvre, mostra la statua come doveva essere originariamente.

Sul torso è stato assemblato il calco della testa.

È un vero peccato, che le due parti della stessa statua, siamo separati e si trovino in due musei distinti.

La prima foto di Mariette della testa datata 1872 – Musée de Boulaq,

Foto di Werner Forman/Universal Images Group/Getty Image

https://accademia.edu/resource/work/42854535

Età Tolemaica, Mai cosa simile fu fatta

STATUETTA DI SOVRANO CON CORPO DI FALCO

Periodo Tolemaico
Faience, altezza cm 18
Provenienza sconosciuta
Leida, Rijsmuseum van Oudheden – F 1937/6.9

Il faraone regnante era considerato l’incarnazione del dio Horus, che di solito si manifestava in forma di falco.

Per questo motivo veniva associato al cielo, ai corpi celesti e al concetto stesso di sovranità.

L’intima assimilazione tra il re e il falco è un tema concepito già dai primissimi faraoni.

Il nome regale era iscritto all’interno di una facciata di palazzo sormontata dal falco di Horus.

In forma monumentale, tale tema fu espresso per la prima volta dal sovrano Chefren, il costruttore della seconda piramide di Giza.

Una maestosa statua seduta, oggi conservata al Museo del Cairo , lo ritrae seduto, con il falco appollaiato in cima allo schienale del trono nell’atto di circondargli la testa con le ali.

Successivamente, il tema si sviluppò in un’associazione sempre più intima tra uomo e animale, come ben illustra la statuetta seduta della fotografia, risalente all’epoca tolemaica.

Vista frontalmente, essa non mostra altro che un sovrano seduto su un trono basso con indosso il copricapo regale, nemes, e un corto gonnellino.

La veduta posteriore mostra un corpo umano trasformato nella schiena, nelle ali e nella coda di un falco.

Fonte e fotografie

  • I Faraoni a cura di Christiane Ziegler, Bompiani
  • Rijsmuseum van Oudheden