III Periodo Intermedio, Mai cosa simile fu fatta

BUSTO DI UN DIGNITARIO

Grovacca, 16,5x9x7 cm
Epoca Tarda, XXVI Dinastia – Provenienza ignota
Museo Egizio di Torino, Vecchio fondo ( 1824-1888). C. 1393

Questo busto maschile, che porta spalla il cartiglio di un sovrano di nome Psammetico, illustra lo stile caratteristico della XXVI Dinastia, con un’estrema levigatezza della superficie, che appare quasi vellutata, e lineamenti cesellati con grande finezza, che emergono con precisione.

  

Si osserva una cura per il virtuosismo nell’uso dello scalpello e nel levigare le pietre, una raffinatezza e un equilibrio che, tuttavia, non riescono ad evitare un certo accademismo, la sensazione di una perfezione un po’ fredda.

Le statue di questo periodo presentano un volto ovale, con guance allungate, occhi posizionati in alto le linee del khol chiaramente indicate con un disegno quasi orizzontale.

Fonte

Le statue del Museo Egizio di Torino – Simon Connor – Franco Cosimo Panini Editore.

III Periodo Intermedio, Mai cosa simile fu fatta

IL RECUPERO DELLA TRADIZIONE

La Statuaria e il recupero eclettico della tradizione.

Nell’ultima, lunga fase dell’età faraonica si incontrano e confrontono diverse tradizioni, con un denominatore comune: recuperare, ritrovare, salvare la propria identità.

Nella produzione statuaria si hanno esiti diversificati: la tradizione risulta come vivificata da nuovi rapporti, rivissuto nella sostanza e rapporta alla attualità e riprodotta fedelmente, come se ci si volesse riconoscere solo in quello che risale a tempo addietro.

Non sono pochi gli esemplari che sono datati come risalenti, per esempi, al Medio Regno, e che attenti esami hanno convito a far “scendere” di ben più di mille anni.

Anche in questa ricerca formale si scorge qualcosa di nuovo: la ricerca della perfezione e l’attenzione ai giochi di luce fanno intuire un’altra maniera di porsi davanti a un oggetto e all’arte.

Si può notare che la funzione primaria delle statue, quella funeraria, è scomparsa: ormai la statua votiva in un tempio che funge da garanzia di protezione e continuità dei riti.

Inoltre sono rare, rispetto al passato le statue dei sovrani, e comunque non fuori mura.

Scarsi sono, al momento, i reperti del periodo delle Dinastia XXI-XXIV, ma dalla XXII Dinastia c’è ne sono giunti di sorprendenti, che mostrano fra l’altro la maestria nella lavorazione del metallo.

Oltre a immagini di dimensioni ridotte raffiguranti divinità, si trovano figure di personaggi femminili nelle quali quali risulta tipica e curata la decorazione della superficie del bronzo in agemina di oro, rame e argento.

Nella pietra le figure femminili da sole sono rare, e una si impone per sommare in sé recupero del passato e “devianze” nuove: la nipote di Osorkon II ( XXII Dinastia), Shebensopdey, ebbe l’onore di avere una statua di granito a Karnak da parte dello sposo.

Il tipi statuari adottati sono strettamente limitati dalla collocazione quasi esclusivamente templare; domina la Statua-cubo, oppure il personaggio seduto in posa detta assimetrica, con un ginocchio in alto, l’altra gamba appoggiata a terra, o la posa dello scriba seduto a gambe incrociate.

Non c è dubbio che i sovrani nubiani debbano aver impresso un notevole impulso alla ricerca dei modelli canonici.

D’altra parte sembra nascere proprio in questa epoca un’attenzione per il ritratto non convenzionale centrato sulla resa delle caratteristiche individuali.

La caratterizzazione di alcune statue di sovrani nubiani risulta anche dalle novità del loro costume, che vollero evidentemente combinare con quello tradizionale egizio.

Nell’età saitica quando il peculiare era stato introdotto nella produzione artistica dai nubiani fu ripudiato, mentre furono perfezionato la tendenza all’ arcaismo e l’aspetto idealizzante.

Tali qualità si combinarono con una scultura curata e sopratutto una finitura molto ricercata che ne costituisce lo spirito dominante.

Fonte

  • L’arte egizia – Alice Cartoccio, Gloria Rosati – Giunti
C'era una volta l'Egitto, III Periodo Intermedio, XXV Dinastia

LA XXV DINASTIA

Di Piero Cargnino

I  FARAONI NERI – ALARA e KASHTA

Con la XXV dinastia si concluderà finalmente, dopo oltre 400 anni, quel triste periodo della storia egizia che va sotto il nome di “Terzo Periodo Intermedio”. Iniziato infatti con la XXI dinastia che vide al potere in Egitto i principi libici discendenti di quelle genti libiche che erano entrate in Egitto come prigionieri di Ramses III e che si facevano chiamare “Grandi Capi dei Ma”, nome derivato da Mashuash, una delle più importanti tribù libiche.

Per quanto riguarda la XXV dinastia Manetone parla semplicemente di

Come detto più volte Manetone, o i suoi epitomi, vanno presi con le molle. In realtà i sovrani furono parecchi di più, la lista alla quale mi rifaccio ne riporta ben sette. Altra osservazione è che i re non erano etiopi, e, contrariamente a quanto si crede non erano neppure nubiani (o kushiti) anche se la loro provenienza è quella. Essi erano i discendenti dei sacerdoti tebani di Amon che erano fuggiti da Tebe all’epoca dell’anarchia rifugiandosi in Nubia, a Napata all’epoca della XXII dinastia.

In quel periodo i successori di Herithor resero ereditaria la carica di “Primo Profeta di Amon” che veniva sempre assegnata ai successori della stessa famiglia; i sacerdoti vennero allontanati dal potere da Sheshonq I. Pur col passare degli anni ed i vari matrimoni misti con le famiglie nobili locali, gli esiliati avevano fondato un regno egizianizzato, furono conservatori e tradizionalisti e veneravano Amon di Tebe in un tempio che era una copia di quello di Karnak. Da come li vediamo rappresentati nei dipinti e nelle sculture è evidente che ormai avevano assunto le fattezze  delle genti dell’Africa Subsahariana, carnagione scura, labbra e nasi carnosi ed i capelli ricci.

Il primo sovrano nubiano ad entrare in Egitto fu il già citato Pianki (o Piye), che sarà poi il vero fondatore della XXV dinastia, Il quale, come abbiamo già detto in precedenza, dopo aver sconfitto una coalizione che vedeva uniti  sovrani delle XXII, XXIII e XXIV dinastie, improvvisamente si ritirò a Napata dove poco tempo dopo morì. Vediamo dunque chi sono questi “faraoni neri”.

Questo sovrano viene considerato da alcuni come il diretto precursore della XXV dinastia anche se in realtà non era un re egizio; durante il suo regno non controllò mai alcuna regione dell’Egitto.

Alara era sicuramente un sovrano del regno di Kush, termine con cui gli egizi indicavano la Nubia, che si era formato in seguito al progressivo ritiro delle guarnigioni egizie durante la XXI dinastia e come tale fu il fondatore della dinastia reale Napatan. Non è chiara la ragione per cui viene inserito come il primo sovrano della XXV dinastia egizia.

I documenti nubiani che ci sono pervenuti parlano di un re che regnò molto a lungo, tanto che i suoi successori pregavano di avere un regno lungo come il suo. Alara era una figura molto riverita nella cultura nubiana ed è stato il primo re della Nubia di cui si conosce il nome. Fu un grande re per Kush, unificò tutta la Nubia da Meroe alla terza cateratta e fece di Napata la capitale religiosa della Nubia. Secondo la tradizione nubiana  il successore del sovrano in carica avveniva tra fratello e fratello, poi eventualmente da padre in figlio. In effetti il successore di Alara sarà il fratello Kashta che sarà il vero fondatore della XXV dinastia egizia.

La sua sepoltura ebbe luogo nel cimitero reale di El-Kurru nei pressi di Napata.

  

Alla morte di Alara il fratello Kashta gli succede sul trono di Kush ed in breve estende l’influenza nubiana su Elefantina e, forse a Tebe nonostante non sia possibile affermarlo con sicurezza.

Subito si attribuì il titolo di “Signore dell’Alto e Basso Egitto” fondando, di fatto, secondo Manetone, la XXV dinastia egizia (anche se a tutti gli effetti il vero fondatore fu Pianki). Se non conquistò realmente Tebe esercitò comunque una grande influenza in quella regione tanto che riuscì a far adottare una delle proprie figlie, Amenardis, dalla Divina Sposa di Amon, Shepenupet I, in modo tale che, succedendo a questa nella carica, avrebbe acquisito il più alto titolo sacerdotale e politico della regione tebana.

  

Alla sua morte Kashta fu sepolto a el-Khurru in una piramide nubiana.

Fonti e bibliografia:

  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
C'era una volta l'Egitto, III Periodo Intermedio

I FARAONI TEFNAKHT E BOCCORIS

Di Piero Cargnino

Vediamo ora nel dettaglio gli unici due sovrani della XXIV dinastia, gli ultimi di stirpe libica, anche se per quanto riguarda Tefnakht esistono dubbi sulla sua reale attribuzione alla stirpe libica.

TEFNAKHT

Shepsesra Tefnakht, come abbiamo già accennato in precedenza, era un principe che si era instaurato a Sais succedendo ad un oscuro Osorkon, del quale non si sa nulla. Manetone non cita questo sovrano, secondo alcuni perché era considerato un usurpatore; personalmente non lo credo, Manetone ha citato ben altri usurpatori che citare Tefnakht avrebbe fatto poca differenza.

Di lui abbiamo già parlato nel capitolo che trattava la XXIV dinastia quando, a capo di una  coalizione alla quale parteciparono diversi principi si oppose all’avanzata di Pianki. Sconfitto, ma non perseguitato dal suo avversario, Tefnakht  riorganizzato il suo esercito e riconquistò quasi tutti i territori perduti nella guerra. Fu forse in questo periodo che decise di assumere un titolo regale cambiando il suo praenomen in quello di Shepsesra.

Recentemente è stata scoperta una statua che Tefnakht fece costruire dedicandola ad Amon-Ra, sulla statua sono riportati numerosi dettagli sulle sue origini. Apprendiamo che Tefnakht era figlio di un certo Gemnefsutkapu e nipote di Basa, sacerdote di Amon nei pressi di Sais. Poiché Basa fu un sacerdote egizio pare ovvio supporre che le origini di Tefnakht fossero più probabilmente egizie piuttosto che libiche nonostante lui si considerava il “Capo dei Ma” e dei Libu”.

  

Quando ancora era principe a Sais, durante il regno di Sheshonq V, fece erigere due stele di donazione. Nella sua stele, dell’anno 38 di regno di Sheshonq V,  Tefnakht non pecca certo di umiltà, per indicare se stesso usa l’epiteto piuttosto eccessivo di “Gran Capo dell’intera Terra”, ma non guarda troppo nel sottile anche per i titoli religiosi dove si identifica come “Profeta di Neith, Edjo e la Signora di Imay”.

Le ulteriori vicende di questo sovrano si intrecciano con sovrani di dinastie precedenti e con altri successivi confondendosi in un guazzabuglio di ipotesi più o meno valide nelle quali preferisco non immergermi. Se poi aggiungiamo i dubbi sull’autenticità delle notizie che ci vengono riportate dagli epitomi di Manetone, direi che per quanto riguarda Tefnakht l’essenziale lo abbiamo detto.

BOCCORIS

Wahkara Bakenrenef Boccoris era un figlio di Tefnakht; successe al padre ma il suo regno fu breve – cinque o sei anni al massimo, la data più alta dove è citato si trova su una stele nel Serapeo di Saqqara e riporta l’anno sesto di regno. Ovvio che gli anni che gli assegna Eusebio di Cesarea, 44, sono da ritenere del tutto assurdi.

Diodoro Siculo e Plutarco lo definiscono un sovrano accorto ed innovatore, particolarmente per quanto riguarda i contratti relativi alla piccola proprietà fondiaria. In quanto alla situazione che si trovava a gestire non era certo delle più invidiabili, da sud i sovrani nubiani della XXV dinastia premevano nel tentativo  di riunificare nuovamente l’Egitto, da est facevano capolino gli Assiri di Sargon II.

Approfittando del fatto che dopo la sconfitta della coalizione guidata da suo padre Pianki si era ritirato a Napata e non costituiva più un problema almeno nell’immediato. Boccoris si rivolse dunque a est cercando di esortare alcuni principi palestinesi a ribellarsi al giogo assiro ed a formare una coalizione per combattere il nemico. Nacque così una sorta di coalizione rinforzata forse da un contingente egiziano ma il tentativo fallì e le truppe ribelli furono sconfitte a Qarqar. A questo punto, si mossero i nubiani, guidati dal figlio di Pianki, Shabaka, lasciata Tebe salirono a nord e, senza grande fatica, sconfissero definitivamente l’esercito egiziano. L’esito della battaglia ci viene riportato da Sesto Africano in poche parole:

Fonti e bibliografia:

  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, Warminster: 1996
  • Aidan Dodson w Dyan Hilton, “The Complete Royal Families of Ancient Egypt”, Thames & Hudson, London 2004
  • Jurgen von Beckerath, “Das Verhältnis der 22. Dynastie gegenüber der 23. Dynastie”, 2003
  • Dan’el Kahn, “La transizione dal governo libico a quello nubiano in Egitto: rivisitare il regno di Tefnakht”. Egyptologische Uitgaven Leiden 2009
C'era una volta l'Egitto, III Periodo Intermedio

LA XXIV DINASTIA

Di Piero Cargnino

Prima di aprire la XXIV dinastia, per correttezza, voglio citare alcuni nomi che ho trovato scorrendo tutte le liste reali della XIII dinastia, anche le meno affidabili, tolto Iuput II, del quale abbiamo accennato in precedenza, di quelli che seguono oltre a non trovarli citati in nessuna lista più o meno ufficiale, nella lista dove li ho trovati non viene descritto nulla tranne i nomi.

IUPUT II

Secondo alcuni sarebbe da identificare con un sovrano riportato da Sesto Africano come Zet che avrebbe regnato per 34 anni. Potrebbe aver aderito alla coalizione promossa da Tefnakht contro il nubiano Piankhi. In questo caso sorvolerei non ritenendo degna di nota alcuna teoria avanzata.  

Sono state formulate ipotesi circa altri sovrani da inserire nella XXIII dinastia ma come detto sopra di costoro ho solo i nomi, probabilmente si tratta di nomi che compaiono su qualche reperto ma di cui non si sa nulla.

  

Altri successori o solo governanti locali.

PEFZEUAUIBAST, ZEUTIEMHAT, NEMALOT, PADINEMTI

Così si chiude definitivamente la XXIII dinastia

LA XXIV DINASTIA

Siamo giunti alla penultima dinastia del Terzo Periodo Intermedio e l’ultima dei sovrani libici. Comprende solo due faraoni dei quali solo uno, Boccoris, viene citato da Manetone.

Bisogna dire che ad accrescere la confusione in cui ci stiamo muovendo c’è il fatto che, è quasi assodato che la XXIII dinastia sia stata fondata prima dell’estinzione della XXII così che per un breve periodo le due dinastie regnarono parallele. Ma ad intricare ancor più questo groviglio sembra che le dinastie locali si siano moltiplicate, al nord, fino all’avvento della XXIV dinastia.

Siamo intorno al 730 a.C. e la situazione si fa ancora più confusa: nel Delta governano da una parte i faraoni della XXII e quelli della XXIII dinastia, dall’altra si trovano gli usurpatori sempre libici che fondano la XXIV dinastia.

A fondare la XXIV dinastia ci pensa il già citato Tefnakht che pone la sua capitale a Sais nel Delta. Durante il regno di Sheshonq V si formò nei pressi della città di Sais una signoria indipendente retta da uno sconosciuto Osorkon. Ad un certo punto, ma non sappiamo quando, il governo di Sais passò nelle mani di Tefnakht. Questi dette subito inizio ad  una politica espansionistica allargando il suo territorio a scapito di altre piccole signorie nel Delta arrivando a conquistare anche Menfi.

Pochi anni dopo Tefnakht reggeva lo stato più potente fra tutti quelli in cui era diviso l’Egitto. In un primo periodo Tefnakht pur essendo di fatto un sovrano indipendente non assunse i pomposi titoli regali ma continuò ad essere solo il “Capo dei Libu” e di “Gran Signore dell’Ovest” derivanti dalla sua discendenza dalle stirpi libiche anche se, pur considerandosi libico in effetti pare non fosse di origine libica. Tefnakht operò per tentare la riunificazione del Basso Egitto, da sud si mosse Pianki che, lasciata Napata si mosse verso nord ed in breve conquistò Tebe e la regione circostante.  Tefnakht organizzò subito una coalizione che vide partecipi Iuput II di Leontopolis, Osorkon IV di Bubastis, Nimlot di Ermopolis e Neferkara Payeftjauembastet di Eracleopoli fronteggiando l’esercito di Pianki.

La guerra si concluse con la vittoria di Pianki che giunse fino a Menfi, Osorkon IV ed i governatori si sottomisero a Pianki mentre Tefnakht fuggì nelle paludi del Delta. Non si conoscono le ragioni per cui Pianki non continuò nella sua conquista, quel che si sa è che tonò nella sua Napata dove qualche anno dopo morì. Tutti gli sconfitti tornarono nei loro territori mentre Tefnakht, dopo aver riorganizzato il suo esercito, marciò sui territori occupati riuscendo a recuperarne una gran parte. Fu a questo punto che probabilmente si attribuì i titoli regali assumendo il praenomen di Shepsesra. 

Fonti e bibliografia:

  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, Warminster: 1996
  • Aidan Dodson w Dyan Hilton, “The Complete Royal Families of Ancient Egypt”, Thames & Hudson, London 2004
  • Jurgen von Beckerath, “Das Verhältnis der 22. Dynastie gegenüber der 23. Dynastie”, 2003
C'era una volta l'Egitto, III Periodo Intermedio

AI CONFINI DELL’EGITTO

Di Piero Cargnino

Direi che per meglio comprendere gli avvenimenti che seguiranno, in modo particolare quello che succederà nella XXV dinastia, sarebbe il caso di farci un giro attorno, non a noi stessi ma a quello che fu un tempo l’impero egizio.

Mentre nelle Due Terre regna il caos, il paese è ormai diviso in un grande numero di principati, in preda ad altrettanti governanti che si attribuirono titoli regali inesistenti, il loro potere si estende talvolta solo sulla città che governano, si stuzzicano ogni tanto con qualche scaramuccia senza senso. Intanto il popolo langue, la Maat non esiste più, a fatica cerca di sopravvivere come se nulla fosse ma nell’aria aleggia una cupa atmosfera, diffuso ovunque è quel senso di paura di cosa succederà e nel contempo la nostalgia di quando l’Egitto era una potenza che incuteva timore solo a nominarla.

I grandi Montuhotep, Tutmosi, Ramses che avevano donato a questo popolo benessere e rispetto che andava ben oltre i confini dell’impero, dove sono? I nuovi padroni libici ormai pensavano solo a se stessi e non si preoccupavano minimamente delle sorti del paese. Ma altre potenze invece, ben consce di quello che accadeva in Egitto attendevano solo il tempo giusto per farsi sotto.

  

In oriente era ormai una realtà la potenza assira dove Asarhaddon, succeduto al padre Sennacherib, continuava la sua espansione, sconfitti i Cimmeri ed i Medi si rivolse poi alla zona occidentale della Fenicia, conquistò e saccheggiò Sidone, invase il regno di Giuda e catturò il re, Manasse, deportandolo a Babilonia come cita la Bibbia:

Nei confronti dell’Egitto per il momento i contrasti sono limitati ad alcuni scontri di frontiera ma ce li troveremo in Egitto tra poco più di un ventennio all’epoca del faraone Taharqa, XXV dinastia.

Visto l’inesorabile e lento declino dell’Egitto anche la Nubia iniziò ad alzare la testa. Il regno di Kush da tempo ambiva all’indipendenza, già fin dal 1320 a.C. aveva iniziato una lenta espansione verso settentrione, nell’attuale regione di Abu Simbel, intorno al 1000 a.C. occupò la zona di File e di Elefantina.

Ma fu solo nel 784 a.C., durante i regni di Sheshonq IV o di Osorkon III che raggiunse la piena indipendenza dall’Egitto. Il regno di Kush visse un periodo fiorente e sviluppò commerci con altri stati, secondo alcuni studiosi Kush sarebbe il biblico territorio di Ofir dove avevano sede le famose “Miniere di re Salomone” dalle quali la regina di Saba traeva l’oro che inviava a Salomone:

(trovo perlomeno curioso il fatto che il numero 666, o “Numero della Bestia”, ricorra tre volte nella Bibbia, due nel Vecchio Testamento ed una nel Nuovo).

Ma ora torniamo alla Nubia (o Kush), passati i restanti “presunti sovrani” della XXIII dinastia, con la XXIV si chiude il periodo libico e, quella che segue, la XXV, che vedrà sul trono delle Due Terre i sovrani provenienti da Kush, è chiamata appunto la “Dinastia dei Faraoni Neri”.

Fonti e bibliografia:

  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, Warminster: 1996
  • Aidan Dodson w Dyan Hilton, “The Complete Royal Families of Ancient Egypt”, Thames & Hudson, London 2004
  • Jurgen von Beckerath, “Das Verhältnis der 22. Dynastie gegenüber der 23. Dynastie”, 2003
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I FARAONI TAKELOT III E RUDAMON

Di Piero Cargnino

Rilievo rappresentante il faraone Takélot III, Tempio di Osiride a Karnak – (Ph. by Neithsabes)

TAKELOT III

Usermaatre Setepenamun Takelot Si-Ese era il figlio del suo predecessore Osorkon III con il quale pare abbia governato, come Takelot III, i primi cinque anni in coreggenza col padre secondo quanto si deduce dal Nile Quay Text n. 13 dove è indicata la concomitanza dell’anno 28 di Osorkon III con quella dell’anno 5 di Takelot III.

Prima della coreggenza fu Primo Profeta di Amon a Karnak. Si pensava che il suo regno fosse durato 7 anni facendo riferimento ad un graffito sul tetto del tempio di Khonsu fino a quando, nel 2005, una spedizione archeologica della Columbia University, rinvenne  una stele ieratica tra le rovine del tempio di Ahmeida, nell’oasi di Dakhla, dove viene citato un suo tredicesimo anno. La stele si compone di cinque righe e la  data della stele riporta appunto l’anno 13 del regno di Takelot III oltre al nome del dio Toth e di Sa-What, la divinità locale. Il testo della stele riporta una donazione di terre al tempio da parte del governatore locale, un capo tribù libico citando in conclusione il nome di ben undici sacerdoti beneficiari di questa donazione. La cosa interessante è che il governatore viene menzionato come Nes-Djehuti (o Esdhuti) che, oltre a comparire sulla stele citata compare anche su di una stele più piccola che risale al 24° anno di regno di Pianki (terzo faraone della XXV dinastia). Da ciò si potrebbe dedurre che Takelot III abbia regnato quasi contemporaneamente a Pianki.

Diversi sono i documenti che citano questo faraone, su di una stele di donazione trovata a Gurob viene chiamato “Il Primo Profeta di Amon-RA, generale e comandante Takelot”, a Heracleopolis, su di un blocco di pietra è citato come “il capo di Pi-Sekhemkheperre; viene inoltre citato nel  Nile Quay Text n. 13, come detto sopra, e nel Quay Text n. 4 che si riferisce al suo sesto anno.

Takelot III sposò la principessa Irtiubast che compare sul sarcofago del loro figlio Osorkon come “Figlia del re” (non si sa quale re) ed ebbe tre figli, Osorkon appunto,principe e Sommo Sacerdote, Ihtesamun, noto per la stele di suo nipote Ankhfenmut nella Biblioteca Centrale di Croydon ed il Secondo Profeta di Amon Djedptahefankhche è riportato sulla statua di Tubinga 1734 e nella stele della pronipote Nakhtbasteru CG 41006.

Alla morte di Takelot III gli successe il fratello Rudamon, la cosa appare piuttosto insolita poichè l’usanza tradizionale egizia prevedeva che a succedere al re fosse sempre un figlio. Questo suggerisce due cose: che Takelot III abbia raggiunto un’età avanzata per essere sopravvissuto a tutti i suoi figli oppure che i suoi figli siano morti in giovane età.

RUDAMON

Usermaatre Setepenamun, Rudamun Meryamun sale al trono dopo la morte del fratello, Takelot III, e governò da Leontopoli la regione circostante. Quel poco che ci è pervenuto di lui proviene tutto dall’Alto Egitto; ricordiamo alcune iscrizioni in una cappella a Karnak dedicata ad Osiride.

I pochi reperti che si riferiscono a questo sovrano sono alcune decorazioni eseguite nel Tempio di Osiride Heqadjet, il suo nome compare inoltre su  diversi blocchi di pietra a Medinet Habu e su di un vaso.

  

Per quanto abbia regnato questo sovrano non è chiaro in quanto i pareri degli egittologi sono discordanti e riguardano l’interpretazione di un graffito rinvenuto a Uadi Gasus; nel graffito viene citato il 19° anno di regno di un sovrano che per alcuni sarebbe Rudamon mentre per altri sarebbe il suo successore Iuput II. Secondo l’egittologo Kennet Kitchen avrebbe regnato non più di due o tre anni.

Con questo sovrano che, a differenza del padre e del fratello rinuncia agli epiteti Si-Ese o Netjer-Heqawaset, si conclude la XXIII dinastia.

Da alcune recenti scoperte si deduce che, durante il suo breve regno, l’Alto Egitto, da Herakleopolis Magna a Tebe, abbia vissuto un periodo di pace. Alla sua morte il suo regno si frammentò in diverse città-stato governate da signorotti locali. Parlare di successioni ora non ha alcun senso in quanto non è possibile stabilire chi succede a chi ma soprattutto dove. Rudamon regnò su Leontopolis; dopo di lui troviamo Shepsesra Tefnakht, fondatore della XXIV dinastia, che governò da Sais nel Delta, ma non bisogna dimenticare un altro sovrano che governò nell’Alto Egitto per ben 34 anni, Iuput II che  aderì alla coalizione promossa da Tefnakht contro un’altro sovrano Piankhi.

In questo groviglio di “faraoni” ci infileremo in seguito parlando di ciascuno di loro. Nulla ci è dato a sapere del luogo in cui fu sepolto Rudamon.

Fonti e bibliografia:

  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, Warminster: 1996
  • Aidan Dodson w Dyan Hilton, “The Complete Royal Families of Ancient Egypt”, Thames & Hudson, London 2004
  • Jurgen von Beckerath, “Das Verhältnis der 22. Dynastie gegenüber der 23. Dynastie”, 2003
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IL FARAONE OSORKON III

Di Piero Cargnino

  

Non vi stupisca il fatto che troviamo Osorkon III quando abbiamo già trattato Osorkon IV in precedenza, non è un errore. Ciò è dovuto al fatto che per alcuni studiosi, tra cui Kenneth Kitchen, ritengono che Osorkon III fosse figlio di Sheshonq VI quindi la sua posizione dopo il padre comporterebbe per lui il numerale III ed andrebbe collocato dopo Sheshonq VI nell XXII dinastia, prima di Osorkon IV. Un’altra schiera di studiosi, come David Aston, invece pensa che fosse figlio di Takelot III e lo identificano con il già citato Osorkon B, “Sommo Sacerdote di Amon”. I sostenitori di questa seconda ipotesi fanno riferimento alle registrazioni del livello del Nilo presenti a Karnak dove si cita Osorkon III come figlio della “Grande Sposa Reale” Karomama Merytmut stessa cosa di Osorkon B, quindi figlio di Takelot III.

Usermaatre Setepenamun, Si-Ese Osorkon III risulta attestato dalla sua “Cronaca” che consiste in una serie di testi che documentano le sue attività a Tebe sul portale bubastite a Karnak. Oltre ai titoli regali, Osorkon III mantenne sempre quello di “Grande Capo dei Ma” per rimarcare le proprie origini libiche.

Gli epitomatori di Manetone, Sesto Africano ed Eusebio di Cesarea, forse sbagliando, gli attribuiscono, rispettivamente, otto e nove anni di regno. In realtà pare che abbia regnato per ventotto anni come Osorkon III nell’Alto Egitto. Fu un buon politico ed un abile nepotista, assegnò importanti cariche ai suoi figli sia nella regione da lui controllata che a Tebe.

Il figlio che gli succederà, Takelot III fu Primo Profeta di Amon mentre un altro figlio, Nimlot, divenne principe di Ermopoli, sua figlia Shepenupet I fu “Divina Sposa di Amon”, un ruolo di grande importanza che diventerà sempre più rilevante, come vedremo in seguito parlando della XV dinastia.

La sua Sposa principale fu Karoadjet che dette alla luce la figlia Shepenupet mentre una sposa secondaria, Tentsai (o Tentamun), era la madre di due dei suoi figli Takelot, che gli succederà e Rudamon che succederà al fratello chiudendo la XXIII dinastia.

Secondo quanto riportato dalle registrazioni del livello del Nilo a Karnak pare che Osorkon III abbia governato gli ultimi cinque anni del suo regno in coreggenza col figlio Takelot III. La coreggenza con il figlio pare sia dovuta più che altro al fatto che Osorkon III visse probabilmente fino a ottant’anni e sarebbe stato in cattive condizioni di salute, la sua fu l’ultima coreggenza reale attestata nella storia dell’antico Egitto, da allora in poi i vari sovrani non adottarono più questa usanza.

Fonti e bibliografia:

  • Caminos Ricardo Augusto, “La cronaca del principe Osorkon”, Roma, 1958
  • Donald B. Redford, “Osorko…..chiamato Eracle” JSSE, 1978
  • Robert Porter, “Osorkon III di Tanis: il contemporaneo di Piye?”, Gottinger Miszellen, 2011
  • Ohshiro Michinori, “The identity of Osorkon III”, The Revival of an Old Theory, 1999
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, Warminster: 1996
  • Jurgen von Beckerath, “Das Verhältnis der 22. Dynastie gegenüber der 23. Dynastie”, 2003
C'era una volta l'Egitto, III Periodo Intermedio

IL FARAONE SHESHONQ IV

Di Piero Cargnino

  

L’esistenza di Hedjkheperre Setepenre, poi titolato Sheshonq IV, ci è pervenuta solo nel 1986 proposta dall’egittologo britannico David Michael Rolh il quale ha rivisto la cronologia di alcune civiltà, in particolare dell’Egitto e di Israele, dando vita ad una nuova cronologia alternativa non convenzionale. Suggerì che di Sheshonq ce n’erano due con lo stesso praenomen  Hedjkheperre, uno era Sheshonq I,  noto fondatore della XXII dinastia, l’altro era un faraone che si collocava nella  seconda metà della dinastia, che Rolh chiamò  Hedjkheperre Sheshonq B del quale non era conosciuta l’esatta collocazione all’interno della dinastia. Analizzando l’ipotesi di Rohl (suggeritagli per la prima volta da Pieter Gert van der Veen nel 1984), anche Aidan Dodson aderì alle teorie di Rolh confermandone la validità, concordano con lui anche altri egittologi quali Jurgen von Beckerath e Kennet Kitchen. Alcuni lo collocano tra Sheshonq III e Pami, circa un ventennio prima. Dodson sostenne che questo non era il precedente Hedjkheperre Sheshonq, il quale portava epiteti semplici nel suo titolo Sheshonq Meriamun, mentre quelli di quest’ultimo Sheshonq erano molto più complessi. Sheshonq IV, pur avendo lo stesso praenomen di Sheshonq I porta un nomen del tutto particolare, “Sasanq Meriamon Sa-Bast Neterheqauaset Neterheqaon” che stanno ad indicare che il sovrano è “Meriamon” (figlio di Amon), “Sa-Bast” (figlio di Bast) oltre che “Neterheqauaset Neterheqaon” (potente signore di Tebe, potente signore di Eliopoli). Sappiamo che dovrebbe essere salito al trono dopo Petubastis I ma non sappiamo  a quale titolo ciò avvenne, sicuramente non per diritto ereditario. Pare che Sheshonq IV abbia regnato per sette anni, per quanto riguarda la sepoltura gli studiosi ritengono che sia stato sepolto nella stessa tomba di Sheshonq III, la NRT V (della quale abbiamo già parlato a proposito di Sheshonq III) dove sono stati rinvenuti due sarcofagi, uno riportava il nome di Sheshonq III mentre l’altro era anonimo ed era chiaro che era stato inserito nella tomba in un secondo tempo in base alla sua posizione nella tomba. Fra i numerosi frammenti di vasi canopi alcuni portavano il nome di Hedjkheperre-Setepenre Meriamon Sa-Bast Neterheqaon.

Fonti e bibliografia:

  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
  • George Goyon,  “La scoperta dei tesori di Tanis”, Pigmalione, 2004
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, Warminster: 1996
  • N.Dautzeberg, “Bemerkungen zu Schoschenq II., Takeloth II. und Pedubastis II”, Guttinger Miszellen, 1995
  • Aidan Dodson w Dyan Hilton, “The Complete Royal Families of Ancient Egypt”, Thames & Hudson, London 2004
  • Jurgen von Beckerath, “Das Verhältnis der 22. Dynastie gegenüber der 23. Dynastie”, 2003
C'era una volta l'Egitto, III Periodo Intermedio

I FARAONI PEDUAST II  – PETUBASTIS I

Di Piero Cargnino

PEDUAST II

Prima di iniziare con i sovrani della XXIII dinastia, apro una parentesi per citare un sovrano che non è menzionato in nessuna delle liste dei re, Peduast II (o Padibastet).- Ne fanno menzione in pochi tra i quali Aidan Dodson e Dyan Hilton nel loro libro del 2004, “The Complete Royal Families of Ancient Egypt”. Essi lo collocano intorno agli anni 743-733 a.C., tra i regni di Sheshonq V e Osorkon IV, quindi come penultimo re  della XXII dinastia. Diversamente Jurgen von Beckerath lo colloca nel regno di Pianki, XXV dinastia, circa 736-731 a.C.

Potrebbe essere stato un figlio di Iuput II, allora nomarca ad Athribis, questa è una deduzione che fa riferimento ad una lista dei re di Pianki che colloca accanto a Osorkon IV un Pedubas chiamandolo principe di Athribis. Peduast II, con il suo nome reale Sehetepibenre compare su alcuni blocchi di pietra nel Delta dove è definito come re di Tanis.

L’egittologo Kennet Kitchen lo colloca addirittura all’epoca dell’invasione assira da parte di Esarhaddon, ed in seguito da Assurbanipal intorno al 660 a.C.. L’incertezza che circonda la linea temporale e la figura di questo “re” è tale per cui si può pensare che probabilmente si trattava di un signorotto locale che occasionalmente è apparso alla ribalta.

PETUBASTIS  I

(Da non confondere con Peduast II descritto sopra)

La situazione in cui si trova l’Egitto con la XXIII e XXIV dinastia rispecchia in parte la situazione italiana all’epoca dei Comuni e delle Signorie, smembrato in una costellazione di staterelli spesso limitati alla sola città in cui risiedono i governanti. Un cupo medioevo in cui risulta quasi impossibile districarsi. Quelli che pomposamente Manetone chiama faraoni altro non sono che signorotti locali, principalmente libici, che si elevano al rango di sovrani senza avere alcun titolo dinastico. Come ho detto in altra occasione io seguo la storia egizia seguendo una lista di faraoni tratta da fonti storiche quali le “liste reali egizie” e dagli ultimi studi storici sull’argomento, ma non va trascurato il fatto che altri studiosi hanno prodotto liste diverse, particolarmente per questo periodo, che non sarebbe corretto trascurare. In alcuni casi si è pensato di inserire nomi non considerati, magari sovrani effimeri che non sarebbero neppure da citare, io riporterò tutti quelli che ho trovato nelle mie ricerche cercando di essere il più chiaro possibile.

Per quanto riguarda il primo sovrano della XXIII dinastia il nome di Petubastis I compare su tutte le liste. Petubastis, Petubates, Usimara-Setpenamun Pedubast-Meramun è poco conosciuto, di lui ce ne parla Sesto Africano chiamandolo Petubastes e gli assegna 40 anni di regno, diversa è l’opinione di Eusebio di Cesarea che lo chiama Petubates e riduce il suo regno a 25 anni; dai ritrovamenti archeologici, lo troviamo citato in varie iscrizioni sul molo di Karnak dove la data più alta per il suo regno è il 23° anno. Le varie cronologie considerano come durata del suo regno da 25 a 30 anni a seconda della collocazione di altri sovrani nella linea di successione. Incerto è anche il periodo in cui ha governato, qui lo troviamo nella XXIII dinastia intorno all’800 a.C., altri, tra cui David Aston, lo collocano nella XXII dinastia, tra Iuput e Takelot I intorno all’890 a.C..

Fratello, forse, di Sheshonq III e suo vassallo, fu principe di Leontopolis; ad un certo punto si attribuì i titoli della regalità divenendo così il primo sovrano della XXIII dinastia che, per un certo periodo, regnerà contemporaneamente alla XXII.

Vi chiederete come sia possibile che uno decida che da domani sarà un sovrano e si crei un regno. Ma a tutto c’è una spiegazione: Petubastis, d’accordo con il Primo Profeta di Amon di Karnak, ottiene da questi il riconoscimento ufficiale ed in cambio concede al Primo Profeta, che all’epoca era Horsaset II, il diritto di iscrivere il suo nome in un cartiglio reale.

Il fatto che Petubastis si sia proclamato sovrano non destò le ire degli altri sovrani della XXII dinastia anzi i rapporti rimasero buoni anche perché tutti i sovrani delle due dinastie erano imparentati tra loro.

Petubastis designò quale suo successore il proprio figlio Iuput nominandolo coreggente nel suo 15° anno di regno con il diritto di inscrivere il proprio nome nei cartigli reali. Iuput non arrivò mai a governare in modo autonomo in quanto premorì al padre. C’è molta incertezza nello stabilire chi gli successe, la lista alla quale faccio riferimento mi da un Sheshonq IV, secondo alcuni andrebbe invece collocato Sheshonq VI,  un sovrano la cui esistenza è molto contestata in quanto il suo nome è riportato solo sul nilometro di Karnak, secondo altri non è mai esistito.

Fonti e bibliografia:

  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
  • George Goyon,  “La scoperta dei tesori di Tanis”, Pigmalione, 2004
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, Warminster: 1996
  • N.Dautzeberg, “Bemerkungen zu Schoschenq II., Takeloth II. und Pedubastis II”, Guttinger Miszellen, 1995
  • Aidan Dodson w Dyan Hilton, “The Complete Royal Families of Ancient Egypt”, Thames & Hudson, London 2004
  • Jurgen von Beckerath, “Das Verhältnis der 22. Dynastie gegenüber der 23. Dynastie”, 2003