Età Ramesside, Mai cosa simile fu fatta, Nuovo Regno

STATUA DI SETHI I come portastendardo

Di Grazia Musso

Scisto, altezza cm 22
Da Abydos
Museo Egizio del Cairo – CG 751

Con l’ascesa al trono di Sethi I, si conclude quel processo di controriforma innescato come reazione al periodo di Amarna.

In un clima tutto improntato al ritorno al passato, la statuaria e, in generale, tutte le manifestazioni artistiche traggono la loro aspirazione da modelli del periodo thurmoside, rifiutando così apertamente tutte le tendenze che avevano contribuito a rendere così fervido e innovativo il momento culturale compreso tra il regno di Amenofi III e quello degli immediati successori di Akhenaton.

Alcune delle acquisizioni del periodo amarniano erano però riuscite a filtrare e si erano mantenute nonostante il desiderio dell’autorità costituita (stato e clero) di far apparire che nulla fosse accaduto nel ventennio antecedente il regno di Tutankhamon.

L’effetto di vibrazione di certe opere amarniane si ritrova negli elaborati abbigliamenti del primo periodo ramesside, che mostrano un raffinato gioco di plisettatura che crea una movimentata alternsnza tra luce e ombra.

È il caso di questa statua di Sethy I, nella quale il complicato annodarsi del vestito, sotto il torace a destra, costituisce il centro delle pieghe che si irradiano verso l’esterno della figura, con un movimento centifrugo che non ha nulla da invidiare alle sculture di epoca amarniana, nonostante la resa muscolare sia più sobria.

L”effetto luministico dell’abito è controbilanciato da quello della parrucca, sulle cui trecce si sviluppano delle nervature discendenti.

Abbigliamento e parrucca formano una preziosa cornice al volto, che ha forme piene e i cui tratti riproducono l’effige idealizzato di Sety I.

Nonostante il naso arcuato e il taglio della bocca richiamino la statutaria thurmoside, gli occhi sono racchiusi da palpebre pesanti, reminescenze della tradizione post-amarniana.

La scultura proviene da Abido, località dove l’attività di Sethy I fu più intensa.

Ad Abido, Sethy I, fece erigere un tempio e un cenotafio dedicati al dio Osiride, per legittimare l’ascesa al trono d’Egitto della propria casata.

Originariamente, la statua doveva raffigurare il sovrano incedente con le braccia distese lungo i fianchi.

Il braccio sinistro sosteneva uno stendardo di cui è andata perduta l’estremità superiore, impedendo così di identificare la divinità raffiguratavi

Fonte

Tesori egizi nella collezione del Museo Egizio del Cairo – F. Tiradritti – fotografie Arnaldo De Luca – Edizioni White Star.

Mai cosa simile fu fatta, Nuovo Regno, Templi

L’OSIREION

Di Grazia Musso

I cenotafi ( dal greco kenotafion “tomba vuota”), ossia simulacri di tomba, erano utilizzati correntemente fin dalle prime dinastie dai faraoni egizi, che potevano avere più mastabe o piramidi, di cui una sola era la vera sepoltura, mentre gli altri erano monumenti funerari.

Tale usanza si basava sul simbolismo egizio, per cui si riteneva che la parola, l’immagine o il simulacro potessero sostituire l’oggetto reale.

Così i cenotafi furono usati perché i faraoni potessero essere presenti, con la sepoltura, tanto al nord quanto al sud, oppure ad Abydos, presso Osiris.

Lo scopo era essere accanto al dio, per assicurarsi la sopravvivenza nell’aldilà e la resurrezione.

Il cenotafio di Sethy I o Osireion si trova alle spalle del tempio di Sethy I dietro e in asse col tempio, ma vi si accede da nord.

Il monumento è la rappresentazione architettonica di una concezione cosmoligico-religiosa e rappresenta il tumulto primordiale ove nacque il mondo, circondato dalle acque primeve; è dunque costituita da una sorta di collina artificiale (una sala) circondata dall’acqua e da due file di cinque pilastri monolitici in granito rosa su cui appoggiavano gli architrave, la parte centrale era a cielo aperto.

Vi si legge la simbologia della collina, su cui probabilmente veniva seminato l’orzo, la cui nascita simboleggia a la resurrezione di Osiris.

E, rappresentando il cenotafio del dio, un’altra sala ha la forma di un sarcofago e un soffitto astronomico a profilo curvo con la dea Nut, il cammino del sole e il levarsi delle stelle.

Ricostruzione dell’Osireion

Fonti

Dizionario Enciclopedico dell’ Antico Egitto e delle civiltà nubiane – Maurizio Damiano – Appia – Mondadori.

Antico Egitto di Maurizio Damiano – Electra

Mai cosa simile fu fatta, Nuovo Regno, Templi

I TEMPLI RAMESSIDI AD ABYDOS

Di Grazia Musso

La XIX Dinastia si contraddistinte per un’intensa attività costruttiva.

In tutto il territorio egizio furono restaurati o ricostruiti gli edifici si culto che erano stati abbandonati o distrutti durante il periodo amarniano.

Nell’epoca ramesside Tebe continuò a essere il principale centro di culto del dio Amon – Ra.

Durante il breve regno del fondatore della XIX Dinastia, Ramses I, l’attività edilizia si espresse sopratutto nel compimento della sua sepoltura nella Valle dei Re e, a Karnak, nel vestibolo del secondo pilone, che allora costituiva l’ingresso principale del tempio di Amon-Ra.

Il figlio di Ramesse I, Sethy I avviò la costruzione del tempio ad Abydos che rappresenta uno dei monumenti più belli dell’antico Egitto, grazie al suo stato di conservazione, agli splendidi rilievi e ai restauri che li hanno riportato all’antico splendore.

Pianta del tempio di Sethy I

Il monumento fu voluto da Sety I per ragioni religiose ma soprattutto politiche: la sua costruzione era infatti intesa nella delicata politica di riequilibrio dei poteri religiosi portata avanti già da Ramses I e poi continuata dallo stesso Sethy I, al clero di Amon venivano adesso contrapposte altre divinità per scongiurare il pericolo dell’egemonia religiosa realizzatasi nella Dinastia precedente ; inoltre, costruendo il tempio di Abydos, il re si associava al culto di Osiri e, così facendo, egli perpetua a la legittimità della sua Dinastia.

Il monumento non venne portato a termine sotto Sethy ma sotto il figlio Ramses II, che completo’ la sala ipostila e aggiunse un pilone e due cortili, essi precedono due sale ipostila e i sette santuari dedicati alla triade di Abydos, ossia Osiris, Isis e Horus, e alle divinità dei tre maggiori centri politici o religiosi del Paese : Amon di Tebe, Ptah di Menfi, Ra-Horakhty di Eliopolis, il settimo santuario era dedicato allo stesso Sethy I divinizzato.

I resti dei magnifici rilievi sono visibili sulle pareti di mura superstiti nei cortili.

Questi sono i pilastri che si trovano di fronte all’ingresso attuale del tempio di Sethy I.
Un tempo questo era il fondo del primo cortile, poi alla struttura di Sethy I, il figlio Ramses II aggiunse un pilone e un cortile completando l’edificio del padre.
Oggi di questa parte esterna rimangono pochi resti, e quindi questa fila di pilastri appare come la Facciata attuale, che precede due sale ipostile e i sette santuari.
Sui pilastri è raffigurato Ramses II, abbracciato da varie divinità.

L’odierna facciata è data dal portico di fondo del secondo cortile, con una fila di dodici pilastri, quadrati ornati da scene con delle divinità e Ramses II su tutte le facce.

Il muro di fondo della seconda corte si trovano sette varchi per la sala ipostila, corrispondenti ai sette santuari, di cui quattro sono stati chiusi da Ramses II e decorati con rilievi del culto reso al padre.

Le due sale ipostile possiedono, rispettivamente due o tre file trasversali di dodici colonne papiroformi a umbrella chiusa.

Sul fondo della seconda sala ipostila si trovano gli ingressi dei sette santuari affiancati, che con ogni probabilità contenevano le barche sacre, ad eccezione di quello di Sethy I.

Nella seconda sala ipostila si trovano i rilievi meglio conservati che raffigurano le varie cerimonie che il re doveva celebrare.

La parete di fondo del santuario di Osiris, il terzo da destra, dà accesso alla parte terminale del tempio, dove sono situati due sale a dieci colonne e quattro colonne, e due serie di tre piccoli santuari.

In questa fotografia è raffigurato Sethy I, che riceve la vita, il simbolo ankh, dal dio Ra – Harakhty, una delle incarnazioni del sole degli orizzonti.
La divinità porge l’ankh alle narici del sovrano perché egli possa respirare l’essenza divina e ricevere la vita eterna.
Abydos, dal tempio di Sethy I, cappella di Ra-Harkhty.

Tornando alla seconda sala ipostila alla cui estremità sinistra si trova l’ingresso a un’ala laterale.

In questa parte è da notare, in un corridoio con il soffitto decorato a stelle, il rilievo in cui Sety I offre l’incenso ai cartiglio dei 76 faraoni scelti fra quelli che dall’origine della storia regnarono sull’Egitto: si tratta della “Tavola di Abydos”, una lista reale di notevole importanza per la cronologia d’Egitto

Dietro il tempio si trova l’importante cenotafio del re: l’Osireion, una straordinaria rappresentanza architettonica di una concezione cosmologico-religiosa collegata alla collina primordiale e a Osiris.

( prossimo intervento l’Osireion)

Fonte

Antico Egitto di Maurizio Damiano – Electra

Egitto la terra dei faraoni – Regine Schulz e Matthias Seidel – Konenann

Mai cosa simile fu fatta, Nuovo Regno

RILIEVO CON SCENA DI GIUBILO

Di Grazia Musso

Calcare, altezza cm 51, lunghezza cm 105
Saqqara, trovato come materie di riutilizzo nel Serapeo
Scavi di Auguste Mariette 1859
Museo Egizio del Cairo – JE 4872

Questo frammento di rilievo nonostante sia stato ritrovato nel corso degli scavi di Mariette al Serapeo, proviene dalla tomba di un dignitario che aveva scelto di farsi seppellire a Saqqara non lontano da Menfi.

La scena doveva occupare l’angolo a sinistra in basso di una parete.

Lo stile e il modo di disporre le figure nello spazio si richiamano direttamente all’arte del periodo successivo all’epoca di Amarna ma anche, nella contrapposizione tra la compostezza delle figure maschili e la libertà di quelle femminili, all’esperienza decorativa del regno di Amenofi III, che aveva saputo elaborate le splendide scene di funerale delle tombe di Ramose e Userhat a Tebe.

Se in Ramose è Userhat è il cordoglio a fungere fa motore della composizione, qui tutto è incentrato su manifestazioni di giubilo per lo svolgimento di un avvenimento che dove a essere riprodotto nella parte superiore destra del rilievo.

La scena mostra a sinistra, un gruppo di donne, disposte su due file, ognuna con in mano un tamburello.

Il battere delle mani sugli strumenti e l’ondulare ritmato dei corpi da non senso di movimento che pervade tutto l’insieme.

I tamburelli, posti ad altezze diverse gli uni dagli altri, conferiscono ad ogni fila un andamento ondulatorio che ribadisce la ripetitività

È come se, da sinistra a destra, fosse rappresentata un’unica donna, ritratta in momenti diversi e successivi della danza.

Questo modo di trasporre il movimento su una composizione piana ha origini antichissime nell’arte egizia e il risultato può essere paragonato a quello che si otterrebbe osservando alcuni fotogrammi in successione di un film.

L’identità di ogni figura femminile è mantenuta attraverso la diversificazione degli elementi del vestiario e degli ornamenti.

In basso a destra, sono raffigurate due bambine nell’atto di suonare i legnetti.

Più composto, anche se dotato di un certo dinamismo, è il corteo di uomini di cui si preservano soltanto tre file, disposte in successione.

Le figure maschili sono rappresentate incedenti da destra verso il centro.

La diversa ampiezza del passo di ogni fila, decrescente da destra verso sinistra, dà l’impressione che gli uomini siano in procinto di fermarsi.

Le braccia sono alzate verso il cielo nel gesto che manifesta giubilo

La diversità del loro abbigliamento dimostra che ogni fila è composta da personaggi con funzioni e cariche specifiche.

I nomi di due sono noti dai geroglifici che accompagnano la scena: si tratta del sedjemash Aanakht e dello scriba Amonkhau.

Fonte

I tesori egizi nella collezione del Museo Egizio del Cairo – F Tiradritti – fotografie Arnaldo De Luca – Edizioni White Star

Mai cosa simile fu fatta, Statue, Tutankhamon, XVIII Dinastia

TESTA DI TUTANKHAMON COME AMON

RIVENDICATA DALL’EGITTO E VENDUTA DA CHRISTIE’S

Di Luisa Bovitutti

La testa di Christie’s

Questa testa di quarzite scura alta circa 29 centimetri raffigurante Tutankhamon come Amon è stata venduta all’asta il 4 luglio 2019 da Christie’s nonostante le proteste dell’Egitto che ne chiedeva a gran voce la restituzione.

Il dott. Zahi Hawass, infatti, sosteneva che essa fosse stata trafugata negli anni Settanta dal Tempio di Karnak, ed il dott. Mustafa Waziri, Segretario Generale del Supreme Counseil of Antiquities, l’ente governativo responsabile della conservazione e della valorizzazione dei reperti e degli scavi archeologici in Egitto si era battuto per fermare la vendita fino a che non fosse stata controllata l’origine legittima della statua.

La Casa d’aste londinese evidentemente l’ha dimostrata.

Essa in origine era stata eretta in un non meglio identificato complesso templare dedicato ad Amon ed al momento della vendita apparteneva alla Resandro Collection, una delle collezioni private di arte egizia più famose al mondo; fu acquistata nel 1985 da Heinz Herzer, un antiquario di Monaco di Baviera, ed in precedenza apparteneva a Joseph Messina, un gallerista austriaco che l’aveva comprata nel 1974 dal principe Wilhelm von Thurn und Taxis che la custodiva nella sua collezione dal 1960.

I tratti del viso della scultura sono quelli tipici di Tutankhamon e della tarda arte amarniana: il viso tondo e preadolescenziale, gli occhi a mandorla, la depressione ricurva della cresta sopracciliare arrotondata, le labbra carnose e delicatamente scolpite.

Essi sono analoghi a quelli rappresentati nelle statue del giovane faraone che furono scolpite per il tempio di Karnak, probabilmente per ricordare la restaurazione degli antichi culti dopo la riforma di Akhenaton.

La statua di Karnak prima e dopo il restauro del CFEETK (Foto ©CFEETK/E. Saubestre). Essa è scolpita in arenaria rossastra e sorge all’altezza del sesto pilone, nella Sala degli Annali di Tuthmosis III e nei pressi dei due pilastri araldici di granito che un tempo sostenevano il tetto. Accanto ad essa sorge un’altra statua della dea Amaunet, commissionata da Tutankhamon, il cui nome fu poi scalpellato e sostituito da quello del suo successore Horemheb.

Si vedano a questo proposito la testa di Tutankhamon come Amon oggi custodita al MET di New York e le due statue del giovane sovrano come Amon: una di esse si trova ancora oggi al tempio di Karnak ed è stata restaurata nel 2021 dal Centre Franco – Egiptien d’Etude des Temples de Karnak (CFEETK), l’altra, scoperta nella cachette del tempio di Karnak nel 1904, è esposta al museo di Luxor.

La testa del MET di New York, in granodiorite
La statua in calcare del Museo di Luxor

FONTI del testo e delle immagini:

https://www.ilmattino.it/…/tukankhamon_asta_statua…

https://news.sky.com/…/tutankhamun-sculpture-sold-for-4…

https://www.metmuseum.org/art/collection/search/544691

https://www.ancient-egypt.co.uk/…/tutankhamun%20as…

https://www.thenotsoinnocentsabroad.com/blog/tag/seti+i

http://www.cfeetk.cnrs.fr/…/restauration-statue-amon…/ee

Mai cosa simile fu fatta, XIX Dinastia

GLI INIZI DELLA XIX DINASTIA

XIII secolo a.C

Di Franca Loi

Horemheb è in piedi a fianco del dio Amon, rappresentato di dimensioni maggiori per indicare che è più importante del faraone stesso. Lo stile della statua è tipico dell’era immediatamente successiva alla rivoluzione religiosa e artistica del faraone Akhenaten: i corpi sono poco muscolosi, il ventre e i fianchi arrotondati, il viso giovanile, gli occhi a mandorla, le guance rotonde, le labbra piene e sensuali. Questa statua è identificata da alcuni studiosi come ritratto del faraone Tutankhamon, che sarebbe stato successivamente usurpato da Horemheb. Differenziare i visi dei due sovrani è molto difficile; in ogni caso, l’iscrizione non presenta traccia di cancellazione.

“Due statue rinvenute a Karnak nel 1913, insieme con la famosa stele dell’anno 400, scoperta a Tanis cinquant’anni prima, provano che il faraone della XIX dinastia proveniva dalla zona nord orientale del delta e che era stato innalzato a Visir da Horemhab: Paramessu”, come era chiamato, divenne il re a noi noto come Ramses I.

Testa in pietra scolpita di Paramessu (Ramesse I), originariamente parte di una statua che lo raffigurava come scriba; in mostra al Museum of Fine Arts di Boston
Il faraone Ramses I (1320-1310 a.C.) rappresenta mentre brucia incenso e versa acqua durante una cerimonia. Volume di Ramses I, Valle dei Re, Egitto

Horemheb, non avendo eredi diretti e ormai in età avanzata, lo designò ufficialmente come coreggente e suo successore. Ramses I palesò subito la volontà di proseguire l’operato di Horemheb, che dette l’avvio alla rinascita del paese e che poi morì lasciandolo in pace, ricco, in ordine e sicuro ai confini; aveva Infatti rinnovato il trattato di pace con il re ittita Muvattali.

STELE DEL 400
Alan Gardiner dice che “la famosa stele dell’anno 400, scoperta a Tanis” nel 1863, è una delle prove che il fondatore della diciannovesima dinastia, Ramses I, proveniva dalla zona orientale del Delta e che era stato innalzato a Visir da Haremhab. . La stele fu eretta nell’anno 34 di Ramesse II per il culto del dio Seth di Avaris, qui citato come re (Opehtiset Nubti, riga 7) vissuto 400 anni prima. Sono citati anche altri re (Ramesse II: in alto, e righe 1, 3, 4; Seti I: riga 6). Trovato a Tanis

Anziano quando salì al trono e destinato a non godere a lungo del potere reale, Ramses I è ricordato anche per aver progettato la grande sala ipostila di Karnak che impegnerà i regni del figlio Seti primo e del nipote Ramses II.

Seti I dipinto su un muro della sua tomba (Sandro Vannini)

Con Ramses I si va preparando una nuova politica religiosa che contrappone Ra agli altri dei solari. Il suo è considerato un regno di transizione; nel suo secondo anno volle associarsi il figlio trentenne Sety I, che poi gli succedette. L’associazione al trono era sicuramente ispirata dalla preoccupazione, tipica dei ramessidi, di evitare i problemi di successione che avevano portato alla rovina della diciottesima dinastia.

A sinistra: immagine di Sety I dal suo tempio ad Abydos. A destra: Seti I e il principe ereditario Ramses, futuro Ramses II, davanti alla lista ufficiale dei faraoni (che segue a destra), intenti alla sua lettura. Tempio funerario di Seti I ad Abido.

Horus e Seth, a sinistra, mentre incoronano Ramses II, in un rilievo nel Tempio minore di Abu Simbel.
Wikipedia

In questo periodo l’arte prosegue in una fase di involuzione: vengono abbandonati gli stili del periodo amarniano e si sviluppa un forte desiderio di tornare alla tradizione; si diffonde anche luso di una statuaria monumentale.

Il giovane Memmone, busto colossale di Ramses II in granito. British Museum di Londra. Il profilo del colosso mette in evidenza il doppio colore della pietra

Scarabeo di Ramses II che adora Thot. Walters Art Museum, Baltimora.

Il modellato delle figure ricorda quello del periodo thutmoside. Però a tale processo si associa un gusto nuovo per “l’abbondanza dei particolari e per le superfici mosse da elaborati giochi luministici”. Il rilievo dipinto denota equilibrio ed eleganza nelle forme, la decorazione risulta sobria e molto raffinata, di una bellezza e delicatezza incomparabili.

Le enormi colonne della “Grande Sala Ipostila” di Seti I e Ramses II

FONTE:

  • ANTICO EGITTO-MAURIZIO DAMIANO-ELECTA
  • ALAN GARDINER-LA CIVILTÀ EGIZIA-EINAUDI ANTONIO CRASTO
  • LEONARDO ARTE
  • WIKIPEDIA
  • MUSEO EGIZIO TORINO

Mai cosa simile fu fatta, Sarcofagi, XVIII Dinastia

SARCOFAGI DI AHMES MERITAMON

Di Grazia Musso

PRIMO SARCOFAGO (ESTERNO)

Legno di cedro; lunghezza cm. 313,5, larghezza cm. 87
Deir el-Bahari, tomba rupestre ( TT 358)
Scavi del Servizio delle Antichità Egiziane e del Metropolitan Museum of Art 1929
Museo Egizio del Cairo – JE 53140

L’imponente sarcofago ligneo, che per la ricercatezza di forme ed eleganza stilistica può essere considerato un emblematico monumento scultoreo della XVIII Dinastia, appartenente alla regina Ahmes Meritamon, da alcuni identificata come la moglie di Amenhotep I, da altri come moglie di Amenhotep II.

La defunta, raffigurata con le braccia congiunte sul petto, presenta un volto dall’espressione ieratica, impreziosito da intarsi di pasta vitrea, e incorniciato da una sontuosa parrucca solcata da alveoli dipinti di blu

Al di sotto della collana, la superficie è ricoperta da un motivo geometrico inciso che avvolge il petto e le braccia, lasciando scoperte soltanto le mani, che impugnano due scettri papiroformi, emblema di giovinezza.

Il resto del sarcofago è decorato da lunghe piume incise nel legno, a imitazione delle ali della dea Iside, che proteggono il corpo della defunta.

Questo tipo di decorazione, convenzionalmente definita rishi , dalla parola araba che significa “piumato”, si diffuse a Tebe dal Secondo Periodo Intermedio.

Vedi anche: https://laciviltaegizia.org/…/inner-and-outer-coffin…/

Al centro del coperchio c’è una colonna di geroglifici, un tempo intarsiati di pasta vitrea, contenenti la formula di offerta a beneficio della regina.

Fonte: I tesori dell’antico Egitto nella collezione del museo Egizio del Cairo – National Geographic – Edizioni White Star

SECONDO SARCOFAGO (INTERNO)

Un volto dai lineamenti delicati, incorniciato da un’ampia parrucca hathorica, ornata sulla fronte da un ureo con disco solare.

SI TROVA AL NMC

Fonte : Le regine dell’antico Egitto a cura di Rosanna Pirelli – Edizioni W Hite Star.

Mai cosa simile fu fatta, Sarcofagi, XVIII Dinastia

SARCOFAGO DI AHMES NEFERTARI

Di Grazia Musso

Legno e tela, lunghezza totale cm 378
Tebe Ovest, Cachette di Deir el-Bahari
Scoperta ufficiale del Servizio delle Antichità Egiziano 1881
Museo Egizio del Cairo – CG 61003

L’enorme sarcofago di Ahmes Nefertari fu rinvenuto nella tomba di Unhapy, consorte del sovrano Ahmes, che fu utilizzata nella XXI Dinastia come nascondiglio in cui porre al riparo dai saccheggi i sarcofagi di alcuni faraoni, membri della famiglia reale e alti sacerdoti.

Ahmad Pasha Kamal e l’enorme sarcofago della regina Ahmes-Nefertari,

Ahmes Nefertari, madre di Amenhotep I, fu la prima regina a ricoprire l’alta carica religiosa di Sposa Divina, diventando poi oggetto di culto nell’area tebana sino agli inizi del I millennio a. C..

Il suo sarcofago ligneo mummiforme era originariamente ricoperto di foglia d’oro, che fu asportato dai ladri già Nell’antichità e sostituita da una vernice color ocra nel corso del restauro effettuato al momento del trasferimento nel nascondiglio.

Il volto dai grandi occhi dipinti, è cinto da una massiccia parrucca sormontata da una corona svasata su cui svettano due alte piume.

La superficie della capigliatura è dell’elaborato copricapo è caratterizzata da alveoli incisi nel legno e campiti di stucco blu.

Un motivo analogo ricopre il busto della Defunta, che sembra cinto da uno stretto scialle scollato.

Le mani, incrociate sul petto, impugna o due grandi croci ankh, emblema di Vita, e i polsi sono cinto da alti bracciali strati, simili alla collana intorno al collo.

Sulla restante superficie del sarcofago sono rappresentate lunghe piume d’uccelo che evocano le ali della dea Iside, secondo una tradizione Tebans diffusa i nel Secondo Periodo Intermedio.

Una lunga colonna di geroglifici, incisa nella parte centrale del coperchio, contiene la consueta formula d’offerta hetep-di-nesut, con cui si invoca ano offerte per il ka di Ahmes Nefertari.

Fonte

I tesori dell’antico Egitto nella collezione del Museo Egizio del Cairo – Edizioni White Star

Gioielli, Mai cosa simile fu fatta, XVIII Dinastia

ORECCHINO dalla tomba di Horemheb

Di Grazia Musso

Oro e paste vitree, diametro cm. 3,9, peso 17,8 g
Saqqara, tomba di Horemheb
Scavi della spedizione anglo-olandese diretta da G. Martin 1977
Probabilmente regno di Akhenaton
Museo Egizio del Cairo – JE 97864

L’orecchino qui illustrato è stato trovato a Saqqara, nella tomba che il generale Horemheb si fece costruire prima di diventare faraone.

Il gioiello, d’oro massiccio, reca al centro un’immagine finemente cesellata di un sovrano sotto forma di sfinge con la corona azzurra ornata da ureo, la barba posticcia è un largo collare usekh.

Due bande circolari, decorate con un motivo a “V”, che alterna oro e pasta vitrea azzurra, conservata solo in parte, circondano la sfinge.

Sui bordi dell’orecchio sono applicati piccoli anelli granulati fra i quali originariamente erano inseriti elementi cilindrici in pasta vitrea ; probabilmente i cinque anelli inferiori sostenevano dei pendagli.

Sulla cima del gioiello è saldata una lamina d’oro a forma di collare-usekh.

L’orecchino veniva fissato facendo passare, attraverso il lobo forato, una piccola vite infilata in due anelli di cui uno solo si è conservato.

Il profilo della sfinge evoca l’effige di Akhenaton ed è probabile che il gioiello risalga al suo regno o ai primi anni del regno di Tutankhamon.

Fonte

I tesori dell’antico Egitto nella collezione del Museo Egizio del Cairo – National Geographic – Edizioni White Star.

Mai cosa simile fu fatta, XVIII Dinastia

STELE E CAPPELLA DI MAIA

Di Grazia Musso

Nel 1906, appena intrapresi i lavori di scavo nella necropoli di Deir el-Medina, Schiaparelli portò alla luce un’importante monumento appartenuto a un pittore che visse all’interno del villaggio nella seconda metà della XVIII Dinastia.

Cappella: Pittura a Tempera su intonaco di gesso e fondo di paglia e fango. Misure interne: lunghezza 220 cm, larghezza 145 cm, altezza 181 cm.
S. 7886
Scavi di E. Schiaparelli a Deir el-Medina

Si tratta della cappella funeraria di Maia, il cui titolo completo era “scriba-disegnatore di Amon nella Sede della Verità”.

L’ambiente culturale, sormontato in origine da una piccola piramide di mattoni crudi, sorgeva sopra la tomba alla quale era collegato tramite un pozzo.

Le pareti della cappella sono realizzate in mattoni di fango fresco e paglia, successivamente coperte da Intonaco.

La pittura a Tempera è applicata a secco e i colori sono ottenuti da prodotti minerali e vegetali ( ocra per il rosso e il giallo, carbone per il nero, carbonato di calcio per il bianco, malachite per il blu e verde), mescolati con acqua ed un legante, la gomma d’acacia.

I dipinti di questa cappella, eccezionalmente conservati, anche se solo parzialmente, sono stati raccolti e trasportati in Italia dal restauratore Fabrizio Lucarini nel 1906

Egli riuscì a distaccare l’intonaco dipinto che copriva le pareti e la volta, usandola tecnica a “strappo”, che prevede l’incollaggio di tele sulla superficie dipinta per mantenerla insieme durante la rimozione.

Si usavano poi dei solventi per distaccare le tele dalla pittura.

Questo procedimento , anche se esige grande abilità, permette di non sezionare l’intonaco e di preservare al massimo il dipinto.

Le pareti, decorate con vivaci pitture, eseguite sulle pareti sono state eseguite, probabilmente, dallo stesso Maia.

La cappella di Maia e Tamit, presumibilmente contemporanei di Kha, è decorata da pitture articolate in tre registri, con il corteo funebre protetto da amuleti, il trasporto degli arredi funebri, il viaggio rituale.

Sulla parte in fondo della cappella si vedono i genitori di Maia; i riti funebri con l’incensi e le libagioni sono officiati da due dei figli di Maia.

Le scene si snodano su vari registri, che raffigurano Maia e la moglie, oltre a membri della loro famiglia, portatori di offerte, donne in lutto imbarcazioni rituali per il simbolico viaggio.

Le dimensioni della cappella sono simili a quelle della cappella di Kha.

Stele: Calcare stuccato è dipinto
Altezza cm. 67
C. 1579 – Co9 Dro3

La stele funeraria, che nel 1824 fu portata al Museo Egizio di Torino.

Nel registro superiore della stele la coppia è raffigurata con vesti bianche, nell’atto di lodare Osiride e Hathor, mentre nel registro inferiore i coniugi appaiono seduti davanti a una tavola per offerte mentre ricevono le vivande presentate dai loro nove figli, nominati uno per uno; il decimo figlio, più piccolo, è in puedi vicino alla sedia dei genitori.

Su di essa sono raffigurati Maia e la moglie mentre rendono omaggio agli dei Osiride e Hathor e mentre ricevono offerte da parte dei figli.

Fonte

Fotografie: Museo Egizio di Torino