Tutankhamon

IL SARCOFAGO DI TUTANKHAMON

(Carter 240)

Di Andrea Petta

Messo in ombra dal brillìo dell’oro, il sarcofago che conteneva le tre bare di Tutankhamon è anch’esso un pezzo unico di arte funeraria egizia.

È costituito da una cassa in quarzite rossa di 2,75 x 1,33 x 1,45 metri di altezza e da un coperchio in granito rosso, coperchio spezzatosi già prima della deposizione della salma del sovrano e “aggiustato” con una colata di gesso dipinto per mimetizzare la frattura. Si ignora il motivo di questi due materiali diversi tra di loro, ma è probabile che nella fretta per il decesso prematuro del re sia stata utilizzata la prima lastra disponibile delle misure corrette. Un’altra ipotesi è che il sarcofago non fosse destinato a Tutankhamon e le modifiche alle iscrizioni abbiano spezzato il coperchio originale in quarzite.

Nella foto originale di Burton si può notare la frattura “mimetizzata” del coperchio del sarcofago

La testa della cassa è posizionata ad ovest in modo che la mummia del Faraone guardasse verso oriente. La forma spiovente del coperchio ricorda quella del secondo e terzo sacrario (“Sacrari del Sud” o “pr-wr”) anche se è meno accentuata.

Il coperchio è rimasto per decenni appoggiato per terra ai piedi della cassa, sostituito da una lastra di vetro per permettere di vedere all’interno la prima bara lasciata in situ. Presenta due distinti interventi per ricomporre la frattura: dei giunti a coda di rondine (che non hanno evidentemente tenuto) ed una colata di gesso apposta e dipinta dopo la chiusura del sarcofago. È plausibile che le dimensioni eccessive della prima bara la facessero spuntare dalla cassa facendo perno e causando la rottura del coperchio.

Il sarcofago con la lastra di vetro a protezione della prima bara e della mummia di Tutankhamon

In una particolare cerimonia avvenuta nel 2019, in concomitanza con il restauro della prima bara, il coperchio è stato posto nuovamente sulla cassa alla presenza del Ministro delle Antichità Khaled El-Anani.

Le iscrizioni sul coperchio riportano invocazioni di Behedety (Horus il Vecchio, un caso unico nei sarcofagi della XVIII Dinastia), di Anubi e di Thot. Stranamente non è citata Nut, presente in molte altre iscrizioni della tomba.

Lo schema originale di Carter con le iscrizioni del coperchio. In alto il disco solare alato verso occidente

La cassa presenta agli angoli le rappresentazioni di Iside e Nephti di fianco alla testa del Re, mentre Selqet e Neith sono ai suoi piedi. Tutte le dee sono identiche e riconoscibili solo dalle iscrizioni; tutte hanno le braccia alate distese a protezione del sovrano e tutte guardano verso la testa del sovrano.

Nephti (in primo piano) e Iside (a sinistra) proteggono la testa del Faraone
Neith sull’angolo nord-orientale della cassa

La cassa mostra i segni di una finitura frettolosa: Selqet è la meno particolareggiata, mentre Nephti è la più rifinita. Le ali sono aggiunte postume, ed hanno coperto molte iscrizioni, forse per cancellare i riferimenti ad Aton dei primi anni di regno oppure perché il sarcofago era stato preparato per Smenkhare (non c’è traccia di sarcofago nella famigerata KV55 a lui attribuita). L’aggiunta postuma delle ali crea uno strano effetto visivo, visto che le mani di ciascuna dea sono sovrapposte alle ali dell’altra in un curioso intreccio.

Selqet (o Selkis) sul lato sud-orientale della cassa, quello meno rifinito. Alcuni particolari qui sono stati solo dipinti sulla figura della dea e non intagliati come per le altre tre.

Iside (a sinistra) e Nephti (a destra) sul lato ovest, a protezione della testa del Faraone. Si noti l’intreccio strano di braccia ed ali, con le mani di ciascuna dea sovrapposte all’ala dell’altra a causa dell’aggiunta postuma di queste ultime.

Lo stesso strano intreccio di braccia ed ali è visibile sul lato est, con Selqet (a sinistra) e Neith (a destra)

Iside sull’angolo nord-ovest (particolare)

Anche i simboli tyet e djet incisi sulla base della cassa, e che ricordano il primo sacrario, sono molto meno definiti verso l’angolo di Selqet; evidentemente non c’era più tempo per completare il decoro.

Il dettaglio del fregio composto da simboli tyet e djed alternati, legati rispettivamente ad Iside ed Osiride. Il numero 251 si riferisce ai trucioli di legno sul pavimento della camera, rigorosamente classificati da Carter

I lati della cassa presentano le invocazioni dei quattro figli di Horus (Imseti, Duamutef,. Hapi e Qebehsenuf), insieme a quelle delle quattro dee nonché di Thot e Osiride. Il lato est, rivolto verso la Camera del Tesoro, ha solo un’invocazione generica sul fregio.

Uno dei due udjat, sul lato sud della cassa vicino a Nephti

Forse non la più significativa, ma sicuramente l’iscrizione più veritiera è quella di Duamutef, che recita:

Parole dette da Duamutef: Il tuo nome durerà per sempre, Tutankhamon, sovrano di Eliopoli meridionale”.

NOTA: una ricostruzione 3D virtuale è visibile qui: https://sketchfab.com/3d-models/tutankhamun-sarcophagus-2aaf85ca66b044e3aa2ccda0d9c3b33b

FONTI:

  • Howard Carter, Tutankhamon. Mondadori 1984
  • Thomas Hoving, Tutankhamon. Mondadori 1995
  • Henry James, Tutankhamon – Edizioni White Star
  • Nicholas Reeves, The Complete Tutankhamun, 1998
  • The Griffith Institute, Tutankhamun: Anatomy of an Excavation. The Howard Carter Archives
  • https://mediterraneoantico.it/
  • https://see.news/
  • Foto: The Griffith Institute, https://see.news/
Tutankhamon

LA PRIMA BARA DI TUTANKHAMON

(Carter 253)

Di Andrea Petta

La prima bara all’interno del sarcofago

La prima bara, quella più esterna, è stato il primo “incontro” di Carter con i segreti più intimi della sepoltura del Faraone. Quando comparve sollevando il coperchio del sarcofago, il 12 febbraio 1924, fu una notizia sensazionale, diffusa in tutto il mondo. Non era solo un magnifico oggetto, era anche – ancora – il “custode” del corpo di Tutankhamon.

Come apparve appena sollevato il coperchio del sarcofago
Il coperchio appoggiato sulle assi in attesa di poter liberare le altre bare. Si notano le maniglie d’argento e, sul piede della bara, i segni della piallatura ricoperti dalla resina
La cassa della bara dopo aver “liberato” la seconda. Si vedono le viti ad occhiello usate per sollevare tutto il blocco delle bare

Lunga 224 cm e larga 84, con un’altezza massima di 109, è in legno di cipresso ricoperto di gesso e da una lamina d’oro giallo, il Faraone vi è rappresentato come Osiride.

Il capo è coperto da una copricapo simile al “khat” della statua del “ba” di Tutankhamon posta di guardia alla camera sepolcrale. Il “khat” è arrotondato ai lati ed è legato al simbolismo lunare nonché alla “radianza” (iAxw – oggi forse lo chiameremmo “aura”) simbolo della trasformazione divina del sovrano. Dal “khat” spunta la parte inferiore di una parrucca cerimoniale.

Sulla fronte un avvoltoio Nekhbet anch’esso dorato, con becco in ebano e occhi di ossidiana, insieme ad un ureo in bronzo dorato con intarsi in pasta vitrea colorata.

Gli emblemi regali sulla fronte del Faraone (riproduzione)

I due simboli erano avvolti da una coroncina floreale con foglie di ulivo e fiordalisi. “Ci piace pensare che che proprio questo sia stato l’estremo saluto recato dalla fanciulla, ormai vedova, a suo marito”

Il particolare della coroncina di ulivo e fiordalisi intorno agli emblemi regali

Il viso è raffigurato in una spessa lamina d’oro, con occhi in calcite bianca ed ossidiana.

I tratti del volto assomigliano molto a quelli della terza bara e della maschera funebre, rendendo certa l’attribuzione originale a Tutankhamon (riproduzione)

Le braccia sono flesse sul petto, in bassorilievo; le mani chiuse sono modellate a tutto tondo ed impugnano il flagello ed il pastorale, intarsiati con pasta di vetro blu. Nelle parole di Carter: “L’insieme era di una bellezza che superava ogni nostra previsione)

Sia il volto che le mani sono ricoperti da una lega d’oro più chiara del resto della bara; secondo Carter “dando così l’impressione del pallore della morte”

Il corpo è decorato a bassorilievo secondo il modello “rishi”, con un disegno a piume impreziosito dalle figure di Iside a destra e Nephti a sinistra che avvolgono il corpo del Faraone con le loro ali. Sulla base della bara, Iside viene di nuovo rappresentata con le ali aperte sopra un segno “neb”.

La decorazione rishi dorata che caratterizza la prima bara (riproduzione)
Iside sul fianco destro (riproduzione)

Sul coperchio della bara sono presenti due linee verticali di iscrizioni. Una in particolare colpì Carter, tanto da riportarla nel suo volume sulla scoperta della tomba: “O madre Nut, stendi le tue ali su di me come le stelle imperiture”.

L’interno della cassa riporta delle iscrizioni a cui Carter accenna in modo superficiale e che non vengono riportate nei suoi appunti

La parte superiore della base è stata piallata dagli artigiani al momento dell’inserimento nel sarcofago in quanto troppo alta per chiudere il coperchio; schegge di legno dorato sono state infatti ritrovate nel sarcofago stesso (permettendo peraltro l’identificazione del legno usato). Il danno al sarcofago è stato coperto con uno strato di unguento nerastro.

Iside sulla faccia inferiore della base (originale)

Il coperchio era chiuso da dieci tenoni in argento massiccio (quattro per lato più uno sulla parte superiore della testa ed uno sulla base). Le quattro maniglie originali in argento massiccio come abbiamo visto furono utilizzate per ri-sollevare il coperchio più di tremila anni dopo.

La prima bara è rimasta per quasi un secolo nella tomba, all’interno del sarcofago. Nel 2019 è stata estratta per la prima volta dalla deposizione della mummmia del re, in modo da essere restaurata per essere poi esposta al GEM dopo la sua (futura) inaugurazione.

Il restauro si è reso necessario per i danni evidenti dovuti all’umidità nel microambiente del sarcofago all’interno della tomba, probabilmente derivati da milioni di turisti in visita. Qui i danni alla base della testa della bara
Larghi pezzi della gessatura dorata si sono staccati dalla struttura in legno di cipresso
Un primo restauro è stato effettuato direttamente nella tomba viste le gravi condizioni della bara
Probabilmente aver rimosso il cataletto originale, esposto al Museo del Cairo, senza sostituirlo appropriatamente ha contribuito al deterioramento della parte inferiore della cassa

Dopo il restauro di emergenza nella tomba, la bara è stata trasportata al Cairo in un contenitore ermetico e sterilizzante ad atmosfera controllata. Per la prima volta dopo 33 secoli dalla cerimonia funebre di Tutankhamon è uscita dalla tomba. Due cuscinetti sono stati posti sotto il flagello ed il pastorale per il timore che potessero spezzarsi durante il trasporto. La bara è rimasta una settimana “in quarantena” nel laboratorio del Museo per acclimatarla e completare la sterilizzazione prima di aprire il contenitore ermetico

Dopo quasi un secolo dall’apertura della tomba è stato possibile ammirare la prima bara in tutta la sua bellezza. Qui il danno al piede della bara è ancora più evidente
E qui possiamo intravedere Nephti sul fianco sinistro del Faraone

Il Ministro delle Antichità, Khaled El-Enany, si è “lanciato” in un’affermazione (“le tre bare verranno esposte insieme, come desiderava Tutankhamon”) che lascia un po’ perplessi, ma è bello sapere che le moderne autorità conoscono così bene i desideri dei loro regnanti di 33 secoli fa…

La regalità del riposo eterno di Tutankhamon

FONTI: