E' un male contro cui lotterò

LA CURA DEL CORPO – LA CUTE

Di Andrea Petta e Franca Napoli

Come già per i capelli, anche in questo caso la medicina si mescola con l’estetica, con importanti eccezioni.

Da un lato abbiamo infatti le prescrizioni per “evitare gli odori in estate”, veri e propri deodoranti a base di franchincenso, bacche di ginepro e mirra, oppure frutti di carruba – l’ennesima dimostrazione dell’importanza dell’igiene nell’Antico Egitto.

Non mancano poi le prescrizioni per ottenere una pelle morbida a base soprattutto di miele, natron, sale e polvere di alabastro. Livio Secco ci ha illustrato alcune delle pratiche cosmetiche (su cui ha anche pubblicato un volume) QUI.

Il contenitore dei cosmetici, inclusi quelli per la pelle, di Merit al Museo Egizio di Torino.

D’altra parte, invece, appaiono le prime terapie dermatologiche vere e proprie. Le evidenze paleopatologiche ci mostrano solo sospetti: la cute delle mummie è disidrata e molto scura, difficilmente si può distinguere una patologia con certezza. Si sospettano su alcune mummie casi di tumori cutanei, in particolare dovuti alla sindrome di Gorlin-Goltz (carcinomi delle cellule basali e cheratocisti che causano malformazioni del derma e scheletriche, tra cui un tipico accorciamento dell’osso metacarpale dell’anulare) e si stanno cercando i marcatori genetici di questa patologia, finora senza successo.

Carcinomi cutanei dovuti alla sindrome di Gorlin-Goltz
L’accorciamento del quarto metacarpo, corrispondente all’anulare, della mano destra di una mummia morta all’età di 20-25 anni e scoperta ad Assyut, sintomo probabile della sindrome di Gorlin-Goltz (da: Satinoff, Merton I., and Calvin Wells. “Multiple basal cell naevus syndrome in ancient Egypt.” Medical History 13.3 (1969): 294-297.)

Abbiamo visto i casi di vaiolo (Ramses V) e le cisti cutanee, trattate chirurgicamente; sui papiri medici troviamo invece le indicazioni volte ad alleviare i sintomi di rossori cutanei (rash), eczemi, ulcere ed in generale “irregolarità della cute”. Dal momento che la medicina egizia faceva riferimento sempre ai metu, ai vasi interni del corpo, anche nel caso delle patologie della pelle bisognava liberare i metu, soprattutto dell’addome, facendo ricorso sovente a lassativi.

Ramses V con i chiari segni del vaiolo sul volto

Di particolare importanza erano le ustioni, che evidentemente accadevano di frequente se vengono riportati ben 27 rimedi per curarle.

Da quanto leggiamo nel Papiro Ebers, la terapia più gettonata vedeva un cambio di terapia ogni giorno, per cinque giorni; rispettivamente:

  • Il primo giorno: fango nero
  • Il secondo giorno: escrementi di bestiame di piccola taglia (vitello, pecora, capra)
  • Il terzo giorno: resina di acacia, impasto d’orzo, carrube e olio
  • Il quarto giorno: cera, olio, papiro macerato nell’acqua (specificato: “non scritto”!) e un legume wah, non identificato
  • Il quinto giorno: ocra rossa, foglie di un albero non identificato, scaglie di rame

Agli occhi della medicina moderna non c’è nessuna logica in questa sequenza, anzi: gli escrementi del secondo giorno comportano un grosso rischio di infezione e gli olii, noti lenitivi, non compaiono prima del terzo giorno. Un grande mistero, legato probabilmente alla necessità di scacciare i “demoni” collegati all’ustione.

Gli altri rimedi per le ustioni comprendono spesso dell’olio, il miele (battericida), le scaglie di rame o di malachite (battericidi). Evidentemente anche i medici egizi non avevano soverchia fiducia in questi rimedi, perché, stranamente, questa parte del Papiro Ebers contiene ben due incantesimi da affiancare ai rimedi proposti, un fatto inusuale nei papiri medici.

Come in altri casi, anche qui purtroppo ci colpisce di più quello che manca, rispetto a quello che troviamo nei papiri medici. In un Paese in larga parte desertico, le malattie della pelle avrebbero dovuto essere estremamente diffuse, mentre non sono assolutamente trattate.

Con una singola, straordinaria eccezione che vedremo nella prossima puntata

E' un male contro cui lotterò

VIRUS E BATTERI

POLIO E VAIOLO

Di Andrea Petta e Franca Napoli

POLIOMIELITE

Dal greco polyos (grigio) e myelos (midollo), la poliomielite è una malattia di origine virale dovuta al poliovirus, che di norma si limita ad infettare il tratto intestinale ma che nel 5% dei casi si estende al sistema nervoso centrale causando la paralisi totale o parziale dei muscoli. Come sappiamo, è stata praticamente debellata solo negli anni ’50 grazie ai vaccini.

Come al solito, trovare traccia dell’agente infettivo in mummie vecchie di millenni è molto difficile, ma abbiamo “prove indiziare” della polio nell’Antico Egitto.

La stele di un sacerdote guardiano di nome Roma, risalente alla XVIII Dinastia, lo ritrae con una gamba più corta ed appoggiato ad un bastone per camminare. Secondo molti studiosi sarebbe la prima dimostrazione della polio nella storia umana.

La stele del sacerdote Roma (o Ruma): è lui la prima testimonianza della poliomielite giunta fino a noi?
Il particolare della gamba più corta e del bastone usato per camminare

Anche un famoso bassorilievo del periodo di Amarna, in cui il Faraone ritratto è stato di volta in volta identificato con Smenkhare o Tutankhamon, mostra il sovrano appoggiato ad un bastone ipotizzando una conseguenza della polio.

Questo famoso bassorilievo, ospitato anche sulla nostra pagina e rappresentante un sovrano dell’epoca amarniana appoggiato ad un bastone con la moglie, è stato indicato come un’altra dimostrazione della presenza della poliomielite nell’Antico Egitto

La mummia del Faraone Siptah della XIX Dinastia mostra la gamba ed il piede sinistro deformati, che sono attribuibili alla polio ma potrebbero essere dovuti ad una malformazione congenita 

La mummia del faraone Siptah e la sua gamba sinistra più corta con il piede sinistro deformato

VAIOLO

Discorso simile si può fare per il vaiolo, causato dai virus del genere Variola e le cui eruzioni cutanee sono tristemente note. I papiri medici non citano condizioni simili, né tantomeno indicano una cura.

I virus del genere Variola, fortunatamente ormai debellati

Nel 1912 il solito Elliot Smith, che è stato un vero pioniere nel campo della paleopatologia, individuò sulla mummia di Ramses V (XX Dinastia) tracce di eruzioni cutanee sul collo, sul pube e sull’addome che attribuì al vaiolo – una diagnosi che, seppure contestata, è rimasta valida in attesa di prove certe che potrebbero venire come sempre dall’analisi del materiale genetico.

La foto di Elliot Smith della mummia di Ramses V

Da notare che Ramses V morì in giovane età (intorno ai 25-30 anni) dopo un breve regno di 5 anni e, secondo un papiro conservato a Torino (Papiro 1923) alla sua morte accaddero diversi strani eventi. La sua tomba originale fu abbandonata immediatamente ed un’altra (ancora ignota) fu scavata per il Faraone, mentre altre sei tombe vennero scavate in fretta e furia nella Valle delle Regine. Non solo: i corpi vennero sepolti nelle tombe ben 16 mesi dopo la morte, un fatto straordinario e per niente in accordo alla Ma’at, e agli artigiani che lavorarono alle tombe fu concessa una vacanza di un mese a spese del Faraone subentrato (Ramses VI). Tutti questi fatti hanno fatto propendere per una improvvisa epidemia di vaiolo che uccise diverse persone della famiglia reale, tra cui Ramses V, e che diverse misure di sicurezza vennero prese per evitare che l’infezione si propagasse ulteriormente.

La zona in cui il rash cutaneo è più evidente. Si è anche ipotizzato che le pieghe sulla pelle del collo siano dovute ad un gonfiore patologico prima della morte