Di Piero Cargnino
Con il re Scorpione finisce il Periodo Predinastico ed inizia quello che viene chiamato “Protodinastico” (o Arcaico o Tinita, da Thinis, città di origine dei sovrani).
Qui però bisogna andare cauti, la quasi totale assenza di indizi e la scarsità di documenti contemporanei, quelli che ci raccontano questo periodo, a parte glifi e incisioni rinvenuti su stele, vasellame o graffiti dell’epoca, li ricaviamo da liste reali risalenti al Nuovo Regno ossia un tempo posteriore di 1500 anni, questo fa si che le nostre conoscenze del periodo siano alquanto scarse e quantomeno arbitrarie.
Comunque stiamo parlando di un periodo che, dal punto di vista cronologico possiamo collocare intorno al 3200-3150 a.C. circa.
Il re Scorpione si trova ad affrontare ancore numerosi conflitti che lo vedono impegnato a combattere gli ancora recalcitranti re o capi locali con l’intento di unificare l’intero Egitto ma la battaglia definitiva, che porterà all’unificazione delle due Terre, vedrà la vittoria del suo successore, Horus-Narmer (o Menes o Meni).


Con lui si conclude la fase di formazione di uno stato unitario, Manetone, come anche il Papiro di Torino, fanno iniziare la prima dinastia reale e Narmer è ufficialmente considerato il primo “Faraone”, sovrano della prima dinastia. Convenzionalmente si chiude il Periodo Predinastico ed inizia quello Protodinastico.
Ho scritto faraone tra virgolette perché ritengo necessario precisare il significato del titolo anche se a molti è già noto. Tale termine è derivato dal greco “Pharao”, compare per la prima con Thutmose III (XVIII dinastia, 1400 a.C. circa) e deriverebbe dalla parola egizia “pr-ˁ3 – per-aa” col significato di “Grande Casa”, termine con il quale veniva indicata la casa dove risiedeva il sovrano, cioè il palazzo inteso nel suo insieme come sede del potere.
Il sovrano, in quanto tale, veniva definito in vari modi che variano a seconda del periodo storico.
Il titolo regale si componeva di cinque Grandi Nomi, il primo e più importante era il “Nome Horo” (a volte anche “Nome Ka”) preceduto dal serekh dello stesso Horus, un disegno rettangolare rappresentante la facciata del palazzo reale, al cui interno era rappresentato il nome del sovrano e sul quale, spesso, era appollaiato il dio in forma di falco.

Segue il nome “Horus d’oro” che, secondo alcuni, si potrebbe interpretare come “Horo vincitore su Seth”, l’oro, come metallo è simbolo dell’eternità per cui si potrebbe leggere come “Horo l’eterno” anche tenuto conto che d’oro era anche la carne degli dei. Il quarto era il “praenomen” o nome del trono, il “nesut-bity”, scelto all’atto dell’incoronazione e racchiuso in un cartiglio preceduto dal giunco e dall’ape, plantes araldiche dell’Alto e del Basso Egitto col significato di “re di tutto l’Egitto”. Ultimo era il “nomen” o nome personale, preceduto dal titolo “figlio di Ra“; quest’ultimo è il nome col quale usiamo chiamare “in modo confidenziale” i faraoni: Thutmose, Ramesse, ecc..
Considerando che fino a tutto l’Antico Regno il Nome Horo era il solo ad essere usato nelle incisioni sui reperti, si può capire la confusione che si incontra nella ricostruzione della sequenza dei sovrani in quanto nelle varie liste, stese in epoche molto posteriori, i re venivano indicati, spesso, con il nome di nascita.
Torniamo ora all’inizio del Periodo Protodinastico, con l’unificazione dell’Alto e Basso Egitto, 3150 a.C. circa, inizia quello che viene comunemente chiamato “Periodo Arcaico” o “Periodo Tinita”.
Capitale del regno fu Thinis, nome greco di una città egizia situata nei pressi di Abydos che era il capoluogo dell’ottavo distretto dalla quale provenivano i re delle prime due dinastie egizie, la città di Thinis a tutt’oggi non è ancora stata localizzata. Anche qui c’è da dire che non è chiaro il perché i faraoni del periodo protodinastico siano stati suddivisi in due dinastie, alla luce delle nostre conoscenze, nessun fattore esterno giustifica tale discontinuità, basti pensare che la tomba dell’ultimo faraone della I dinastia Qa’a riporta i sigilli del suo successore Hotepsekhemwy, primo sovrano della II dinastia. E qui mi rifaccio al concetto espresso dal Prof. Damiano: “cos’è una dinastia?”. L’autorevole Enciclopedia Treccani definisce dinastia “l’insieme dei sovrani di una medesima famiglia, anche di rami diversi, succedentisi in uno stesso paese o in paesi diversi”, per dinastia si intende inoltre un’era in cui una famiglia ha regnato influenzando fortemente gli eventi, la cultura o le opere, questa è la nostra definizione di dinastia. Secondo il Prof. Damiano per gli antichi egizi non era proprio così, spesso non era una questione di “sangue”, a volte era frutto di sotterfugi, complotti o astuzia, spesso invece bisognava guadagnarsela. Il cambio di una dinastia poteva derivare dall’estinzione della linea di sangue o a causa di usurpazione. A questo punto dunque non ci stupiamo più della ripartizione fatta da Manetone che, seppure 1500 anni dopo, avrà forse avuto le sue ragioni.

Come già accennato, il primo sovrano della I dinastia fu Narmer (o Menes), colui che unificò le Due Terre. L’evento viene messo in risalto dalle incisioni su una tavolozza per belletti, in grovacca a forma di scudo, rinvenuta da E. Quibell e F. W. Green, nel “Deposito principale” durante gli scavi a Ieracompoli nel 1897-1898. Si trovava con le teste di mazza del re Scorpione e di Narmer, durante gli scavi venne anche rinvenuta una testa di Horus sotto forma di falco, interamente rivestita d’oro. Più tardi però si scoprì che la testa risaliva alla VI dinastia.
La tavolozza è databile intorno al 3100 a.C. , misura 64 cm in altezza per 42 di larghezza e 2,5 cm di spessore, su entrambi i lati presenta splendide raffigurazioni con arcaici geroglifici che lasciano sbalorditi per la loro perfezione considerando l’epoca in cui è stata realizzata, il periodo dei “Compagni di Horus”, i signori del Falco.
Personalmente concordo con quegli studiosi che la definiscono “parlante”, i glifi in essa riportati ne fanno un brogliaccio dove lo scalpellino “scriba” tenta di fare, in modo del tutto personale, quello che non è ancora in grado di fare in altro modo, esprimersi con la scrittura. E chi non la conosce, chi non l’ha mai vista? Si, ma quanti di noi si sono mai soffermati a cercare di interpretarne il reale significato? Mi perdonerete se mi perdo un attimo ad interpretarla, l’emozione di descriverla è più forte di me.
Il lato anteriore della tavolozza è diviso in tre registri: nel primo compare due volte una testa di vacca con le corna ripiegate, la Dea Hathor, mentre in posizione centrale spicca il serekht del sovrano, il secondo registro è dominato dalla grandiosa figura del re Narmer che indossa la corona bianca dell’Alto Egitto con, legata alla cintura, una coda di toro simbolo del potere, “Horus Toro Possente”. Il re è intento a colpire con una mazza il nemico che tiene per i capelli, come si conviene è seguito dal suo dignitario “Colui che porta i sandali”. Di fronte al re una scena che anticipa quella che sarà poi la stupenda Scrittura Geroglifica, ossia la volontà di esprimere qualcosa di più di quanto non sia possibile esprimere con il disegno. La scena, come riportato nella foto, potrebbe significare: “Il grande Horus-Narmer, “Toro Possente”, colui che ha soggiogato il popolo della terra dove cresce il papiro” (il Basso Egitto). Nel registro inferiore una scena di nemici uccisi.
Sul lato posteriore, oltre al primo registro con le due teste della dea Hathor ed il serekht, si individuano altri tre registri:, nel primo è raffigurato il re Narmer con la corona rossa del Basso Egitto, dietro di lui il portatore di sandali mentre davanti sfila un corteo di alfieri con gli stendardi dei vari nomoi e più avanti i nemici uccisi e decapitati, stesi a terra con il capo mozzato posto tra le gambe. Nel registro centrale due animali mitologici che con i loro lunghi colli formano un piccolo crogiolo tondo per la mescola dei belletti, nel registro inferiore un toro, simbolo della potenza del re, mentre con le corna abbatte le mura fortificate di una città e calpesta i nemici.
Presentandosi con le due corone dell’Alto e Basso Egitto possiamo affermare che Narmer è stato il primo Faraone della I dinastia. Di Narmer (o Menes) sappiamo che promosse l’affermazione del culto di Osiride e, secondo alcuni governò con discreta saggezza lasciando ai suoi successori un paese florido ed ancora in fase di espansione; pare anche che sia stato lui ad introdurre il calendario di 365 giorni.


Tra gli studiosi non c’è una interpretazione univoca su questo faraone, alcuni associano Narmer al re Scorpione considerandolo una figura mitica, altri lo associano a quello che è considerato il suo successore Aha, che la Pietra di Palermo definisce come unificatore dell’Egitto. Come se non bastasse, a dimostrazione di quanto sia difficile interpretare questo periodo, alcuni studiosi, tra cui Jürgen von Beckerath, forti di quanto riportato nella Pietra di Palermo, unito a quanto riportato su di una placchetta d’avorio, dove il nome di Aha è accompagnato dal geroglifico “mn” (letto come Meni), ipotizzano che Narmer, Meni e Aha siano i nomi dello stesso sovrano. A complicare ulteriormente le cose si riscontrano discordanze anche nella definizione della data di riferimento; in conclusione si può comunque dire che, con l’approssimazione di un secolo circa, gli eventi si possono inserire intorno al 3000-3100 a.C.

Fonti e bibliografia:
- Mario Tosi, “Dizionario Enciclopedico delle divinità dell’antico Egitto”, Ananke, 2012
- Maria Cristina Guidotti e Valeria Cortese, “Antico Egitto”, Giunti, 2021
- Franco Cimmino, “Dizionario delle Dinastie faraoniche”, Bompiani, 2012
- Mattia Mancini, Articolo del 27 aprile 2021 su Djed Medo, Blog di egittologia
- Maurizio Damiano, “Gran Mare di Sabbia. Là dove nacque l’Egitto”, Archeologia Viva n. 104, Marzo/Aprile 2004
- Maurizio Damiano, “Gran Mare di Sabbia, II. Lontani misteri di un deserto”, Archeologia Viva n. 113, Settembre/Ottobre 2005
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- Edda Bresciani, “Grande enciclopedia illustrata dell’antico Egitto”, De Agostini, 2005
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- Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Oxford University Press 1961, Einaudi, Torino 1997
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