Età Predinastica, Kemet

L’EGITTO: NASCITA DI UNO STATO UNITARIO PARTE V, LE DUE TERRE

A cura di Ivo Prezioso

I simboli reali erano diversi per L’Alto e il Basso Egitto.

Il primo era caratterizzato dalla Corona Bianca (Hedjet), il secondo dalla Corona Rossa (Deshret).

In seguito, ad unificazione avvenuta, furono fuse in un solo elemento (Sekhemty o Pschent), pur continuando ad essere rappresentate singolarmente, tutte le volte che si intendeva sottolineare la tipica dualità (Valle e Delta) che costituirà, per tutto il corso della civiltà, una caratteristica fondamentale del paese.

Nel Delta, gli elementi culturali alto-egiziani, vennero introdotti quasi sicuramente intorno al 3400 a.C. verso la fine del periodo Naqada II, come sembra dimostrare la presenza di elementi caratteristici della Valle nel predinastico recente. Questo impatto fu certamente di notevole portata. Infatti gli elementi distintivi della cultura maadiana, che comprendeva diversi insediamenti sviluppatisi tra Maadi e Buto, nella parte settentrionale del Delta, furono sostituiti da quelli del Naqada II. Pratiche funerarie e ceramiche chiaramente simili a tale cultura sono state riscontrate in particolare nel sito di Minshat Abu Omar, nel Delta orientale. Non ci sono tuttavia prove decisive per poter affermare che questi cambiamenti siano stati diretta conseguenza di eventi bellici. E’ più verosimile ipotizzare che lo sviluppo di ceramiche e di usanze funerarie tipiche del Naqada II, siano coincise con l’intensificarsi dei rapporti commerciali con la Mesopotamia e la Palestina. Probabilmente la nascita dello stato unitario non va ascritta ad un singolo evento bellico, ma piuttosto ad un lungo processo fatto di alleanze e diversi momenti di frammentazione e riunificazione. Comunque siano andate le cose, l’unificazione portò ad accogliere divinità di diversi regni e principati in un unico pensiero religioso focalizzato sulla presenza di un sovrano dotato di natura divina; quest’ultimo era considerato l’elemento di coesione tra il Basso Egitto (il Delta), rappresentato da Buto, e l’Alto Egitto (la Valle), da Ieraconpoli.

La fase successiva dovette coinvolgere importanti distretti del Medio Egitto (le zone intorno a Shutub Abydo), probabilmente a seguito di pacifici negoziati o al più di una guerra di breve durata. Abydo finì per essere scelta come capitale di un vasto territorio che si estendeva dalla Nubia all’area centrale del Delta, data la sua posizione a metà strada tra Ieraconpoli e i territori del Nord. E’ verosimile supporre che proprio per questa ragione Abydo fu sede delle sepolture reali, per un periodo che va dalla I Dinastia alla fine della II e venne associata all’ancestrale culto del sovrano defunto come testimoniano le dimensioni, l’orientamento e i corredi dei recinti funerari. Sul finire del predinastico, centro di principale importanza nel Delta era Buto (Tell el Farain) chiamata anche Pe oppure Per Uadjet, considerata la capitale del Basso Egitto. Nella zona è stato rinvenuto un tempio risalente alla I Dinastia e gli scavi hanno restituito ceramiche, coni in argilla e manufatti che presentano caratteristiche simili a quelli relativi al periodo “F” di Amuq in Siria settentrionale e Mesopotamia. In particolare, i coni di argilla hanno notevole somiglianza con quelli utilizzati per la decorazione dei templi di Uruk (Mesopotamia). Le ceramiche di epoca più antica che ci hanno restituito Buto e altri siti del Delta come Tell Asuad e Tell Ibrahim Auad, è invece, da considerarsi di produzione locale.

Nel Delta erano ubicati anche altri importanti centri cultuali predinastici; tra questi uno fra quelli di maggior spicco era senz’altro Sais, che in epoca storica divenne meta di pellegrinaggi. Capoluogo del quinto nomo (sp3t, sepat in egiziano), un’unità amministrativa così chiamata con termine derivante dal greco, vi si venerava Neith, una divinità guerriera rappresentata con arco e frecce. Più tardi i Testi delle Piramidi parleranno di lei come “madre e nutrice” dei sovrani. Anche Busiri (in egizio Djedu o Per-Usir, “la casa di Osiride”) era un importantissimo centro religioso ed era associata ad Osiride, il primo sovrano-dio della mitologia. C’era poi On (Iwnw, in egizio), chiamata dai greci Heliopoli, che sorgeva ove oggi è insediato il quartiere cairota di Matareya, dove arano venerati sia Osiride che Atum e che sarebbe divenuta in seguito il più importante centro del culto del dio solare, Ra. I sacerdoti di Onerano acuti osservatori astronomici e si incaricavano di registrare il livello delle piene del Nilo. A loro, con tutta probabilità, è da attribuire l’elaborazione del concetto cosmogonico dell’Enneade: un’enclave di nove divinità costituita da otto coppie divine emanate da Atum. Quest’ultimo dopo essersi autogenerato, avrebbe creato, tramite lo sputo o attraverso l‘emissione di liquido seminale, Shu e Tefnut (l’aria e l’umidità), la prima coppia divina, da cui sarebbero nati Geb e Nut (la Terra e il cielo). Questi ultimi generarono quattro figli, Iside e Osiride, Seth e Nefti, che andarono a formare la terza e quarta coppia divina .La nascita di questa cosmogonia fu probabilmente un processo di sintesi resosi necessario al fine di giustificare una genealogia celeste dei sovrani egizi che includesse anche divinità che avevano culto in zone diverse del paese come ad esempio Seth, venerato a Naqada, nell’Alto Egitto, e Osiride adorato a Busiri, nel Delta. Il re, incarnazione di Horus, era simboleggiato dal falco. Secondo il mito Osiriaco, il riconoscimento di quest’ultimo come sovrano legittimo di tutto l’Egitto, fu il risultato di una disputa avvenuta tra Seth e il nipote Horus (generato dalla coppia Osiride-Iside) cui avrebbe posto termine l’intervento del Tribunale divino. Il verdetto fu favorevole ad Horus, che fu così legittimato a regnare sull’intero paese. Il re era quindi un’incarnazione della divinità e la sua presenza in terra fungeva da tramite tra gli dei e gli uomini: il suo benessere garantiva quello dei mortali. Era celebrato con un giubileo (Heb-Sed), in occasione del quale venivano approntate una sala del trono e una camera di vestizione in cui si rinnovava la cerimonia dell’incoronazione e si riaffermava la sovranità regale. Le strutture per i festeggiamenti erano dislocate attorno ad un cortile, su cui si affacciavano le cappelle delle varie divinità delle province (nomi) delle Due Terre. Il re lo percorreva di corsa per quattro volte come sovrano del Sud e quattro volte come sovrano del Nord. Il rito si celebrava, di norma al compimento del trentesimo anno di regno e poi a intervalli successivi di tre anni.

Frammento di testa di mazza cerimoniale piriforme, Naqada II – Dinastia 0. Calcare. Altezza cm. 20 diamentro cm. 19,6.

Provenienza Ieraconpoii. Londra, Petrie Museum.

Il frammento che possiamo vedere anche in un particolare nell’immagine superiore alla sua destra, reca scolpite sulla superficie e distribuite su due registri, scene tratte dal ciclo cerimoniale dello Heb-Sed, comprendente di solito, oltre all’effigie del sovrano in trono, anche la rappresentazione di riti di fondazione di edifici sacri. Nella fascia superiore distinguiamo quanto rimane di un corteo, mentre quella inferiore rappresenta una danza rituale maschile, i cui partecipanti sono caratterizzati da acconciature e vesti particolari. Il personaggio centrale sorregge un vaso.


Particolare da una testa di mazza Piriforme, Naqada II – Dinastia 0. Calcare. Altezza cm. 20, diametro, cm. 21.

Provenienza Ieraconpoli. Londra, Petrie Museum.

Della superficie decorata di questo reperto si è conservata solo una piccola porzione. Vi è raffigurato un re in trono sotto un baldacchino. E’ avvolto nel manto cerimoniale dello Heb-Sed dal quale fuoriesce una mano che impugna un emblema regale. Indossa la corona rossa del Basso Egitto.


Vaso con decorazione in rilievo, epoca tardo-predinastica (circa 3.100 a.C.). Calcite. Altezza cm. 16,2 Diametro massimo cm. 9,3.

Provenienza ignota. Monaco, Staatliche Sammlung Agyptischer Kunst.

Questo vaso presenta una decorazione in rilievo su tutta la circonferenza. E’ suddiviso in due registri da una fascia decorata, in posizione mediana, che funge da base per una serie di nove uccelli rivolti verso destra che si susseguono lungo tutta la circonferenza. La loro rappresentazione è molto interessante, in quanto nella loro evoluzione diverranno simboli geroglifici,. Al di sopra degli uccelli sono raffigurate in posizione simmetrica due teste bovine viste frontalmente. Al di sotto della fascia sono presenti una linea a zig-zag formata da tre segmenti che diverrà il segno geroglifico per “Khaset” = deserto, terra straniera ed un oggetto allungato che riproduce una barca fortemente schematizzata che richiama la stessa rappresentazione osservata nella Tomba 100. L’intero corpo del vaso è attraversato da scanalature che si interrompono solo all’altezza della fascia orizzontale. I singoli elementi decorativi vanno interpretati come una primitiva rappresentazione del mondo. Le teste bovine in alto simboleggiano la dea celeste a forma di vacca che ritroveremo anche nella parte superiore della Tavolozza di Narmer. La base su cui poggiano gli uccelli rappresenta la terra fertile ed il numero nove (per gli egizi simboleggiante una pluralità di pluralità) l’intero mondo animale. Nel registro inferiore, come abbiamo visto, la linea a zig-zag indica le alture desertiche e la barca evoca il Nilo, con un preciso riferimento agli esseri umani. Cielo e terra, deserto , fiume e terra fertile sono gli elementi fondamentali della visione del mondo presso gli egizi e tale concezione si conserverà anche in seguito, in epoca dinastica.


Statua itifallica, Oxford, Ashmolean Museum. 

Calcare, altezza del frammento cm. 177.

Provenienza: Coptos. Fine Predinastico.

Questo tipo di statue fu ritrovato nel tempio di Min a Coptos. In quanto simbolo di fertilità, questa divinità è già rappresentata nell’atto di impugnare il fallo eretto e, pertanto la statua viene definita itifallica. Queste immagini diventeranno frequenti in epoca dinastica nella pittura e nel rilievo, riferite a Min e ad Amon-Min. Questi dei rappresentavano la fertilità cosmica, riferita alla continua rigenerazione dell’universo e dunque non solo al ciclo delle nuove nascite, ma alla creazione dell’intero cosmo. (Si confronti, in proposito il mito della creazione Eliopolitana che vede il demiurgo Atum generare l’universo attraverso lo sputo o l’emissione di liquido seminale).

Fonte: Maurizio Damiano, Antico Egitto.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...