Età Predinastica, Kemet

LA TAVOLOZZA DI NARMER

Inizi della I Dinastia, 3100 a.C. circa. Provenienza: Ieraconpoli. Altezza cm. 64, lunghezza cm. 42,5, larghezza cm. 4,3. Grovacca (siltite grigio-verde). Museo Egizio del Cairo

A cura di Ivo Prezioso

è considerato come il documento che attesta l’avvenuta unificazione delle Due Terre, anche se abbiamo visto che gli studi più recenti sono concordi nel ritenere che all’epoca di Narmer, l’Egitto (almeno il larga parte) fosse una realtà già acquisita da qualche generazione.

.La Tavolozza fu scoperta dagli archeologi britannici James Quibell e Frederick Green presso il tempio di Horus a Ieraconpoli, durante la campagna di scavo del 1897-98. Nonostante la veneranda età di oltre 5.000 anni si è preservata in condizioni pressoché perfette.

Il lato mostrato nell’immagine, si presenta sviluppato su tre registri.

In quello superiore, tra due rappresentazioni di una divinità dalla testa bovina (Bat, antesignana di Hathor? Si confronti in proposito la tavoletta di Gerza, risalente al periodo Naqada II) trova posto un “serekh” contenente due simboli geroglifici: un pesce siluro e uno scalpello, che si leggono “nrmr” (Narmer). Il registro centrale presenta una imponente scena in cui il re indossa la Corona Bianca dell’Alto Egitto e il gonnellino “shendyt” da cui pende la coda di toro (Toro Possente) oltre alla barba posticcia ricurva (tipica delle divinità). E’ colto nell’atto di colpire con una mazza un nemico in ginocchio. Da notare come questa iconografia la ritroveremo per tutta la durata della storia egizia: una scena del tutto identica, ad esempio, la riconosciamo, riferita a Tolomeo XII, nel tempio di Horus a Edfu 3.000 anni più tardi. Dietro il sovrano è raffigurato un servitore: il suo portasandali. Nella parte superiore destra si trova un emblema complesso che combina la testa di un prigioniero con il simbolo geroglifico che rappresenta una palude, dominato da un falco. Il segno è stato generalmente interpretato come simbolo della sconfitta inflitta dal re alle regioni del Delta.Due nemici vinti occupano, invece, il registro inferiore.

La Tavolozza ci fornisce anche un ottimo esempio del modo in cui venne formandosi la scrittura geroglifica. Se ne può azzardare, con molta prudenza un’ipotetica lettura.

Nell’immagine il re è mostrato con la corona bianca dell’Alto Egitto (Hedjet). In cima alla tavoletta, come abbiamo visto, il nome del re, tra le due teste bovine, è rivelato da due geroglifici: un pesce siluro (nr) e uno scalpello (mr). Anche il nemico, sconfitto e in procinto di essere colpito dalla mazza, presenta a destra della testa due geroglifici: un arpione (wa) e uno stagno (sh): si può ipotizzare, quindi che il suo nome potesse essere, più o meno Washi. (Altra ipotesi è che i due segni possano, semplicemente, indicarne la regione di provenienza). Più oscuri sono, invece, i simboli raggruppati di fronte al re e posti al di sopra del prigioniero barbuto: Il falco Horo (il sovrano) ha tra gli artigli una corda che tiene il nemico vinto per la testa. Questa fuoriesce da un segno di forma allungata (allusione, forse, alla sua terra d’origine) da cui emergono sei steli di papiro. Gardiner interpreta il papiro come indicazione del Basso Egitto: Narmer, con la corona dell’Alto Egitto, avrebbe quindi sconfitto il Re del Basso Egitto ed unificato il Regno. La rappresentazione è oggetto di dibattito: secondo alcuni i sei papiri emergenti tra il falco e la testa del prigioniero potrebbero riferirsi ad una zona paludosa del Delta, altri interpretano ogni stelo con il valore numerico 1000, e quindi starebbe ad indicare un totale di 6.000 prigionieri sottomessi e catturati. I due nemici nudi raffigurati nel livello inferiore presentano ognuno alla propria sinistra un geroglifico. Una città murata e una specie di nodo (un riferimento, forse, al nome della città conquistata?).

L’altro lato della tavoletta si sviluppa su quattro registri. Quello superiore presenta la stessa scena della prima faccia, con il serekh contenente il nome di Narmer posto tra le due divinità con testa bovina.

Il secondo registro presenta il re e i suoi servitori intenti ad ispezionare i cadaveri decapitati dei nemici. L’abbigliamento del sovrano è lo stesso, con la sola differenza della corona. Indossa quella rossa del Basso Egitto ed i geroglifici del suo nome compaiono davanti al suo volto. E’ preceduto da vessilliferi recanti motivi araldici che potrebbero indicare gruppi di regioni diverse.

Il terzo registro ospita due animali fantastici dai lunghi colli che si intrecciano a formare l’incavo per la preparazione del cosmetico affiancati da due figure umane. E’ evidente la somiglianza di queste bestie mitiche con altre rappresentate su un sigillo cilindrico ritrovato tra le rovine di Uruk in Mesopotamia e risalente al tardo predinastico sumero. Un‘ ulteriore prova dei contatti culturali che le due aree ormai già da lungo tempo intrattenevano.

Il sigillo cilindrico del periodo protodinastico sumerico, in diaspro verde conservato al Museo del Louvre a Parigi; è evidente la somiglianza dei due animali fantastici.

Il quarto registro contiene una scena che rappresenta la distruzione di una città fortificata da parte di un toro (probabilmente, rappresentazione iconografica del sovrano) che calpesta un nemico annichilito dalla sua forza divina.

Benché in passato la Tavolozza, nel suo complesso, sia stata spesso interpretata come un’ attestazione dell’unificazione delle Due Terre, avvenuta all’inizio della I Dinastia, recenti scoperte hanno dimostrato che l’unità dell’Egitto (o almeno, di una gran parte) era una realtà già molto tempo prima del regno di Narmer. La decorazione della Tavolozza potrebbe, perciò, rivestire più un carattere commemorativo che storico, volto a sottolineare il potere regale.

Sull’identità di Narmer si dibatte da tempo. Alcuni lo hanno identificato con il Menes di Manetone, altri con Aha, altri ritengono che Menes e Aha siano due personaggi diversi e la questione è ancora ben lungi dall’essere chiarita.

Anche per questo lato proviamo a proporre un’ipotetica interpretazione.

Del primo registro abbiamo già detto che è identico a quello dell’altra facciata.

Nel secondo, il sovrano si presenta, invece, con la corona del Basso Egitto (Deshret)è palese, dall’iconografia delle due facciate messe a confronto, che egli domina su entrambe le porzioni del paese. La scena, nel suo insieme, ci mostra una processione. Narmer tiene in una mano la mazza e nell’altra il flagello, simboli di regalità e presenta, davanti al viso, i geroglifici che lo identificano. Dietro di lui un portatore di sandali. Il faraone è preceduto da un sacerdote dai lunghi capelli designato da due simboli: una briglia (tj) e un pane (t) (da leggersi Tjt o Tjet? il suo nome?). Debole, a mio avviso, l’ipotesi, pure avanzata, che possa trattarsi di una donna e che si regge unicamente sulla figura dai lunghi capelli e sulla presenza della figura del pane, interpretata come desinenza (t) del femminile.

Scorrendo la scena verso destra riconosciamo quattro portastendardi che sorreggono emblemi, probabilmente di regioni unificate. I simboli posti in cima ai vessilli sono nell’ordine una placenta(?), un canide (Upuawut?) e due uccelli. Tutti segni che faranno parte della scrittura geroglifica. All’estrema destra si trovano dieci corpi decapitati, con le teste poste tra le gambe. Sopra di loro i simboli di una barca, un falcone ed un arpione che potrebbero essere un riferimento ai nomi delle città sottomesse. Al di sotto due servi tengono per il collo, per mezzo di corde, due animali fantastici. Si tratta di due felini con corpi di leopardo o di leonessa, dai lunghi colli simili a serpenti che terminano con le teste che si fronteggiano.

Un’ ulteriore, verosimile, ipotesi è stata avanzata riguardo l’incavo formato dall’intreccio dei colli: non sarebbe destinato al mescolamento di un cosmetico, ma alla polverizzazione dei minerali utilizzati per colorare le statue delle divinità. In realtà l’oggetto sembrerebbe troppo grande per essere considerato una paletta da trucco, e quindi è plausibile un suo impiego cultuale e celebrativo.

Il registro inferiore, come già abbiamo visto, vede il sovrano in sembianze di Toro mentre incorna e demolisce le mura di una città, il cui nome, non identificabile, potrebbe essere indicato dal simbolo posto all’interno del semicerchio che rappresenta, in forma stilizzata, una cinta fortificata.

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