A cura di Piero Cargnino
Come già accennato nell’articolo precedente non c’è la certezza su chi fu il quarto o quinto faraone della V dinastia tra Neferefra e Shepseskara, vedremo in seguito se eventuali indizi riusciranno a fare chiarezza (ne dubito).
Anche per Shepseskara, Sisires, Izi, Horo Shekemkhau si sa poco o nulla, Manetone, questa volta d’accordo con il papiro di Torino, ci dice che ha regnato 7 anni, dal 2467 al 2460 a.C.. Il suo nome significa “Nobile è l’anima di Ra” continuando la tradizione della fede nel Dio-Sole egiziano. Di lui è stato trovato solamente uno scarabeo, non si conosce il luogo dove è stato sepolto e non sono state trovate le tombe dei suoi funzionari e dignitari di Corte, forse a causa dell’estrema brevità del suo regno al quale venne data poca importanza. I vari nomi che gli vengono attribuiti sono dovuti alle diverse fonti che ci parlano di un faraone che avrebbe regnato in quel periodo, lo troviamo menzionato come Shepseskara solo sulla Tavoletta di Saqqara, compilata in epoca ramesside, circa 1200 anni dopo la sua morte, alla voce n. 28, nella quale compare la successione dinastica Neferikare, Shepseskara, Neferefra. Non compare nella lista dei re di Abydos, nel Canone di Torino non è chiaramente leggibile il nome, poiché il papiro presenta una lacuna in quel punto, si legge solo la durata del regno pari a 7 anni. Per quanto riguarda il nostro Manetone non esistono certezze, Sesto Giulio Africano, che riportò le cronologie dei sovrani egizi opera Manetone ci parla di una successione che vedrebbe “Nefercheres, Sisires, Cheres” verso metà della V dinastia, questo andrebbe abbastanza d’accordo con la Tavoletta di Saqqara.

La tesi sostenuta da molti egittologi è che abbia regnato solo un anno salendo al trono dopo Neferirkare Kakai e che dopo gli sia succeduto suo nipote Neferefra. Sempre secondo Sesto Giulio Africano, Manetone attribuisce a Sisires sette anni di regno mentre altre fonti riportano che la cifra di Manetone sarebbe di nove anni. Ma negli anni ottanta l’egittologo ceco Miroslav Verner, che operava nel sito, alla luce di numerose impronte di sigilli, recanti il nome di Horo Shekemkhau “Colui le cui apparizioni sono potenti”, all’interno del tempio di Neferefra, <<……che non fu costruito “fino alla morte di Neferefra”…….>>, sostenne che Shepseskara abbia regnato dopo Neferefra, secondo Verner, inoltre, il suo regno non sarebbe durato più di un paio di mesi al massimo, tesi condivisa dall’egittologo francese Nicolas Grimal nel 1988. Per alcuni invece sarebbe Neferefra il quarto re, che però compare solo nella lista dei re di Saqqara, mentre Shepseskara sarebbe il quinto. Questa discordanza è da ricondurre probabilmente al periodo turbolento ed alle lotte dinastiche di quel periodo, comunque se Shepseskara ha veramente regnato fu solo per breve tempo, senz’altro ancora meno di Neferefra. Non intendo approfondire oltre, in questa sede, l’indagine genealogica dell’intera dinastia, mi rimetto alle conclusioni tratte dagli studiosi che operano in questo argomento dove nulla può essere dato per certo.

Presumibilmente Shepseskara potrebbe appartenere al medesimo ramo della famiglia reale di Sahure e Userkaf, se così fosse gli si potrebbe attribuire la seconda piramide incompiuta di Abusir, sorprendentemente scoperta negli anni ’80 dal team archeologico ceco. Ho detto piramide incompiuta, ma in effetti non fu neppure iniziata, il terreno desertico venne spianato per una superficie quadrata di circa 100 metri quadri ed al centro fu iniziato lo scavo di una fossa a forma di T. Questo fossato doveva consentire lavori simultanei durante la costruzione della piramide e sulle sue sottostrutture. Questa nuova tecnica di costruzione è stata adottata per tutte le piramidi della V dinastia ed è visibile direttamente nella Piramide di Neferefre, anch’essa lasciata incompiuta. Si può facilmente presumere che la costruzione di questo sito sia continuata solo per alcune settimane o solo per un mese. Dalle dimensioni della parte spianata si deduce che la piramide, una volta costruita, avrebbe raggiunto circa 73 metri di altezza e sarebbe stata la più grande ad Abusir, seconda solo a quella di Neferirkare Kakai. Analizzando alcuni frammenti di argilla, sui quali è riportato il nome di Shepeseskara, l’egittologo svizzero Peter Kaplony ha dedotto che l’antico nome della piramide si potesse ricostruire come “Rsj-Spss-k3-R’” ovvero “Resi-Shepseskara” con il significato di “Il risveglio di Shepseskara”. Affermazione che trova contrario Verner secondo il quale la lettura di alcuni segni e la loro interpretazione non rappresenterebbero il nome della piramide.

Non essendo in possesso di informazioni più precise su Shepseskara non è possibile neppure azzardare ipotesi circa la sua famiglia, moglie e figli. Secondo alcuni sarebbe stato figlio del faraone Sahure e di sua moglie, la regina Meretnebty. Quando nel 2008 venne riscoperta, da parte di Zahi Hawass, la piramide senza testa venne subito attribuita al faraone Menkauhor Kaiu sciogliendo i molti dubbi sull’appartenenza della piramide incompiuta di Abusir dando conferma all’ipotesi di Verner che questa possa essere appartenuta a Shepseskara. A questo punto furono molti gli egittologi che si convinsero della bontà dell’ipotesi di Verner, tra questi Darrell Baker ed Erik Hornung secondo cui il regno di Shepseskare fu davvero effimero. A tutt’oggi non si è neppure certi che Shepseskara abbia iniziato la costruzione di un tempio del Sole.
Fonti e bibliografia:
- Edda Bresciani, “I testi religiosi dell’antico Egitto”, Milano, Mondadori, 2001
- Franco Cimmino, “Storia delle piramidi”, Rusconi, 1998
- Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei Faraoni”, Mursia, 2012
- Mark Lehner, “The complete Pyramids”, Londra, Thames & Hudson Ltd., 1975
- Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Editori Laterza, Bari, 2008
- Miroslav Verner, “Il mistero delle piramidi”, Newton & Compton, 1997
- Guy Rachet, “Dizionario Larousse della civiltà egizia”, Gremese Editore, 1994
- Mario Tosi, “Dizionario enciclopedico delle divinità dell’antico Egitto”, vol. II, Ananke, 2012)