A cura di Andrea Petta
IL CONTESTO
Nel 1275 BCE la situazione nel Retenu egizio, il nostro Medio Oriente, è critica. Gli Ittiti (Regno di Ḫatti), stanziati per secoli in Anatolia, si stanno espandendo verso sud ed hanno già avuto delle scaramucce con Seti I. Hanno praticamente soppiantato i Mitanni in Siria dopo che Suppiluliuma ha sconfitto Tushratta e costituiscono un serio pericolo per l’Impero Egizio. Il confine tra gli Egizi e gli Ittiti ora è in pratica costituito dal fiume Oronte e dalla città di Kadesh, fortezza considerata inespugnabile ed in mano ittita.

Ma l’Egitto non può lasciare una delle sue fonti di rame ed il crocevia degli scambi commerciali in pericolo. Forte degli echi delle imprese di Thutmosis III, Ramses II decide di intervenire.
Ramses è giovane, spavaldo ed un po’ ingenuo. Dopo una prima veloce campagna nel 1276, dove ottiene la fedeltà del regno di Amurru e del suo re Bentešima, l’anno successivo è deciso ad infliggere un colpo mortale agli Ittiti. Parte quindi per una spedizione militare nel suo quinto anno di regno con praticamente tutto l’esercito egizio – le Divisioni stabili create da suo padre Seti I dedicate agli Dei Amon (“Potente di Archi”), Ra (“Ricca di Valore”), Seth (Vittoriosa di Archi”) e la nuova Divisione Ptah – sotto il suo comando. Ogni divisione ha in media 4,000 fanti e 500 carri da battaglia, ognuno con un auriga ed un arciere, per un totale di 20,000 soldati. L’Egitto viene lasciato completamente sguarnito; in caso di sconfitta niente potrà opporsi ad un’invasione ittita.


Il carro di Tutankhamon non è proprio da guerra, però ci fornisce un’idea di forma e dimensioni Le principali armi dell’esercito egizio del tempo: pugnale, spada da combattimento ravvicinato ed al centro il “Khopesh”, usato soprattutto come arma da taglio sui carri e poi con un ruolo tradizionale e simbolico.
Muwatalli II, il sovrano ittita, ha appena spostato la capitale da Ḫattuša a Tarḫuntašša, in Anatolia meridionale, proprio per prepararsi allo scontro e risponde con un esercito di cui non conosciamo l’entità precisa. Le fonti egizie parlano di 40,000 uomini e 3,700 carri pesanti da battaglia, ma non sono sicuramente affidabili.
LO SCONTRO

Ramses risale l’attuale Palestina con la sue Divisioni schierate il fila indiana a qualche chilometro una dall’altra per evitare il più possibile la polvere che si alza al passaggio di ogni gruppo. Prima di attraversare l’Oronte, cattura due beduini shasu che gli raccontano come il “vile Muwatalli” sia ancora a nord di Aleppo, timoroso di scontrarsi con il divino Faraone. Ovviamente è una balla colossale, ma Ramses, assetato di gloria e fama, non prende neanche in considerazione questa possibilità e si lancia in avanti con il suo esercito. Attraversa l’Oronte con la Divisione Amon e la sua guardia del corpo personale composta dagli Sherdani, i Guerrieri del Mare, ed invece di aspettare le altre Divisioni supera la foresta di Robawi sulla riva occidentale del fiume e marcia su Kadesh.
Da un punto di vista militare la stupidaggine è talmente grossa da essere citata ancora oggi nei trattati di strategia militare: mai dividere le proprie forze se non si conosce la posizione del nemico a meno che non comporti un chiaro ed immediato vantaggio tattico. E qui il vantaggio non c’è, anzi.

Davanti a Kadesh, gli Egizi catturano due esploratori ittiti, li torturano e scoprono la verità: l’esercito di Muwatalli è appostato vicino al guado del fiume. Ramses si ferma, costruisce un campo e sollecita le altre Divisioni ad accelerare, ma è drammaticamente tardi. Gli Ittiti, nascosti poco lontano ad oriente ed a conoscenza di un guado poco profondo, piombano con 2,500 carri pesanti sulla Divisione Ra quando ha appena attraversato la foresta, la spezzano letteralmente in due e poi convergono a nord sulla Amon. La Ptah sta ancora attraversando il fiume, la Seth è lontana a sud. Ramses sembra spacciato, potrebbe essere ucciso, o peggio ancora catturato da Muwatalli. Chissà se in quei momenti ha pensato alla tragica fine di Seqenenre Tao per mano degli Hyksos.

Ciò che rimane della Ra fugge a nord in piena rotta, entra di corsa nell’accampamento di Ramses che viene circondato dai carri Ittiti. Per un motivo ignoto, ma che andrebbe inserito anch’esso nei manuali militari alla voce “non fare mai”, Muwatalli tiene ferma la fanteria ad est dell’Oronte. Gli Egizi devono affrontare “solo” i carri. Ramses, sul suo carro da battaglia con il fido auriga Menna, trova un varco ad est insieme ai suoi Sherdani e, combattendo, sfugge all’accerchiamento. In questa fase, il principe di Aleppo Rabasuru (alleato di Muwatalli) respinto dalle truppe della Amon, cade nel fiume; verrà ripescato più tardi.
Se i carri ittiti inseguissero adesso il Faraone sarebbe game over. Ma l’esercito di Ḫatti non è coeso come quello egizio. In pratica è un coacervo di truppe mandate da ogni Stato vassallo degli Ittiti. A volte poco più di predoni più o meno organizzati. In battaglia si disuniscono. Quando irrompono nel campo di Ramses, trovano di tutto. Il Faraone viaggia comodo, ha con sé numerosissimi oggetti preziosi, e le truppe di Ḫatti si fermano a saccheggiare il campo. Sarà un errore fatale.

I superstiti della Amon e della Ra si riorganizzano ad est del campo, e proprio in quel momento da ovest sbucano delle truppe inviate dai vassalli egizi dalla costa, una sorta di quinta Divisione di ausiliari di Amurru (chiamati Naruna nel testo egizio). Tanto per cambiare, alcuni studiosi identificano questa “quinta divisione” come formata da Ebrei. L’esercito ittita rimane preso da due parti; per qualche ora la battaglia è in bilico poi spuntano gli stendardi della Ptah che avanza a marcia forzata e Muwatalli arretra di fianco a Kadesh. Il mattino seguente giunge anche la Seth, e il re ittita negozia una tregua con Ramses. Ognuno dei due eserciti si ritira guardingo verso i rispettivi territori e lascia di fatto una situazione inalterata.


Le truppe ittite, un cavallo e un cavaliere, i carri e le squadre scappano da Ramses II nuotando attraverso l’Oronte. Il cavaliere a cavallo si piega all’indietro, forse colpito da una freccia. Il suo cavallo indossa un pettorale tipico dei cavalli da carro, suggerendo che inizialmente tirasse un carro e che ora sia in rotta.
Alcuni uomini muoiono nell’acqua. Il principe di Aleppo viene tenuto a testa in giù dai suoi soldati per fargli espellere l’acqua ingoiata. (Rilievo di Breasted dal Ramesseum)

CHI HA VINTO
Tecnicamente nessuno ha prevalso; nella pratica la vittoria strategica è di Muwatalli che mantiene il controllo della fortezza di Kadesh, blocca la riconquista della parte settentrionale della Siria da parte di Ramses e chiude definitivamente l’espansione egizia nella zona.
Da parte sua Ramses può rivendicare di aver combattuto con forze (probabilmente) inferiori, di non essere caduto sul campo o essere fatto prigioniero. Rimane lo sconcertante errore tattico che ha pregiudicato tutta la campagna militare. Le perdite inflitte all’esercito egizio potrebbero essere causa indiretta della mancanza di ogni ulteriore azione egizia di rilievo nella zona negli anni seguenti.
Ḫattušili, fratello di Muwatalli e succeduto al nipote Muršili III dopo averlo detronizzato, preferirà cinque anni dopo un trattato di pace con Ramses e l’Egitto (forse anche come legittimazione del suo trono) suggellando anche il patto con un matrimonio interdinastico di sua figlia, che prenderà il nome egizio di Maathorneferura, con Ramses stesso e di un secondo matrimonio di cui non sappiamo praticamente nulla.
L’EPOPEA DI KADESH

Comunque sia finita la battaglia, Ramses al ritorno la celebra come una grande vittoria. Il resoconto del conflitto (redatto in due versioni, chiamate oggi convenzionalmente “Bollettino” e “Poema di Pentaur”, probabilmente dal nome dello scriba che lo trascrisse sul Papiro Sallier III) si è conservato sia su papiro che nella versione epigrafica e monumentale, corredata da rilievi figurati e didascalie relativi agli episodi salienti, e riportata sui principali edifici egiziani, a Abydos, Tebe (nei templi di Luxor e Karnak, oltre che nel Ramesseum) e Abu Simbel. La versione egiziana, soprattutto nel “Poema di Pentaur” è un peana alle imprese di Ramses, ovviamente, solo ed abbandonato dagli inetti soldati contro il vile re di Ḫatti. Ed è forse il primo esempio di propaganda “politica”, con evidenti falsità da parte egizia (“Sua Maestà uccise tutto l’esercito del vile caduto di Ḫatti insieme con i suoi grandi capi e i suoi fratelli così come tutti i grandi capi di tutti i paesi che erano venuti con lui»). È una versione molto edulcorata, con il solo Faraone come protagonista, e decisamente auto-celebrativa ma rimane il primo componimento poetico di epopea storica


Riferimenti:
- Violetta Cordani – Lettere fra Egiziani ed Ittiti. Paideia, 2017
- Franco Cimmino – Ramesses II il Grande. Rusconi 1984
- Federico A. Arborio Mella, “L’Egitto dei Faraoni”, Milano, Mursia, 1976; 2005
- John A. Wilson – The Texts of the Battle of Kadesh. The University of Chicago Press, 1927
- Literature and Politics in the Time of Ramesses II : the Kadesh Inscriptions
- James Henry Breasted – A History of Egypt from the earliest of times to the Persian Conquest Charles Scribner’s Sons 1905
GLI EROI DI KADESH
A cura di Luisa Bovitutti
Ramses si arrogò tutto il merito di quello che volle definire uno strepitoso successo militare, ma riconobbe di essere debitore nei confronti della sua coppia di cavalli, che a Kadesh lo aiutarono a salvarsi la vita e a fare strage di nemici.
Nel Poema di Pentaur, resoconto della battaglia, si legge infatti che in quell’occasione il Faraone, accerchiato dai nemici, si salvò solo grazie al suo auriga Menna ed ai due cavalli che trainavano il suo cocchio e che si chiamavano “Vittoria in Tebe” e “Mut è soddisfatta”, tanto che per riconoscenza promise che da quel giorno li avrebbe nutriti personalmente. Egli indossò anche un anello decorato con una coppia di piccoli cavalli.
“Non vennero i principi, gli ufficiali, i soldati di truppa ad aiutarmi mentre io combattevo.Ho vinto milioni di paesi da solo, essendo su “Vittoria in Tebe” e “Mut è soddisfatta”, i miei grandi cavalli: sono essi che ho trovato ad aiutarmi quando ero solo a combattere contro paesi numerosi.
Darò disposizioni per loro di farli mangiare io stesso, in mia presenza, ogni giorno, quando sarò a palazzo: sono loro che ho trovato in mezzo ai nemici, con l’auriga Menna mio scudiero, dei miei domestici d’amministrazione; i miei testimoni, a combattere, ecco, li ho trovati”.

Dopo la battaglia di Kadesh, i rapporti tra l’Egitto e il regno Hittita divennero stretti e proficui, e molti cavalli anatolici vennero importati per migliorare le razze equine egiziane derivanti da quelle mongoliche, dalle quali con un’accurata selezione è derivato l’odierno cavallo arabo.
I CAVALLI-LEONE DI RAMSES
A cura del Prof. Maurizio Damiano
Ramses promise di onorare i suoi valorosi cavalli, e mantenne la parola, in vari modi: nei testi, nelle raffigurazioni, nell’anello al Louvre ma… anche in un bellissimo modo, tutto egizio.Nelle tre foto vediamo una scena che si trova sul muro esterno ovest, lato nord, del tempio di Luxor.
Si tratta della carica di Ramses II nella battaglia asiatica di Dapur. Vediamo i carri e Ramses (di cui è persa la parte superiore) con il suo carro trainato dai coraggiosi cavalli.
Nella seconda foto vediamo il dettaglio del carro con i cavalli.
E ora, stiamo attenti: nella terza foto vediamo il dettaglio di cavalli: guardiamo i musi; non sono quelli di due cavalli, bensì di due leoni, per celebrarne anche visivamente il coraggio.
