Filosofia

CANTO DELL’ARPISTA NELLA TOMBA DI ANTEF

A cura di Luisa Bovitutti

Sulla stessa linea del “Dialogo di un disperato con il suo ba” si pone questo componimento del Primo Periodo Intermedio (~2200-2000 a.C.), il cui testo si trova nella sua forma più completa nel papiro Harris 500, nel quale lo scriba lo segnala come la trascrizione di un testo inciso sulla parete della tomba del re Antef (si pensa Antef I dell’XI dinastia), accanto alla figura di un arpista.

Esso ebbe notevole diffusione con la XVIII dinastia (alcuni studiosi ritengono che sia stato scritto in quel periodo e retrodatato per conferirgli una maggiore autorevolezza) e compare, notevolmente frammentato, anche nella tomba di Pa-Atum-em-heb a Saqqara, ora al Museo di Leida, ed in quella di Neferthotep a Tebe, entrambe risalenti all’epoca amarniana, e poi in altri testi il più recente del quali risale alla XX Dinastia.

Tema centrale sono la caducità che accomuna umili e potenti e l’incertezza dell’Aldilà; gli stessi dei sono impotenti di fronte alla morte e le lamentazioni e i riti funerari non giovano al defunto: nessuno è mai tornato dall’aldilà per raccontare, per cui è inutile continuare a illudersi che esista una sopravvivenza ultraterrena.

Cullarsi nella prospettiva di una improbabile felicità dopo la morte è fallace e rischia di farci perdere di vista il presente; l’unica cosa che l’uomo possa fare per trovare conforto in questa triste situazione è godere appieno la vita e cogliere le occasioni di gioia che essa gli offre

.https://www.ereticamente.net/…/legitto-e-il-destino…

Tratto da Letteratura e Poesia dell’Antico Egitto, traduzione di Edda Bresciani.

Periscono le generazioni e passano, altre stanno al loro posto, dal tempo degli antenati: i re che esistettero un tempo riposano nelle loro piramidi, sono seppelliti nelle loro tombe i nobili e i glorificati egualmente.

Quelli che han costruito edifici, di cui le sedi più non esistono, cosa è avvenuto di loro? Ho udito le parole di Imhotep e di Hergedef, che moltissimi sono citati nei loro detti: che sono divenute le loro sedi? I muri son caduti, le loro sedi non ci sono più, come se mai fossero esistite.

Nessuno viene di là, che ci dica la loro condizione, che riferisca i loro bisogni, che tranquillizzi il nostro cuore, finché giungiamo anche noi a quel luogo dove essi sono andati.

Rallegra il tuo cuore: ti è salutare l’oblio.

Segui il tuo cuore fintanto che vivi!

Metti mirra sul tuo capo, vestiti di lino fine, profumato di vere meraviglie che fan parte dell’offerta divina.

Aumenta la tua felicità, che non languisca il tuo cuore.

Segui il tuo cuore e la tua felicità, compi il tuo destino sulla terra.

Non affannare il tuo cuore, finché venga per te il giorno della lamentazione funebre. Ma non ode la loro lamentazione colui che è morto: i loro pianti non salvano nessuno dalla tomba.

Pensaci, passa un giorno felice e non te ne stancare.

Vedi, non c’è chi porta con sé i propri beni, vedi, non torna chi se n’è andato.

Nelle immagini, raffigurazioni di arpisti: a sinistra in alto dalla tomba di Nakht a Tebe ovest (TT52); a sinistra in basso: stele di Djied Khonsu Iouefankh – Terzo periodo intermedio – al Louvre;; a destra dalla tomba di Inerkhau (TT359)

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