A cura di Stefano Argelli
Il vetro è uno dei materiali più antichi conosciuti ed è strettamente legato alla storia e alle tecniche di coltura delle diverse civiltà.
È cosa non da poco, che bisognerebbe tenere in considerazione anche ai giorni nostri; tutela l’ambiente e preserva le nostre risorse naturali.
Sembra ormai appurato che abbiano iniziato la lavorazione del vetro gli antichi mastri della Mesopotamia, nel terzo millennio a.C. ma sono stati gli Egizi verso il 1500 a.C ad iniziare a produrre i primi recipienti cavi (vasi, coppe, ecc.) da utilizzare come flaconi per unguenti e oli.


Questo calice in vetro alto 8 cm con il nome Thutmose III racchiuso nel cartiglio è unico: è il vaso di vetro più antico che può essere datato con certezza e probabilmente l’oggetto più rappresentato nel museo: ogni storia di questo materiale inizia con il calice di Monaco. Nuovo Regno, 18 dinastia, 1450 a.C. Tebe – Ägyptischer Museum Monaco di Baviera.

Rara coppa di vetro policromo traslucido è stata creata in Egitto verso la fine della 18 dinastia, alta 9,3 cm per 124 grammi di peso. Il corpo a forma di campana è stato probabilmente realizzato trascinando vetro acquamarina traslucido su un nucleo montato su un’asta. Quindi, quindici tracce di canna rossa e gialla sono state applicate in bande orizzontali parallele. Mentre erano ancora morbide, queste bande venivano trascinate alternativamente su e giù con uno strumento contundente. Un solido rivestimento giallo opaco sul bordo, più un piede ad anello e due piccoli manici di canna blu e gialla completano la decorazione di questo pezzo squisitamente eseguito. Raro per la sua forma, la sua decorazione e il suo tema insolito.
I primi esemplari in vetro, risalenti al regno di Amenofi II (1428-1397 a.C.) non hanno maniglie. Questi furono aggiunti al tempo di Thutmose IV (1397-1387 a.C.)… la forma più perfetta si raggiunge sotto Amenhotep III (1387-1350 a.C.). Dopo la fine del periodo di Amarna, intorno al 1330 aC, altre forme di recipienti per unguenti divennero di moda… I recipienti di vetro erano beni rari e preziosi. Servivano come contenitori per oli profumati, unguenti e cosmetici”
Ma prima di tutto è anche un prodotto della nostra madre terra. Si trova infatti in natura sotto forma di masse vetrose di minerali quali: Ossidiana, Folgorite, Tectite-Tettite, ognuna col proprio sistema di formazione. Che hanno a che fare comunque con delle altissime temperature di fusione ed il conseguente raffreddamento. Già comunque nel Neolitico (7000a.C) il vetro era utilizzato dall’uomo per le sue proprietà: raschietti, cunei, oggetti taglienti, armi ecc.


In rare occasioni, quando un fulmine colpisce sabbia o terra, la scossa di calore estremo può creare meravigliosi e fragili tubi cavi di vetro. La maggior parte delle volte, infatti, queste opere d’arte creata dalla potenza della natura sono nascoste sotto i nostri piedi. Il risultato di questo fenomeno è chiamato “folgorite”. “Tutto quello che devi fare è andare in qualsiasi spiaggia e iniziare a scavare”, sottolinea Martin Uman dell’Università della Florida, uno dei maggiori esperti di fulmini al mondo. Nonostante siano molto affascinanti, ci sono molte immagini false che circondano queste creazioni.
Presunte immagini di folgoriti continuano a diventare virali online quando non sono altro che costruzioni umane con la sabbia.
La forma di una folgorite non è nient’altro che una ricreazione del percorso che l’elettricità ha attraversato nel terreno. Quando gli scienziati trovano esempi molto antichi, infatti, possono usarli per ricreare gli antichi climi della Terra in passato. Grazie ad una folgorite di 250 milioni di anni fa, trovata nel deserto del Sahara, sappiamo che quest’area, un tempo, era fertile e con frequenti tempeste. Oggi in Florida si verificano circa 10-15 fulmini per chilometro quadrato, uno dei tassi più alti negli Stati Uniti. Questo tipo di attività mette a rischio le linee elettriche sotterranee, quindi alcuni ricercatori, tra cui Uman, stanno esaminando questi fenomeni come un modo per capire come evitare tali danni. Un fulmine colpisce la superficie del nostro pianeta almeno un milione di volte al giorno, ma per creare queste opere d’arte devono essere abbastanza bassi e potenti abbastanza da fondere la sabbia o la terra. Piccola curiosità: la folgorite più grande mai trovata è grande 4.9 metri.

Tectite (scritto a volte Tektite) rientra nella categoria dei “vetri meteoritici”; si tratta di una particolare forma vetrosa naturale generata dalla solidificazione di rocce della crosta terrestre le quali fondono a causa dell’impatto di meteoriti. La sua forma è frequentemente allungata, come una goccia, ed il suo colore è nero intenso.
Vorrei focalizzare l’attenzione su un punto importante: come precedentemente detto, si tratta di roccia terrestre fusa a causa di un fattore esterno: la tectite NON è un meteorite. Puntualizzo ciò perché di frequente su molti siti web si parla erroneamente della tectite come “frammento della crosta lunare” o “frammento di meteorite”.

L’ossidiana è una roccia eruttiva(rapido raffreddamento) vulcanica a pasta vetrosa in genere di colore nero o con tonalità scure: verde, marrone ecc. Usate come detto nel post già nel Neolitico come oggetti taglienti, ma anche nel caso degli Egizi per oggetti come amuleti, collane e per gli occhi delle statue; anche per le pupille della maschera funeraria di Tutankhamon. In Italia sono molto diffuse sull’isola di Lipari e sull’Etna.
Nel 685 a.C. é stata ritrovata nella biblioteca del re assiro Assurbanipal la prima ricetta per la produzione del vetro a noi nota e tramandata alla storia:
Si prendano 60 parti di sabbia, 180 parti di polvere di alghe essiccate e cinque parti di gesso
Facendo un salto nel tempo si arriva verso il 100 a.C. furono i Romani ad inventare la soffiatura del vetro, aumentando notevolmente la gamma di manufatti realizzabili. Compresi i vetri per le finestre. Per non scrivete un post lungo kilometri, concludiamo con Venezia. Alcuni storici sostegno che furono i crociati a portare l’arte vetraria a Venezia dell’Oriente, dove è ormai abbastanza certo si stabili nell’XI secolo. Poiché i forni di lavorazione erano spesso causa di incendi; nel 1291 il “Maggior Consiglio” con un decreto spostò tale lavorazione sull’isola di Murano. Anche più facile da controllare come territorio limitato circondato dalle acque della laguna e per preservare meglio i segreti di lavorazione di questa splendida arte.
Fonti: Vetropack.it, vetromarca.com, Sciencealert, scarabeokheper.it Enciclopedia Treccani.##