(Carter 207)
Di Andrea Petta
Il primo sacrario, quello più esterno, misura 5,02 per 3,34 metri ed è alto 2,98 metri nel punto più alto.

Ha un tetto a doppia inclinazione longitudinale (dai lato corti verso il centro), come il padiglione delle festività “sed” in cui il Faraone celebrava il ringiovanimento e la rinascita. Inclinandosi in questo modo da entrambe le estremità verso il centro creando una depressione tra quelle che sembrano due colline ad emulare il segno Axt (Gardiner N27, “orizzonte”), che rappresenta due colline con il disco solare che sorge nel centro evocando il concetto di rinascita.


È costruito con pesanti pannelli di cedro di più di 3 cm di spessore. Sia l’interno che l’esterno di questi pannelli sono stuccati, dorati e intarsiati con faïence blu brillante. I lati e il pannello posteriore del sacrario sono decorati con il nodo di Iside “tyet” (vita) e simboli “djed” (stabilità) collegati ad Osiride, il tutto su uno sfondo di maiolica blu brillante.


Due occhi protettivi “udjat” decorano quello il lato nord del santuario.
L’anta destra della porta è decorata con la rappresentazione di un animale senza testa e con le zampe anteriori, prive di estremità, legate insieme. Potrebbe rappresentare il pericolo che il re dovrà superare nell’aldilà. L’anta di sinistra raffigura una divinità seduta con una corona composita ed un segno ankh (vita) nella mano. Secondo Alexander Piankoff si tratterebbe di Osiride (anche se le iscrizioni lo identificano come “Horus il Vendicatore”), l’animale senza testa e senza zampe rappresenterebbe Seth ormai sconfitto e costretto all’impotenza a dimostrazione dell’efficacia delle formule magiche iscritte.





In contrasto con l’esterno, che presenta prevalentemente simboli, le superfici interne del santuario sono riccamente incise con estratti dal Libro dei Morti, incantesimi 1 (porta di sinistra), 134 (porta di destra) e 141-142, e (parete sinistra e pannello di fondo) dal Libro della Vacca Celeste (la leggenda della distruzione dell’umanità da parte di Hathor/Sekhmet dopo la ribellione degli uomini a Ra) di cui è presente per la prima volta la parte finale (ricordiamoci che i testi erano stati scritti a partire dal sacrario più interno e quindi terminano nel sacrario più esterno).

L’interno del tetto, la cui parte centrale è stata erroneamente capovolta, era interamente dipinto in nero e decorato con due dischi solari alati ai lati e 13 avvoltoi Nekhbet disposti longitudinalmente.

FONTI:
- Howard Carter, Tutankhamon. Mondadori 1984
- Thomas Hoving, Tutankhamon. Mondadori 1995
- Henry James, Tutankhamon – Edizioni White Star
- Nicholas Reeves, The Complete Tutankhamun, 1998
- Piankoff, Alexandre. “Les chapelles de Tout-ankh-Amon.” (1951).
- Soliman, R. “The Golden Shrines Of Tutankhamun And Their Intended Burial Place.”. Egyptian Journal of Archaeological and Restoration Studies, 2012
- The Griffith Institute, Tutankhamun: Anatomy of an Excavation. The Howard Carter Archives
- Foto: Museo Egizio del Cairo, Henry James, The Griffith Institute, AKG Images, Merja Attia