Arti e mestieri

LA COSTRUZIONE DELLE TOMBE REALI

A cura di Nico Pollone

la costruzione delle tombe reali della Valle dei Re può essere considerata una vera e propria industria edile dell’antichità tanto da formare un villaggio dove i lavoratori risiedevano stabilmente: Deir El Medineh.

La comunità di operai specializzati che risiedeva nel villaggio di Deir el-Medineh era incaricata della costruzione delle tombe reali. Questa comunità viveva praticamente in “ isolamento” a causa della necessità di discrezione e segretezza imposta dalla costruzione delle tombe reali. Per questo motivo, la comunità rispondeva direttamente al visir ed era controllata dal Medjay, il corpo di guardie che custodiva la necropoli reale.

La durata della giornata lavorativa variava a seconda delle dimensioni della tomba. Iniziava all’alba e durava circa otto ore, con una breve pausa per il pranzo. Gli operai erano organizzati in squadre che lavoravano sotto la supervisione di un architetto. La squadra era suddivisa in due gruppi che lavoravano simultaneamente sotto gli ordini di due capisquadra. Il caposquadra, nominato dal faraone stesso o dal visir, era responsabile del lavoro, controllava le ragioni delle assenze degli operai dal lavoro e trattava con il visir attraverso uno scriba. I capisquadra dovevano controllare la distribuzione del materiale immagazzinato nei magazzini e fare una lista dei lavoratori presenti e assenti. Il numero di membri del gruppo non era fisso, ma in media variava tra le 30 e le 60 persone, anche se questo numero poteva essere aumentato.

Programma di costruzione

Una volta scelto il sito per la costruzione della tomba, l’esecuzione del progetto era affidata all’architetto e agli artigiani di Deir el-Medina. Il primo passo era quello di disegnare la pianta della tomba, specificando le caratteristiche architettoniche così come la decorazione, i dipinti e i testi da raffigurare sulle pareti. I compiti dei lavoratori erano specializzati e complementari: scalpellini, stuccatori, scultori, disegnatori e decoratori lavoravano fianco a fianco e simultaneamente in una specie di catena di montaggio.

Gli scalpellini erano i primi ad entrare in azione. Man mano che gli scavi penetravano nella montagna, venivano rifiniti i muri a partire dalle zone più vicine alla entrata applicando uno strato di un tipo di intonaco fatto di argilla, quarzo, calcare e paglia schiacciata, sopra il quale veniva applicato uno strato più leggero di intonaco, fatto di argilla e calcare, e infine il muro veniva imbiancato con aljez (tipo di gesso) sciolto in acqua. La decorazione, che era scelta dai sommi sacerdoti insieme al faraone, era affidata ad artisti specialisti in questo settore. La superficie da decorare veniva suddivisa in numerosi quadrati utilizzando l’aceto e uno spago legato a un bastone, per posizionare correttamente le figure e i testi in modo che le proporzioni fossero rispettate secondo i canoni stabiliti. I disegnatori lavoravano sotto la supervisione di un capo disegnatore che controllava l’esattezza della bozza eseguita in colore ocra, faceva le correzioni necessarie in carboncino (nero). Poi era il turno degli scultori, che iniziarono a scolpire la parete per ottenere un bassorilievo che sarebbe stato poi colorato dai pittori.

Nell’immagine: Ostracon nel Museo di Luxor, che mostra un raro lavoro di costruzione.

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