A cura di Andrea Petta

JE 31408, Museo Egizio del Cairo
Viene detta “Stele della Vittoria” o, impropriamente ormai (come vedremo), “Stele di Israele”.
È una lastra in granito nero di 318 x 163 x 32 cm. Fu fatta scolpire inizialmente da Amenofi III, ma Merenptah, il 13° figlio di Ramses II ed il primo in linea di successione alla morte del novantenne padre, nel suo quinto anno di regno (1209-1208) la requisisce, la gira contro il muro del suo tempio a Karnak e sull’altra faccia fa incidere la descrizione di una vittoriosa spedizione contro le tribù libiche dei Libu e dei Meshwesh.
Riporta la data del “quinto anno, terzo mese di Shemu, terzo giorno”Nelle ultime tre righe fa riferimento ad un’altra campagna militare verso la terra di Canaan e tra i nemici sconfitti dal figlio di Ramses II alla riga 27 viene annoverato anche “ysrἰȝr” che Petrie, con l’aiuto del filologo tedesco Spiegelberg, traduce in “Israele” (“Israele è desolato, non c’è più il suo seme”).
È la prima volta che il nome di Israele compare in un documento storico (forse, vedi nota 3), ed è l’unica volta che lo farà in un documento egizio. La successiva menzione di Israele in un documento extra-biblico sarà quella di Šulmānu-ašarēdu di Assiria, che registrò la partecipazione di un certo “Ahab l’Israelita” nella battaglia di Qarqar, Siria, nel 853 a.C.
La linea 27 con il nome di Israele. Il determinativo è composto di due elementi qui:
• il “bastone” o “mazza” (Gardiner T 14), che classifica l’oggetto come “straniero”,
• il segno di donna e uomo seduti accompagnato dall’indicazione di pluralità (le tre piccole righe verticali – Gardiner A1b), che classifica l’oggetto come “pluralità di persone”.
Insieme quindi i due elementi determinano “Israele” come “popolazione straniera non urbana” mancando il determinativo di “città”
L’importanza storica del documento è stata ovviamente sfruttata politicamente, soprattutto nel secondo dopoguerra, creando anche diversi mal di testa agli studiosi biblici ed una scia di interpretazioni e datazioni non sempre rigorosissime.
La traduzione “classica” completa delle ultime tre righe:
“I principi sono prostrati, chiedendo ‘Pace!’ Nessuno alza la testa tra i nove archi. C’è desolazione per Tjehenu (Libia); Hatti è pacificata; Pa-Canaan è stata saccheggiata di tutto il male; Ashkelon è stata spazzata via; Gezer è sottomessa; Yanoam non esiste più; Israele è una terra desolata il cui seme non germoglia più; Kharru è diventata vedova a causa dell’Egitto. Tutte le terre insieme sono pacificate. Tutti coloro che erano ribelli sono stati catturati.”
Ashkelon, Gezer, Yanoam erano città stato e sulla stele hanno determinativi corrispondenti a popoli urbani (l’ideogramma con tre montagne stilizzate). Israele, invece, ha il determinativo per un popolo non urbano (semplicemente un uomo e una donna), in linea con ciò che la Bibbia ci dice circa lo status dell’Israele a quel tempo: una società tribale senza una struttura politica formale.
I rilievi di Karnak similmente ritraggono quattro scene di nemici sconfitti. Tre di essi mostrano il re che attacca città fortificate, una delle quali identificata come Ashkelon. Gli altri due nomi mancano, ma erano presumibilmente Gezer e Yenoam. Sfortunatamente, solo la porzione di fondo della quarta scena è sopravvissuta.
Basandosi sulle corrispondenze con la stele, ad ogni modo, molti studiosi sostengono che rappresenti Israele
Nota 1: da sempre, se la chiamate “Stele di Israele” in Egitto vi guardano malissimo ma a maggior ragione negli ultimi anni: nel 2017 c’è stata una cerimonia al Museo Egizio per il cambio ufficiale del nome in “Stele della Vittoria di Merenptah” dopo “aver trovato un errore nella descrizione”. A me è venuta in mente una battuta dei tempi di Arbore e Boncompagni alla radio, a parti invertite: “nave egiziana danneggia gravemente siluro israeliano…”
Nota 2: uno storico biblico, Davidovits, interpreta i geroglifici come “iisii-r-iar” indicandoli come “coloro che sono stati mandati in esilio per i loro peccati” intendendo i seguaci di Akhenaton. Interpretazione rigettata da quasi tutti gli specialisti.
Nota 3: recentemente tre studiosi tedeschi capitanati da Manfred Görg hanno trovato su una stele di granito grigio (facente parte del basamento di una statua databile al 1400 BCE) acquistata da Ludwig Borchardt nel 1913 e conservata al Museo di Berlino un frammento su cui, a fianco dei nomi di Ashkelon e Canaan POTREBBE esserci Israele. Sarebbe una “datazione” di Israele antecedente di quasi due secoli, ma la questione è estremamente dubbia perché metà del nome è andato perso e la grafia sarebbe diversa. In attesa di ulteriori scoperte…


A sinistra: il frammento conservato al Museo di Berlino. Da sinistra: Ashklelon, Canaan e…? A destra: La ricostruzione del terzo nome del frammento secondo Görg/Van Der Veen/Theis. La grafia diversa alimenta i dubbi interpretativi
Riferimenti:
- Bresciani E., Letteratura e Poesia dell’Antico Egitto, Torino 1969
- William M. Flinders Petrie, Six Temples at Thebes. 1896, London 1897
- Herschel Shanks, When Did Ancient Israel Begin? in Ancient Israel in Egypt and the Exodus, BAS 2012
2 pensieri su “LA STELE DELLA VITTORIA DI MERENPTAH”