Di Piero Cargnino
Alla morte di re Djer gli succede il figlio Djet (o Uadyi o Uagi) il re serpente, così detto perché nel suo serekh, sotto il falco Horus, compare un serpente.
Quarto faraone della I dinastia avrebbe regnato, secondo Manetone, intorno ai 30 anni, molti studiosi ritengono che la durata del regno di Djet non sia stata così lunga.


Le notizie che riguardano questo faraone sono assai scarse ed altrettanto scarsa è la documentazione archeologica in nostro possesso, cosa che porterebbe a supporre che si sia trattato di un re di minor importanza, per cui si pensa che la durata del suo regno sia da valutare tra i cinque ed i dieci anni.
Sempre Manetone ci racconta che durante il regno di re Djet si sia verificata una grande carestia dovuta alla mancata piena del Nilo. La Pietra di Palermo, che riporta i vari livelli raggiunti dal Nilo, è rotta nel punto che riguarda questo faraone.
Racconta ancora Manetone che il quarto re della I dinastia, per l’appunto Djet, abbia fatto costruire la piramidi di Kokome, la cosa non è verificabile in quanto la località non è mai stata trovata.
Djet prese come moglie principale la sorellastra Mer(it)neith, madre (forse) del successore di Djet, il figlio Den del quale avrebbe rivestito il rango di reggente. Nella tomba del sovrano Den è stata rinvenuta l’impronta di un sigillo a rullo dove compaiono i glifi del suo nome Mer(it)neith preceduto da quello della dea avvoltoio Nekhbet che aveva il ruolo di protettrice del sovrano dell’Alto Egitto.


Si nutrono dubbi sul luogo di sepoltura della regina in quanto esistono due tombe che riportano il suo nome, una si trova a Saqqara (n. 3503) l’altra ad Abidos denominata “Tomba Y”.
In un primo momento si presentò un dilemma sul sesso del personaggio in quanto il nome era scritto al maschile, successivamente venne trovato anche in forma femminile. Ciò che fece propendere per considerarla una regina fu il ritrovamento di due stele della stessa forma di quelle dei re nelle quali il suo nome non compariva in un serekh e mancava anche il falco Horus, a questo punto non vi erano più dubbi, si trattava di una regina.
Si sa che durante il regno del faraone Djet avvenne una grande spedizione commerciale nell’Egitto orientale.

La tomba di Djet (denominata “Tomba Z”) si trova nella vasta necropoli di Umm el-Qa’ah (“Peqer” in geroglifico) presso Abydos, la tomba, con quelle dei faraoni della I dinastia, fu scoperta durante gli scavi effettuati da Emile Amélineau che scavò fino al 1899 anno in cui subentrò l’egittologo Flinders Petrie che continuò per altri tre anni.
Per anni si pensò che Djet fosse stato sepolto in una mastaba a Saqqara ma questa era probabilmente appartenuta ad un alto funzionario della corte.
La tomba di Djet, come altre dello stesso periodo ad Abydos, vennero intenzionalmente bruciate e non se ne conosce la ragione, in seguito vennero ristrutturate e associate al culto di Osiride.
All’interno della tomba, Emile Amélineau rinvenne una stele funeraria che riporta sul fronte il nome di Horus Djet rappresentato da un serpente sormontato dal falco Horus, (da cui, come detto sopra, interpretato come “Horus il serpente”). La stele mette in evidenza come già a quel tempo lo stile era completamente sviluppato.
Oltre alla stele furono ritrovati utensili di rame e ceramica ed un pettine di avorio sul quale è riportato il nome di Horus Djet.
Il pettine faceva probabilmente parte del corredo funerario del re il cui nome domina la decorazione con il serekh (nome di Horus con la facciata di palazzo), primo nome del re; ai lati si vedono due scettri was (potere regale) e il segno ankh (vita). In alto le due ali distese rappresentano il cielo (una delle più antiche raffigurazioni di questo tipo), al di sopra si vede il dio Horus (il sole) che attraversa il cielo sulla sua barca, del tipo riconoscibile sui vasi di Naqada II o altri documenti quali la placchetta del re Aha, (didascalia della foto di Maurizio Damiano).
Come già accennato in altro articolo, durante il Periodo Protodinastico, ma in particolare per la I dinastia, era in uso la pratica dei sacrifici umani. Il faraone Djet non fu certo da meno, intorno alla sua tomba ad Abydos furono rinvenute 174 sepolture, per lo più di servitori, sacrificati alla morte di Djet per servirlo nell’oltretomba, altri 62 vennero sepolti nel suo complesso funerario di Saqqara.
Fonti e bibliografia:
- Maurizio Damiano, “Antico Egitto”, Electa, 2001
- Cimmino, Franco, “Dizionario delle dinastie faraoniche” – Bompiani, Milano 2003
- Edwards I.E.S. “Il dinastico antico in Egitto – Storia antica del Medio Oriente” Il Saggiatore, Milano 1972
- Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Einaudi, Torino 1997
- Maurizio Damiano-Appia, “Dizionario enciclopedico dell’antico Egitto e delle civiltà nubiane”, Mondadori, 1996
- Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Laterza, Bari, 1990
- Virgilio Ortega, “L’affascinante mondo dell’Antico Egitto” De Agostini, Novara, 1999)