Di Piero Cargnino
Siamo giunti al sesto re della I dinastia, Anedijb (o Adjib); il suo nome Horus era “Hor-Anedijb e Enezib.


Manetone, che lo chiama “Miebidos”, riportato da Sesto Africano, gli attribuisce 26 anni di regno mentre Eusebio di Cesarea 29. Il Papiro di Torino gliene attribuisce 74.
Secondo gli studiosi entrambe esagerano nella durata e propendono per un regno di una decina di anni. Il nome di questo sovrano è il primo che compare nella lista di Saqqara.
Alla sua già lunga titolatura, Anedijb si attribuì un’ulteriore titolo, quello di “Nebwy” (le due signore), ed è rappresentato da due falchi che simboleggiano i due patroni del suo stato divino, Horus e Seth e starebbero ad indicare l’Alto e il Basso Egitto legittimando ancor più, se ce n’era bisogno, il suo ruolo di re unico, sarà comunque l’unico a portarlo perché in futuro più nessun faraone lo utilizzerà.
Figlio di Den e della regina principale Seshemetka, alla morte del padre salì al trono e sposò una donna di nome Betrest la quale è citata nella Pietra di Palermo come la madre del successore di Anedijb, ovvero suo figlio Semerkhet, sicuramente la sua prole era molto più numerosa ma non viene citata in alcuna documentazione storica.
Sempre dalla Pietra di Palermo apprendiamo che questo re, nel secondo anno di regno condusse una guerra contro gli invasori Iuntyu (o Intiu) il “Popolo del pilastro” proveniente dal Mediterraneo orientale o forse semplicemente nomadi autoctoni dell’Egitto. Vinti in battaglia furono costretti a dividersi in tre gruppi di cui uno si ritirò nel Sinai, un altro si diresse sul lato opposto, il deserto libico e l’ultimo scese a sud, nella Nubia, fin oltre la prima cateratta.

Da impronte di sigilli reali apprendiamo che Anedijb fondò una nuova fortezza, che prese il nome di “Hor nebw-khet” (“Horus, l’oro della comunità divina”), e costruì una nuova residenza reale “Hor seba-khet” (“Horus, la stella della comunità divina”).
Dalle iscrizioni su alcuni vasi si deduce che fece costruire una notevole quantità di statue che lo rappresentavano stante con tutti gli attributi reali. Sempre su vasi di pietra compaiono delle incisioni che lo rappresentano mentre celebra ben due giubilei, le feste Heb Sed, di cui la prima dopo 30 anni di regno poi ogni tre o quattro anni, questo contrasterebbe con la stima della durata del suo regno di una decina di anni.

Indagini recenti avrebbero appurato che le incisioni che riportano Heb Sed accanto al nome di Anedijb sarebbero state falsificate sostituendo il nome del suo predecessore Den con il proprio.
Secondo gli egittologi Nicolas Grimal e Wolfgang Helck il re Anedijb sarebbe salito al trono in età avanzata e non avrebbe mai celebrato una festa Heb Sed. Le indagini di Grimal ed Helck hanno messo in evidenza un fatto curioso, le immagini che riproducono la festa Sed riportano una specie di nota scritta sulle scale del padiglione della festa: “Qesen” (calamità) cosa che fa supporre che la fine del regno di Anedijb sia stata traumatica.
La sua tomba è stata rinvenuta a Umm el-Qa’ab presso Abydos e siglata come “Tomba X”. E’ la tomba più piccola tra quelle dei sovrani di questo periodo misurando 16,4 x 9 metri. L’ingresso si trova sul lato orientale dal quale una scala conduce alla camera funeraria. Questa si compone di due parti che sono circondate da 64 tombe minori, forse la servitù sacrificata per il sovrano. Altro particolare interessante è che all’interno della tomba sono stati rinvenuti molti cocci di vasi dai quali è stato raschiato il nome del sovrano e quello di sua madre Mer(it)neith.

Gli studiosi hanno dedotto che questo sia il frutto di una “damnatio memoriae” ordita dal figlio di Anedijb, Semerkhet forse perché li considerò usurpatori.
Fonti e bibliografia:
- Maurizio Damiano, “Antico Egitto”, Electa, 2001
- Cimmino, Franco, “Dizionario delle dinastie faraoniche” – Bompiani, Milano 2003
- Edwards I.E.S. “Il dinastico antico in Egitto – Storia antica del Medio Oriente” Il Saggiatore, Milano 1972
- Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Einaudi, Torino 1997
- Maurizio Damiano-Appia, “Dizionario enciclopedico dell’antico Egitto e delle civiltà nubiane”, Mondadori, 1996
- Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Laterza, Bari, 1990
- Virgilio Ortega, “L’affascinante mondo dell’Antico Egitto” De Agostini, Novara, 1999