Di Piero Cargnino
Secondo Manetone siamo giunti all’ultimo re della I dinastia, Qa’a (o Kebh, come compare nelle liste di Abydos e di Saqqara o (Qe)beh nel Codice Reale di Torino), anche se non è ben chiaro perché lo storico greco abbia suddiviso in due dinastie i re protodinastici.

Di fatto è evidente l’assenza di tombe dei primi tre re della II dinastia ad Abydos, in quanto le loro sepolture hanno avuto luogo a Saqqara, a sud del complesso di Djoser, ma nulla lascia supporre che, nel periodo immediatamente successivo al regno di Qa’a, si sia verificata una rottura nei rapporti tra Menfi e Abydos tale da giustificare la suddivisione in due dinastie anche se pare che a Qa’a siano succeduti 2 o 3 re effimeri.
Non si conosce gran che di quanto è avvenuto durante il regno di Qa’a da indurre Manetone a dividere la dinastie tant’è che il Canone Reale di Torino elenca i re di queste due dinastie in sequenza, senza interruzione.
Riconosciuto legittimo successore di Semerkhet, di cui forse ne era il figlio, sembra che Qa’a abbia regnato circa 33 anni (Manetone ne cita 26).
Sono state ritrovate iscrizioni su vasi di pietra dove viene citata una seconda Festa Sed per Qa’a, come risaputo la prima Festa Sed si teneva al 30° anno di regno, le successive ogni tre o quattro anni. Alcuni elementi, ricavati dalla purtroppo scarsa documentazione, portano a credere che nel corso del suo regno ci sia stata una evoluzione nella tecnica costruttiva con l’introduzione della volta aggettante.
Durante il suo regno iniziarono a verificarsi scontri tra i seguaci di Horus e quelli di Seth.
Per quanto riguarda la sua tomba, in un primo tempo gli venne attribuita la 3505 scoperta dall’egittologo britannico Walter Bryan Emery nel 1954 a Saqqara, ma in seguito al rinvenimento di una stele con relative iscrizioni di nomi e titoli si pensò che la mastaba fosse in realtà appartenuta al sacerdote e profeta di Neith, Merka.

Qui però si scontrano teorie divergenti, il discorso del luogo di sepoltura dei sovrani delle prime due dinastie vede la contrapposizione di coloro che propendono a favore di Abydos, Kees, Weill, Edwards, Kemp, Kaiser e Kaplony, secondo cui quella che viene attribuita a Merka, la tomba 3505 a Saqqara, non può essere la sepoltura di questo sacerdote poiché la tomba dello stesso è costituita da una piccola sepoltura satellite (l’unica) a sud della via d’accesso alla mastaba di Qa’a, e quelli che invece sostengono l’ipotesi di Emery, Lauer ed altri che propongono l’ipotesi della localizzazione menfita.
Nel 1993 gli scavi di una missione tedesca ad Abydos hanno dimostrato che la vera tomba del re Qa’a si trova nella necropoli di Umm el-Qa’ab presso Abydos ed è la tomba alla quale Petrie aveva già assegnato, in base ad impronte di sigilli e a due stele frammentarie in basalto, la sigla “Q”.
Più volte modificata la mastaba, che misura 30 per 23 metri, si presenta oggi come una semplice stanza in mattoni ancora circondata da 26 sepolture sussidiarie, forse appartenute a cortigiani sacrificati alla sua morte. Sul lato est della mastaba, Petrie e Fischer scoprirono una stele frammentata sulla quale compariva il nome di Horus del re Qa’a.
Il ritrovamento di un sigillo presso l’ingresso della mastaba, avvenuto nel 1990, sul quale è impresso il nome di Hotepsekhemwy, confermerebbe che quest’ultimo sia stato il suo successore e che fu lui a curarne le cerimonie funebri e l’inumazione.
Pare assodato che con la fine del regno di Qa’a si perse anche l’usanza delle sepolture satellite a Saqqara ma continuò per diversi altri regni ad Abydos per poi perdersi definitivamente verso la fine della II dinastia.
Già le tombe di Peribsen e Khasekhemwy sono del tutto prive di sepolture satellite presentando solo un esiguo numero di persone sacrificate (?) poste all’interno della loro tomba. In conclusione va detto che, in seguito ai recenti scavi tedeschi ad Umm el Qaab, sito già oggetto di scavi fin dalla fine del secolo scorso, nella tomba di Qa’a sono state rinvenute impronte di sigilli di Hotepsekhemwy.
Fonti e bibliografia:
- Maurizio Damiano, “Antico Egitto”, Electa, 2001
- Cimmino, Franco, “Dizionario delle dinastie faraoniche” – Bompiani, Milano 2003
- Michael Rice, “La creazione dell’Egitto: le origini dell’antico Egitto, 5000-2000 a.C.”. Taylor & Francis, Londra / New York 1990
- Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Einaudi, Torino 1997
- Maurizio Damiano-Appia, “Dizionario enciclopedico dell’antico Egitto e delle civiltà nubiane”, Mondadori, 1996
- Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Laterza, Bari, 1990
- Virgilio Ortega, “L’affascinante mondo dell’Antico Egitto” De Agostini, Novara, 1999