Harem Faraonico

MEDINET HABU: L’HAREM DI RAMSES III

IL TEATRO DI UN DELITTO

Di Luisa Bovitutti

Ramses III fu un grande faraone e regnò per più di trent’anni, arginando gli attacchi dei libici dall’ovest e respingendo i popoli del mare che scendevano da nord dopo aver devastato le terre del Mediterraneo orientale; venne assassinato nella cosiddetta “congiura dell’harem”, organizzata da una moglie secondaria che cercò senza riuscirvi di porre sul trono suo figlio (ne parleremo in uno dei prossimi post).

La ricostruzione del migdol come doveva apparire a chi raggiungeva il tempio dal Nilo

A Medinet Habu, in una piana posta sulla riva occidentale del Nilo di fronte a Luxor, egli costruì il suo grande tempio funerario, ancora oggi molto ben conservato, e lo racchiuse, insieme ad un preesistente tempio dedicato ad Amon risalente all’inizio della XVIII dinastia in una possente duplice muraglia di mattoni crudi dotata di camminamenti e merlature (una più esterna di 222 x 327 m, alta 4.40 m sul lato esterno, 2.40 m in quello interno e spessa 4.4 m ed una ben più imponente all’interno, di 210 x 315 m., spessa 10-11 m, alta circa 18 m).

il migdol come appare oggi.

Questa cittadella fortificata divenne il cuore del governo e della vita economica di Tebe fino alla fine della XX dinastia: asud del primo cortile del grande tempio funerario sono state scoperte le rovine di uno dei suoi palazzi, portato alla luce nel 1913 nell’ambito di una campagna di scavi condotta dal Metropolitan Museum di New York.

Il tempio funerario era collegato al Nilo per mezzo di un canale, perchè potesse essere raggiunto dalle barche delle processioni rituali nelle festività religiose; la banchina per lo sbarco era collegata da un corridoio in pietra all’ingresso principale della muraglia posto sul lato est, che costituiva l’unico accesso alla cittadella ed era difeso da due torrioni a pianta quadrata con facciata realizzata in blocchi di pietra che si ergevano al di sopra della cinta.

Tale ingresso fortificato viene da sempre definito “migdol”, che significa più o meno torre fortificata, ed è ispirato all’architettura difensiva siriana documentata nelle raffigurazioni parietali delle città conquistate dagli Egizi; esso era costituito da due torri anteriori ai lati dell’ingresso (oggi sopravvive quella orientale) e tre posteriori decorate da rilievi, con la sommità merlata e con due finestre sopra la porta.

La torre meglio conservata del migdol

Le quattro torri esterne del migdol delimitavano una corte a forma di pseudo-imbuto dalla quale si accedeva all’unico ingresso ricavato sulla torre centrale, probabilmente sbarrato da una porta lignea rinforzata con barre metalliche e dotata di perni che andavano ad innestarsi su solidi blocchi circolari in granito nero (0.60 m di diametro) al di sotto della pavimentazione.

Un rilievo di una delle stanze della costruzione che raffigura il re che accarezza una fanciulla

L’illuminazione del complesso era garantita da una serie di aperture protette da griglie in legno; il migdol presenta al secondo e terzo piano anche “finestre delle apparizioni” dotate di soglie sostenute da sculture raffiguranti teste e busti di nemici, dalle quali i sovrani si affacciavano per essere visti dal popolo che non aveva accesso all’area templare.

All’impatto visivo del complesso in tutta la sua imponenza contribuivano i rilievi distribuiti sulle superfici esterne dei torrioni e della corte interna, che raffigurano il faraone che davanti ad Amon annienta i nemici (a sinistra nubiani e libici, a destra ittiti, amorrei, cananei e “Popoli del Mare”).

Un’altra scena che raffigura una teoria di fanciulle che omaggiano il re.

La parte inferiore delle torri, come già detto, era costituita da solida muratura e non aveva stanze; il secondo piano, invece, al quale si accede ancora oggi grazie ad una rampa esterna, era suddiviso in numerosi ambienti il cui tetto era costituito da travi di legno che sostenevano il pavimento di stucco del terzo piano, interamente in mattoni, le cui camere erano coperte con volte a botte.

Griglia della finestra dalla sala del trono – palazzo di Ramesse III a Medinet Habu – ca. 1184-1153 a.C. – oggi al MET di New York.

Originariamente era collocata in alto sulla parete e permetteva solo alla luce indiretta di entrare nella stanza. La decorazione è una celebrazione del sovrano, al quale vengono augurate vita e stabilità E’ divisa in due registri: la parte superiore è decorata con due cartigli che portano il nome di intronizzazione di Ramses III (wsr m3՚t r՚ mr imn ossia Usermaatra Meriamon = Potente è la Maat di Ra, amato da Amon), incorniciato da falchi solari; sul fondo compaiono i simboli geroglifici della vita (ankh) e della stabilità (djed), fiancheggiati a loro volta da cartigli con il nome di nascita del re (r՚ ms sw hq3 jwnw ossia Ramessu heka Iunu = Nato da Ra, signore di Iunu).

Le pareti erano decorate con rilievi che rappresentavano il re seduto sul trono mentre riceve fiori, frutta e gli omaggi di giovani fanciulle, mentre gioca a senet con una di esse abbracciandone un’altra; le ragazze indossano i sandali, una decorazione floreale sui capelli ed una collanina di perline al collo, ma per il resto sono completamente nude.

La particolarità di queste scene, che illustrano momenti ben poco convenzionali della vita del sovrano, ovunque nel tempio ritratto in modo solenne e rigidamente protocollare, hanno indotto quasi unanimemente gli studiosi a ritenere che le stanze fossero riservate al divertimento ed al piacere del re e de sue donne e che siano state teatro della congiura in danno di Ramses III, che cadde vittima di un agguato ordito da una delle sue mogli secondarie e da alcuni funzionari in servizio presso l’harem reale.

I disegni delle scene superstiti

I QUARTIERI FEMMINILI

Talvolta i complessi templari del Nuovo Regno avevano un appartamento nel quale il Sovrano poteva soggiornare quando doveva adempiere ai suoi doveri religiosi; esso riproduceva in forma semplificata le strutture principali di un palazzo residenziale ed includeva anche stanze per le donne della corte reale.

Il complesso di Medinet Habu, con i resti del palazzo e dell’harem a sinistra, nello spazio tra il primo ed il secondo pilone

Il “secondo palazzo” di Ramses III a Medinet Habu doveva appartenere a questa categoria di edifici: esso deriva la sua denominazione dal fatto che sorgeva sull’area precedentemente occupata dal “primo palazzo”, che il re decise di ampliare quando fece costruire la grande cinta muraria e l’ingresso fortificato.

La pianta del “secondo palazzo”. Le lettere indicano le varie stanze, così come spiegato nel testo

Esso sorgeva all’interno del muro ma all’esterno del tempio, nello spazio libero tra il primo e il secondo pilone, aveva pianta quadrata ed era realizzato in mattoni crudi, come tutti gli edifici residenziali dell’epoca, salvo la facciata, che era in pietra in quanto costituiva anche una delle pareti esterne del primo cortile del tempio, che richiedeva un materiale più pregiato e duraturo.

Un’altra vista delle rovine del sito; si nota la facciata in comune con il primo cortile del tempio, davanti alla quale vi è un peristilio.

Una serie di aperture che avevano sede sulla facciata lo collegavano al primo cortile del tempio; la facciata ospitava anche una “finestra delle apparizioni” che si affacciava su di un peristilio, dalla quale gli ospiti del palazzo potevano assistere alle rappresentazioni di canti e danze che si svolgevano nel cortile del tempio.

Il podio per il trono del re nella hall dell’harem

La struttura aveva numerose stanze piuttosto piccole, in parte destinate ad uso pubblico, altre invece private del Faraone o delle sue donne; la più importante di esse era la sala del trono il cui soffitto era retto da sei colonne (delle quali sopravvivono solo le basi circolari), e che presentava un podio di alabastro con approccio a gradini (stanza C della piantina).

Il passaggio privato del re verso l’harem

Sul fondo di questa stanza si apriva un vestibolo (H) che dava ingresso all’appartamento reale, costituito da un’anticamera con due colonne ed un podio per il trono (stanza F), da una camera dotata di un podio dove veniva collocato il letto (stanza G) e sulla destra del vestibolo da un bagno e da un’altra piccola stanza ad esso attigua.

L’altra porta del passaggio privato del Faraone.

Sempre dal fondo della sala si aveva accesso all’”harem”, o meglio ai quartieri destinati alle donne più vicine al Faraone (appartamenti M), collocati all’estremità sud dell’area, separati dal palazzo reale (in realtà alcuni studiosi hanno ipotizzato che fossero abitati dallo stesso gruppo di donne che aveva a disposizione le stanze nel migdol); essi erano tutti e tre identici ed erano costituiti da un ingresso, un salotto quadrato, un bagno e un’altra piccola stanza laterale; non sembra ci fossero camere per dormire, e si ipotizza che le donne reali utilizzassero letti che la servitù allestiva nel salotto.

La scala che portava ad uno dei passaggi che univa il palazzo al primo cortile del tempio

Gli appartamenti dell’harem avevano un ingresso sul lato Ovest (L), raggiungibile dalla sala del trono attraversando il giardino laterale (J) ed un’anticamera (K), larga m. 4,6, a quanto pare coperta con una volta a botte, così come tutte le stanze del palazzo e dotata di una pedana in alabastro.

I resti delle colonne della sala del trono

Esisteva inoltre un passaggio privato 👎 che cominciava all’estremità est del corridoio dell’harem con una porta finemente decorata, ed avevano un’uscita diretta sulla strada (E ) raggiungibile attraverso un cortile di servizio (O).

Il cartiglio di Ramses III

FONTI:

  • Murnane W., United with eternity. A concise guide to the monuments of Medinet Habu. The Oriental Institute, University of Chicago and The American University in Cairo Press, 1980
  • Cavillier G., MIGDOL, Ricerche su modelli di architettura militare in età ramesside, Medinet Habu. BAR International series 1755, 2008
  • Holscher U., Excavations at ancient Thebes, 1930 – 1931, The University of Chicago press, Chicago Illinois, 1932
  • Holscher U., The mortuary temple of Ramses III, Part I, The University of Chicago press, Chicago Illinois, 1941
  • The epigraphic survey, The eastern higt gate with translations of texts, The University of Chicago Press

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