(Carter 255)
Di Andrea Petta
La terza bara di Tutankhamon rimane probabilmente l’oggetto più stupefacente di tutta la tomba. Se la maschera funebre ha un valore artistico superiore, il valore intrinseco della terza bara è ai limiti dell’immaginabile. Solo il peso dell’oro varrebbe quasi sei milioni di euro al giorno d’oggi.


La terza bara nella maestosità del bianco e nero di Burton. In basso spiccano i simboli “shen” ghermiti dagli artigli di Nekhbet e Wadjet. Si notano le due maniglie all’altezza delle spalle

Ben 110 chili di oro puro, fusi a creare l’ultimo bozzolo che avvolgeva la mummia del Faraone. Lo splendore del metallo perfetto, che ricorda il calore del sole, che non si ossida e non si arrugginisce ad accompagnare Tutankhamon nel suo viaggio nell’oltretomba. Scrisse il suo scopritore: “Il mistero dell’enorme peso, che fino a quel momento ci aveva lasciati perplessi, ora era chiaro”


Il volto scoperto, quasi fosse impossibile per le mani che hanno chiuso la bara ricoprire la sua bellezza. Si nota intorno alla testa il secondo drappo avvolto appositamente per non celare il volto
Lunga 188 cm, larga ed alta 51, con uno spessore da 2.5 a 3 mm, fu indicata da Carter come “esempio unico di dell’arte della lavorazione del metallo, sia tecnicamente che artisticamente”. Anche gli 8 tenoni sono in oro, fissati con chiodi anch’essi in oro e che furono segati per permettere l’apertura del coperchio. Quattro maniglie, sempre in oro, permettevano l’apertura del coperchio, come nella prima bara.

Il Faraone vi è raffigurato con il nemes come copricapo, la cui plissettatura è in rilievo e non ad intarsio. Una sorta di sudario in lino colorato originariamente di rosso avvolgeva il corpo del Faraone, lasciando però scoperta la testa ed il volto. Un secondo panno in lino era arrotolato e posizionato tra la terza e la seconda bara, intorno alla testa. Forse qualcuno durante la cerimonia funebre non se l’era sentita di coprire quel volto, forse Ankhesenamon ha voluto che risplendesse per l’eternità.

Il contorno degli occhi e le sopracciglia sono in intarsio di pasta vitrea blu lapislazzulo, gli occhi in calcite bianca con pupille in ossidiana. Il deterioramento della calcite accentua ulteriormente l’impressione di sacralità di un’immagine quasi eterea del volto del Faraone. Le orecchie hanno i lobi forati, anche se i fori erano coperti con una lamina d’oro al momento della scoperta.
Due collari intarsiati, a dischi in oro giallo ed oro rosso alternati a faience blu scuro, circondano il collo del Faraone, mentre un pettorale “del falco” scende sotto i lembi del nemes, intarsiato da undici file di perline tubulari in lapislazzuli, quarzo e corniola, feldspato verde e pasta di vetro turchese. La parte esterna è decorata con finti pendenti. Le braccia sono decorate con braccialetti intarsiati degli stessi materiali.

In questa foto si vede abbastanza bene il doppio collare a dischi d’oro giallo e rosso alternati a faience blu che passa sotto la barba cerimoniale. L’ala di Nekhbet si protende sulla spalla sinistra del Faraone. Si vede anche il cattivo stato di conservazione del flagello, la cui asta è in bronzo
Il manico del flagello, stranamente realizzato in bronzo, ha sofferto molto dell’impregnazione con le resine dell’imbalsamazione.
La decorazione è nuovamente del tipo “rishi”; in una sorta di “fusione” tra le due bare più esterne ricompaiono come sulla prima bara Iside e Nephti che protendono le ali a protezione della salma del re, ma questa volta sono posizionate intorno ai fianchi e le gambe, mentre Nekhbet e Wadjet sono posizionate a livello del torace e delle spalle come sulla seconda bara.


Nekhbet (a sinistra nella foto) e Wadjet (a destra) rappresentate ad intarsio come nella seconda bara



Più in basso, sui fianchi e le gambe, Iside (a sinistra nella foto) e Nephti, anch’esse con le ali spiegate
Il fianco sinistro della bara, dove spiccano sull’oro le ali spiegate delle dee e il fianco destro in una foto molto più moderna
Due colonne verticali di testo sono disposte lungo la parte anteriore del coperchio della bara dal ventre ai piedi, mentre ricompare Iside inginocchiata sul geroglifico “nbw” sotto il piede della bara.


Il piede della bara dove Iside, a differenza delle altre due bare, è rivolta a destra per chi guarda
Nonostante la sua composizione in puro oro, la terza bara non brillava come le altre due una volta scoperta del sudario. Gli unguenti versati durante la cerimonia funebre avevano creato uno spesso strato di materiale nerastro “simile alla pece” che, come abbiamo visto, rese estremamente difficile la separazione tra le due casse e l’estrazione della maschera funebre.

Ma una volta liberata da quel manto nero che la avvolgeva è diventata uno dei simboli della ricchezza e della potenza della civiltà egizia nel Nuovo Regno, che ha potuto permettersi questo “lusso” artistico e materiale per un Faraone fanciullo il cui ruolo nella storia è ancora da decifrare completamente.

FONTI:
- Howard Carter, Tutankhamon. Mondadori 1984
- Thomas Hoving, Tutankhamon. Mondadori 1995
- Henry James, Tutankhamon – Edizioni White Star
- Nicholas Reeves, The Complete Tutankhamun, 1998
- The Griffith Institute, Tutankhamun: Anatomy of an Excavation. The Howard Carter Archives