Di Luisa Bovitutti
Un’altra cospirazione venne organizzata contro Amenemhat I fondatore della XII dinastia, il quale, dopo trent’anni di regno nel corso del quale governò con autorevolezza per mantenere stabilità politica e far sentire ai nomarchi la presenza di un potere centrale forte, pare sia stato assassinato nel 1962 a.C. da alcuni nobili con la complicità di personaggi all’interno del suo l’harem; il mancato ritrovamento della mummia del sovrano non ha permesso di accertarne le effettive cause del decesso, ma a sostegno della tesi del complotto ci sono alcune fonti significative.
Essa viene segnalata da Manetone, ma ulteriori richiami derivano dal Racconto di Sinhue e dal cosiddetto “insegnamento di Amenemhat I”, un testo di saggezza scritto in epoca prossima al momento in cui potrebbe aver avuto luogo.
Il racconto di Sinhue, inciso su quattro stele del tempio di Amon a Tebe, in parte ancor oggi leggibile, adottato per lungo tempo come testo di lettura e scrittura nelle scuole dell’Antico Egitto, narra la vita avventurosa di un funzionario dell’harem di Amenemhat I, il quale, dopo la morte del re, fuggì all’estero dove si costruì una nuova esistenza, facendosi apprezzare dal sovrano locale che gli diede in moglie una delle sue figlie.
Quando il Faraone morì, infatti, Sinhue si trovava in missione militare contro i libici al seguito del principe ereditario Sesostri, il quale, informato “degli avvenimenti che erano accaduti a corte”, tenne l’esercito all’oscuro della notizia e si precipitò in patria per rivendicare il trono.
Tuttavia il messaggero avvertì anche gli altri figli del re, uno in particolare che ambiva a regnare, sollecitandolo perché approfittasse del vuoto di potere e lottasse per la successione, e Sinhue casualmente udì il conciliabolo tra i due; rendendosi conto che sarebbe presto scoppiata una guerra civile tra i sostenitori dell’uno e dell’altro contendente, ebbe timore ed abbandonò la spedizione trovando rifugio in Siria e facendo ritorno in patria solo molti anni dopo, richiamato da Sesostri, che gli perdonò la misteriosa fuga e lo coprì di onori, permettendogli di avere sepoltura dignitosa nella sua terra d’origine.
“L’anno XXX, nel terzo mese della stagione invernale, il giorno 7, (…) il re dell’Alto e del Basso Egitto Sehotepibra fu sollevato al cielo e unito con il disco del sole. (…) La residenza era in silenzio, i cuori erano in lutto, le due grandi porte erano suggellate, i cortigiani stavano con la testa sulle ginocchia, il popolo era in lamento. Ora, Sua Maestà aveva mandato un esercito nel paese dei libi, e il suo figlio maggiore ne era il comandante, il dio buono Sesostri. Era stato inviato per battere i paesi stranieri e punire quelli che erano tra i Tehenu. Ora stava ritornando e aveva riportato prigionieri libi e ogni tipo di bestiame, senza numero. I cortigiani di palazzo inviarono (dei messaggeri) verso la zona orientale per fare che il figlio del re conoscesse gli avvenimenti che erano accaduti a corte. I messaggeri lo incontrarono per strada e lo raggiunsero nel tempo di sera. Egli non indugiò un momento: il falco volò con suo seguito, senza lasciare che l’esercito lo sapesse. Ma si era inviato anche ai figli del re che erano al suo seguito in questo esercito, e fu rivolto un appello a uno di essi. Ecco, io stavo là, e udii la sua voce che parlava, un po’ discosto, essendo io nelle vicinanze. Il mio cuore fu turbato, caddero le mie braccia, un tremito si abbatté su tutte le mie membra. Mi allontanai a salti per cercarmi un nascondiglio. Mi posi tra due cespugli per evitare la strada e chi vi cammina. Mi diressi verso sud, ma non desideravo raggiungere questa residenza, perché sapevo che sarebbe avvenuta una lotta (civile) e non pensavo di vivere dopo di ciò”.

Testa colossale di Sesostri I in arenaria.
Rinvenuta a Karnak, nelle fondazioni della parte sud della sala wadjet (a est del quarto pilone), venne donata alla Svezia dal governo egiziano in riconoscimento del suo sostegno nella ricostruzione dei monumenti nubiani minacciati dal progetto della diga di Assuan.
Oggi al Medelhavsmuseet di Stoccolma (MME 1972:017)
La seconda testimonianza è il cosiddetto “Insegnamento di Amenemhat I”, sostanzialmente il testamento politico del sovrano per il suo erede Sesostri I; gli esperti originariamente credevano che fosse stato composto dal re stesso sulla scia di un colpo di stato fallito, ma ora si pensa che sia stato scritto dallo scriba reale Khety in seguito all’assassinio di Amenemhat per incarico del suo erede per legittimare la sua successione e per giustificare la punizione dei suoi oppositori.
La forma è particolare: il sovrano defunto appare in sogno al figlio e gli racconta i particolari della congiura nella quale trovò la morte, raccomandandogli di diffidare anche degli amici e dei sottoposti e di trarre un insegnamento dalla sua vicenda personale che lo ha visto assassinato all’interno del suo stesso palazzo per mano di coloro che avrebbero dovuto garantire a sua incolumità.
“Era dopo la cena ed era venuta la notte: mi presi un’ora di tranquillità, sdraiato sul mio letto. Ero stanco, e la mia mente cominciò a seguire il sonno. Ecco, furono fatte circolare armi; era devoto il capo (della guardia), ma altri erano come serpenti della necropoli. Mi svegliai al combattimento ed ero solo, trovai un caduto, era il capo della guardia del corpo. Se avessi preso prontamente in mano le armi, avrei potuto far indietreggiare i vigliacchi con la lancia: ma non c’è uno valoroso la notte, non c’è chi combatta solo, non avviene un’azione con successo senza un protettore. Ecco l’aggressione venne, mentre ero senza di te, prima che i cortigiani avessero udito che ti avevo lasciato in eredità (il regno), prima che avessi seduto sul trono con te sicché potessi fare le tue decisioni. Ma non ero preparato a questo, non ne ero a conoscenza, e il mio cuore non poteva pensare la negligenza dei servitori. Forse che un harem comanda il combattimento? Forse che si introducono i banditi nell’interno della casa? Si apre forse ai ladri?” (il riferimento alla congiura ordita nell’harem del faraone è chiarissimo; dal tenore del testo si ipotizzava che Amenemhat e Sesostri non avessero avuto coreggenza, ma in seguito sono state ritrovate fonti epigrafiche successive, nelle quali i cartigli dei due sovrani appaiono insieme, prova del fatto che per un certo periodo condivisero il potere supremo).

FONTI:
- BRESCIANI E., Letteratura e poesia dell’Antico Egitto, Torino 2007
- GUIDOTTI M. C., Lezione dal titolo ”Complotti, crimini e processi nell’antico Egitto” nell’ambito del ciclo di conferenze intitolato “Il Crimine – complotti, veleni e delitti -”, organizzato dall’associazione culturale fiorentina Eumeswil a questo link:
- http://www.recintointernazionale.it/…/storia-i…/
- https://www.storicang.it/…/sinuhe-le-avventure-di…
- http://www.dicoseunpo.it/…/OPERE%20NARRATIVE%202%20Le…