C'era una volta l'Egitto

NIUSERRA INI

Di Piero Cargnino

Torniamo nella linea di successione della V dinastia dove, raggiunta la maggiore età, Niuserra salì al trono. Niuserra Ini, il cui nome significa “Colui che appartiene al Potere di Ra”, era il figlio minore del faraone Neferirkara Kakai e della Sposa Reale Khentkaus II e fratello di Neferefra.

Di lui si parla in tre liste di re risalenti al Nuovo Regno, la “Lista di Karnak” compilata all’epoca di Tutmosi III, (1479 a.C.), la lista di Abydos, dove occupa il trentesimo posto, commissionata da Seti I, (1290 a.C.), e nella ventiduesima riga della terza colonna del Canone di Torino, dell’epoca di Ramesse II, (1279 a.C.). Di lui non si parla invece nella Lista di Saqqara. Ne parlano invece Sesto Giulio Africano ed Eusebio di Cesarea, che riportano gli “Aegyptiaca” di Manetone, dove compare col nome di Rathurês, probabile forma ellenizzata di Niuserra.

Dal Papiro di Torino la durata del suo regno non è chiara, pare 11 o 34 anni, mentre Manetone gliene assegna 44. Niuserra non fu un grande faraone dal polso fermo, non gli riuscì di frenare l’inarrestabile perdita d’influenza da parte del potere centrale in favore  del clero e dei burocrati statali. Si venne a creare un’inflazione nella burocrazia con la creazione di nuove cariche ed un inevitabile moltiplicarsi dei titoli, cosa che venne a discapito del faraone pur rimanendo egli il dio vivente per il popolo.

Ascrivibili al regno di Niuserra sono i più antichi annali reali dell’Antico Regno che riportano dettagli dei faraoni fin dalla I dinastia, ad oggi sono pervenuti solo frammenti che sono però molto danneggiati.

Si pensa che Niuserra abbia avuto due spose reali, ciò lo si deduce da quello che resta delle due piccole piramidi situate presso il confine meridionale della piana di Abusir conosciute come Lepsius XXIV e Lepsius XXV (di cui parleremo nel prossimo articolo). Il nome delle spose non certo, una di esse potrebbe essere stata la regina Reptynub, nota per una statuetta di alabastro rinvenuta  nel tempio funerario del faraone, molto probabilmente la madre della principessa Khamerernebty.

Non deve essere stato facile per lui scegliere il luogo per la sua sepoltura. Neferefre era già stato costretto a spostarsi in un punto avanzato nel deserto per rientrare nell’asse principale della necropoli. Non fu facile neppure dal punto di vista economico, si trovava a dover completare il complesso del padre, della madre e del fratello maggiore, oltre al suo. Sceglie l’unica, anche se inconsueta, ubicazione possibile ed ancora libera, vicino alla parete nord del tempio funerario di Neferirkare.

L’insieme di tutte queste circostanze hanno condizionato la costruzione del suo complesso che si presenta del tutto originale. Il primo a visitare il suo complesso fu Lepsius il quale riportò semplicemente i resti della piramide nella carta della regione. Così pure le ricerche di Perring si limitarono al superficiale, fu solo agli inizi del XX secolo che Borcherdt condusse una ricerca più approfondita.

A questo punto vorrei fare un accenno ad un ritrovamento avvenuto nella zona a est della piramide di Niuserra, anche se non ha nulla a che vedere con la piramide. Nel 1902 il governo egiziano decise di costruire una piccola ferrovia verso Halde, durante i lavori di scavo fu rinvenuta occasionalmente la più antica opera greca in Egitto, il poema di Timeo, un dialogo scritto da Platone intorno al 360 a.C. dove si parla della battaglia di Salamina, (480 a.C.), il reperto è oggi conservato nel Museo Egizio di Berlino.

Torniamo alla piramide di Niuserra, il cui nome era: “Eterni sono i luoghi di Niuserra”, questa si presenta con un nucleo formato da sette gradoni di calcare proveniente dalle cave ubicate a metà strada fra le piramidi di Abusir e la piramide a gradoni di Djoser a Saqqara. L’ingresso era situato sotto il livello del suolo a metà della parete nord, il quel punto avrebbe dovuto comparire la cappella votiva che però non fu trovata, anche se, ad onor del vero, Borchardt non l’ha neppure cercata. L’ingresso dava accesso ad un corridoio rivestito di fine calcare bianco con rinforzi di blocchi di granito rosa all’inizio e alla fine. Circa a metà del corridoio si trovava uno sbarramento formato da due blocchi di granito a caduta. Il corridoio aveva un andamento irregolare, scendeva fino ad un vestibolo, poi girava leggermente verso est assumendo una maggiore pendenza. Alla fine sbucava nell’anticamera e, da questa, alla camera funeraria.

Il soffitto delle due camere era formato secondo il metodo predominante a quell’epoca, tre strati sovrapposti di massicci blocchi di calcare sistemati a capriata. Particolare interessante è che questa volta venne usata una tecnica diversa, tra uno strato e l’altro era stata stesa una falda, più o meno regolare, di schegge e pietrisco, probabilmente per distribuire meglio la pressione o, forse, per servire da ammortizzatore in caso di terremoti, quest’ultima ipotesi è tutta da provare e non si sa se l’intenzione fosse proprio quella. L’anticamera e la camera funeraria erano situate appena sotto il livello della base in corrispondenza dell’asse verticale della piramide. Lo stato di devastazione lasciato dai saccheggiatori era tale per cui non è stato possibile ipotizzare una ricostruzione dell’architettura.

Dagli scavi effettuati tra le rovine non è emerso alcun reperto o resti di sepoltura. Il cortile del complesso fu lastricato in calcare e la piramide cultuale, che in un primo momento Borchardt attribuì erroneamente alla regina, era situata vicino all’angolo sud-est. Anche se non fa parte del complesso piramidale di Niuserra ad Abusir mi piace ricordare che questo faraone è noto soprattutto grazie all’esplorazione del suo Tempio Solare ad Abu Gurab posto a circa un chilometro più a nord.

Fonti e bibliografia:

  • Miroslav Verner, “Il mistero delle piramidi”, Newton & Compton, 1997
  • Mario Tosi,”Dizionario enciclopedico delle divinità dell’antico Egitto”, vol. II, Ananke
  • Mark Lehner,  “The complete Pyramids”, Londra, Thames & Hudson Ltd., 1975
  • Grimal Nicolas, “Storia dell’antico Egitto”, Editori Laterza, Bari 2008
  • Martin Gardiner, “La civiltà egizia”, Einaudi, Torino 1997
  • Federico A. Arborio Mella, “L’Egitto dei Faraoni”, Mursia, 1977 John A. Wilson, “Egitto – I Propilei”, Arnoldo Mondadori, Milano 1967

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