C'era una volta l'Egitto, Medio Regno

SANKHKARE MENTUHOTEP III 

(HORO SANKTAUEF)

Di Piero Cargnino

Alla morte di Mentuhotep II sale al trono il figlio Mentuhotep III, figlio della “Grande Sposa Reale” Tem la quale si fregiava del titolo di “Madre del doppio Re”. Dopo il lungo regno del padre (51 anni) si ritiene che il nuovo sovrano si trovasse già in età avanzata e che il suo regno sia durato circa 12 anni (sei o sette secondo alcuni) durante i quali la vita tornò a svolgersi pacificamente nel rispetto della Maat. Cambiò due volte il suo praenomen, dapprima si chiamò Sankhkare e, successivamente Nebtawyre  “Colui che abbellisce l’Anima di Ra”.

Sono poche le notizie che conosciamo del suo breve regno, tra queste si sa che fece riaprire la pista carovaniera diretta al Mar Rosso e promosse la ripresa dei commerci con la terra di Punt, località presumibilmente situata sulle sponde somale di cui non si conosce l’esatta localizzazione. Iscrizioni rinvenute nello Wadi Hammamat citano la fine della guerra con Hieracleopolis e la riunificazione delle Due Terre grazie a questo faraone.

Confermano inoltre che Mentuhotep III, intorno all’ottavo anno di regno, disponendo ora anche della forza degli uomini del Delta, inviò verso la terra di Punt una spedizione composta da 3000 uomini forti agli ordini dell’amministratore Henenu. La spedizione partita da Coptos diretta verso il Mar Rosso durante il tragitto scavò 12 pozzi per favorire eventuali altre spedizioni e, soprattutto debellò la regione dai ribelli che la infestavano. Giunsero fino a Punt dove fecero provvista di incenso, gomme e profumi, al ritorno fecero tappa nello Wadi Hammamat per estrarre e trasportare il blocco per il sarcofago del sovrano.

Lo Uadi assunse in seguito grande importanza sia per le numerose cave presenti che per le sue miniere, gli egizi lo chiamarono “Valle di Rohanu” e costituì una delle principali vie verso il Mar Rosso e la mitica terra di Punt.

La composizione della sua famiglia costituisce per lo più un mistero, si ritiene, pur senza averne la certezza, che sia stato il padre del suo successore Mentuhotep IV. Su questo c’è ancora oggetto di dibattito;  si sa che la madre di Mentuhotep IV fu la regina Imi, quello che non si sa con certezza e se la regina Imi sia stata una moglie dell’harem di Mentuhotep III.

Nonostante la breve durata del suo regno fu promotore di diversi progetti di costruzione tra i quali il suo tempio a Deir el-Bahari nei pressi di quello di suo padre, che però non fu mai completato. Sankhkare Mentuhotep III fece erigere anche un tempio a Thoth Hill dedicato al dio Montu-Ra, il tempio, in mattoni di fango, fu costruito su un più antico tempio arcaico. Le rovine del tempio furono scoperte solo nel 1904 da George Sweinfurth. In seguito ci lavorò Petrie nel 1909 ma solo per pochi giorni. Tra il 1995 e il 1998 si interessò al sito, in modo sistematico, una spedizione ungherese guidata da Gyozo Voros per l’Università Eotvos Lorand di Budapest.

Il tempio arcaico, sottostante quello di Mentuhotep III,  potrebbe risalire al 3000 a.C. circa e sarebbe il più antico tempio costruito sulla riva occidentale del Nilo a Luxor, questo era sconosciuto già prima degli scavi di Voros. La collina dove sorgono i templi è circondata da burroni desertici e l’antico percorso che porta al tempio è difficile da salire.

Per quanto riguarda il suo complesso funerario non è stato trovato alcun riferimento. Da alcune iscrizioni parrebbe che Mentuhotep III sia stato sepolto in una camera scavata nella roccia. Suscita un notevole interesse una raffigurazione nello Wadi Hammamat dove Mentuhotep III è rappresentato nell’atto di offrire bevande al dio itifallico Min di Coptos. La didascalia racconta che un giorno, in presenza del sovrano, una gazzella con il suo cucciolo si fermò improvvisamente di fronte ad una grande roccia e la osservò con notevole interesse. Mentuhotep III interpretò il fatto come un segno divino, ordinò dunque che da quella roccia, indicata dalla gazzella, venisse scolpito il suo sarcofago.

Fonti e bibliografia:

  • Guy Racket, “Dizionario Larousse della civiltà egizia”, Gremese Editore, 1994
  • Edda Bresciani, “Grande enciclopedia illustrata dell’antico Egitto”, De Agostini, 2005 
  • Margaret Bunson, “Enciclopedia dell’antico Egitto”, Fratelli Melita Editori, 1995
  • Salima Ikram, “Antico Egitto”, Ananke, 2013
  • Mario Tosi, “Dizionario enciclopedico delle divinità dell’Antico Egitto”, Ananke, Torino, 2006
  • Toby Wilkinson, “L’antico Egitto. Storia di un impero millenario”, Torino, Einaudi, 2012
  • Nicolas Grimal, “Storia dell’Antico Egitto”, Roma-Bari, Biblioteca Storica Laterza, 2011
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, (Einaudi, Torino, 1997), Oxford University Press, 1961
  • Sergio Donadoni, “Tebe”, Electa, 1999
  • Sergio Donadoni, “Le grandi scoperte dell’archeologia”, Istituto Geografico De Agostini, 1993
  • Federico A. Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Mursia, 2012 Miroslav Verner, “Il mistero delle piramidi” Newton & Compton editori, 2002

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