Di Piero Cargnino
Esaminiamo ora i sovrani Hyksos che regnarono sulle fertili terre del Delta del Nilo spingendosi fino ad Assyut.
Innanzittutto bisogna dire che non si comportarono affatto da invasori opprimendo il popolo egiziano, in realtà si adattarono perfettamente alle usanze egiziane e non si comportarono certo peggio dei precedenti faraoni. Manetone scrisse sulla scorta di quanto raccontarono i sacerdoti egizi del suo tempo ai quali bruciava ancora, dopo quasi 1500 anni, il fatto di essere stati sottomessi ad un paese straniero. E’ dunque comprensibile che per gli egizi quello degli Hyksos fosse un popolo brutale, “…..un popolo di ignobili origini…..”, e così che Manetone ce lo riporta.
Nel primo secolo dopo Cristo, Giuseppe Flavio, storico romano di origine ebraica, nella sua opera “Contra Apionem”, affermando di riportare quanto scritto da Manetone, rincara la dose:
<<…….dopo aver sconfitto i sovrani del Paese incendiarono spietatamente le nostre città, rasero al suolo i templi degli Dei e sfogarono la loro crudeltà contro gli abitanti, massacrandone alcuni, riducendo in schiavitù le mogli e i figli di altri… Poi elessero re uno di loro di nome Salitis. Egli pose la sua capitale a Menfi imponendo tributi all’Alto e al Basso Egitto…….>>.

Conoscendo l’Egitto, nonostante la pessima esperienza della XIII e XIV dinastia, riesce difficile credere che un orda di invasori scenda in Egitto, percorra il Delta come un vento di tempesta ed occupi Menfi, infliggendo alla popolazione ogni sorta di crudeltà e di nefandezze. Secondo quanto emerge da recenti studi condotti dagli egittologi, tra i quali Massimo Bontempelli, Ettore Bruni ed altri, tesi ad approfondire la conoscenza di quel popolo emerge invece un quadro del tutto opposto, “l’umiliante occupazione straniera” di cui si parla nel racconto di Manetone contiene verità e menzogna in egual misura. I periodi di desolazione e anarchia, poco esaltanti per un popolo, vengono spesso raccontati con toni altamente melodrammatici e apocalittici, questo per sminuire l’impatto dell’evento ma ancor più per glorificare il sovrano di turno al quale si deve la salvezza del territorio, la storia egizia, ma non solo, abbonda di esempi simili. Certo non saranno stati cultori della pulizia e dell’igiene, tanto cara agli egizi, forse inizialmente portarono pure malattie ma ben presto si adeguarono adattandosi a vivere come gli egizi e, forse, anche ad integrarsi con i locali. Contrariamente a quanto si racconta, gli Hyksos costruirono monumenti e templi rilanciarono gli scambi commerciali con gli altri popoli, mantennero la stessa struttura amministrativa, i medesimi canoni artistici e diedero impulso alla diffusione della letteratura. Quasi da subito gli Hyksos cominciarono ad adottare gli stessi dei dell’Egitto anche se, forse per una forma di rivalsa, si rivolsero particolarmente al dio Seth che trascrissero in babilonese come Suteck raffigurandolo con caratteristiche ed abbigliamento come il dio semita Baal. Il fatto poi che gli Hyksos abbiano invaso tuitto il paese e per di più che abbiano imposto tributi all’Alto e al Basso Egitto suona tanto come una mistificazione peraltro smentita proprio dal loro maggior oppositore Kamose. In una grande iscrizione, il faraone stesso precisa in modo inequivocabile che il punto di maggiore espansione degli Hyksos fu Gebelein ed i loro confini più meridionali non superarono mai Khmun. In seguito ad altri ritrovamenti possiamo affermare che i sovrani di Tebe abbiano sempre governato in piena autonimia e possesso del loro territorio anche se per un certo periodo si trovarono nella posizione di vassalli. Vedremo in seguito come a Tebe fosse mal sopportata la presenza degli Hyksos cosa che poterà alla “guerra di liberazione” che inizierà con Kamose per concludersi ad opera del fratello Ahmose primo faraone della XVIII Dinastia. Ora però come detto esaminiamo, per quanto possibile i vari faraoni Hyksos. Il primo di essi fu:
SALITIS
Il nome del primo faraone Hyksos ce lo suggerisce lo stesso Manetone, Salitis, il primo re pastore, sicuramente uno dei più autorevoli capi di questo popolo di invasori. Di lui conosciamo quel poco che ci ha tramandato Giuseppe Flavio nel suo “Contra Apionem riportando Manetone:
<<…….finalmente elessero re uno dei loro di nome Salitis. Egli pose la sua capitale a Menfi, esigendo tributi dall’Alto e dal Basso Egitto e sempre lasciando dietro di sé guarnigioni nel luoghi più favorevoli…….nel nomo Sethroita trovò una città in ottima posizione a est del Nilo, sul ramo di Bubasti, chiamata Avari da un’antica tradizione religiosa. Egli la ricostruì e la fortificò con mura imponenti……Dopo aver regnato per 19 anni Salitis morì e gli successe un secondo re Bnon…….>>.
Se escludiamo Manetone di questo re non sappiamo nulla o quasi, conosciamo un re di nome Salitis che sconfisse il re Tutimaios (forse Wadjekha della XIII dinastia), conquistò Menfi e fondò la XV dinastia. Alcuni studiosi vedrebbero questo sovrano citato come Sekhaenra Sharek in una lista di sacerdoti menfiti. Secondo altri è un’impresa ardua e controversa associare il nome di Salitis a nomi di sovrani provenienti da ritrovamenti archeologici, soprattutto scarabei. L’egittologo tedesco Jurgen von Beckerath, e come lui altri studiosi, associano a Salitis i nomi di Sheshi e Maaibra, ma i più ritengono che fosse il suo successore.
Dopo Salitis, che con nomi più o meno simili tutti concordano, per trovare i successivi sovrani Hyksos che governarono quasi tutto l’Egitto da Avaris, bisogna affidarsi alle diverse fonti disponibili, come già detto in precedenza, Giuseppe Flavio nel suo “Contra Apionem, riportando Manetone, ci dice che dopo la morte di Salitis gli successe al trono il re Bnon identificato da molti, tra cui Jurgen von Beckerath, con il nome di Maaibra Sheshi.
BNON (MAAIBRA SHESHI)
Maaibra Sheshi (anche Sheshy) viene identificato nel Bnon manetoniano, di lui non si conoscono la posizione cronologica, la durata e l’estensione del suo regno, anche il fatto che appartenga proprio alla XV dinastia è dubbio. Certamente è però il più conosciuto in termini di reperti a lui attribuiti del Secondo Periodo Intermedio. Sono alcune centinaia i sigilli a forma di scarabeo che riportano il suo nome che sono stati rinvenuti ovunque, in Canaan, in Egitto, in Nubia ma la cosa più sorprendente è che ne sono stati trovati a Cartagine dove venivano ancora usati 1500 anni dopo la sua morte. Gli egittologi Nicolas Grimal, William C. Hayes e Donald B. Redford hanno avanzato l’ipotesi che Maaibra Sheshi fosse lo stesso Salitis, primo re della XV dinastia Hyksos. Di parere contrario sono l’egittologo William Ayres Ward e Daphna Ben-Tor, curatore di archeologia egizia presso il The Israel Museum di Gerusalemme, secondo i quali Maaibra Sheshi si collocherebbe verso la fine della XV dinastia e sarebbe succeduto a Khyan precedendo Apophis. A conferma delle difficoltà di dare una collocazione certa ai sovrani di questa dinastia, secondo l’egittologo austriaco Manfred Bietak, dell’Università di Vienna, Maaibra Sheshi sarebbe stato un vassallo degli Hyksos che governava solo una parte dell’Egitto o di Canaan. Un’altra teoria viene avanzata dagli egittologi Kim Ryholt e Darrell Baker secondo i quali Maaibra Sheshi avrebbe regnato per circa 40 anni, dal 1745 a.C. su di una parte del Delta del Nilo all’inizio della XIV dinastia prima dell’arrivo degli Hyksos. Ryholt aggiunge inoltre che Sheshi ebbe un figlio, Nehesy (il Nubiano) che gli successe al trono come Nehesy Aasehre.




MERUSERRE YAQUB-HAR
Meruserre Yaqub-Har (o Yakubher o Yak-Baal) che l’egittologo Jurgen von Beckerath identifica anche come Apakhnon, fu un faraone di quel periodo che stiamo trattando nel quale regna la confusione più totale ed a fatica cerchiamo di districarci. Anche per Yaqub-Har ovviamente non siamo in grado di stabilire con certezza la durata del suo regno ed a quale dinastia sia effettivamente appartenuto. Le più svariate teorie lo collocano, nella XIV dinastia, nella XV come uno dei primi sovrani Hyksos oppure un sovrano loro vassallo. Il nome di Yaqub-Har compare in circa 27 scarabei di cui tre provenienti da Canaan, quattro dall’Egitto e uno dalla Nubia, per i restanti non si conosce la provenienza. Interessante notare che la svariata provenienza degli scarabei sta ad indicare che, nonostante il periodo abbastanza oscuro, esistevano comunque delle relazioni politico-commerciali tra il Delta del Nilo e altri paesi come Canaan e la Nubia. Sempre secondo Ryholt Yaqub-Har avrebbe regnato verso la fine della XIV dinastia. A sostegno della sua tesi Ryholt fa riferimento ad uno scarabeo scoperto durante gli scavi a Tel Shikmona nell’odierna Israele, la datazione del sigillo scarabeo è stata fissata nel periodo 1750 a.C.-1650 a.C. che porterebbe a collocare Yaqub-Har in un periodo antecedente la XV dinastia; il suo nome Yaqub-Har, che significa “Protetto da Har”, denuncerebbe un’origine semita occidentale. Ryholt fa osservare inoltre che mentre i primi re Hyksos della XV dinastia, usavano il titolo di “Heka-Khawaset” (re pastori), in seguito adottarono il tradizionale titolo reale egiziano. Questo viene dimostrato dal re Khyan che in un primo tempo governò come Heka-Khawaset adottando in seguito il prenomen di Seuserenre. Stessa cosa, fa notare Ryholt, per quanto riguarda Yaqub-Har il cui prenomen era Meruserre. Di parere contrario Daphna Ben-Tor e Suzanne Allen che fanno osservare che i sigilli scarabei di Yaqub-Har stilisticamente sono quasi identici a quelli del re Hyksos Khyan. La cosa starebbe ad indicare che Yaqub-Har sia stato l’immediato successore di Khyan nella XV dinastia o che fu suo vassallo sotto la sua autorità. Così scrive la Ben-Tor: “Le prove a sostegno dell’affiliazione del re Yaqub-Har alla XV dinastia sono fornite dalla stretta somiglianza stilistica tra i suoi scarabei e gli scarabei del re Khayan”.


Più ci addentriamo nello studio dei faraoni delle dinatie del Secondo Periodo Intermedio più ci accorgiamo di trovarci nelle condizioni di improvvisatori che viaggiano alla cieca appoggiandosi al primo sostegno che si incontra salvo poi accorgerci che era il sostegno sbagliato, o forse no. Parlando di Meruserre Yaqub-Har alcuni studiosi, riferendosi alla somiglianza stilistica dei suoi sigilli scarabei con quelli del re Hyksos Khyan, ipotizzavano che Yaqub-Har fosse l’immediato successore di Khyan nella XV dinastia, ora prendo atto che altri ipotizzano che Khyan fosse addirittura il figlio di Yaqub-Har. Verrebbe da dire “mi arrendo” ma noi invece proseguiamo lasciando da parte i riferimenti al grado di parentela parlando del sovrano in quanto tale. Ritengo importante rimarcare che, in contemporanea con la XV dinastia Hyksos a Tebe si andava formando la XVII dinastia che regnava sull’Alto Egitto anche se in un primo momento come vassalli dei sovrani Hyksos. Importante perché sarà poi da questa dinastia che sorgerà Kamose che darà inizio alla cacciata degli invasori ed a ristabilire il potere su tutto l’Egitto.
SEUSERENRE KHYAN

Si pensa che il nome di questo sovrano si sarebbe dovuto trovare nel Canone Reale alla riga 10 colonna 18 ma nulla lo prova. Quello che si conosce di Khyan è quel poco che ci è pervenuto da ritrovamenti archeologici dei quali è interessante apprendere che provengono un po da ogni parte del Mediterraneo orientale, fuori da terre controllate dagli Hyksos quali: Knossos, Hattusa, Baghdad, ecc. che testimoniano l’esistenza di scambi commerciali tra gli Hyksos e queste terre. In Egitto il suo nome compare, con quello del figlio (?) Yanassi, ad Avaris, lo troviamo inoltre su di un monumento, sicuramente usurpato, a Bubasti ed a Gebelein, insieme a quello di Ipepi, oltre che su diversi sigilli scarabei provenienti dalla Palestina. Non pare che alla sua morte gli sia succeduto il figlio Yanassi (forse lo stesso Jannas di cui parlano Giuseppe Flavio e Sesto Africano riportando Manetone), pare invece che a succedergli fu Ipepi (Apophis).
IPEPI (APOPHIS)

L’ultimo (o forse no) dei “re pastori”, Apophis, regnò sull’Egitto a capo degli Hyksos per circa 61 anni. Di lui si hanno parecchie notizie che ci sono pervenute da fonti sia archeologiche che letterarie. Il fatto che le fonti archeologiche riportano ben tre sovrani con lo stesso nomen ma con prenomen diversi ha indotto, in un primo tempo a credere che si trattasse di tre sovrani diversi. Se però guardiamo sia Manetone che il Canone Reale entrambi coincidono nell’indicare per la XV dinastia sei “Capi di un paese straniero” (heka waset) che governarono l’Egitto dal che si deduce che durante il suo lungo regno abbia più volte modificato il suo prenomen forse in occasione di particolari eventi. Di Apophis l’unica data che conosciamo è quella citata nel famoso Papiro di Ahmes (chiamato anche Papiro di Rhind), importante testo matematico, copia di un precedente di provenienza tebana, dove viene citato il 33º anno, 4º mese di akhet di regno di Aauserra Ipepi.

Per quanto riguarda i rapporti di Apophis con i sovrani tebani della XVII dinastia si ha ragione di ritenere che per un certo periodo questi non fossero poi molto tesi. A conferma di ciò basti pensare che nella tomba del faraone Amenofi I venne trovato un vaso che sicuramente veniva tramandato da generazioni precedenti dove compariva un’iscrizione della principessa Herit, sorella di Ipepi, la cosa ha indotto a pensare che la principessa Herit sia andata sposa ad un principe tebano. Altra circostanza che induce a credere ad una sorta di rapporto pacifico tra gli Hyksos e i principi tebani è il ritrovamento nel sud di Iberia di un altro vaso dove viene citata un’altra sorella di Apophis, Tjarudjet, la scritta dice:
<<……il dio buono, Signore delle Due Terre, il cui potere viene dalle grandi vittorie, al quale nessun paese può rifiutare di sottomettersi, Il re dell’Alto e Basso Egitto Aauserra, figlio di Ra, Ipepi dotato di vita e la sorella del re Tjarudjet che viva per sempre…..>>.

La formulazione dello scritto, oltre all’uso di nomi egizi, induce a credere che lo stesso Apophis abbia tentato di integrarsi sempre più nella cultura egizia per farsi accettare anche dal popolo di origine autoctona. C’è però da dire che se la sua intenzione era quella di farsi accettare dagli egizi, ed integrarsi nella loro cultura allora aveva proprio sbagliato nello scegliersi il nome, Apophis. Apopi o Apofi, (dal greco Apophis), nella costellazione degli dei egizi è colui che rappresenta l’incarnazione del male, delle tenebre e del caos. E’ l’esatto corrispettivo della dea Maat simbolo dell’ordine cosmico e della verità. Viene rappresentato come un gigantesco serpente, un suo epiteto è “Nehahor”, (dal volto ritorto o terribile di volto). Apopi era l’acerrimo nemico del dio Ra, colui che porta luce e garante della Maat, e minacciava ogni notte il viaggio di Ra durante il suo percorso sulla Barca solare; lo scontro aveva luogo nella settima ora del viaggio notturno che Ra compiva nella regione della Duat. Durante il viaggio Ra veniva aiutato dalle arti magiche della dea Iside, salita sulla barca di Ra. Il primo riferimento ad Apopi risale alla VIII dinastia dove si apprende che venne creato a Esna dalla saliva della dea Neith nelle acque primordiali del caos. Infatti ad Esna, Neith, era considerata il Demiurgo, creatore del mondo. Apopi non apparteneva al mondo esistente, egli era il potere del caos quindi del “non esistente”, non aveva inizio e non aveva fine in quanto egli era già presente al momento della creazione. Eterno nemico di Ra veniva ridotto all’impotenza, nel tentativo di ostacolare Ra, dal dio Seth, dio della guerra, delle tempeste di sabbia, il guardiano del dio Ra, che lo contrastava rendendolo immobile e statico, ciò nonostante egli sussisteva indistruttibile ed eterno, pronto a riprovare, la notte successiva, a capovolgere la Barca Solare. Il suo essere simboleggiava l’eterna lotta tra il concetto negativo, (il male), e quello positivo, (il bene). La vittoria di Ra veniva agevolata dal rituale dei sacerdoti che pronunciavano particolari formule di esecrazione e bruciando un simulacro di cera di Apopi , ogni giorno nell’ora in cui il sole stava per sorgere all’orizzonte. Dal “Libro dei Morti, cap. XV:
<<< Salute a te, o Ra, ornato delle due piume, potente che esce dal Nun!
Sia esaltato Ra ogni giorno, Apopi sia abbattuto!
Sia buono Ra ogni giorno, Apopi sia nocivo!
Sia potente Ra ogni giorno, Apopi sia debole!
Sia amato Ra ogni giorno, Apopi sia odiato!
Sia abbeverato Ra ogni giorno, Apopi sia assetato!
Sia saziato Ra ogni giorno, Apopi sia affamato!
Sia libero Ra ogni giorno, Apopi l’incendiario sia in lacci, e gli sia levata la forza! >>>
Venne particolarmente onorato anche nei nomi di due faraoni del tutto effimeri, Apopi I ed Apopi II della XIV dinastia ma soprattutto dal faraone di cui stiamo trattando, Ipepi della XV dinastia. Torneremo a parlare di questo sovrano in occasione della fine della XVII dinastia con la conseguente cacciata degli Hyksos e la completa liberazione dell’Egitto che tornerà ad essere il grande paese delle Due Terre.
KHAMUDI

Il nome di Khamudi è l’unico della XV dinastia che compare nel papiro di Torino, praticamente di lui non si conosce nulla tranne una sigillo del quale però non si è certi di assegnarlo a lui. Secondo Giuseppe Flavio l’ultimo faraone della XV dinastia sarebbe un certo Assis (Arkhles) che, secondo Sesto Giulio Africano, avrebbe regnato per 49 anni, oggi gliene vengono attribuiti 10. L’identificazione tra i due non è supportata da alcuna fonte tranne certa ma si basa sul fatto che le fonti epigrafiche lo indicano come ultimo sovrano della dinastia. Khamudi si scontrò con Ahmose, primo faraone della XVIII dinastia, che portò a termine l’opera iniziata da suo fratello Kamose, cacciare gli Hyksos e riconquistare tutto l’Alto Egitto. Ahmose conquistò Avaris intorno al 1530 a.C. nell’undicesimo anno di regno di Khamudi, inseguì gli Hyksos in fuga fino alla fortezza palestinese di Sharuhen che in breve cadde e con lei la XV dinastia Hyksos.
Fonti e bibliografia:
- Gardiner Alan, “La civiltà egizia”, Oxford University Press 1961 (Einaudi, Torino 1997
- Edda Brasciani, “Grande enciclopedia illustrata dell’antico Egitto”, De Agostini 2005
- Guy Rachet, “Dizionario Larousse della civiltà egizia”, Gremese Editore 1994
- Salima Ikram, “Antico Egitto”, Ananke 2013
- Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Mursia 2005
- Margaret Bunson, “Enciclopedia dell’antico Egitto”, Fratelli Melita Editori 1995
- Cimmino Franco, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bompiani 2003
- Kemet . La voce dell’Antico Egitto, “Gli Hyksos, il popolo invasore”, Web 2017 Forsyth PY, “Thera nell’età del bronzo”, Peter Lang Publishing, 1997