Kemet Djedu

L’USHABTI DI AMEN-HOTEP

Di Livio Secco

Il reperto del Museo Egizio del Cairo con il codice JE66247 pubblicato qui è un ushabti, cioè di una di quelle statuine antropomorfe che, secondo la religione egizia, avrebbero magicamente preso vita nell’Aldilà svolgendo gli incarichi al posto del defunto che, in questo modo, li avrebbe evitati.

Infatti alla chiamata di un dio sarebbe stato lo ushabti a rispondere. Non per niente il suo nome deriva dal verbo wšb [uʃeb] con il significato appunto di “colui che risponde”.

Gli ushabti venivano donati ai defunti più o meno come noi portiamo ai funerali mazzi o corone di fiori.

È credibile che esistessero degli artigiani che li preparassero con una produzione che potremmo dire quasi in serie. Venivano poi personalizzati all’ultimo, al momento della vendita con le iscrizioni dedicatorie opportune.

Poiché le due iscrizioni sembrano redatte con un inchiostro diverso, si può ipotizzare che l’iscrizione frontale fosse stata dipinta al momento della produzione del reperto. Amen-hotep era un nome comunissimo durante la XVIII dinastia ed il testo è generico.

La seconda colonna, messa di fianco, è sicuramente un’aggiunta posteriore, dipinta e personalizzata al momento della vendita.

Dalla traduzione del doppio testo ci deriviamo che, incaricato della sepoltura, fu il fratello del defunto.

Entrambe le colonne di testo si leggono da destra a sinistra, dall’alto al basso. Ho pure aggiunto la pronuncia secondo il codice IPA.

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