Da Antef V a Senekhtenra Ahmose
Di Piero Cargnino
Questa dinastia subentra alla effimera XVI dinastia e si compone di principi tebani anche se per un breve periodo continua ad essere vassalla della XV dinastia Hyksos. Manetone parla di sovrani misti, 43 egiziani e 43 Hyksos che regnarono per 151 anni. Ovviamente la lista di Manetone non è del tutto attendibile in quanto non supportata da fonti più o meno accertate. Come già detto il Canone Reale di Torino non riporta dettagli ma solo un totale complessivo ed alcuni nomi compaiono, senza alcun ordine, nella Sala degli Antenati di Karnak. Per quanto ci riguarda noi seguiremo la lista compilata da Jurgen von Beckerath, che concorda con quella di Cimmino, tranne sulla posizione di Antef V, i faraoni sarebbero 14. La sequenza che seguiremo non pretende di essere quella esatta, in assenza di fonti più attendibili; il Canone Reale, in quanto unica lista a riportare tutti i sovrani di questa dinastia nella colonna 11 si presenta molto danneggiato e la ricomposizione dei vari frammenti si presenta difficile per cui la lettura si presta a varie ricostruzioni. Vediamo ora nel seguito i vari faraoni che hanno regnato nella XVII dinastia.
NEBUKHEPERRA INTEF (ANTEF V)

Più semplicemente Antef V è stato il primo sovrano della XVII dinastia. Questa affermazione, che trova concordi von Beckerath e Cimmino, è contestata da molti egittologi secondo i quali il fondatore della dinastia sarebbe Rahotep Sekhemrewakhaw. Secondo Schneider, Rahotep sarebbe invece appartenuto alla tarda XIII dinastia. Antef V è riportato nel Papiro Abbott, risalente al regno di Ramesse IX, che riporta la trascrizione di una indagine sui saccheggi ad alcune tombe reali tra le quali la sua.

Il suo nome non compare in nessuna delle liste note così come nel Canone Reale a causa di una grossa lacuna in corrispondenza della colonna 11, si pensa che la lacuna avesse contenuto almeno cinque nomi.

Non si conosce la durata del suo regno, unica data che lo riguarda si trova in un decreto rinvenuto a Copto ed è quella del terzo anno di regno. Nella collezione del Museo di Leiden è custodito un raro diadema o corona intarsiata, composto da argento con ureo dorato e intarsi in vetro o maiolica, trovato in una tomba a Dra’ Abu el-Naga’ la cui provenienza si presume sia la tomba reale di Nubkheperra Intef , diciamo che si presume poiché il ritrovamento è avvenuto all’alba dell’egittologia quando non era ancora diffusa la pratica della registrazione della provenienza.

RAHOTEP SEKHEMREWAKHAW

Come detto sopra, per alcuni sarebbe lui il fondatore e primo faraone della XVII dinastia ma noi continuiamo a seguire la lista di von Beckerath che lo pone al secondo posto. Troviamo Rahotep su di una stele trovata a Copto dove egli stesso dichiara di aver provveduto al restauro del tempio locale di Min e di aver fatto sostituire i portali con altri nuovi.

Nel tempio di Abidos un’iscrizione esalta il sovrano per aver fatto eseguire i restauri del tempio stesso e di quello dedicato ad Osiride. Il suo cartiglio compare nella Sala degli Antenati di Thutmosi III nella posizione 54 ed in parte anche nel Canone Reale dove è citata la durata del suo regno di 3 anni, mentre una lacuna non presenta i mesi e i giorni.
Troviamo ancora il suo nome sulla stele di un ufficiale e sull’arco di un enigmatico “Figlio di re”. Un tempo si credeva che fosse lui il re che viene nominato nel racconto di epoca ramesside “Khonsuemheb e lo spirito” ma dagli ultimi esami effettuati pare che si tratti di un errore di lettura e che in realtà sia citato il prenomen di Montuhotep II della XI dinastia.

In quanto ai rapporti con i paesi stranieri non si sa nulla a causa dell’intricato accavallarsi, nello stesso periodo, di ben cinque dinastie, l’ultima parte della XIII fino alla XVII. Nulla si sa della sua tomba anche se secondo alcuni sarebbe stato sepolto nella necropoli di Dra’ Abu el-Naga’. Per quanto riguarda la sua famiglia tutto quel che si conosce è che suo figlio sposò una figlia del suo successore Sobekemsaf.
SEKHEMRE WADJKHAW SOBEKEMSAF I

Sekhemre Wadjkhaw, o come viene comunemente chiamato, Sobekemsaf I è il terzo faraone della XVII dinastia. Conosciuto tramite delle iscrizioni che compaiono sulle rocce di Wadi Hammamat nel Deserto orientale e che raccontano di una spedizione mineraria alle cave di roccia compiuta durante il suo regno dove viene citato l’anno 7; questo prova che ci fu una ripresa dell’estrazione di minerali.


Sobekemsaf I compare inoltre in un bel rilievo sulle pareti del Tempio di Monthu a Medamud, da lui fatto restaurare e decorare, mentre compie un’offerta davanti agli dei.

A testimonianza che esercitò il controllo su tutto l’Alto Egitto la sua intensa attività edilizia è stata rilevata, oltre che nella regione tebana, ad Abydos e Elefantina.
Sposato con la regina Nubemhat ebbe un figlio che porta lo stesso nome ed una figlia Sobekemheb che andò sposa di Ameni, figlio del suo predecessore Rahotep. Sobekemsaf I fu sepolto in una tomba nella necropoli di Dra Abu el-Naga, esisteva però il dubbio che la tomba appartenesse ad un altro sovrano dal nome simile, Sobekemsaf Shedtawy ma di quest’ultimo si sa che la sua tomba “fu completamente derubata nell’antichità”, come riportato nel Papiro Abate III 1-7.
Nella tomba di Sobekemsaf I, non è stato trovato il suo prenomen ma, secondo Kim Ryholt, si può comunque assegnare a questo sovrano. La ragione è molto semplice, nella tomba è stato rinvenuto un grande scarabeo a cuore, incastonato in un supporto d’oro contenente il nome di Sobekemsaf’, Ryholt ne dedusse che i ladri di tombe non avrebbero trascurato un oggetto così grande e prezioso se la tomba fosse appartenuta a Sobekemsaf Shedtawy violata.

Ryholt e Dodson attribuirono quindi a Sobekemsaf I anche una cassa in legno per i vasi canopi che riportava il nomen del sovrano. Da quanto sopra descritto, tra sovrani con lo stesso nomen, ma dal prenomen diverso, e la scarsità di riferimenti più precisi si può capire quanto arduo sia il districarsi tra quel poco che si conosce nella maggioranza dei sovrani di questi periodi.
SEKHEMRA SEMENTAWY DJEHUTI

Sementawy Djehuti è il quarto faraone della XVII dinastia secondo Jürgen von Beckerath che, con Hans Stock lo identificò con il Sechemra S…… del Canone Reale di Torino. Claude Vandersleyen e Christina Geisen, invece, lo assegnano alla fine della XIII dinastia, mentre Kim Ryholt lo vede come il secondo re della XVI dinastia. Il suo nome del trono, compare come Sekhemra Sementawy nella Lista dei Re di Karnak e, come detto sopra, ma in parte lacunoso, nel Canone Reale come “Sekhemra S…..” nella riga 11 colonna 3.
La sua esistenza è confermata anche dal ritrovamento a Edfu, nel tempio di Horo, di un blocco di pietra raffigurante il faraone Djehuti recante sul capo la corona rossa del Basso Egitto mentre riceve la vita (ankh) da una divinità, oltre ad altri blocchi di pietra che recano il suo nome, un altro blocco, con il suo nome di trono e il suo nome proprio, venne ritrovato a Deir el-Ballas.

Nella necropoli di Dra Abu el-Naga intorno al 1822 è stata rinvenuta una cassa in giunchi per cosmetici forse appartenente alla moglie, la regina Mentuhotep, oggi è custodita al Museo di Berlino. Anche il sarcofago della regina era già conosciuto nel 1832, ma poi è andata perduta e rimangono solo le copie delle iscrizioni.

In tempi più recenti è stata avanzata l’ipotesi che Sementawy Djehuti potrebbe essere appartenuto alla XIII dinastia, ad avvalorare tale ipotesi ci si baserebbe sulla classificazione stilistica delle iscrizioni che compaiono sul sarcofago della moglie. A questo punto, in assenza di certezze, la collocazione del sovrano rimane incerta.
SEANKENRE MENTHHOTEP VII

Questo sovrano compare nel Canone Reale in modo frammentario nella riga 11 colonna 4 come “Sewadj…..ra”. E’ conosciuto perché compare sul frammento di una stele trovata a Karnak nella quale compare un’iscrizione riferita ad una vittoria militare dove viene specificato che abbia regnato solo sulla regione tebana. Sono state rinvenute anche due sfingi di Mentuhotep VII a Edfu. Sappiamo inoltre che la sua sposa principale fu Satmut ed uno dei suoi figli si chiamava Herunefer.

Anche qui, a conferma dell’incertezza che regna, Kim Ryholt, a differenza di von Beckerath, assegna questo sovrano alla XVI dinastia.
NEBIRYRAW I SEWADJENRE

Il Canone Reale lo riporta alla riga 11 colonna 5 come Nebiriaura e gli assegna 19 anni di regno anche se per altri sarebbero 26.
Conosciuto principalmente dalla cosiddetta “Stele giuridica”, trovata nel 1927 durante il consolidamento della Grande Sala Ipostila di Karnak, che riporta la vendita della carica, ereditaria, di governatore di El-Kab tra il titolare ed un principe della casa reale, e riporta la data del suo: <<……1º anno di regno, ultimo giorno del 4º mese di akhet……>>, oggi al Museo del Cairo (JE 52453).
Sempre al Museo del Cairo (JE 33702) è conservato un pugnale di rame, scoperto da Flinders Petrie alla fine degli anni ’90 dell’ottocento in un cimitero di Hu, che porta il suo nome del trono, Nebiryraw Sewadjenre.

Il sovrano compare anche su una piccola stele, oggi nella collezione egizia di Bonn, insieme alla dea Maat. I vari sigilli di Nebiryraw sono tutti in argilla, al posto della solita steatite, questo ci porta a pensare che durante il suo regno non si siano verificate spedizioni minerarie nel deserto orientale. Due sigilli di Nebiryraw sono stati rinvenuti nella zona di Lisht dove governavano gli Hyksos, verrebbe da pensare che le due dinastie intrattenessero rapporti diplomatici anche se nulla lo prova. Il nome del trono di Nebiryraw compare sul piedistallo di una statuetta bronzea del dio Arpocrate citato come “Il buon dio (Sewadjenre), vero di voce”, con lui vengono citati anche altri nomi reali tra i quali “Ahmose” e “Binpu”.


Penso sia superfluo precisare che la statuetta non è ovviamente contemporanea ma molto più tarda in quanto il culto di Arpocrate fu introdotto in Egitto all’epoca tolemaica, circa 1500 anni dopo.
NEBIRYRAW II
Questo sovrano ha creato non pochi dubbi agli egittologi, inizialmente si pensava ad un errore dello scriba, redattore del Canone Reale, il quale avrebbe ripetuto il nome del precedente sovrano nella colonna successiva, la 6 della riga 5. In seguito alla scoperta di un amuleto a forma di sarcofago di Osiride nella tomba di Djer oltre ad un sigillo sull’isola di Uronarti in Nubia sui quali compariva parte della titolatura del sovrano, è stato possibile accertarne la storicità. Gli egittologi ritengono che sia figlio del suo predecessore Nebiryraw I, un oscuro re completamente ignorato da fonti archeologiche contemporanee. Per quanto riguarda le fonti non contemporanee, per Nebiriau II fa fede il Canone Reale e la statuetta in bronzo del dio Arpocrate citata sopra dove compaiono le scritte “Il buon dio Sewadjenre, deceduto” e “Il buon dio Neferkare, deceduto”. Sewadjenre era il nome del trono di Nebiryraw I e tutto porta a credere che Neferkare fosse il nome del trono di Nebiryraw II. A complicare le cose l’egittologo A. Leahy propone che i due reperti andrebbero messi in relazione con il sovrano Khendjer della XIII dinastia.
SEMENRE
Ancora più complessa l’attestazione di questo oscuro faraone tebano, successore dell’altrettanto oscuro Nebiryraw II. Semenre regnò un anno, per Kim Ryholt dal 1601 al 1600 a.C. con la XVI dinastia mentre secondo Detlef Franke regnò nel 1580 ca. con la XVII dinastia. Di lui si conosce il nome del trono, Nesout-bity, inciso su una testa d’ascia di peltro-bronzo di provenienza ignota, oggi conservata al Petrie Museum di Londra (cat. UC30079). In assenza di lacune probabilmente si troverebbe nel Canone Reale nella riga 12 colonna 7. Anche qui è necessario precisare che l’esatta collocazione di questo faraone, come per altri di questa dinastia, è molto dibattuta e controversa.

SEWOSERENRE BEBIANKH

Anche la collocazione di questo sovrano è più che mai incerta, da molti viene collocato nella XVI dinastia e considerato figlio di Sewadjenre Nebiryraw I. Il Canone Reale lo cita alla riga 11 colonna 8 assegnandogli un regno di 12 anni. Da una stele trovata a Gebel Zeit, che riporta i suoi nomi reali Sewoserenre e Bebiankh, si riscontra che durante il suo regno venne condotta un’attività mineraria di estrazione della galena in questa zona dal Mar Rosso. E’ conosciuto anche per aver costruito un’estensione del Tempio di Medamud. Il suo nomen di Bebiankh è stato rinvenuto su un pugnale in bronzo, privo del pomo, trovato a Naqada, oggi al British Museum (Cat. BM EA 66062). Non si conosce il luogo in cui fu sepolto.

SEKHEMRA SHEDTAWY SOBEKEMSAF II

Sobekemsaf II è un faraone noto tramite diversi documenti, compare nel Canone Reale nella riga 11 colonna 9 e nella Sala degli Antenati di Karnak nella posizione 54. Nel Canone Reale il prenomen del sovrano compare in modo diverso, sta scritto “Seduaset” (Salvatore di Uaset, Tebe) al posto di “Shedtawy” (Potente è Re; Soccorritore delle Due Terre), la ragione non è conosciuta.
Questo faraone è famoso anche per essere citato nel Papiro Abbott, il già citato papiro dove sono riportati i verbali dell’indagine sui violatori di tombe reali, nella necropoli di Dra Abu el-Naga (il cimitero degli Antef), ordinata da Ramses IX, della XX dinastia. Dal verbale si rileva che le tombe di Sobekemsaf II e quella della sua sposa Nebkhas risultavano completamente saccheggiate.

Nel Papiro Leopold Amherst, datato all’anno 16, III Peret giorno 22 di Ramesse IX, sono riportati i processi con le relative confessioni degli uomini responsabili del saccheggio della tomba. Scopriamo che un certo Amenpnufer, figlio di Anhernakhte, uno scalpellino del tempio di Amon Ra:
<<…….si è abituato a derubare le tombe [di nobili a Tebe occidentale] in compagnia dello scalpellino Hapiwer……>> confessando che: <<…….andammo a derubare le tombe……e trovammo la piramide del [re] Sekhemra Shedtawy, figlio del Re Sebekemsaf, che non era affatto come le piramidi e le tombe dei nobili che abitualmente andavamo a derubare…….>>.
Il Papiro Abbott, come pure il Papiro Amherst riportano che Sekhemra Shedtawy Sobekemsaf fu sepolto insieme alla sua sposa, la regina Nubkhaes (II) nella sua tomba reale. Questo emerge dagli atti del processo dove Amenpnufer testimonia che lui e i suoi compagni hanno scavato un tunnel nella piramide del re con i loro strumenti di rame:
<<……poi abbiamo sfondato le macerie……. abbiamo trovato questo dio (re) sdraiato sul retro del suo luogo di sepoltura. E trovammo che il luogo di sepoltura di Nubkhaes, sua regina, era situato accanto a lui…….>>.


Inutile dire che Kim Ryholt lo colloca nella XIV dinastia mentre altri lo collocano alla fine della XIII, tanto per ribadire il caos a cui si va incontro esaminando questo periodo, ma noi non ci perdiamo d’animo e proseguiamo. Alcuni egittologi ipotizzano che Sobekemsaf II fosse il padre sia di Sekhemra Wepmaat che di Nubkheperre Intef, questo in virtù di un’iscrizione che compare sullo stipite di una porta rinvenuto nelle rovine di un tempio della XVII dinastia a Gebel Antef, sulla strada Luxor-Farshut, all’inizio degli anni ’90, costruito durante il regno di Nubkheperre Intef, l’iscrizione cita “Antef genero di Sobekem……). Dal coacervo di ipotesi che si accavallano e si contraddicono, avanzate da vari egittologi, e che non sto a riportare, in conclusione riesco a dedurre che il suo probabile successore sia stato Antef VII (o Intef).
SEKHEMRA HERUHERMAAT INTEF
Continuiamo ad elencare questi oscuri sovrani dai nomi sempre più impronunciabili e dalla collocazione sempre incerta. Per quanto riguarda Sekhemra Heruhermaat Initef, certi studiosi lo chiamano Antef VII, altri Antef VIII altri ancora Initef, Manetone lo chiama Antef ed afferma che fu re a Tebe. Probabilmente fu il fratello del suo predecessore di cui curò i riti funebri.

Al Museo del Louvre (E 3020) è conservato il sarcofago ligneo antropoide di questo faraone (?) dove compare il nome Sekhemra Heruhermaat, il cartiglio tracciato sulla collana con vernice nera è molto grossolano il che denuncia una trascuratezza decisamente non regale. Viene da pensare che questo sovrano abbia regnato talmente poco da non essere neppure riuscito a far preparare il proprio arredo funebre. Probabilmente si sarà ricorsi ad un sarcofago preparato per un privato adattandolo frettolosamente salvo poi dipingergli il cartiglio in un modo così sconveniente per un re.

Sulla base del ritrovamento di due cartigli affiancati uno dei quali reca i nomi di Nubkheperre Intef (o Iniotef) mentre l’altro è illeggibile anche se secondo alcuni è ipotizzabile che si tratti di Sekhemra Heruhermaat Intef., Kim Ryholt afferma che è probabile che Sekhemra Heruhermaat Intef sia morto in modo prematuro ed inaspettato e per la sua sepoltura sia stato utilizzato parte del corredo funebre di Nubkheperre Intef. Questo dimostrerebbe che i due fratelli potrebbero aver regnato contemporaneamente. Contrario a questa teoria è l’egittologo Aidan Dobson secondo il quale la cosa non sarebbe possibile in quanto la forma del nome “Initef”, adottata sarebbe stilisticamente diversa dalle altre iscrizioni presenti sul sarcofago.
Sempre sul sarcofago del re viene esplicitamente confermato che a seppellirlo fu suo fratello Nubkheperre Intef. A conferma che i due sovrani fossero fratelli, entrambe figli di uno dei due re Sobekemsaf, come detto sopra, c’è l’iscrizione sullo stipite di una porta nelle rovine di un tempio a Gebel Antef. Questo intreccio di nomi più o meno uguali è attualmente oggetto di studi e dibattito tra gli egittologi che stanno seguendo la XVII dinastia, alla luce delle nuove scoperte archeologiche nella necropoli reale di Dra Abu el-Naga, nell’intento di rivedere l’ordine cronologico dei re di nome Antef o Intef.
Nulla si conosce di una eventuale moglie di Sekhemra Heruhermaat Intef o di suoi discendenti, di lui sono solo pochi reperti che attestano la sua esistenza e il suo regno. Anche la sua tomba è menzionata nel Papiro Abbott dal quale risulta però che a quel tempo la sua tomba non era stata saccheggiata. Con ogni probabilità la sua tomba è rimasta intatta fino alla seconda metà del XIX secolo quando i tombaroli la scoprirono disperdendo il suo contenuto. Nel 1854, Auguste Mariette riuscì ad acquistare parte del corredo funebre di Sekhemra Heruhermaat Intef tra cui il sarcofago di legno dorato e la cassa dei canopi.

La lama di un’ascia di bronzo con inciso il suo nome si troverebbe oggi al Museo Egizio di Berlino mentre il pyramidion della piccola piramide che un tempo copriva la sua tomba si trova presso il British Museum.

SENEKHTENRA AHMOSE

Faraone di scarsa importanza, come d’altronde molti altri che lo hanno preceduto, Senekhtenra Ahmose compare, con il prenomen di Sekhetenra, alla posizione 26 della Sala degli Antenati dell’Akh-Menu di Thutmosi III a Karnak oltre che in due tombe nella necropoli di Deir el-Medina.
Oltre a ciò la sua esistenza è riscontrabile solo da testimonianze postume, tutto porta a pensare ad una breve durata del suo regno, pochi mesi o un anno al massimo. Secondo Kim Ryholt forse era il figlio di Initef (Antef VII), inoltre, essendo considerato come uno dei Signori dell’Ovest (Principi di Tebe) che precedettero i regni di Seqenenra Ta’o e di Kamose, viene ritenuto un componente della famiglia degli Ahnose per cui potrebbe essere lo sconosciuto marito della principessa Tetisheri, nonna di Ahmose.

Ryholt fa osservare inoltre che il suo nomen avrebbe potuto essere sia Siamun che Ta’a, questo secondo quanto rilevato da due sigilli rinvenuti in una tomba a Dra Abu el-Naga dove su uno è riportato il nomem Siamun sull’altro compare il prenomen Seqerenra ed il nomen Ta’a.
Alcuni sostengono che Siamun abbia solo la funzione di epiteto, in quanto tale andrebbe posto in luogo del nomen subito prima del titolo “Figlio di Ra”, altri ritengono invece che Siamun sia più un nome che un epiteto. La presenza dei due sigilli praticamente identici come fattura trovati insieme induce a pensare che siano stati eseguiti contemporaneamente e messi nella tomba con il suo destinatario. Di qiuesto sovrano non si conosce altro tranne che a lui successe Seqenera Ta’o.

Fonti e bibliografia:
- Gardiner Alan, “La civiltà egizia”, Oxford University Press 1961 (Einaudi, Torino 1997
- Edda Brasciani, “Grande enciclopedia illustrata dell’antico Egitto”, De Agostini 2005
- Guy Rachet, “Dizionario Larousse della civiltà egizia”, Gremese Editore 1994
- Salima Ikram, “Antico Egitto”, Ananke 2013
- Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Mursia 2005
- Margaret Bunson, “Enciclopedia dell’antico Egitto”, Fratelli Melita Editori 1995
- Cimmino Franco, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bompiani 2003
- Kemet . La voce dell’Antico Egitto, “Gli Hyksos, il popolo invasore”, Web 2017
- Kim Ryholt, “The Political Situation in Egypt during the Second Intermediate Period”, Copenhagen, Museum Tusculanum Press, 1997