Di Livio Secco

Nel mio post dedicato alla QV66 che mostra Nefertari per mano con Hathor (e che trovate qui) si vede la Grande Sposa Reale con dei segni su entrambe le braccia.
A prima vista si direbbero tatuaggi.
Li aveva notati un’amica del nostro Gruppo che se n’è così innamorata da farsene replicare uno sul braccio. E’ stata così gentile da mostrarcelo e da permettermi di visualizzarlo su una diapositiva che allego.
Il tatuaggio è un’interpretazione del celeberrimo segno wḏȜt [uʤat], non molto canonico ma indubbiamente piacevole ed originale. Da buon amuleto speriamo che protegga la nostra amica da guai presenti e futuri.
Ma gli Egizi come la pensavano riguardo ai tatuaggi?
Ho affrontato l’argomento in una mia conferenza che, come al solito, è diventata il Quaderno di Egittologia nr 50 – LA BELLEZZA NELLO SGUARDO – La cosmesi nell’antico Egitto. Chi fosse interessato ad approfondire l’argomento lo può trovare qui: https://ilmiolibro.kataweb.it/…/la-bellezza-nello-sguardo/

I tatuaggi non erano di moda nell’antico Egitto. Quindi le testimonianze sono scarsissime. Tuttavia alcune statuine femminili delle prime dinastie recano alcuni segni ornamentali sul corpo. Questo indica che alcune categorie di donne lo praticavano come le danzatrici o le cantatrici.
Nel periodo preistorico alcune statuette femminili recano segni geometrici o figure di animali e vegetali sul corpo.
Recentemente si sono cominciati a riconoscere tatuaggi sulle mummie. Il tatuaggio era realizzato depositando sotto pelle un filo colorato e materie coloranti. Allo scopo si usava un ago. Il risultato era indelebile. I colori preferiti erano il turchino, il verde, il nerofumo; talvolta il rosso. Non sembrano esserci esempi di tatuaggi per scarificazione, cioè formare una cicatrice incidendo la pelle secondo un dato disegno. Nel Nuovo Regno i tatuaggi sono ancora più rari per lo più con soggetti sacri.
Nella seconda diapositiva potete visualizzare il lavoro di Anne Austin, una bio archeologca dell’Università del Missouri, St. Louis. Ella è stata a capo per la missione dell’Institut Français d’Archéologie Orientale a Deir el Medina.
Nel 2014 documentò una mummia di donna con trenta tatuaggi. Sebbene molti dei suoi tatuaggi siano ancora difficili da decifrare, essi mostrano una chiara connessione della donna con la religione e la dea Hathor.
Uno dei tatuaggi mostra la combinazione di due occhi wḏȜt [uʤat] con il geroglifico nfr [nefer]. Per gli Egittologici il significato potrebbe essere quello di «per fare del bene». Posti sulla gola ne assicuravano magicamente la qualità del canto.

La diapositiva riporta anche una figurina femminile tatuata su tutto il corpo (una volta considerate concubine del defunto), XII-XIII dinastia, Medio Regno, Lisht, faience, Metropolitan N.Y.