E' un male contro cui lotterò

GINECOLOGIA

Di Andrea Petta e Franca Napoli

Il campo della ginecologia in epoca faraonica è affascinante e snervante allo stesso tempo. Abbiamo visto come il Papiro Kahun sia in pratica dedicato esclusivamente alla ginecologia (si veda https://laciviltaegizia.org/2022/07/15/il-papiro-kahun/) – ma ci sono ampie parti anche nei Papiri di Berlino e nel papiro Carlsberg – eppure non ci è noto alcun nome di medico “specializzato”, né sappiamo con certezze se esistessero ostetriche o levatrici prima dell’Età Tarda, intorno al 700 BCE.

Ci è pervenuto il nome di Agnodice, una donna che avrebbe finto di essere uomo per studiare ad Alessandria con Erofilo di Calcedonia in epoca tolemaica, e si sarebbe occupata successivamente solo di pazienti di sesso femminile, ma siamo al limite della leggenda.

Erofilo di Calcedonia, da noi già incontrato in quanto “sospettato” di praticare la dissezione dei cadaveri. Avrà davvero avuto una allieva di nome Agnodice?

È probabile quindi che tutto ciò che circonda la nascita fosse avvolto in buona parte dalla “heka”, la magia, e che per questo fosse una sorta di mondo a parte dalla medicina “ufficiale”. Non solo: la gravidanza e la nascita erano eventi naturali, e si ritiene che non fossero necessari uomini – medici o levatrici – al momento del parto, quanto gli dèi e le dee che avrebbero definito il fato del nascituro.

Non mancano però riferimenti mitologici alla nascita come creazione di un essere nuovo e distinto, sia esso divino o umano. Nei diversi miti Atum crea gli altri dèi e gli uomini auto-fecondandosi (una goccia del suo seme entra nella sua bocca e genera Shu e Tefnut, l’aria e l’umidità); Ra genera l’umanità dal suo occhio; Khnum modella gli uomini su un tornio dall’argilla (suona familiare?), ordinando al sangue di coprire le ossa e alla pelle di racchiudere il corpo.

Atum creatore riceve l’omaggio di Sethi I, Tempio di Abydos
Khnum modella l’uomo sul suo tornio, Tempio di Dendera

Le conoscenze sulle funzioni dell’apparato riproduttivo femminile, come abbiamo visto, erano limitate. Il simbolo che indica l’utero femminile, Gardiner F45, comprende due “corna” laterali che rappresentano le ovaie, anche se la funzione di queste ultime non fu mai scoperta. L’utero era il nido, il ricettacolo per il seme che, da solo, generava il nascituro.

Il simbolo Gardiner F45, raffigurante l’utero e le due ovaie

Da notare che il seme maschile veniva generato secondo gli Egizi nel cuore e nel midollo spinale, viaggiando poi tramite i “metu” fino ai testicoli (“ci sono due metu che conducono ai testicoli; è da lì che proviene lo sperma”, Ebers 854i).

Il ruolo fondamentale dell’utero veniva riconosciuto e protetto, con terminologie che sono, come al solito nella lingua egizia, molto evocative. L’utero era quindi definito “aperto” durante le mestruazioni, nell’accogliere il seme maschile e nel parto, ed era invece “chiuso” al termine delle mestruazioni stesse e nella protezione del feto che cresce al suo interno.

Suona nuovamente familiare? Diventa ancora una volta tutto parte di un ciclo di eterna morte e rinascita, come Ra che al mattino nasce dall’utero della madre celeste ed alla sera invecchia e muore, iniziando il suo viaggio ultraterreno che lo porterà a rinascere il giorno successivo.

Va detto anche che il celeberrimo simbolo “ankh”, simbolo di vita, potrebbe essere una rappresentazione del grembo materno: l’ansa corrisponderebbe all’utero, le due braccia laterali alle ovaie ed il braccio inferiore al canale vaginale.

L’ankh come rappresentazione del grembo materno. Ricordiamoci sempre che si tratta di ipotesi, e che gli studiosi non sono concordi

LE MESTRUAZIONI: MALATTIA O IMPURITÀ?

Non è completamente chiaro se le donne durante il periodo mestruale fossero considerate “impure” o no; è possibile che il mestruo stesso fosse visto come una sorta di purificazione periodica del corpo.

Venivano usati dei tamponi assorbenti (lo sappiamo dai rendiconti delle lavandaie del villaggio degli artigiani di Deir el Medina che ne citano il numero). Lo stesso Nodo di Iside (“Tyet”), di solito di colore rosso, potrebbe esserne un esempio, visto che è chiamato “il sangue di Iside”.

Il “Nodo di Iside” (“Tyet”) in diaspro rosso ad indicare il colore del sangue. XVIII Dinastia, Brooklyn Museum
Il Nodo di Iside (“Tyet”) dal papiro di Ani

Apparentemente anche nell’Antico Egitto le mestruazioni potevano essere molto dolorose ed invalidanti: l’ostrakon BM 5634 conservato al British Museum riporta le motivazioni per l’assenza dal lavoro sempre nel villaggio degli artigiani della Valle dei Re. In circa un quarto dei casi, la motivazione sono le mestruazioni di moglie e figlia. Anche l’ostrakon Gardiner 167 riporta che lo scriba Qenhikhopshef deve rimanere a casa “avendo la moglie le (sue) mestruazioni”.

L’ostrakon BM 5634 del British Museum con le cause di assenze dal lavoro

In realtà, da alcuni altri ostrakon si ipotizza che le donne mestruate si allontanassero dalla propria abitazione per uno o due giorni in un edificio separato – anche se è in parte una teoria speculativa derivata dalle tradizioni rurali ed ebraiche che considerano il sangue mestruale impuro, ma ci sono riferimenti frammentari a qualcosa del genere nell’Egitto faraonico – un “edificio con tre pareti”, ma il documento è fortemente danneggiato (ostrakon 13512). Forse solo un rituale? Sembrerebbe confermarlo il Papiro Jumilhac, di Epoca Tarda e conservato al Louvre, che riporta una lista di 20 cose “proibite” di cui la terza è “la donna con le mestruazioni”.

L’ostrakon 13512, il cui testo danneggiato riporta: “Anno 9, quarto mese della stagione dell’Inondazione, giorno 13, il giorno in cui queste otto donne uscirono da […] luogo delle donne mentre erano mestruate. Esse arrivarono fino al retro della casa che […] le tre pareti…”. (Wilfong 1999)
Il Papiro Jumilhac del Louvre, con la sua lista di 20 cose “proibite” tra cui “le donne con le mestruazioni”

Ma, d’altra parte, sappiamo anche che alcuni addetti delle lavanderie erano uomini; è molto improbabile che potesse succedere se il sangue mestruale fosse considerato impuro.

Il sangue mestruale era anche utilizzato in alcune prescrizioni mediche, come le applicazioni sul seno di una donna perché non produca troppo latte e non diventasse cadente.

Veniva ampiamente usata la cipolla come emmenagogo per regolarizzare il flusso mestruale e come antispastico, un’indicazione che Ippocrate riprenderà tal quale aggiungendo anche i porri.

Il rimedio per l’ipermenorrea consisteva invece in un impacco di cipolle ed aglio triturate ed impastate con del vino da applicare per quattro giorni di fila per via vaginale.

FERTILITÀ, GRAVIDANZA E SESSO DEL NASCITURO

Come in tutte le civiltà antiche, anche in quella egizia la fertilità della donna – ma, attenzione!, era conosciuta anche la sterilità maschile – era un fattore di grande importanza sociale e a cui prestare particolare attenzione. Oltre ai motivi naturali di sterilità si aggiungevano infatti le credenze su divinità/demoni che potessero causarla, come anche sugli spiriti delle donne morte di parto. Normale quindi che ci si rivolgesse alle divinità per invocare la fertilità e proteggere mamma e figli.

Vaso risalente al Primo Periodo Intermedio recanti le invocazioni di un figlio al padre defunto perché conceda alla moglie di rimanere incinta, sospettando due sue ancelle di avere gettato un incantesimo su di lei (Haskell Oriental Museum in Chicago)

Iside era la principale divinità coinvolta. Madre di Horus, concepito miracolosamente, era ovviamente la dea della fertilità. Aveva anche un ruolo come nume tutelare del parto e del neonato, a cui però sovrintendeva solitamente Hathor – tanto che spesso le due dee si sovrappongono nella mitologia. Renenutet, dea del raccolto e della prosperità, era la terza divinità principale invocata – spesso raffigurata mentre allatta i figli del Faraone.

Iside in forma di uccello vola sul corpo di Osiride e miracolosamente rimane incinta, dando luce ad Horus (tempio di Dendera. Foto MacRae Thomson)

Tornando…sulle rive del Nilo, il miele ed il fieno greco (trigonella) erano usati per combattere la sterilità femminile, mentre il ginepro, le carrube e le angurie erano usate per la sterilità maschile – insieme ovviamente alla lattuga, sacra al dio Min, ed alla radice di mandragora. Da notare che la lattuga non era considerata “afrodisiaca”, ma mangiarla era considerato piuttosto come un rituale per invocare la benevolenza della divinità.

Hathor allatta il giovane Amenhotep II (XVIII Dinastia, ca. 1427 – 1401 BCE). Bassorilievo in calcare policromo. Museo Egizio del Cairo, foto Bridgeman

Diversi “test” sono descritti per verificare la fertilità della donna; il più “gettonato” consisteva nel farle bere un miscuglio di latte umano e succo di anguria – se lo avesse vomitato sarebbe stata fertile, mentre un fantozziano rutto avrebbe sancito la fine delle speranze di procreare.

Renenutet allatta il figlio Neper, tempio di Amenemhat III a Medinet

Altri metodi consistevano nel lasciare per tutta la notte una cipolla nella vagina della sventurata e verificarne l’alito il mattino seguente (se avesse saputo di cipolla sarebbe stata fertile), oppure fumigarla con sterco di ippopotamo (se avesse urinato o defecato sarebbe stata fertile). Non è sempre facile però distinguere se si trattasse d test della fertilità o test di gravidanza, ma tutti questi test vennero “riciclati” da Ippocrate secoli dopo.

Min (a sinistra) con Qadesh e Reshep. Dietro al dio, rappresentato come sempre itifallico, due piante di lattuga, a lui sacre. Stele di Qeh, dal villaggio degli artigiani di Deir el-Medina, XIX Dinastia

Famosissimo – e già riportato anche in questo Gruppo – il test di gravidanza che comportava innaffiare con l’urina della donna semi di farro o orzo (se fosse cresciuto prima l’orzo sarebbe stata incinta di un maschietto, se fosse cresciuto prima il farro sarebbe stata incinta di una femmina, se non fosse cresciuto niente non sarebbe stata incinta). Il test è stato “verificato” negli anni ’60: è stato dimostrato che effettivamente l’urina di una donna non incinta (o di un uomo) non provocava la germinazione, mentre in 28 casi su 40 quella di una donna incinta è riuscita a provocarla. Imbarazzante però l’esito del test sul sesso del nascituro, corretto solo in sette casi su 24…

Tuttavia, lo stesso test – a volte con il grano al posto del farro – fu ripreso da Galeno (e ci può stare), e sopravvisse fino al Dreckapotheke di Paulini nel 1714 – e questo è francamente incredibile.

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