Di Andrea Petta e Franca Napoli
Come in tutte le civiltà antiche, anche in quella egizia la fertilità della donna – ma, attenzione!, era conosciuta anche la sterilità maschile – era un fattore di grande importanza sociale e a cui prestare particolare attenzione. Oltre ai motivi naturali di sterilità si aggiungevano infatti le credenze su divinità/demoni che potessero causarla, come anche sugli spiriti delle donne morte di parto. Normale quindi che ci si rivolgesse alle divinità per invocare la fertilità e proteggere mamma e figli.

Iside era la principale divinità coinvolta. Madre di Horus, concepito miracolosamente, era ovviamente la dea della fertilità. Aveva anche un ruolo come nume tutelare del parto e del neonato, a cui però sovrintendeva solitamente Hathor – tanto che spesso le due dee si sovrappongono nella mitologia. Renenutet, dea del raccolto e della prosperità, era la terza divinità principale invocata – spesso raffigurata mentre allatta i figli del Faraone.

Tornando…sulle rive del Nilo, il miele ed il fieno greco (trigonella) erano usati per combattere la sterilità femminile, mentre il ginepro, le carrube e le angurie erano usate per la sterilità maschile – insieme ovviamente alla lattuga, sacra al dio Min, ed alla radice di mandragora. Da notare che la lattuga non era considerata “afrodisiaca”, ma mangiarla era considerato piuttosto come un rituale per invocare la benevolenza della divinità.

Diversi “test” sono descritti per verificare la fertilità della donna; il più “gettonato” consisteva nel farle bere un miscuglio di latte umano e succo di anguria – se lo avesse vomitato sarebbe stata fertile, mentre un fantozziano rutto avrebbe sancito la fine delle speranze di procreare.

Altri metodi consistevano nel lasciare per tutta la notte una cipolla nella vagina della sventurata e verificarne l’alito il mattino seguente (se avesse saputo di cipolla sarebbe stata fertile), oppure fumigarla con sterco di ippopotamo (se avesse urinato o defecato sarebbe stata fertile). Non è sempre facile però distinguere se si trattasse d test della fertilità o test di gravidanza, ma tutti questi test vennero “riciclati” da Ippocrate secoli dopo.

Famosissimo – e già riportato anche in questo Gruppo – il test di gravidanza che comportava innaffiare con l’urina della donna semi di farro o orzo (se fosse cresciuto prima l’orzo sarebbe stata incinta di un maschietto, se fosse cresciuto prima il farro sarebbe stata incinta di una femmina, se non fosse cresciuto niente non sarebbe stata incinta). Il test è stato “verificato” negli anni ’60: è stato dimostrato che effettivamente l’urina di una donna non incinta (o di un uomo) non provocava la germinazione, mentre in 28 casi su 40 quella di una donna incinta è riuscita a provocarla. Imbarazzante però l’esito del test sul sesso del nascituro, corretto solo in sette casi su 24…
Tuttavia, lo stesso test – a volte con il grano al posto del farro – fu ripreso da Galeno (e ci può stare), e sopravvisse fino al Dreckapotheke di Paulini nel 1714 – e questo è francamente incredibile.