C'era una volta l'Egitto, Nuovo Regno, XIX Dinastia

RAMSES II E NEFERTARI

Di Piero Cargnino

Secondo quanto ci è dato a sapere Ramses II non era solo un guerriero ma anche un uomo che amava tanto la sua Grande Sposa Reale Nefertari. La regina sfoggiava una bellezza imperdibile tanto da essere considerata la Mona Lisa dell’antico Egitto grazie al suo viso che esprime serenità. 

Ramses ne era talmente innamorato che glielo dimostrò facendogli costruire un tempio per lei poco lontano dal suo e nella raffinatezza della tomba a lei dedicata nella Queen Valley, la QV66.

Parliamo di lei, Nefertari Meritmut, la Grande Sposa Reale di Ramses II “il Grande”. Grande lo fu pure lei, come già scritto in precedenza, Nefertari è una delle regine meglio conosciute dell’antico Egitto, sicuramente una delle più potenti, la sua influenza è comparabile a quella di Ahmose Nefertari, Hatshepsut, Tiy, Nefertiti e Cleopatra VII anche se non ha mai governato in modo autonomo.

Ciò che la distingueva in modo particolare era l’importanza e l’autorità che sapeva dimostrare non sentendosi mai nell’ombra del marito del quale godeva della più ampia fiducia. Doveva la sua autorevolezza all’educazione ricevuta fin da bambina, frequentò gli scribi e da essi ricevette un’istruzione eccezionale: sapeva leggere e scrivere, cosa rara per l’epoca.

Nefertari non fu mai la “grande donna” che sta dietro un “grande uomo”, lei fu una “Grande Donna” che stava al fianco del suo “Grande Uomo”. Seppe stare sempre con onore e competenza al fianco del faraone grazie anche alla sua abilità diplomatica che gli permetteva di mantenere una corrispondenza con gli altri sovrani del suo tempo.

I suoi titoli non si contano, era: “Grande di lodi”, “Signora di grazia”, “Grande Sposa del re, sua amata”, “Signora delle due Terre”, “Signora di tutte le terre”, “Sposa del Forte Toro”, “Sposa del Dio”, “Padrona dell’Alto e Basso Egitto”, ed altri ancora, ma direi che ce ne sono già a sufficienza per qualificare una Grande Donna anche se per Ramses lei era “Colei per cui il Sole risplende” ed “il Sole sorgeva per lei”. E tale era l’amore che Ramses provava per lei (nonostante le centinaia di concubine, ma così si usava)  che per lei scelse un sito a un centinaio di metri di distanza dal suo Grande Tempio per far erigere in suo onore un Tempio che, seppur minore, è pur sempre una delle più alte espressioni di considerazione nei confronti della sua amata.

Il tempio è dedicato a Nefertari associata alla dea Hathor. La facciata del tempio di Nefertari è larga 28 metri e alta 12 metri, in essa sono state ricavate sei nicchie che contengono quattro statue di Ramses e due della regina ciascuna alta 10 metri. L’entrata conduce ad una sala ipostila con colonne i cui capitelli sono formati da teste raffiguranti la dea Hathor, il tempio si estende per 25 metri all’interno della montagna. Sulle colonne sono riportate iscrizioni che raccontano episodi di vita quotidiana della coppia reale. Sulle pareti si può ammirare un meraviglioso spettacolo con scene di sacrifici alle divinità.

Nella seconda sala è rappresentata la dea Hathor nelle sembianze di vacca. Come il tempio di Ramses II, anche quello di Nefertari, come la maggior parte dei templi nubiani, è stato spostato dalla sede originaria per essere preservato dalle acque del Lago Nasser.

LA TOMBA DI NEFERTARI

Per maggiori dettagli, vedi anche: LA TOMBA DI NEFERTARI

Dopo vittorie in battaglia, mega progetti costruttivi messi in pratica e ritrovarsi con un regno in pace e prosperità, anche per i grandi arrivano i momenti bui. Colei con la quale divise oltre vent’anni di intensa attività pubblica e privata, la sua “Signora di Grazia”, “Colei per cui splende il sole”, si è spenta, di lei non rimane che una stella nel cielo notturno, più brillante delle altre, ma troppo lontana. Come da usanza in Egitto, il re aveva già pensato alla sua sposa, la tomba che fece costruire per lei si trova nella Valle delle Regine ed è identificata come QV66.

Fu l’egittologo italiano Ernesto Schiaparelli a scoprirla nel 1904, sul versante settentrionale della Valle delle Regine, la tomba era stata chiaramente violata fin dall’antichità, come quasi tutte le altre, priva quasi del tutto degli arredi funebri e parecchio danneggiata dall’umidità.

All’interno Schiapparelli trovò alcuni resti del sarcofago in granito rosa, 34 ushabti, un frammento di bracciale d’oro, amuleti, cofanetti di legno dipinti e un paio di semplici sandali in fibra intrecciata. Ma il rinvenimento più importante sono due frammenti di gambe (ginocchia) di una mummia femminile che subito vennero attribuiti alla stessa Nefertari. I reperti oggi sono custoditi al Museo Egizio di Torino e di essi parleremo più avanti.

L’ingresso della tomba avviene da su una breve scalinata scavata nella roccia, da qui si accede ad un’anticamera interamente decorata con scene tratte dal capitolo 17 del “Libro dei Morti”, il soffitto si presenta di un blu intenso e riporta motivi astronomici, simboleggia il cielo notturno con migliaia di stelle d’oro a cinque punte.

Dalla parete orientale, attraverso una grande apertura dove compaiono parecchie divinità tra cui, in evidenza, Osiride e Anubi, Serket e Hator, si accede ad un vestibolo, dove è ritratta la regina al cospetto delle divinità a lei benigne, e da qui si passa ad una camera laterale dove sono riprodotte scene di offerte agli dei.

Per nostra fortuna si sono conservate abbastanza bene le decorazioni che rivelano uno dei massimi esempi pittorici raggiunti durante il regno di Ramses II e dell’intera arte egizia, qui troviamo l’intero programma iconografico che tratta il viaggio della regina nell’aldilà, il ciclo si estende su ben 520 mq., nel quale Nefertari viene rappresentata al cospetto di molte divinità che la conducono per mano fino al termine del ciclo pittorico dove la regina viene trasformata nella forma osiriaca di mummia aiutata dalle dee Iside e Neith.

Sulla parete nord dell’anticamera si apre una scala che termina nella camera funeraria, questa è molto ampia, circa 90 metri quadri, il soffitto riprende lo stesso motivo di quello dell’anticamera ed è sorretto da quattro possenti pilastri quadrangolari, interamente decorati.

Il sarcofago in granito rosa stava al centro della camera che gli Egizi chiamavano “Sala d’oro” nella quale avveniva la rigenerazione del defunto (frammenti del coperchio del sarcofago sono oggi al Museo Egizio di Torino).

Ai due lati, all’inizio della camera funeraria, si trovano due annessi. Il ciclo pittorico rappresentato sulle pareti della camera comprende parte dei capitoli 144 e 146 del “Libro dei Morti”, sulla sinistra sono rappresentati i passi del capitolo 144 che riguardano i cancelli e le porte del regno di Osiride, sono indicate le formule magiche che il defunto doveva ricordare per convincere i Guardiani a farlo passare.

Per quanto riguarda le ginocchia di mummia rinvenute nella tomba di Nefertari ed a lei attribuite, in seguito passarono in secondo piano fino al 2016 quando alcuni archeologi internazionali annunciarono che esisteva un alto grado di probabilità che le ginocchia fossero realmente appartenute alla regina Nefertari.

Nonostante tutto esistevano ancora molti dubbi sull’appartenenza alla regina per cui altri ricercatori avanzarono nuove ipotesi, la prima è che le ginocchia siano appartenute ad una delle figlie di Nefertari, la seconda che le ginocchia siano appartenute ad una mummia precedente finita nella tomba in seguito ad una frana. Entrambe le ipotesi sono state scartate perché ritenute poco credibili ed infine superate dalla datazione al carbonio 14 dalla quale è emerso che i resti sarebbero più antichi di 200 anni rispetto al periodo in cui visse la regina. La notizia va comunque presa con le molle perché sappiamo bene che nella datazione col carbonio 14 occorre tenere delle molte contaminazioni alle quali potrebbero essere stati sottoposti i resti in seguito ai saccheggi ed alle successive manipolazioni.

Per chiudere con la tomba di Nefertari voglio raccontarvi una curiosità che penso molti di coloro che mi leggono non ne sono al corrente. Fino ad alcuni anni fa (prima della prima ristrutturazione) era presente nel corridoio del I piano del Museo Egizio di Torino un bellissimo modello della tomba di Nefertari, accuratamente dipinto. Il modello venne costruito da un artigiano negli anni 30 del novecento, tale Edoardo Baglione, che lavorava per il Museo Egizio dì Torino. Il modello costituiva di per se un’opera iconografica stupenda ed era molto ammirato dai visitatori al punto che, l’allora Direttore del Museo Egizio Giulio Farina, subentrato ad Ernesto Schiaparelli, ne fu entusiasta, pertanto concesse la sua approvazione affinché il modello di Baglione venisse esposto nelle sale del Museo dove venne inaugurato nel 1937. A tutt’oggi pare che il modello si trovi in una mostra temporanea in Nord America (!).

Fonti e bibliografia: 

  • Silvio Curto, “L’arte militare presso gli antichi egizi”, Torino, Pozzo Gros Monti S.p.A, 1973
  • Franco Cimmino, “Ramesse II il Grande”, Milano, Tascabili Bompiani, 2000,
  • Sergio Pernigotti, “L’Egitto di Ramesse II tra guerra e pace”, Brescia, Paideia Editrice, 2010
  • Kenneth Kitchen, “Il Faraone trionfante. Ramses II e il suo tempo”, Bari, Laterza, 1994,
  • Edda Bresciani, “Ramesse II”, Firenze, Giunti, 2012
  • Cyril Aldred, “I Faraoni: l’impero dei conquistatori”, Milano, Rizzoli, 2000
  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Manfred Claus, “Ramesse il Grande”, Roma, Salerno Editrice, 2011
  • Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Bari, Laterza, 1990
  • Henry James, “Ramesse II”, Vercelli, White Star, 2002
  • Claire Lalouette, “L’impero dei Ramses”, Roma, Newton & Compton, 2007
  • Anna Maria Donadoni Roveri, Alessandro Roccati, Enrica Leospo, “Nefertari. Regina d’Egitto”, La Rosa, 1999

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