C'era una volta l'Egitto, Nuovo Regno, XIX Dinastia

IL FARAONE MERENPTAH

Di Piero Cargnino

Il Grande faraone se ne è andato, il trono passa dunque al suo fedele figlio Merenptah. Tredicesimo nell’ordine di discendenza, figlio della Grande Sposa Reale Isinofret, Merenptah, il cui nome di Horo era “Kha Nekhet Hajm-maat”, quando salì al trono era già anziano, avendo superato i 60 anni di età, ed il suo regno non dovette durare più di 9 anni.

La sua Grande Sposa Reale fu Isinofret II, omonima della madre. Formato e plasmato alla scuola del padre, Merenptah non fu in grado di imprimere il suo carattere alla politica dell’Egitto e continuò sulla strada di Ramses II, Dopo l’accordo stipulato con il regno di Hatti, la politica egizia marciò per proprio conto senza curarsi troppo di ciò che accadeva in Asia dove stavano prendendo piede gli assiri che iniziarono a premere contro l’impero ittita. Non sappiamo se gli ittiti chiesero aiuto agli egiziani, come era stato previsto dal trattato, sappiamo però che Merenptah non si mosse in loro aiuto quando l’esercito assiro di Tukulti-Ninurta attaccò l’esercito ittita sbaragliandolo.

Nel medio oriente crebbe l’instabilità e di conseguenza diminuì l’influenza egizia in quell’area. Alcuni signori locali iniziarono a dare segni di insofferenza nei confronti degli egiziani ed allora, ma solo in questo caso durante tutto il suo regno, Merenptah ordinò una spedizione in Canaan per riportare sotto il controllo dell’Egitto questi popoli. La spedizione non è documentata alla maniera di Ramses pertanto quello che sappiamo è che l’esito fu ovviamente a favore dell’esercito egiziano.

Quel poco che si conosce di questa spedizione in parte ci proviene dalla cosiddetta “Stele di Merenptah”.

Si tratta di una stele di basalto nero rinvenuta da Flinders Petrie nel 1896 a Tebe presso il tempio funerario di Merenptah ed oggi custodita presso il Museo Egizio del Cairo. Venne fatta erigere dal faraone Amenhotep III e cita l’esito di una sua vittoria militare contro i Libi e i Mashuash nella Libia avvenuta nel “Quinto anno, terzo mese di shemu, terzo giorno”. Venne in seguito riutilizzata da Merenptah che fece incidere le ultime righe dove raccontò l’esito vittorioso della sua spedizione militare condotta verso la terra di Canaan.

Nell’elenco delle popolazioni sconfitte nella spedizione viene citata tra gli altri “Ysrir” che molti vogliono leggere Israele. Le poche righe recitano testualmente:

Molti studiosi si sono tuffati con grande interesse per cercare di interpretare queste ultime tre righe della stele, principalmente per sostenere che il vocabolo “Ysrir” andrebbe interpretato come “Israele”, cosa che costituirebbe un evento storico unico in quanto sarebbe la prima volta che Israele viene citata in una fonte storica e non solo biblica.

Va detto che il nome Ysrir non è scritto nella forma che servirebbe ad individuare un regno, cioè con tre montagne stilizzate ma semplicemente con un uomo e una donna che starebbero ad indicare una popolazione di natura nomade. A questo punto però non dobbiamo dimenticare un problema, l’invasione egiziana di Canaan da parte di Merneptah risalirebbe al tempo in cui gli israeliani erano “governati” dai Giudici e durante questo periodo la Bibbia non fa alcun cenno ad improbabili invasioni e distruzioni a causa dell’esercito egiziano. I sostenitori della tesi che si tratti di Israele sono talmente sicuri che stavolta non si curano del fatto che la Bibbia non citi un evento così disastroso per il popolo.

Dobbiamo dire a questo proposito che durante il periodo dei Giudici Israele in quanto tale non esisteva e fin dalla morte di Giosuè il popolo si era allontanato dal loro dio:

Al che significa che chiamarli “ebrei”, nel senso di seguaci del dio di Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuseppe, è del tutto fuori contesto. Non solo ma qui c’è una contraddizione biblica, il libro dei Giudici non parla mai del fatto che il popolo di Israele, quello uscito dall’Egitto con Mosè prima e poi seguendo Giosuè, invase Canaan distruggendo le città con battaglie tipo Gerico, dal libro dei Giudici apprendiamo che la popolazione di Israele entrò in Canaan attraverso un’infiltrazione graduale e pacifica, almeno nella fase iniziale (Libro dei Giudici – A.Alt, M. Noth). La Bibbia si perde in racconti confusi, cita Debora, Gedeone, poi altri giudici, indi l’episodio di Sansone terminando il racconto con:

Scavi archeologici documentano la nascita, intorno al 1200, di numerosi (circa 250) insediamenti di piccole comunità quasi del tutto insignificanti tra le quali probabilmente anche quelle di Israele. La cultura di questi insediamenti non si differenzia per nulla da quella cananea per cui risulta pressoché impossibile distinguere quale fosse ebrea e quale cananea.

Pensare che con il vocabolo Ysrir gli egizi intendessero un insieme disomogeneo di comunità locali, o che Israele, al tempo del faraone Merenptah, fosse già abbastanza forte da combattere contro l’Egitto, al pari delle altre entità politiche menzionate nell’iscrizione a me pare quanto meno arduo ed arbitrario. Personalmente non credo che il vocabolo Ysrir voglia dire Israele ma lascio che ad interpretarlo siano gli studiosi che ne sanno più di me. Per correttezza ed equità io ho citato la stele come “Stele di Merenptah” e non come “Stele di Israele” o, come vogliono gli egiziani “Stele della Vittoria”.

Finora abbiamo parlato della spedizione in terra di Canaan dove Merenptah ha sbaragliato parecchi popoli addirittura elencandoceli nelle tre righe aggiunte alla stele che fece erigere  Amenhotep III per vantare le sue vittorie. Trovo alquanto strano che un faraone, che di vittorie ne conseguì parecchie, anziché farsi fare una sua stele per evidenziare la sua gloria, abbia sfruttato quella di un altro faraone aggiungendoci solo poche righe. Misteri dell’antico Egitto.

Ma tornando a Merenptah dobbiamo riconoscere che l’evento militare di maggiore importanza fu quello combattuto tra il quinto ed il sesto anno di regno in difesa del Basso Egitto, a Perire nel Delta occidentale, dove ad attaccare l’esercito egiziano fu la cosiddetta confederazione “dei Nove Archi”, un’insieme di vari popoli, libici alleati con i Popoli del Mare. Composta da tribù libiche, Libu, Kehek, Mashuash alle quali si erano unite cinque stirpi appartenenti ai Popoli del mare: Akawasha (Achei), Lukka (Lici), Tursha (Tirreni ?) Sheklesh (Siculi ?) e Danuna (forse i Danai omerici) e, con molta probabilità anche gli Shardana (Sardi ?). Questo insieme di predoni e saccheggiatori aveva invaso quella regione e la teneva con il terrore tanto che la popolazione l’aveva 

All’inizio le sorti della guerra furono incerte, gli invasori conquistarono le oasi giungendo fino al Fayyum e da qui posero l’assedio a Menfi. L’esito della battaglia alla fine fu favorevole all’esercito egiziano che sconfisse ed allontanò gli aggressori. Mertenptah questa volta non si limita alle tre righe della sua stele di cui abbiamo parlato sopra ma racconta la battaglia in altre parti, nella cosiddetta “Grande Iscrizione di Karnak”. L’iscrizione, che si trova sulla parete tra il VI ed il VII pilone del Primo cortile del Grande Tempio di Amon, costituisce una importante documentazione delle campagne di Merenptah contro i Popoli del Mare.

Purtroppo l’impietosità del tempo ha eroso circa un terzo del contenuto ma si intuisce che doveva descrivere nei particolari la vittoria ed il suo ritorno con bottino e prigionieri. Visto l’età già avanzata del sovrano c’è da dubitare che Merenptah abbia partecipato di persona alla battaglia. La battaglia viene descritta anche sull’obelisco del Cairo e sulla stele di Atribis dove si trova una specie di riassunto dell’iscrizione di Karnak oltre alla già citata “Stele di Merenptah”. Secondo le iscrizioni la battaglia contro la confederazione “dei Nove Archi” si risolse in sole sei ore durante le quali vennero uccisi oltre 6000 soldati e 9000 vennero fatti prigionieri, (Qualcosa da suo padre deve pure aver preso).

Per quanto riguarda la sua attività edilizia non si perse d’animo, quello che non costruì lo usurpò ai suoi predecessori, mentre, dal punto di vista religioso risolse un’annosa questione che si protraeva fin dall’epoca di Akhenaton, quella di  restituire, dopo più di un secolo, al primo profeta di Amon del clero tebano, il titolo di “capo dei Profeti di tutti gli dei dell’Alto e Basso Egitto”. Questo fu purtroppo un guaio in quanto sarà una delle cause principali dello smembramento dello stato unitario al termine del Nuovo Regno.

Poi anche per Merenptah giunse il tempo di salire ai Campi di Iaru cosa che avvenne, secondo l’egittologo tedesco Jurgen Von Beckerath, il giorno corrispondente all’attuale 2 maggio del 1203 a.C. Merenptah fu sepolto in quella che oggi identifichiamo come KV8, anch’essa nota fin dall’antichità venne visitata, mappata, come quella di Ramses II, scavata da diversi egittologi tra cui Haward Carter nel 1905 che la chiuse con un cancello in ferro per proteggerla, dotandola anche di illuminazione elettrica.

Durante la sua permanenza Carter rinvenne i resti dei sarcofagi, parte dei vasi canopici e un ostraka che mostrava la sequenza dei sarcofagi.

Nella tomba di Merenptah possiamo notare una planimetria un po’ complessa, in un certo senso rispetta la linearità di quelle della XIX dinastia mantenendo un andamento abbastanza lineare che però risente ancora delle strutture contorte della XVIII anticipando nel contempo quelle rettilinee della XX.

L’ingresso avviene attraverso tre corridoi discendenti lineari che immettono in una anticamera dalla quale si accede ad un’altra camera laterale dedicata a Ramses II. Segue un altro corridoio, sempre discendente, che immette in un vestibolo nel quale si trova il coperchio del sarcofago più esterno, si tratta di un monolite lungo oltre 4 metri ed in origine doveva essere alto più di 2 metri.

Da qui, attraverso un ulteriore corridoio discendente, si accede alla camera funeraria decorata il cui soffitto a volta presenta una decorazione astronomica ed è sorretto da otto pilastri.

All’interno, in posizione trasversale, si trova il coperchio del sarcofago più interno in granito rosa. Lo trovò Haward Carter nel 1904, si trovava capovolto assieme ad un quinto dei pezzi che componevano l’intera struttura. Il coperchio è massiccio e rappresenta il re in forma di mummia, sia questo che quello più esterno erano decorati con capitoli del “Libro delle Porte e dell’Amduat”.

Ma non era finita così, esisteva un terzo sarcofago in granito rosso, con coperchio rappresentante Merenptah mummiforme, che venne asportato durante la XXI dinastia per essere usato dal faraone Psusennes I a Tanis, oltre ad un quarto sarcofago in alabastro oggi ridotto in rovina.

Le pareti sono interamente decorate con scene tratte dal “Libro delle Porte”, dalle “Litanie di Ra” e dal “Libro dell’Amduat”, è inoltre rappresentato lo stesso Merenptah al cospetto di Ra-Horakhti. I corridoi sono anch’essi decorati con scene tratte dal “Libro dei Morti” con la scena principale dell’apertura della bocca e degli occhi. Nella camera funeraria spiccano scene del “Libro delle Porte” e del “Libro delle Caverne”. Nel vestibolo compare il dio Osiride che indossa un pettorale con inciso il nome del sovrano, simbolo questo dell’identificazione del re con il dio dei morti.

La mummia di Merenptah venne scoperta nel 1898, si trovava all’interno della tomba di Amenhotep II (KV35), esaminata nel 1907 da G. Elliot Smith la mummia si presentava come quella di un uomo anziano sui 70 anni, alto circa 1 metro e 74 centimetri, in vita dovette soffrire di artrite ed arteriosclerosi; particolare interessante è privo dei testicoli.

Nei primi anni del ‘900 alcuni radiologi statunitensi annunciarono di aver riscontrato tracce di sale sul corpo della mummia, (bella scoperta, l’elemento essenziale per la mummificazione era il natron). Subito iniziò a diffondersi la notizia che Merenptah fosse il faraone dell’Esodo che morì annegato travolto dalle acque del Mar Rosso mentre inseguiva Mosè e gli ebrei. Inutile aggiungere che il corpo del faraone non presentava segni di annegamento. Se poi, a scanso di equivoci, ci mettiamo pure che coloro che sostengono che Merenptah fu il faraone dell’Esodo, sono magari gli stessi che credono che nella “Stele di Merenptah” il vocabolo “Ysrir” voglia dire Israele, io mi taccio!

Fonti e bibliografia: 

  • Cyril Aldred, “I Faraoni: l’impero dei conquistatori”, Milano, Rizzoli, 2000
  • Sergio Donadoni, “Tebe”, Electa, 2002
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Christiane Desroche-Noblecourt e AA.VV . “Egitto” – Rizzoli Editore, 1981
  • Mario Tosi, “Dizionario enciclopedico delle divinità dell’antico Egitto”, Ananke, 2006
  • Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Bari, Laterza, 1990
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Alfred Heuss e atr., “I Propilei”, Verona, Mondadori, 1980

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