Thuis ( Tell Timai) Epoca Tolemaica ( fine III secolo a. C.) Marmo – Altezza cm 19 Museo Egizio del Cairo – JE 39517
Testa di regina Tolemaica assimilate a Iside
Questa testa proviene da Tell Timai, l’antica Thuis, una località del Delta.
Raffigura un personaggio femminile dal mento pronunciato, con una raffinata acconciatura a boccoli e cinta da un diadema tipico delle Regine.
Sul capo era applicato un ornamento metallico, forse il disco solare racchiuso fra due corna bovine, attributo divino che si ritrova su altre teste acconciate nello stesso modo.
Si tratta probabilmente di una sovrana tolemaica assimilata alla dea Iside; tramite il confronto con le raffigurazioni sulle monete è stata proposta un’identificazione con Berenice II, sorella e sposa di Tolomeo III Evergete.
Fonte e fotografia
I tesori dell’antico Egitto – Daniela Comand – Fotografia Araldo De Luca – National Geographic – Edizioni White Star
Provenienza sconosciuta (250 a. C.) Pasta vitrea con tracce di doratura, 13 x 6 cm. Brooklyn Museum of Art, New York
L’ Età Tolemaica vide grandi progressi nell’arte vitrea policroma.
Questa figura faceva forse parte della decorazione di un tabernacolo ligneo, e raffigura un personaggio maschile che indossa la corona del Basso Egitto ( per quanto la corona, detta Corona Rossa, sia in questo caso di colore blu).
In teoria potrebbe trattarsi di un re o di una divinità, ma la posizione del braccio destro suggerisce un gesto di offerta o di adorazione.
È più probabile che raffiguri un sovrano.
Il viso idealizzato fa propendere per una datazione all’ Età Tolemaica, come anche la tecnica dell’intarsio, che non si avvale più di alveoli in metallo per contenere i singoli pezzi della composizione.
La figura venne realizzata in quattro pezzi: corona, testa, girocollo e corpo.
La pasta vitrea era un materiale molto apprezzato, di livello pari alle pietre dure.
Fonte: Egitto 4000 anni di arte – Jaromir Malek – Edizioni Phaidon
Provenienza sconosciuta ( dall’alto Egitto) Ardesia grigio-verde Altezza 49,5 cm., P. 15 cm, L. 13,5 cm Altezza della testa 7 cm Agyptisches Museum, Berlino Inv. n. 10972
Il soggetto di questa scultura può non apparire particolarmente attraente, ma l’opera è notevole.
A prima vista pare essere composto da due parti non appartenenti l’una all’altra; dal collo in giù sembra una scultura idealizzata, con il gonnellino quale unico capo di vestiario.
Uno sguardo più attento rivela un corpo tonico, non più giovane, ma ancora in forma; il modellato della mosculatura è limitato e sul petto risaltano seni quasi femminili.
La testa è notevole : la fronte corrugata, profondi solchi nasolabiali e l’angolo sinistro della bocca leggermente sollevato ne fanno un notevole approccio naturalistico.
Da: Lembke, Katja, and Günter Vittmann. “Die Ptolemäische Und Römische Skulptur Im Ägyptischen Museum Berlin. Teil I: Privatplastik.” Jahrbuch Der Berliner Museen, vol. 42, 2000, pp. 7–57.
The base and feet of the statue are missing. The lower corner of the chick pillar has been replaced. Numerous damages cover the surface, especially in the area of the right half of the head and the left half. Tool marks are clearly visible on the front, especially between the legs and around the fists. The head and body also lack the final smoothing. The back is only roughly worked.
The life-size statue of a standing bald man wears a smooth three-part apron. The uninscribed back pillar ends py-ramidally at forehead height. The arms resting against the body hang down vertically. The sitter holds shadow sticks in his fists. The left leg is set forward; it is connected to the back pillar by a bar. The upper body is slender and narrow, the chest slightly protruding. The abdominal muscles are only indicated in outline. The muscles of the arms and legs are also barely sculpted.
The head is small and rectangular, the individual shapes are coarse and angular. The car-nate is floppy and mobile. The cheeks are slightly sunken. Bags under the eyes are indicated. The nasolabial folds lead deep into the chin area. Four parallel wrinkles are carved into the forehead in a wavy pattern. Another one directly above the brows is interrupted by three steep wrinkles at the root of the nose. The slightly protruding brows follow the curve of the forehead wrinkles. The eyes are deep-set and bordered by angular lids. The nose is long and bulbous, the mouth full-lipped and roughly shaped.
the statue resembles a statue in Cairo, whose head is embossed, while the body lacks only the smoothing. In the Berlin statue, however, the head and body show the same sketchy execution. In addition, an almost identical piece in the Brooklyn Museum shows that the statue must have been installed in this form in a temple. Further information can be gleaned from the inscription on the statue in Brooklyn: Firstly, the statue comes from Kar-nak, so that an Upper Egyptian provenance can also be assumed for the Berlin piece.
Secondly, for reasons of content, the text must have been created in the 1st century BC or at the beginning of the Roman period. According to Bothmer, the Egyptian type of statue suggests a date at the end of the Lagid reign. In connection with the apparent incompleteness, reference should be made to two other statues from the Roman period that show the same phenomenon, but have already moved away from the striking portrait of old age. Accordingly, a dating of the Berlin statue to the last years of Ptolemaic rule is suggested
La base e i piedi della statua sono mancanti. L’angolo inferiore del pilastro è stato sostituito. Numerosi danni ricoprono la superficie, soprattutto nella zona della metà destra della testa e della metà sinistra. I segni di utensili sono chiaramente visibili sulla parte anteriore, soprattutto tra le gambe e intorno ai pugni. Anche la testa e il corpo mancano della levigatura finale. Il retro è lavorato solo in modo approssimativo.
La statua a grandezza naturale di un uomo calvo in piedi indossa un grembiule liscio in tre parti. Il pilastro posteriore non iscritto termina piramidalmente all’altezza della fronte. Le braccia appoggiate al corpo pendono verticalmente. Il seduto tiene nei pugni dei bastoni da ombra. La gamba sinistra è avanzata; è collegata al pilastro posteriore da una barra. La parte superiore del corpo è snella e stretta, il petto leggermente sporgente. I muscoli addominali sono indicati solo a grandi linee. Anche i muscoli delle braccia e delle gambe sono appena scolpiti.
La testa è piccola e rettangolare, le singole forme sono grossolane e angolari. L’incarnato è floscio e mobile. Le guance sono leggermente infossate. Sono presenti borse sotto gli occhi. Le pieghe nasolabiali si estendono in profondità nella zona del mento. Quattro rughe parallele sono incise sulla fronte con un andamento ondulato. Un’altra, direttamente sopra le sopracciglia, è interrotta da tre rughe ripide alla radice del naso. Le sopracciglia leggermente sporgenti seguono la curva delle rughe della fronte. Gli occhi sono infossati e delimitati da palpebre angolari. Il naso è lungo e bulboso, la bocca a labbra piene e di forma approssimativa.
La statua assomiglia a una statua del Cairo, la cui testa è sbalzata, mentre al corpo manca solo la levigatura. Nella statua di Berlino, tuttavia, la testa e il corpo presentano la stessa esecuzione sommaria. Inoltre, un pezzo quasi identico conservato al Brooklyn Museum dimostra che la statua doveva essere installata in questa forma in un tempio. Ulteriori informazioni possono essere ricavate dall’iscrizione sulla statua di Brooklyn: In primo luogo, la statua proviene da Kar-nak, per cui si può ipotizzare una provenienza dall’Alto Egitto anche per il pezzo berlinese.
In secondo luogo, per ragioni di contenuto, il testo deve essere stato creato nel I secolo a.C. o all’inizio del periodo romano. Secondo Bothmer, il tipo di statua egizia suggerisce una datazione alla fine del regno dei Lagidi. In relazione all’apparente incompletezza, occorre fare riferimento ad altre due statue di epoca romana che mostrano lo stesso fenomeno, ma si sono già allontanate dal suggestivo ritratto della vecchiaia. Di conseguenza, si suggerisce una datazione della statua di Berlino agli ultimi anni del dominio tolemaico.
Fonte
Egitto 4000 anni di arte – Jaromir Malek – Edizioni Phaidon
Alessandria Basalto, altezza cm 83 Museo Egizio del Cairo
Questa scultura presenta il pilastro dorsale, caratteristico della tradizione egizia.
Chi non ha familiarità con le sculture realizzate durante l’ Età Tolemaica e i primi anni del l’occupazione romana tende a negare l’origine egizia dell’opera.
Uno dei motivi è l’abbigliamento, che può essere egizio o introdotto dall’estero.
In quest’ultimo caso si tratterebbe comunque di una statua che riflette la moda dell’epoca.
Secondo motivo i capelli, corti e con una pronunciata stempiatura, ma anche in questo caso potrebbe trattarsi dalla resa realistica di una pettinatura comune.
Infine il volto, lungo e magro, con borse sotto gli occhi e un solco orizzontale sopra il mento.
Alcune sculture dell’ Età Tolemaica e del periodo immediatamente successivo sono chiaramente naturalistiche, e ritraggono fedelmente l’aspetto della persona.
Non c’è quindi da dubitare che la statua di Hor figlio di Hor appartenga alla tradizione egizia.
Fonte: Egitto 4000 anni di arte – Jaromir Malek – Edizioni Phaidon
Provenienza e acquisizione: dono del museo Antropologico, 1884 Museo Egizio di Firenze, inv. n. 5703 Legno, tela struccata e dipinta, pittura nera, bianca, rossa, verde e azzurra. Lamina e foglia d’oro Sarcofago: lunghezza c. 169, larghezza cm 50
Mummia di donna, chiamata Takerheb
Il sarcofago si presenta di forma antropoide: sul coperchio è applicata una maschera con il volto ricoperto di lamina d’oro, con parrucca ripartita decorata da un nastro di petali di ninfea.
L’ampio collare usekh è dipinto al di sopra dell’immagine di un avvoltoio con testa umana e ali spiegate; al di sotto è raffigurato un pettorale a forma di naos con Osiride, Iside e Nefti e quindi lo scarabeo alato con disco solare dorato.
Il segno geroglifico del cielo sormontato cinque colonne di iscrizione geroglifica, fiancheggiate dalle immagini dei quattro figli di Horus, mummiformi, e delle dee Iside e Nefti.
L’iscrizione, che consiste in invocazione per l’aldilà, riporta il nome della defunta:”L’ Osiride Takerheb, giustificata, figlia dello scriba reale, sacerdote, Aapehty, giustificato, nata dalla signora della casa Nebetdenehyt, giustificata”.
I geroglifici sono incisi e riempiti di colore azzurro, con alcuni particolari in bianco e in rosso.
Il coperchio, che all’interno non presenta decorazione, si inserisce alla nella cassa mediante sei tenoni.
L’interno della cassa presenta sul fondo l’immagine dipinta della dea Nut, con parrucca a riccioli sormontata dal disco solare: la dea indossa il collare usekh, una tunica con bretelle e un nastro che si annoda sotto il petto, con una iscrizione dipinta fra i due risvolti che scendono lungo il corpo, contenente un’ invocazione per la defunta.
All’interno del sarcofago, la mummia di Takerheb era conservata in un involucro, che viene chiamato cartonnage, costituito da vari strati di tela applicata direttamente sul corpo, quindi stuccato e accuratamente dipinto sulla superficie esterna, e decorato con foglia d’oro.
Cartonnage: lunghezza cm 163 Larghezza cm 40
L’uso del cartonnage compare agli inizi della XXII Dinastia, durante il Terzo Periodo Intermedio, e continua fino all’ epoca tolemaica e romana.
L’involucro di Takerheb si presenta mummiforme : la defunta Indossa una parrucca tripartita, sormontata dall’immagine dello scarabeo alato, con disco solare; sul retro della parrucca è Osiride sotto forma di pilastro djed, tra le dee Iside e Nefti.
Sotto l’ampio collare usekh riccamente decorato con le fermature sulle spalle a forma di testa di falco, il corpo della defunta è coperto da numerose immagini di divinità con il nome indicato in geroglifico, quasi un vero e proprio “pantheon” egizio.
Al centro è da notare la scena della mummuficazione del corpo della defunta, steso sul letto funebre, da parte del dio Anubi: sotto il letto sono raffigurati i vasi canopi destinato a conservare le viscere della mummia ; sotto i piedi è la tipica raffigurazione di due prigionieri in abbigliamento siriano, dipinti sotto la suola dei sandali.
Un’iscrizione geroglifica, nella quale sono ripetuti i nomi defunta e dei genitori, su sfondo verde, delimitato il bordo inferiore del cartonnage, e altre iscrizioni, in lamina d’oro, sono sulla parrucca e sulle gambe, con formule di preghiera alle divinità
Il volto di Takerheb, parti del collare e alcune delle immagini divine sono ricoperte di sottile lamina d’oro, applicata su stucco i rilievi, che dà grande preziosità all’involucro.
Fonte: Le Mummie del Museo Egizio di Firenze -aria Cristina Guidotti – fotografie Paola Roberta Faggio i, Roberto Magazzini – Edizioni Giunti
Eliopoli (?) Bassorilievo in pietra calcarea – Altezza 26 cm Musée du Louvre, Département des Antiquités égyptiennes, E 11162 –
Scene con la raccolta dei fiori di loto e la successiva estrazione per pressatura di un unguento profumato, il lirinon, citato da Plinio, ricorrono in parecchie tombe dell’ Epoca Tarda dell’area menfita e del Delta.
Il breve testo geroglifici afferma solo “pressatura del loto bianco”.
Le donne al centro della scena estraggono l’unguento dai fiori torcendo i bastoni all’estremità di un piccolo sacchetto.
L”unguento cola in un vaso posto su una base.
Si può pensare che quella raffigurata sia una scena che rappresenti la vita quotidiana, ma in realtà si tratta di temi connessi agli usi funerari.
Gli oli e unguenti si usavano per la preparazione della salma per la sepoltura, e facevano parte dei corredi funerari posti nelle tombe.
Nonostante si tratti di un lavoro eseguito da servitori, le donne raffigurate indossano parrucche con diademi da cui pende un anello.
L”immagine mostra l’anello nella sua interezza, secondo la visione egizia delle cose.
Fonte: Egitto 4000 anni di arte – Jaromir Malek – Edizioni Phaidon
Granito, Altezza cm 280 Karnak – Epoca Tolemaica Museo Egizio del Cairo – CG 701
Questa statua raffigura un sovrano, probabilmente Tolomeo, in piedi con la gamba sinistra avanzata e le braccia rigidamente distese lungo il corpo, nel tradizionale atteggiamento della statuaria maschile egizia.
L’abbigliamento è costituito da un semplice gonnellino e dal nemes, indossato sovente dai re al posto della corona.
Sulla fronte un’ureo, emblema di regalità.
Si tratta probabilmente di un sovrano tolemaico anche se mancano le iscrizioni per identificarlo e collocarlo in una data precisa.
Mentre la postura e l’abbigliamento sono tipici dell’arte egizia, la resa dei tratti del volto allungato e la descrizione accurata delle ciocche di capelli che spuntano dal nemes, risentono degli influssi dell’arte ellenistica.
I sovrani tolemaici si presentavano agli Egizi in qualità di faraoni, per cui le loro raffigurazioni erano spesso realizzate seguendo gli antichi canoni iconografici, anche se con il frequente inserimento di elementi d’ispirazione greca.
In questo periodo non sono rare le sculture in cui coesistono i caratteri di entrambe le culture, nonostante le due tradizioni artistiche continuino a mantenere una loro individualità.
Fonte
I tesori dell’antico Egitto nella collezione del Museo del Cairo – fotografie Araldo De Luca – testo di Daniela Comand – National Geographic Edizione – White Star.
Oro, diametro cm 12, 5, peso gr 169 Ritrovata a Dendera nel 1914 Epoca Tolemaica Museo Egizio del Cairo – JE 45206
Questo pesante collare è costituito da uno spesso filo d’oro al quale sono appesi dieci ciondoli variamente sagomati, di altezza compresa fra 1,3 e 3,7 cm.
Il secondo filo è stato infilato negli anelli di sospensione e arrotolato sul primo ai lati dei pendagli, che in tal modo non possono spostarsi sulla collana.
I pendenti raffigurano, partendo da sinistra:
la dea Tueris, divinità popolare rappresentata sotto forma di ippopotamo conle zampe di leone e coda di coccodrillo, protegge le donne gravide e sorveglia i parti e l’allattamento. Il suo culto conosce una grande diffusione nel tardo periodo..
la dea Iside sedura sul trono, sposa di Osiride e madre di Horo, esperta di arti magiche, a partire dal periodo ellenistico viene associata al dio Serapide, introdotto in Egitto dai sovrani tolemaici.
un falco immagine di Horus, antica divinità del cielo e della regalità. Indossa la doppia corona.
un altro falco che un tempo aveva le ali e la coda arricchiti da una decorazione ad intarsi.
un uccello a testa umana, rappresentazione del ba manifestazione animata del defunto. Porta sul capo un disco solare racchiuso fra due corna bovine.
un altro uccello a testa umana di uguali dimensioni.
un altro falco con la doppia corona..
un altro falco con la corona bianca, a tiara, dell’Alto Egitto.
un occhio – udjat, l’occhio risanato di Horus, potente amuleto che assicura a chi lo porta salute e integrità.
1un’immagine del dio Nefertem, personificazione del loto primordiale da cui ebbe origine la vita.
Tutti i ciondoli, tranne l’occhio-udjat, sono dotati di un sottile basamento.
La chiusura della collana era assicurata da due ganci ottenuti piegando le estremità del filo.
Fonte e fotografia
I tesori dell’antico Egitto nella collezione del museo egizio del Cairo – fotografie Araldo De Luca – testo Daniela Comand – National Geographic, Edizioni White Star
L’ egizia Lunyt e greca Latopolis è un villaggio dell’Alto Egitto in mezzo al quale vi è l’imponente tempio di Esna era dedicato al dio artefice Knum e alla sua controparte femminile, la dea Neith.
Knum è il dio creatore, infatti è il vasaio, colui che nella mitologia crea sulla ruota l’immagine dell’uomo in argilla che poi viene animata dalla potenza divina.
Il tempio è un inno alla sua opera, cioè alla creazione e alla natura.
I capitelli della sala ipostila sono fitomorfi, con papiri e loto i cui colori variano dal rosso al blu, al bianco al verde per rendere più movimentata la scena e variare la ripetizione dello stesso schema.
Capitello con foglie di loto
A Esna i resti visibili del tempio sono circa 9 metri più in basso del livello della città moderna.
Il tempio presenta una struttura classica, ma l’unica parte completamente alla luce è la sala ipostila.
La facciata è formata da 6 colonne con sendidi capitelli, collegati da intercolunni che arrivano più o meno a metà dell’altezza delle colonne.
Le sue pareti sono interamente decorate di rilievi : due inni crittografici a Knum che sono scritti quasi completamente l’uno con il segno geroglifico dell’ l’ariete, l’altro con quello del coccodrillo.
La sala ipostila presenta 24 colonne, il tempio fu ampliato da diversi imperatori romani, a partire da Claudio nel I secolo d. C. fino a Decio nel II secolo d. C., ed è quindi la struttura templare più tarda che si sia conservata in Egitto.
Geroglifici sulle colonne e sullo splendido soffitto del tempio di Esna. Fatto costruire nel II secolo a. C. dai faraoni Tolomeo VI è Tolomeo VII, ma decorato durante l’impero Romano. Si tratta quindi di una scrittura geroglifici di una fase finale della civiltà egizia. Foto Eirestok/Shutterstock Fonte Rivista Archeologia Viva settembre /ottobre 2003
Fonte e fotografie:
Antico Egitto di Maurizio Damiano – Electra
Egitto 4000 anni di arte – Jaromur Malek – Edizioni Phaifon
L’arte egizia – Alice Cartocci, Gloria Rosati Scala, Giunti
Mietitura del lino, nella tomba di Petosiri, sommo sacerdote del dio Thot a Tina El-Gebel.
I templi tolomaici conservarono quasi per intero la struttura faraonica, forse perché esistevano santuari specifici per le divinità e quindi non era necessario unire le due religioni.
Lo stesso vale per le tombe, almeno nel periodo tolemaico, però con alcune eccezioni, fra cui la tomba di Petosiri a Tina el-Gabel
Si tratta di una tomba familiare con sovrastrutture che ricorda un tempio, e la decorazione a rilievo presenta una mescolanza di stili egizi ed ellenistici.
Le scene in stile ellenistico si trovano sopratutto nella parte esterna della sovrastruttura e riproducono temi legati all’agricoltura, all’allenamento e al lavoro artigianale, ma anche un sacrificio secondo le modalità della religione greca.
Lo stile egizio è preminente all’interno, dove prevalgono i temi funerari e religiosi.
Le figure si attengono alle convenzioni rappresentative egizie, come dimostra la disposizione della spalla e dell’avambraccio destri dell’uomo che lega il lino, altre sono invece puramente ellenistiche, come le persone ritratte in visione frontale e di tre quarti.
Le convenzioni artistiche egizie non vennero modificate per creare qualcosa di nuovo e si preferì piuttosto utilizzare entrambi gli stili.
Fonte
Egitto 4000 anni di arte – Jaromir Malek – Edizioni Phaidon