C'era una volta l'Egitto, III Periodo Intermedio

LA XXIII DINASTIA

Di Piero Cargnino

Le dinastie si susseguono, ed ancor peggio si accavallano, pur se poco o nulla cambia nella penosa situazione in cui si trova l’Egitto.

Per quanto riguarda la XXIII dinastia ci troviamo sempre nella stessa situazione, le fonti sono poche, lacunose e spesso poco affidabili. Manetone per mezzo dei suoi epitomatori ci fornisce notizie contrastanti, Sesto Africano parla di

Eusebio da Cesarea ne riporta solo tre attribuendo diverse data di regno. Da quanto si è potuto ricavare dai dati archeologici si può pensare che fossero quattro o otto, a seconda di come si collocano alcuni reperti.

Coloro che governano (altrove ho già detto che chiamarli faraoni è un eufemismo) sono ancora, come per le due dinastie precedenti, di origini libiche di Mashwesh, che regnano in modo indipendente su parti dell’Alto Egitto. Ancora oggi si dibatte molto su dove era situato il centro di potere della XXIII dinastia, Herakleopolis Magna, Hermopolis Magna o Tebe. La precedente XXII dinastia, proveniva da Bubastis e, dopo aver preso sia Tanis che Menphis le mantenne quasi fino alla fine della loro dinastia.

La XXIII Dinastia, che viene considerata una propaggine della XXII, è considerata una dinastia Tanita, in quanto originaria di Tanis, anche se non regnò mai da lì. Nonostante ciò la maggior parte degli storici fanno affidamento sulla stele di Pianki che riporta che Iuput II governava da Leontopolis. Ma secondo altri studiosi Iuput II non dovrebbe essere inserito nella XXIII dinastia in quanto questa non ha mai governato da Leontopolis, la stele ci riporta solo che Iuput II ha governato da qualche parte nel Delta, questo dimostrerebbe che la stele di Pianki non costituisce una prova del fatto che Leontopoli fosse la capitale della XXIII dinastia.

Altro motivo di confusione, che genera nuovi dibattiti, è il fatto che oltre ai vari conflitti tra Alto e Basso Egitto, il Delta stesso era un groviglio di conflitti locali, la maggior parte dovuti a lotte di successione. Va poi tenuto conto che, siccome i Sommi Sacerdoti di Amon, durante la XXI dinastia, da Tebe governarono efficacemente l’Alto Egitto pur senza essere considerati una dinastia e quando, dopo la XXI dinastia persero gran parte del loro potere rimasero pur sempre persone potenti e influenti tanto che i matrimoni nella famiglia reale non erano una rarità.

Questa è la ragione per cui non sono pochi i regni all’interno della XXII e della XXIII dinastia che si sovrappongono. E qui ci troviamo tra due fuochi, ovvero opinioni diverse tra gruppi di studiosi, alcuni sostengono che la XXIII dinastia sia iniziata con Takelot II mentre Petubastis I sarebbe  una parte separata ed indipendente di quella dinastia, per altri invece sarebbe Takelot II una parte indipendente separata della ventiduesima dinastia mentre Petubastis I sarebbe il primo della XXIII dinastia. E questa dinastia fu accettata senza condizioni sia a Tebe che ad Hermopolis, Leontopolis, Heracleopolis e Tanis.

A Tebe c’erano pure le donne, Divine Spose di Amon, una di queste era la figlia di Osorkon III della XXIII dinastia. Queste donne rivestivano una posizione molto elevata che garantiva la successione nella dinastia; non si potevano sposare, in quanto già Spose di Amon, e la successione avveniva quindi regolarmente anche via adozione. La situazione in cui si trova l’Egitto è molto complessa, ci sono contemporaneamente più sovrani che pensano solo a rivendicare  la legittimità del potere disinteressandosi delle questioni interne e dei rapporti con i paesi confinanti indebolendo sempre più il paese che si viene a trovare esposto a minacce di invasione.

Priva di alcun controllo la Nubia e parte dell’attuale Sudan si organizzano in una potente monarchia sotto il governo dei re di Napata i quali si sono posti sotto la protezione del dio Amon e gradualmente conquistano la Bassa Nubia influenzando, con la loro ingerenza, i vicini settentrionali fino ad arrivare in seguito a creare una nuova dinastia, la XXV, la “Dinastia dei Faraoni Neri”.

Fonti e bibliografia:

  • Salima Ikram, “Antico Egitto” , Ananke, 2013
  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
  • George Goyon,  “La scoperta dei tesori di Tanis”, Pigmalione, 2004
  • Jurgen von Beckerath, “Osorkon IV = Eracle”,  Gottinger Miszellen, 1994
  • Dodson Aidan, “L’arrivo dei kushiti e l’identità di Osorkon IV”,  Editoria Cambridge Scholars, 2014
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, (Warminster: 1996
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IL FARAONE OSORKON IV

Di Piero Cargnino

Alla fine del lungo regno di Sheshonq V sale al trono Usermaatre Osorkon IV, forse uno dei suoi figli e della regina Tadibast III.

Governa su di un territorio limitato a Tanis e Bubastis nel Delta orientale del Nilo; intorno i  principi libici e capi Meshwesh governavano i loro piccoli regni al di fuori della sua autorità. Sempre nel delta orientale la città Horbeit (Farbeto), pur dichiarandosi vassalla del sovrano si era dotata di un proprio governo.  Leontopoli era governata da un sovrano che viene inserito nella XXIII dinastia, in altre città come: Sma-Behdet, Mendes, Sebennito e Busiris governavano autonomamente principi libici pur sempre della stirpe della XXII dinastia.

Nell’Alto Egitto, per quanto riguarda Tebe e gran parte del territorio circostante, tutto era ormai sotto il controllo dei sovrani nubiani che avevano posto termine al governo del Primo Profeta di Amon e che daranno origine poi alla XXV dinastia.

Sulla esatta collocazione dinastica di Osorkon IV ci sono dubbi avanzati soprattutto dell’egittologo Karl-Heinz Priese nel 1970, sostenuto da un certo numero di studiosi, che lo colloca nella XXIII dinastia dopo il regno dell’oscuro re Peduast II. Come abbiamo più volte ripetuto questo è un periodo dove chi governava in modo particolare il basso Egitto era il caos, non gli effimeri sovrani che si alternavano sui vari troni. La situazione che riscontriamo è la più caotica e politicamente frammentata dell’antico Egitto, ed è in questa situazione che si trovò a governare l’ultimo erede dei sovrani taniti, Osorkon IV.

Tra tutti i vari principati e piccoli regni, a lui toccò in eredità la parte più orientale del Delta, territorio che presto sarà coinvolto in tutti gli sconvolgimenti politici e militari che affliggeranno il Vicino Oriente. Ma già poco dopo  la sua ascesa al trono si trovò, insieme agli altri sovrani del Basso e Medio Egitto, Nimlot di Hermopolis e Iuput II di Leontopolis, ad affrontare la “crociata” del faraone kushita Pianki, della XXV dinastia.

Osorkon IV si unì alla coalizione guidata dal Capo dell’Ovest Tefnakth ma ciò non valse a nulla, Pianki avanzò inarrestabile e gli avversari dovettero arrendersi. Osorkon IV e tutti gli altri sovrani si recarono ad Heliopolis, al tempio di Ra per sottomettersi e rendere omaggio al nuovo signore. La sottomissione dei quattro sovrani è riportata sulla “Stele della Vittoria” di Pianki, che la accettò autorizzandoli addirittura a mantenere i loro precedenti domini e autorità. L’unica condizione però era che essi non avrebbero mai dovuto entrare nel recinto reale in quanto non erano circoncisi ed inoltre erano mangiatori di pesce, cose abominevoli per i nubiani.

Di Osorkon IV molti affermano che sarebbe lo stesso faraone citato da fonti assire oltre che nella Bibbia, dove viene chiamato “So, re d’Egitto” (II Re; 17,4). All’epoca del suo regno in Palestina l’ultimo re d’Israele, Hoshea, rifiutò di continuare a pagare il tributo convenuto al re assiro Salmanassar IV chiedendo aiuto al re d’Egitto Osorkon IV. Cita la Bibbia (II Re 17; 4)

La maggioranza degli studiosi è convinta che il faraone citato come So fosse in realtà Osorkon IV. Ovviamente si tratta di una supposizione basata sulla concomitanza del periodo e non documentata. Per ragioni che non si conoscono il re So non aiutò Hoshea, rimase semplicemente neutrale, forse non aveva risorse sufficienti per fornirgli un aiuto concreto o forse ritenne che era più opportuno evitare di entrare in contrasto col potente impero assiro. Hoshea venne sconfitto e deposto dal re assiro  Salmanassar IV. Fu così che Israele cessò di esistere e molti dei suoi abitanti furono deportati in Assiria mentre coloni assiri e babilonesi occuparono Israele. Gli ebrei sopravvissero solo più nel regno di Giuda.

Come abbiamo detto più sopra Osorkon IV viene citato anche da fonti assire quando, nel 720 a.C. ci fu una rivolta in Palestina contro gli Assiri sotto la guida del re Hanun (o Hanuna), sovrano di Gaza che si rivolse per cercare l’aiuto  di “Pir’u di Musri” che molti ritengono significhi “Faraone d’Egitto” che al tempo era Osorkon IV. Le fonti di parte assira affermano che il faraone questa volta non si tirò indietro ed inviò un “turtami”, (generale dell’esercito) chiamato “Re’e (o Re’u) il cui nome egiziano era Raia con un seguito di truppe. Purtroppo fu un completo fallimento e la coalizione venne sconfitta nella battaglia di Raphia. Il generale Raia fece ritorno in Egitto mentre l’esercito assiro prese Raphia e Gaza che vennero saccheggiate e Hanun fu bruciato vivo.

Sempre da fonti assire apprendiamo che pochi anni dopo il re assiro Sargon II arrivò a premere sui confini egiziani. Osorkon IV (che gli assiri in questo caso chiamano Shilkanni) decise di adottare un atteggiamento diplomatico, si incontrò personalmente con Sargon presso il “Ruscello d’Egitto” (probabilmente el-Arish) offrendogli un regalo che Sargon apprezzò molto e lo descrisse come:

e con ciò si ritirò. Sull’identificazione di Shilkanni con Osorkon IV, diversi studiosi concordano con l’archeologo statunitense William F. Albright che nel 1956 la propose per la prima volta, non tutti gli studiosi concordano, in assenza di conferme alcuni sono incerti altri scettici.

Con Osorkon IV si chiude la XXII dinastia anche se in questo periodo parlare di dinastie nel vero senso della parola è un eufemismo, di fatto quelle che seguiranno sono già operative fino alla XXV di Pianki.

Fonti e bibliografia:

  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
  • George Goyon,  “La scoperta dei tesori di Tanis”, Pigmalione, 2004
  • Jurgen von Beckerath, “Osorkon IV = Eracle”,  Gottinger Miszellen, 1994
  • Dodson Aidan, “L’arrivo dei kushiti e l’identità di Osorkon IV”,  Editoria Cambridge Scholars, 2014
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, (Warminster: 1996
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I FARAONI PAMY E SHESHONQ V

Di Piero Cargnino

PAMY

Ed è sempre dalle datazioni rinvenute sui sarcofagi dei tori Api del Serapeo di Saqqara, a cui si aggiungono pochi resti provenienti dal Delta del Nilo che possiamo apprendere le scarse informazioni su questo “faraone”.

Sappiamo che regnò circa sei anni. Va tenuto conto che parlare di durata del suo regno è molto complesso particolarmente per il fatto che è stata recentemente scoperta l’esistenza del faraone Sheshonq IV per cui si sta ancora studiando sulla loro esatta collocazione.

Entrambi figli di Sheshonq III, Pamy governò solamente su una parte del Basso Egitto contemporaneamente a suo fratello Bakennefi che governava Atribi e Heliopolis.

Unica, ulteriore notizia che possediamo su Pamy proviene da un’iscrizione su di un gruppo statuario rinvenuto a Sais, risalente a prima della sua ascesa al trono dove viene citato come “Governatore dei Libi Mashwesh.  

SHESHONQ  V

Sappiamo che Sheshonq V (Aakheperre Shoshenq) fu un figlio di Pamy da una stele rinvenuta sempre nel Serapeo di Saqqara che è datata all’anno 11 di regno. Sappiamo inoltre che il suo regno durò trentasette anni grazie al fatto che Sheshonq V compare sulla stele di Pasenhor (già citata); regnò sulla parte orientale del Delta del Nilo nel Basso Egitto.

In questa posizione l’ho trovato e qui lo tengo ma secondo David Aston, la sua corretta collocazione sarebbe al quarto o quinto posto della XXIII dinastia.

Non si conoscono le ragioni per le quali nel trentesimo anno di regno Sheshonq V modificò il suo nomen da Sheshonq a “Amato da Amon, potente, incoronato in Tebe”. Il suo fu comunque uno dei regni più lunghi dell’intera XXII dinastia ma, come sempre, a complicare le cose ci pensò il Principe di Sais Osorkon che si rese indipendente occupando una vasta regione nel Delta occidentale preparando così il terreno per la costituzione della XXIV dinastia.

Iniziò così una sempre maggiore perdita di potere, oltre che di territorio, da parte di Sheshonq V a causa dei vari capi tribù libici, principi e re che si proclamavano indipendenti primo fra tutti il futuro faraone Tefnakht. Il suo potere si estendeva su poco più dei distretti di Tanis e Bubastis.

Troviamo Sheshonq su diverse stele di donazione di vari Grandi Capi dei Libu, tra questi: Tjerpahati, Ker, Rudamun e Ankhhor oltre che su di una stele di Atfih, dedicata alla dea Hathor risalente al suo ventiduesimo anno di regno.

  

Fece costruire a Tanis un tempio per la Triade Tebana evidenziando in modo particolare il dio Khonsu. Pare che nel trentesimo anno di regno abbia celebrato la sua festa Sed costruendo una cappella giubilare nel tempio stesso.

Gli edifici da lui costruiti furono in seguito smantellati per realizzare una lago sacro. Dai pochi resti è possibile dedurre che celebrò effettivamente una festa Sed adottando diversi nomi, Horus, Nebty e Horus d’Oro. Altri monumenti di cui non si conosce la datazione sono stati trovati a Tell el-Yahudiyeh.

Sheshonk V morì intorno al 730 a.C. e, anche se i suoi rapporti familiari non sono del tutto chiari, pare che a succedergli fu Osorkon IV, probabilmente suo figlio e della regina Tadibast III. Tuttavia questa ricostruzione è complicata ed è ancora oggetto di dibattito.

Fonti e bibliografia:

  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
  • George Goyon,  “La scoperta dei tesori di Tanis”, Pigmalione, 2004
  • Jurgen von Beckerath, “Osorkon IV = Eracle”,  Gottinger Miszellen, 1994
  • Dodson Aidan, “L’arrivo dei kushiti e l’identità di Osorkon IV”,  Editoria Cambridge Scholars, 2014
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, (Warminster: 1996
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IL FARAONE SHESHONQ III

Di Piero Cargnino

Certamente non molliamo e continuiamo con questa XXII dinastia, anche perché quella che seguirà non è certo più chiara. Parliamo di Sheshonq III che Manetone non cita esplicitamente nella sua lista reale ma, come per altri sovrani, si deduce la sua esistenza  dallo studio delle iscrizioni sui sarcofagi dei tori Hapi presenti nel Serapeo di Saqqara.

A questo punto della XXII dinastia l’unico vero aiuto ci viene fornito proprio da questi reperti, in particolar modo dalle date iscritte sui sarcofagi dei tori dove è riportata la data di nascita e di morte del toro riferita all’anno di regno del sovrano. Grazie a queste date si è potuto stabilire che Sheshonq III regnò almeno cinquantadue anni.

Dal punto di vista dinastico non è chiaro neppure il suo legame di parentela con  il suo predecessore Takelot II. E’ noto però che il figlio di Takelot II, il Gran Sacerdote a Tebe Osorkon (B?), continuò il suo sacerdozio fino al ventinovesimo anno di regno di Sheshonq III; da ciò si deduce che non si creò nessun problema per la successione.

In un primo momento si ritenne che Sheshonq III fosse il faraone che aveva regnato più a lungo, ma la durata del suo regno venne ridimensionata nel 1993 in seguito alla scoperta, da parte dell’egittologo Aidan Dodson, con il quale concordano anche von Beckerath e Kitchen, dell’esistenza di un Sheshonq IV.

Di Sheshonq III, oltre a quanto abbiamo già accennato trattando di altri sovrani, conosciamo ben poco, quanto basta però a stabilire che fu con lui che si sfaldò definitivamente il potere reale che segnò, anche sotto l’aspetto formale, la definitiva fine dell’unità dell’Egitto.

Al momento della sua ascesa al trono l’Egitto si trovava in una pessima situazione politica, nel Basso Egitto, la regione del Delta era interamente sotto il controllo del sovrano di Tanis; il caos era nel Medio Egitto dove ciascuna grande città si era costituita come principato autonomo governata da capi militari o collegi sacerdotali.

Nell’Alto Egitto, nell’intera regione di Tebe, proseguiva l’ormai più che decennale guerra tra due pretendenti al titolo di Primo Profeta di Amon che gli avrebbe garantito l’effettivo governo della regione. La situazione divenne ulteriormente complicata quando Petubastis I, possibile discendente della famiglia reale, si proclamò re dell’intero Egitto e si instaurò a Leontopolis dove fonderà la XXIII dinastia. 

Di li a qualche anno Horsaset (II) riuscì ad occupare Tebe ed a proclamarsi Primo Profeta di Amon, ma non successe nulla e riconobbe ufficialmente l’autorità di Petubastis I adottando pure come data sui suoi documenti gli anni di regno di quest’ultimo. Stranamente, considerando la complessità della situazione, non si arrivò a scontri diretti tra i vari regnanti anzi si instaurò un delicato equilibrio che si cercò di garantire con matrimoni e scambi di incarichi.

Lo stesso Horsaset nominò comandante militare delle truppe tebane un figlio di Sheshonq III.

Alla sua morte Sheshonq III fu sepolto a Tanis in una tomba preparata appositamente per lui oggi contrassegnata come NRT V, ovviamente anche questa fu violata e saccheggiata fin dall’antichità, la sua mummia venne trasferita come altre nella tomba di Psusennes I.   

  

Fonti e bibliografia:

  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
  • George Goyon,  “La scoperta dei tesori di Tanis”, Pigmalione, 2004
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, (Warminster: 1996
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IL FARAONE TAKELOT II

Di Piero Cargnino

E qui ci troviamo in un altro bel groviglio di ipotesi tra gli egittologi che non sono mai d’accordo, cercherò, per quanto mi è possibile, di districarmi alla meglio sperando di riuscire ad essere il più chiaro possibile.

Ora secondo quanto scrivono Aidan Dodson e Dyan Hilton, Takelot II sarebbe figlio di Nimlot C; altre ipotesi suggeriscono che poteva essere figlio di Osorkon II ma forse lo era di Nimlot II (?). La maggioranza degli studiosi, tra cui Kenneth Kitchen lo considerano appartenente alla XXII dinastia e lo ritengono padre del Primo Profeta di Amon Osorkon B mentre per David Aston apparteneva alla XXIII dinastia e lo colloca prima di Petubastis I  ritenendo che fosse il padre di Osorkon III che identifica con Osorkon B. Con Aston concordano anche altri egittologi tra cui Dodson, Broekman, von Bekerath, Leahy e Winkeln secondo i quali il successore di Osorkon II sarebbe stato Sheshonk II e non Takelot II.

Da questo groviglio di supposizioni e contraddizioni cercherò di uscirne attenendomi alla lista che ho adottato sin dall’inizio che riporta i faraoni dell’Egitto, suddivisi secondo le dinastie e i periodi tradizionali. I dati sono tratti dalle fonti storiche quali le liste reali egizie e dagli ultimi studi storici sull’argomento, se poi non è la più corretta non so cosa farci; confesso, tra l’altro, che non ho ancora capito perché per questo periodo alcuni sovrani vengono identificati con delle lettere anziché con i soliti numeri romani.

Cercando di seguire la complessa linea di successione potremmo dire che, alla morte del Primo Profeta di Amon, Nimlot II, pretendenti al trono erano i suoi figli Ptahudjankhef, principe di Heracleopolis e Takelot, mentre Horsaset era il candidato al clero tebano; il suo nome infatti compare più volte nella lista dei Primi Profeti di Amon, che viene interpretata in modo diverso dai vari studiosi.

Intenzionato a mantenere una sorta di controllo sulla regione tebana, Takelot II nomina Primo Profeta di Amon il suo erede diretto, il principe Osorkon (Osorkon B); questa scelta non piacque a nessuno e portò alla rivolta di Horsaset che occupò Tebe ma venne poi sconfitto da Ptahudjankhef che eseguì le disposizioni di Takelot II restituendo il seggio pontificale a Osorkon.

Nel 18º anno di regno di Takelot II,  Horsaset si alleò con il principe Petubastis, che sarà il fondatore della XXIII dinastia, dando inizio ad una vera e propria guerra civile che durerà almeno una decina di anni. Seguirà una pace precaria che sfocerà in una nuova contesa con alterne vicende nelle quali si verificherà addirittura un periodo di coreggenza tra i due avversari.

In realtà Takelot II governava il Medio e l’Alto Egitto in modo autonomo e separato dalla XXII dinastia tinita la quale governava solo più il Basso Egitto. I documenti dove è citato Takelot II sono stati rinvenuti nel Medio o Alto Egitto, nessuno nel Basso Egitto, oltre che in una tomba reale a Tanis dove viene chiamato Hedjkheperre Setepenre Takelot.

Come già accennato in precedenza Takelot II, pur adottando lo stesso praenomen di Takelot I, aggiunse al suo titolo reale l’epiteto “Si-Ese” (Figlio di Iside). Se sgomberiamo il campo dalla confusione che qui regna sovrana, e consideriamo che Takelot II fosse figlio di Osorkon II, pare che abbia regnato per circa 25 anni dei quali conosciamo ben poco; secondo alcuni avrebbe regnato come coreggente col padre per circa sei anni (tre secondo altri) e quasi un ventennio con Sheshonq III.

La maggior parte degli egittologi oggi asserisce che Osorkon III fosse il “Principe ereditario e Sommo Sacerdote” individuato come Osorkon C, figlio di Takekot II. Nel 1983 una spedizione giapponese, che scavava per conto del Museo Hejan, scoprì a Tehna una stele di donazione ove viene riportato che Osorkon III era un tempo “Sommo Sacerdote di Amon”, subito si è pensato che costui altri non era che il Sommo Sacerdote Osorkon B poiché nessun altro Sommo Sacerdote tebano di nome Osorkon ricoprì la carica fino al regno di Takelot III, ossia mezzo secolo dopo, quando gli subentrò Osorkon F.

Prima di salire al trono, Osorkon B venne inviato da suo padre Takelot II a sedare una rivolta fomentata da Peduast I. Osorkon B riuscì a debellare i rivoltosi e ad assumere il controllo della città proclamandosi nuovo Sommo Sacerdote di Amon. La sua reazione fu così dura che fece bruciare i corpi di alcuni ribelli per negare alle loro anime la speranza di una vita nell’aldilà.

Quattro anni dopo, nel quindicesimo anno di regno di Takelot II, scoppiò una nuova rivolta che questa volta riuscì ad espellere le forze di Osorkon B da Tebe. Seguì un lungo periodo di disordini e instabilità che portarono ad una lotta prolungata tra le fazioni in competizione per il controllo di Tebe, da un lato Takelot II e Osorkon B dall’altro Peduast I e Shoshenq VI. Pare che il conflitto sia durato 27 anni dall’anno 15 all’anno 25 di Takelot II continuando poi sotto  Shoshenq III dall’anno 22 all’anno 39 del suo regno. A questo punto Osorkon B sconfisse i suoi nemici e conquistò la città proclamandosi re Osorkon III come asseriscono  molti egittologi secondo i quali Osorkon B e Osorkon III erano la stessa persona, cosa non accettata da Kennet Kitchen secondo il quale esiste una leggera differenza sul nome delle madri dei due, quella di Osorkon B era “Karoma-merymut” mentre quella di Osorkon III era “Kamama-merymut”.

Il papiro Berlino 3048 è stato datato in modo definitivo al regno di Takelot II (e non di Takelot III) a causa dell’attestazione che un certo Harsiese, designato il quarto profeta di Amon, avrebbe  servito durante il regno di re Takelot II.

Per Takelot II si sa solo che venne sepolto a Tanis. A questo punto chiedo venia ma devo dire che quello che riesco a carpire dalle fonti, in inglese e tedesco, grazie ad un’imperfetta traduzione di Google, tra un’affermazione subito smentita da un’altra affermazione, mi convince sempre più che proseguire con questi Sheshonq, Takelot e Osorkon, A,B, C e I, II e III, ecc. è come trovarsi in un ambiente dove tutto è vero ma nello stesso tempo tutto è falso. Io mi trovo in difficoltà nel riportare questo caos e voi, in definitiva, non ci capireste più nulla, pertanto io continuerò a documentarmi per quello che posso riportandovi solo i fatti più salienti e meno confusi.

Fonti e bibliografia:

  • Winfried Barta,“Die Mondfinsternis im 15. Regierungsjahr Takelots II”, und die Chronologie der 22/25. Dynastie, 1980
  • Gerard P.F. Broekman, “The Chronicle of Prince Osorkon and its Historical Context”, Journal of Egyptian History, 2008
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Alfred Heuss ed alt, “I Propilei”,  Verona, Mondadori, 1980
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
  • Ricardo A. Caminos, “Bemerkungen zu Schoschenq II., Takeloth II. und Pedubastis II”, Rome: Biblical Institute Press, 1958 
  • George Goyon,  “La scoperta dei tesori di Tanis”, Pigmalione, 2004
  • N. Dautzenberd, Bemerkungen zu Schoschenq II, Takeloth II und Pedubastis II”, Gottinger Miszellen, 1995
  • Gerard P.F. Broekman, “The Reign of Takeloth II: a Controversial Matter”, 2008
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, (Warminster: 1996
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IL FARAONE OSORKON II

Di Piero Cargnino

Da qui in poi ci troviamo nel buio, la storia egizia si fa talmente oscura che raramente si riesce a scoprire un barlume che ci permetta di seguire il succedersi degli eventi.

Centro focale di quello che possiamo in un certo senso definire potere si trovava ormai nel Delta del Nilo dove l’umidità ed il terreno paludoso non ci hanno restituito granché a parte alcuni monumenti che hanno resistito a quel clima. Va però riconosciuto che, nonostante tutto, per il paese si trattò di un periodo di relativa pace.

Per quanto riguarda Tebe, pur sempre orgogliosa della sua importanza, sta attraversando un periodo di ristagno politico. Il poco che si riesce a ricavare lo troviamo su verbose epigrafi che ornano le statue dei dignitari tebani che troviamo a Karnak.

Per stabilire gli anni di regno della XXI e della XXII dinastia ci sono di grande aiuto le registrazioni dei livelli del Nilo conservate sulle pareti del molo di fronte al tempio.

Dobbiamo arrivare al regno di Osorkon II Usermaatre Setepenamun, figlio di Takelot I e della regina Kapes, perché un po di luce riesca a filtrare tra le tenebre.

La sua ascesa al trono non fu priva di intoppi, Osorkon II si trovò a dover affrontare suo cugino, il re Harsiese A che oltre a Tebe controllava anche l’Oasi occidentale. Harsiese A avrebbe potuto essere un avversario temibile per l’autorità di Osorkon II ma Harsiese A morì presto e Osorkon si premunì che nessun re lo avrebbe sostituito.

Trascuro volutamente di trattare quella schiera di sacerdoti tebani i quali pensavano solo ad affermare la propria indipendenza dal potere centrale di Tanis trascurando il resto del paese.

Basti dire che nel suo 4º anno di regno Osorkon II non si oppose alla nomina a Primo Profeta di Amon a Tebe di Horsaset (o Harsiesis), figlio di Sheshonq C; questo costituiva un ritorno all’ereditarietà della carica istituita da Herihor all’inizio della XXI dinastia.

La mancata opposizione di Osorkon II alla sua nomina permise al nuovo Primo Profeta di Amon di ritenersi a tutti gli effetti sovrano sulla regione tebana, assumere i titoli regali ed assegnarsi il nome di Horo: “Toro possente, incoronato in Tebe” in contrapposizione con Osorkon II il cui nome Horo era: “Toro possente, incoronato da Ra”.

Consapevole di cosa voleva dire ciò, alla morte di Horsaset, Osorkon II nominò Primo Profeta di Amon il proprio figlio Nimlot ed altri suoi figli come capi di altri collegi sacerdotali.

Quello che si sa del regno di Osorkon II lo apprendiamo da una lunga iscrizione presente a Karnak nota come “Gli annali di Osorkon”, qui viene raccontato che il sovrano celebrò una Festa Sed a Bubastis nel suo ventiduesimo anno di regno; apprendiamo inoltre che Osorkon II ordinò la definitiva proscrizione del culto di Seth ampiamente professato nel Delta del Nilo.

  

Dal punto di vista militare proseguì la politica dei suoi predecessori rafforzando i legami con Biblo. unica azione degna di nota fu l’invio di un contingente di circa mille uomini a sostegno del Regno di Israele minacciata dagli assiri di Salmanassar III nella battaglia di Qarqar.

Nel Medio Oriente fece rafforzare la fortezza a nord di Ossirinco, iniziata da Sheshonq I, il cui scopo pare fosse quello di costituire una barriera fra il nord e il sud del paese. Ancorché di origini libiche, anche se ormai egizianizzato, intervenne per scacciare le tribù libiche che avevano soppiantato i  Libu e i Mashuash.

Fu a Tanis, nel tempio di Amon, che nel 1939 l’egittologo Pierre Montet scoprì la tomba (identificata come NRT 1) di Osorkon II completamente spogliata dai ladri. All’interno si trovava anche il sarcofago di un Gran Sacerdote di Amon-Ra, Harnakhti, forse suo figlio.

Si sa che nel ventiduesimo anno di regno Osorkon II esentò da tutti gli altri servizi le donne dell’Harem del tempio di Amon-Ra e degli altri templi nelle sue due città, non è chiaro se fece ciò come riconoscimento di uno stato di fatto o per una sua diplomatica concessione. Nessuno dei sovrani che lo avevano preceduto si erano curati più di tanto di far decorare le pareti del Vestibolo Bubastis a Karnak, volete che Osorkon II non ne approfittasse? Fece decorare con geroglifici ben settantasette altissime colonne che riportano i suoi atti pubblici e privati. Come abbiamo detto, dopo aver consolidato la sua autorità sull’Alto Egitto, Osorkon II governò su un paese unito, il regno di Osorkon II fu un periodo di prosperità per l’Egitto.  

Fonti e bibliografia:

  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Alfred Heuss ed alt, “I Propilei”,  Verona, Mondadori, 1980
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
  • Nicholas Reeves, Richard Wilkinson, “The complete Valley of the Kings”, Thames & Hudson, 2000
  • Christian Jacq, “La Valle dei Re”, traduzione di Elena Dal Pra, Milano, Mondadori, 1998
  • Alberto Siliotti, “Guida alla Valle dei Re, ai templi e alle necropoli tebane”, White Star, 2010
  • George Goyon,  “La scoperta dei tesori di Tanis”, Pigmalione, 2004
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, (Warminster: 1996
C'era una volta l'Egitto, III Periodo Intermedio

IL FARAONE TAKELOT I

Di Piero Cargnino

Siamo dunque arrivati a Takelot I, Hedjkheperre Setepenre, uno dei figli di Osorkon I e della regina Tashedkhons – ed è forse il meno conosciuto dei sovrani della XXII dinastia.

Manetone, nell’epitome di Sesto Africano, lo chiama Tachelotis e lo colloca dopo “…..tre re per 25 anni…..” che avrebbero regnato per un tempo brevissimo tra Osorkon I e Takelot I; Manetone potrebbe anche aver ragione sulla durata di 25 anni, gli eventuali tre re potrebbero aver regnato contemporaneamente. Allo stato attuale non si conosce nulla di costoro anche se due di essi  potrebbero essere Sheshonq C e Sheshonq III; dell’altro non si possono neppure fare supposizioni.

Introducendo la XXII dinastia avevo anticipato che ci stavamo addentrando in un groviglio di regnanti tra re, sacerdoti e profeti cercando di capire a malapena le scarse notizie che possediamo.

Takelot I sarebbe il padre di Osorkon II avuto dalla regina Kapes. Pur concordando sui 13 anni di regno che gli assegna Manetone, gli studiosi hanno dibattuto a lungo su chi sia stato effettivamente questo Takelot o addirittura se fosse realmente esistito. Di lui non esistono monumenti conosciuti né a Tanis né in altre città del Basso Egitto. Che sia esistito pare di si, in quanto viene menzionato nella Stele di Pasenhor, sacerdote di Ptah e profeta di Neith nella quale riporta tra l’altro la propria genealogia, risalendo per sedici generazioni.

Ad ulteriore conferma sulla sua esistenza, negli anni ‘80 gli egittologi hanno trovato diversi documenti che menzionano un re Takelot nel Basso Egitto; a questo punto è stato definito che si trattava del primo Takelot mentre il già noto Takelot è diventato Takelot II. Tra i due Takelot esiste una differenza sostanziale, quello che è ora Takelot II si attribuiva l’epiteto di ispirazione tebana “Si-Ese” “Figlio di Iside” nel suo secondo cartiglio, mentre Takelot I non ha mai utilizzato tale epiteto.

Ora si può tranquillamente dire che Takelot I era il  Hedjkheperre Setepenre che compare su di una stele dell’anno 9 di Bubastis come riportato dall’egittologo tedesco Karl Jansen Winkeln nel suo libro “Varia Aegyptiaca” del 1987 (pag. 253-258) che cita anche un’altra stele, ora a Berlino (sempre da Bubastis) e un frammento nell’ex collezione Grant.

In una tomba reale scoperta a Tanis, saccheggiata nell’antichità, il cui titolare era precedentemente sconosciuto, lo studioso tedesco Jansen Winkeln nel 1987, dopo aver esaminato parecchie iscrizioni trovate sulle pareti e sui corredi funerari all’interno della tomba, ha dimostrato, senza dubbio, che la persona sepolta qui poteva essere solo Takelot I, il padre di Osorkon II.

Alcune iscrizioni menzionavano i suoi genitori; un braccialetto d’oro (Cairo JE 72199) e un vaso di alabastro (Cairo JE 86962) di suo padre Osorkon I e un ushabti di sua madre, la regina Tashedkhons. Inoltre su di uno scarabeo del cuore il suo nome è riportato come “Takelot Meryamun” senza l’epiteto “Si-Ese” usato da Takelot II. Le conclusioni di  Winkeln oggi sono accettate dalla maggior parte degli egittologi, compreso il professor Kenneth Kitchen.  

Fonti e bibliografia:

  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Alfred Heuss ed alt, “I Propilei”,  Verona, Mondadori, 1980
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
  • Nicholas Reeves, Richard Wilkinson, “The complete Valley of the Kings”, Thames & Hudson, 2000
  • Christian Jacq, “La Valle dei Re”, traduzione di Elena Dal Pra, Milano, Mondadori, 1998
  • Alberto Siliotti, “Guida alla Valle dei Re, ai templi e alle necropoli tebane”, White Star, 2010
  • George Goyon,  “La scoperta dei tesori di Tanis”, Pigmalione, 2004
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, (Warminster: 1996)
  • DA Aston, “Takeloth II: A King of the “Theban Twenty-Third Dynasty?”, Sage, 1989
  • Karl Jansen Winkeln, “Thronname und Begräbnis Takeloth I”, Varia Aegyptica 3, 1987
C'era una volta l'Egitto, III Periodo Intermedio

I FARAONI SHESHONQ C E SHESHONQ II

Di Piero Cargnino

Come ho detto in precedenza la storia di questi due Sheshonq C e  Sheshonq II è un po’ intricata e confusa a seconda dell’egittologo che li tratta. Ovviamente non li troviamo in nessun reperto con gli identificativi “C” o “III”, assegnati loro dagli egittologi moderni le cui ipotesi sono spesso contraddittori e comunque scarsamente chiare.

Sheshonq C potrebbe essere il figlio maggiore di Osorkon I, nominato dal padre Sacerdote di Amon al posto di suo fratello (o fratellastro) Iuput ricoprendo de facto la carica di viceré dell’Alto Egitto. Come già accennato, secondo l’egittologo britannico Kennet A. Kitchen, Sheshonq C sarebbe stato un coreggente di breve durata di Osorkon I, sepolto a Tanis; si pensa che possa aver regnato per pochi mesi tra il padre e Takelot I e comunque sia premorto al padre. Farebbero testo alcune iscrizioni su una statua del dio Nilo, oggi al British Museun di Londra, dove viene citato come figlio di Osorkon I e della regina Maatkara.

Nelle iscrizioni non compaiono ne il nomen ne il praenomen di Sheshonq C che viene rappresentato a fianco delle gambe del dio Nilo con dimensioni minori, mentre per un re dovrebbero essere maggiori, e viene citato come “Signore delle Due Terre” (Signore, non Re).

Delle tre mogli di Sheshonq C nessuna porta il titolo di “Moglie del Re”, così come suo figlio Horsaset non viene mai chiamato “Figlio di Re”.

Secondo altri studiosi, tra cui l’egittologo tedesco Jurgen von Beckerath, in base ad alcune valutazioni stilistiche sul coperchio del suo sarcofago, ritengono che  Sheshonq C fosse  un fratello maggiore di Takelot I ed avrebbe regnato per un breve periodo tra Osorkon I e Takelot I. L’egittologo britannico Kennet A. Kitchen invece è convinto che Sheshonq C e  Sheshonq II sarebbero la stessa persona che svolse per brevissimo tempo il ruolo di coreggente del padre Osorkon I ma sarebbe morto prima di questi.

Secondo alcuni Sheshonq II potrebbe essere figlio di Sheshonq I il cui nome compare su due braccialetti trovati nel tomba da Sheshonq II; inoltre su di uno dei pettorali un’iscrizione riporta il titolo di “Grande Capo dei Ma Sheshonq”, titolo che fu attribuito a Sheshonq I da Psusennes II prima che diventasse re. Inutile dire che si tratta di ipotesi in attesa di ulteriori conferme.

Sheshonq II fu sepolto in una tomba a Tanis che in seguito venne danneggiata seriamente durante i lavori per la costruzione della tomba di Osorkon II facendo  crollare quella di Sheshonq II. Ciò costrinse a traslare la sepoltura di Sheshonq II nel vestibolo della tomba di Psusennes I, la solita NRT III scoperta da Pierre Montet nel 1939, già più volte citata e che non era mai stata saccheggiata dai ladri.

Alcuni non sono d’accordo sul primo luogo di sepoltura di Sheshonq II ma pensano che in un primo tempo il sovrano sia stato sepolto a Bubastis da dove proveniva la sua famiglia. Anche qui non possiamo che prendere atto delle varie teorie aspettando (se mai arriverà) una conferma.

Il sarcofago d’argento venne aperto da Montet nel 1939. Il Prof. Douglas Erith Derry racconta che la mummia di Sheshonq II, all’interno del sarcofago d’argento con la testa di falco, era completamente dissolta a causa dell’acqua che era entrata nel sarcofago portando con se una massa terrosa che aveva impregnato interamente lo scheletro.

Il sarcofago d’argento conteneva molti braccialetti e pettorali incastonati e la mummia indossava una maschera funeraria d’oro.

L’intero coperchio del sarcofago è costituito da un’unica lastra d’argento battuto mentre le mani, il flagello ed il pettorale sono fatti a parte e fissati sul coperchio. Il coperchio è interamente decorato, compaiono, oltre al dio Ra con testa di ariete e corpo di avvoltoio, due figure alate delle dee Iside e Nefti ed i quattro figli di Horus mentre ai piedi ci sono le figure protettive inginocchiate di Selqet e Neith.

Un’iscrizione nella parte centrale recita:

La parte sottostante esterna del sarcofago non presenta decorazioni, solo all’interno sul fondo si trova una figura della dea Nut stranamente incompiuta.

All’interno del sarcofago d’argento si trovava un secondo sarcofago in cartonnage,  anch’esso con testa a forma di falco, quasi interamente disfatto Grazie alle parti placcate in oro, che si sono preservate rendendo addirittura ancora leggibili le iscrizioni, è stato possibile ricostruirlo ed oggi lo possiamo ammirare.

Le iscrizioni sono state riportate da Pierre Montet in un disegno dove si legge, nell’iscrizione verticale centrale:

in quella a sinistra:

in quella a destra:

nella prima riga orizzontale:

mentre nelle altre due righe orizzontali il re viene definito “imakhy” (venerabile) dai quattro figli di Horus. Non è chiaro il fatto che Sheshonq, contravvenendo la tradizione secondo cui sui sarcofagi era sempre riportato il volto del sovrano, abbia fatto fare il sarcofago d’argento e per di più con una testa di falco, forse voleva dare un tono di estrema regalità alla sua sepoltura.

Il suo regno forse non è durato più di un anno ed alla sua morte gli successe il fratellastro Takelot I.

FONTI:

  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Alan Gardiner e  R.O. Faulkner,”The Wilbour Papyrus”, Oxford, 1941-1952
  • Alfred Heuss ed alt, “I Propilei”,  Verona, Mondadori, 1980
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
  • Rupert L. Chapman III, “Putting Sheshonq I in his place”, Palestine Exploration Quarterly, 2009
  • Nicholas Reeves, Richard Wilkinson, “The complete Valley of the Kings”, Thames & Hudson, 2000
  • Christian Jacq, “La Valle dei Re”, traduzione di Elena Dal Pra, Milano, Mondadori, 1998
  • Alberto Siliotti, “Guida alla Valle dei Re, ai templi e alle necropoli tebane”, White Star, 2010
  • Mostafa El-Alfi, “Una stele di donazione dal tempo di Osorkon I”, Discussioni in egittologia 24, 1992
  • Andrea Petta, “Cose meravigliose, Tanis, Sheshonq II”, Articolo su la Civiltà Egizia
  • George Goyon,  “La scoperta dei tesori di Tanis”, Pigmalione, 2004
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, (Warminster: 1996
C'era una volta l'Egitto, III Periodo Intermedio

IL FARAONE OSORKON I

Di Piero Cargnino

Sekhemkheperre Osorkon I, figlio di Sheshonq I e della Grande Sposa Reale Karomama, fu il secondo re della XXII dinastia libica.

Il suo nome del trono, Sekhemkheperre significa “Potenti sono le manifestazioni di Ra”, mentre il suo nome di Horo era Ka-nekhet Merira. Salì al trono alla morte di suo padre e regnò per un lungo periodo circa 35 anni. Manetone gliene assegna solo 15 ma probabilmente sbagliava. Nella fasciatura della mummia di Nakhtefmut, compariva un’iscrizione relativa alla sua seconda Festa Sed risalente all’anno 33 del suo regno. La mummia di Nakhtefmut conteneva inoltre una collana menat-tab sulla quale erano incisi sia il nomen che il praenomen di Osorkon I ovvero “Osorkon Sekhemkheperre”.

Va detto inoltre che su di un’altra mummia, quella di Khonsmaakheru, conservata a Berlino, si trovano tre bende separate che riportano gli anni di regno 11, 12 e 23. Le bende sono anonime ma risalenti sicuramente al regno di Osorkon I perché sulla mummia si trovavano anche fasce di cuoio con una linguetta menat-tab con il nome di Osorkon I.

Grande Sposa Reale di Osorkon I fu Maatkare B, probabile madre di Sheshonq II, mentre la madre di Takelot I fu la moglie secondaria Tashedkhons.

Come per molti altri sovrani di questo confuso periodo, anche di lui non si sa molto, durante il suo regno, da Bubasti, divenne preminente in tutto l’Egitto il culto della dea Bastet. Per quanto riguarda il suo governo, si sa che proseguì nella politica paterna nell’area palestinese e mantenne un ferreo controllo sul clero tebano designando a Primo Sacerdote di Amon il proprio figlio Sheshonq C al quale concesse anche di iscrivere il proprio nome nei cartigli.

Secondo lo studioso britannico Kennet A. Kitchen, Sheshonq C sarebbe un coreggente di breve durata di Osorkon I; tale ipotesi si basa sul fatto che, essendo stato sepolto a Tanis, si pensa che possa aver regnato per pochi mesi tra il padre e Takelot I.

Dallo studio delle genealogie e delle sepolture dei tori Api nel Serapeo di Karnak si dedurrebbe che Sheshonq C sia premorto al padre. Altri studiosi, tra cui l’egittologo tedesco Jurgen von Beckerath, nel suo libro del 1997 “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, lo identificano invece con Sheshonq II affermando che fosse un re indipendente di Tanis e che governò a pieno titolo per circa due anni. A supporto della sua tesi, von Beckerath evidenzia il fatto che Sheshonq II possedeva un suo distinto praenomen, Heqakheperre.

Ma ora lascerei da parte questi Sheshonq le cui storie sono un po’ intricate per cui preferisco parlarne quando li tratteremo. Ma vediamo ancora cosa fece il nostro Osorkon I; nonostante l’Egitto vivesse un periodo di relativa pace, il re non si sentiva troppo sicuro per cui fece erigere la fortezza di Pi-Sekhemkheperre, che significa “La tenuta di Sekhemkheperre”, ponendo come “Capo di Pi-Sekhemkheperre” e di “Herakleopolis”, un figlio del futuro Osorkon II, come compare sulla stele JdE 45327 riferita all’anno 16 di Osorkon II, oggi conservata al Museo del Cairo.

Questo è quanto si sa ma la fortezza di Pi-Sekhemkheperre non è mai stata scoperta, si ritiene che si trovi all’ingresso del Fayyum, a nord di Herakleopolis Magna. Quando il sovrano nubiano Piye della XXV dinastia invase la Valle del Nilo, Pi-Sekhemkheperre era tenuta dal “Capo dei Ma” Tefnakht, la “Stele della Vittoria” riporta che Piye cinse d’assedio la fortezza e riuscì ad ottenerne la resa senza spargimento di sangue catturando anche il figlio di Tefnakht.

  

Di Osorkon I possiamo dire che il suo regno fu pacifico e tranquillo ma lo sarà meno durante i regni dei suoi successori Takelot I e Osorkon II che avranno il loro daffare a controllare il paese a causa di un “re” rivale Harsiense A. A questo proposito mi limiterò a citare l’egittologo Kennet Kitchen che definisce Harsiense A. sia come Sommo Sacerdote di Amon che come figlio dello stesso Sommo Sacerdote di Amon, il citato Sheshonq C.

E qui mi fermo perché sono troppo controverse le notizie che si riesce a reperire che si corre il rischio di riportare una notizia per poi contraddirla. Quello che non si può contraddire, almeno fino ad oggi è che la tomba di Osorkon I non è mai stata trovata.  

Fonti e bibliografia:

  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Alan Gardiner e  R.O. Faulkner,”The Wilbour Papyrus”, Oxford, 1941-1952
  • Alfred Heuss ed alt, “I Propilei”,  Verona, Mondadori, 1980
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
  • Rupert L. Chapman III, “Putting Sheshonq I in his place”, Palestine Exploration Quarterly, 2009
  • Nicholas Reeves, Richard Wilkinson, “The complete Valley of the Kings”, Thames & Hudson, 2000
  • Christian Jacq, “La Valle dei Re”, traduzione di Elena Dal Pra, Milano, Mondadori, 1998
  • Alberto Siliotti, “Guida alla Valle dei Re, ai templi e alle necropoli tebane”, White Star, 2010
  • Mostafa El-Alfi, “Una stele di donazione dal tempo di Osorkon I”, Discussioni in egittologia 24, 1992
  • George Goyon,  “La scoperta dei tesori di Tanis”, Pigmalione, 2004
  • Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, (Warminster: 1996
C'era una volta l'Egitto, III Periodo Intermedio

IL FARAONE SHESHONQ I

Di Piero Cargnino

Incontriamo per la prima volta questo sovrano citato in una iscrizione rinvenuta ad Abydos che egli stesso fece iscrivere quando era ancora “gran capo dei Meshwesh, principe dei principi”. Come abbiamo descritto in precedenza, Sheshonq proveniva da una famiglia di libici che si era stabilita nella regione di Heracleopolis ormai da tempo, tanto che lo stesso Sheshonq aveva servito i faraoni come capo militare e successivamente come sacerdote.

Alla morte di suo padre Nemrod (o Nimlot), figlio di una donna di nome Mehetemwaskhe, Sheshonq chiese al faraone in carica, Psusennes II, il permesso per instaurare un culto funebre, ad Abydos, in onore di suo padre; sia il re che il “grande dio” (senza dubbio Amon) avevano dato risposta favorevole. Fu così che in tale occasione ottenne anche l’ereditarietà dei titoli paterni.

La sua ascesa al potere avvenne in modo del tutto pacifico senza azioni di forza nei confronti del suo predecessore della XXI dinastia, Psusennes II del quale, anzi, ne onorò la memoria.

Di Sheshonq I possediamo la già citata “Stele di Dakhla”, scritta in geroglifico nel suo V anno di regno, dove  viene citato che i pozzi dell’oasi, unitamente ai terreni, furono regolarmente accatastati dal sovrano Psusennes II. Va detto comunque che l’ascesa al potere di Sheshonq fu in gran parte dovuta all’appoggio del clero di Tanis, dell’esercito e dei principati libici.

Sheshonq I eresse la sua capitale, che continuerà ad esserlo per tutta la XXII dinastia a Bubastis. Sicuramente una certa opposizione alla sua ascesa al trono si sarà fatta sentire dal potente clero tebano di Amon che tendeva a difendere la sua quasi totale autonomia del governo dell’Alto Egitto, opposizione repressa grazie all’uso dell’esercito.

A sua tutela Sheshonq I pose subito il proprio figlio, Iuput sul seggio di “Primo Profeta di Amon”, in tal modo il governo dell’Egitto era di fatto riunificato. Ad un altro figlio, Nimlot, venne assegnato il comando militare di Heracleopolis dove si costituì, in pratica, un principato quasi del tutto autonomo. Sheshonq I ebbe numerosi figli ed a ciascuno di loro affidò i più importanti incarichi atti a permettergli la continuità del suo regime. Al suo futuro erede Osorkon I fece sposare la figlia di Psusennes II, Maatkara.

Dalla stele di Harpson si apprende che  Sheshonq I prese in moglie la principessa Karomama che però, ricopriva il ruolo di “Divina Sposa di Amon”; la cosa appare molto strana perché tale titolo, fino a quel momento era stato assegnato solo a principesse reali prive di vincoli coniugali.

Con Sheshonq I l’Egitto tornò ad interessarsi dei suoi confini e per tutelarli si rivolse nuovamente all’area palestinese, ripristinò rapporti commerciali con Biblo contrapponendosi, nel contempo, al Regno di Giuda sul cui trono sedeva il re Salomone.

Secondo alcuni studiosi Sheshonq I sarebbe il faraone Sisak che viene citato nella Bibbia (I Re; 11:40),

Sheshonq I (o Sisak) appoggiò dunque Geroboamo che, dopo la morte di Salomone ritornò in Palestina dove riuscì a sconfiggere il successore di Salomone, Roboamo ed a fondare il Regno di Israele. (I Re; 14:25)

Roboamo, sconfitto, tornò a Gerusalemme dove, con le uniche due tribù che gli erano rimaste fedeli, Giuda e Beniamino, fondò il Regno di Giuda. Altri studiosi contestano questa ipotesi ritenendo che Sheshonq I sarebbe vissuto circa un secolo dopo, senza alcun riscontro la questione rimane aperta; noi consideriamo che l’ipotesi sia valida.

A questo punto Sheshonq I si sentiva tranquillo, con la divisione in due regni la potenza ebraica non creava più preoccupazioni. Col pretesto che alcune tribù di beduini avevano fatto delle incursioni nel Sinai, decise di intervenire militarmente anche in Palestina e, probabilmente, visto che era già li attaccò anche Israele e Giuda sconfiggendo entrambi i regni ebraici e conquistando Gerusalemme, da qui arrivò fino a Megiddo dove fece erigere una stele celebrativa. I regni di Israele e Giuda divennero così tributari dell’Egitto. Le vittorie militari di Sheshonq I furono celebrate con un lungo testo inciso sul muro meridionale del tempio di Karnak dove era riportato il nome di 150 città conquistate, oggi ne rimangono leggibili solo più una settantina, non tutte identificate.


A Sheshonq I, con il figlio Iuput, si deve anche la costruzione del “Vestibolo di Bubasti” che conduceva entro il recinto del tempio principale di Karnak. Il Vestibolo era inserito fra il Secondo Pilone e un piccolo tempio di Ramses III. Le pietre necessarie alla costruzione del  cortile progettato e per il Pilone vennero prelevate da una nuova cava di arenaria aperta appositamente da Sheshonq I a Silsila dove compare la data del suo ventunesimo anno di regno, l’ultimo secondo Manetone.

Alcune statue di Sheshonq I e del suo successore Osorkon II sono state rinvenute a Biblo, probabilmente un dono dei faraoni per confermare la secolare amicizia dell’Egitto con i principi di quella città. Non si sa dove Sheshonq I abbia fatto costruire la sua tomba e non è mai stata rinvenuta la sua mummia.   

Fonti e bibliografia:

  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Alan Gardiner e  R.O. Faulkner,”The Wilbour Papyrus”, Oxford, 1941-1952
  • Alfred Heuss ed alt, “I Propilei”,  Verona, Mondadori, 1980
  • Rupert L. Chapman III, “Putting Sheshonq I in his place”, Palestine Exploration Quarterly, 2009
  • Nicholas Reeves, Richard Wilkinson, “The complete Valley of the Kings”, Thames & Hudson, 2000
  • Christian Jacq, “La Valle dei Re”, traduzione di Elena Dal Pra, Milano, Mondadori, 1998
  • Alberto Siliotti, “Guida alla Valle dei Re, ai templi e alle necropoli tebane”, White Star, 2010
  • George Goyon,  “La scoperta dei tesori di Tanis”, Pigmalione, 2004
  • Helen Jacquet-Gordon, “A Statuette of Ma’et and the Identity of the Divine Adoratress Karomama”, ZAS, 1967