Statua di Dio Falco, Monaco Bayerische Landsbank. Forse XXVI dinastia, 500 a.C. circa. Argento ed elettro. Altezza 27 cm Monaco, Bayerische Landesbank
“Alcuni dettagli stilistici nell’iconografia lasciano pensare ad artisti persiani; si vedono ad esempio il cobra, molto realistico, che manca della stilizzazione tipica dell’ureo-regale o l’orlo superiore della corona rossa, leggermente svasato” .
Gli sconvolgimenti politici determinati dalla conquista persiana e la conseguente riduzione dell’Egitto in satrapia, spalancano le porte all’ingresso di molti stranieri, che alimentano risentimenti xenofobi; ” ci si aggrappa di conseguenza a un passato aureo che ora annovera anche l’epoca saita”.
Malgrado questi sconvolgimenti l’arte mantiene livelli qualitativi e tecnici molto alti.
Le raffinate componenti dell’arte egizia, unitamente alla mentalità, entrano a far parte di quella persiana, sia in architettura dove i Persiani riprendono, ad esempio, le piante delle costruzioni religiose egiziane ed altri elementi caratteristici; l’incontro tra le due culture porta inevitabilmente cambiamenti nel modo di sentire degli artisti indigeni. Tutto ciò si avverte soprattutto nel campo della “statuaria che pur utilizzando la tipologia della XXVI dinastia, si rivolge a un reale interesse per la resa ritrattistica del volto”.
Un simulacro di un Dio falco, in argento ed elettro, forse risalente a quest’epoca era probabilmente posizionato ” nel Segreto del Naos, nella parte più intima del tempio” ; questa stupenda opera era fatta con una lega naturale di oro e argento e di epoca persiana (per l’Egitto era un minerale raro).
L’uso dell’argento, raro in Egitto, e alcuni particolari stilistici indicano una produzione persiana per la statua. “Probabilmente ci troviamo in presenza di una delle rarissime statuette di culto che si trovavano nel segreto del naos, nella parte più intima del tempio“.
“La squisita e fine arte saita, diventa, conformemente alla mentalità egiziana, un modello per le dinastie successive ” .
Tutto ciò risulta molto evidente durante la XXX che ne recupera sia le fogge sia la resa anatomica dei corpi.
Questo aspetto è palpabile nella resa naturalistica di un torso di Nectanebo I, e nei due leoni in granito dei Musei Vaticani, notevoli per la loro potenza e agilità muscolare.
TORSO DI NECTANEBO I al LouvreI leoni in granito di Nectanebo nel Cortile della Pigna, Musei Vaticani
Nectanebo I avrebbe rappresentato il dio Horo e il dio Seth riconciliati, simbolo di una regalità unica e forte sull’alto e basso Egitto.
L’espansione dell’Impero Persiano da Ciro a Dario, passando per Cambise II
Durante il regno di Amasi, nel 546 a.C., Ciro II, detto Il Grande, fondò l’ impero persiano unendo sotto il suo scettro i popoli del vicino oriente asiatico. Per far sfuggire la monarchia al carattere elettivo e così garantire la propria successione, Ciro, ancora in vita, aveva associato al suo potere il proprio figlio Cambise.
Bassorilievo raffigurante Ciro II di Persia dalla sua residenza a Pasargadae
Museo Castiglioni: Cambise.
Con Cambise la monarchia perse il suo carattere nazionale per diventare imperiale. Padrone di Babilonia, della Lidia, della Jonia e, nel 525 a.C., dell’Egitto: Cambise era l’unico re dell’oriente .
Le armate di Cambise, a Pelusio, riescono a sconfiggere l’esercito Egizio e riducono La Valle del Nilo a satrapia dello sconfinato impero achemenide. L’Egitto divenne una provincia della Persia: i sovrani conquistatori diedero vita alla dinastia persiana, la XXVII.
La tomba di Ciro il Grande è il monumento più noto di Pasargadae. Il sovrano venne sepolto qui dopo la sua morte, avvenuta nell’estate del 530 a.C.
Rilievo di Ciro il Grande nel Parco Olimpico in Australia
Riferendosi alla XXVII dinastia Manetone scrive semplicemente
“Otto Re Persiani; di essi Cambise, Dario I, Serse I e Artaserse I iscrissero i loro nomi in caratteri geroglifici sui monumenti e due: Artaserse e Dario II, pur avendo assunto la corona, non visitarono mai l’Egitto”.
Statua acefala di Dario I. Teheran, museo Iran Bastan. Benché ritrovata a Susa, a est del palazzo reale, l’effigie del sovrano è stata realizzata sicuramente in Egitto. Dario I è ritratto nella classica posa incedente in abbigliamento persiano. Le pieghe della veste, secondo il gusto dell’epoca, recano fitte iscrizioni in geroglifico, elamita e antico-persiano.
Vari autori, tra i quali Erodoto, attribuiscono a Cambise la fama di folle sanguinario; in realtà sembra che egli cercasse di ingraziarsi il favore del clero e della popolazione, tanto che contro il racconto secondo cui egli stesso uccise un toro Apis, si erge la prova archeologica di un sarcofago di Apis dedicato dallo stesso re .
Cambise II raffigurato come faraone Egizio, in venerazione di un toro Apis
L’Impero achemenide stabilì inediti principi di diritti umani nel sesto secolo a.C. sotto Ciro il Grande. Dopo la sua conquista di Babilonia nel 539 a.C., il re promulgò il cilindro di Ciro, scoperto nel 1878, e oggi riconosciuto da molti come il primo documento sui diritti umani. Il cilindro dichiarava che ai cittadini dell’impero sarebbe stato permesso di praticare la loro religione liberamente. Aboliva anche la schiavitù, così tutti i palazzi dei re di Persia erano costruiti da lavoratori pagati in un’epoca di largo uso della manodopera servile. Queste due riforme trovano conferma nei libri biblici delle Cronache, Neemia, e Esdra, che stabiliscono che Ciro liberò due seguaci dell’ebraismo dalla schiavitù e permise loro di fare ritorno alla loro terra. Il cilindro attualmente è conservato al British Museum, e una replica è conservata a New York, nel Quartier Generale delle Nazioni Unite.
Nell’ambito della politica iniziata da Ciro II i sovrani Achemenidi cercarono sempre un riconoscimento da parte egiziana. I Persiani si immersero nella cultura egizia, ne rimasero affascinati, la considerarono “fonte di ispirazione”. Il dio alato Ahura-Mazda, considerato creatore dell’universo, assimilato al dio solare locale e altre componenti dell’arte egizia entrarono a far parte di quella persiana.
Durante il regno degli Achemenidi, fu Dario I il Grande (522 a.C. – 486 a.C.) il primo re persiano ad edificare una tomba tagliata nella parete rocciosa di Naqsh-e Rostam. Dario I, pochi anni prima, nelle vicinanze di Naqsh-e Rostam, aveva fondato Persepoli, la nuova capitale dell’impero. La tomba di Dario I è l’unica tomba di cui con certezza conosciamo il re che la fece costruire e colui che vi fu sepolto. Infatti è l’unica tomba del sito che presenta un iscrizione che la identifica come la tomba di Dario I.
L’ incontro tra le due culture determinò uno scambio reciproco e il dominio achemenide portò inevitabilmente dei cambiamenti nel modo di sentire degli artisti indigeni. Tutto ciò è percepibile soprattutto nella statuaria che pur continuando a utilizzare lo stile, le forme e le tipologie della XXVI dinastia, cominciò a dimostrare interesse per la resa ritrattistica del volto.
Rilievo rilievo raffigurante Dario Primo assiso sul trono rinvenuto presso Persepoli
A Noqsh E Rostam le gigantesche sculture nella roccia attorno alle Tombe dei vari Artaserse, Serse I, Dario I e Dario II.
Nel lungo periodo in cui gli Egizi furono soggetti ai persiani diedero ai loro conquistatori medici e marinai; artisti egizi decorarono il palazzo reale: da parte di Dario I gli egizi ricevettero il ripristino, ovvero la riattivazione del canale Dei Faraoni con il Mar Rosso. L’Egitto rimarrà in mano persiana fino al 401, anno in cui il paese recupererà l’indipendenza per circa 60 anni.
Canale dei Faraoni: Il problema con la costruzione di un canale nel mezzo di un deserto è che sono necessari interventi di manutenzione e riparazione costanti per impedire alla sabbia di soffocare il canale. Tra alterni periodi di impiego e disuso, il Canale dei Faraoni rimase in servizio fino al grande Ramsete II (XIII sec. A.C a.C.).
Particolari della Carta del canale dei Faraoni: tratteggiato il livello del Mar Rosso all’epoca di Sesostri III. Secondo le storie del Greco Erodoto, intorno al 600 avanti Cristo Il faraone Necao II intraprese i lavori di scavo, senza però terminarli. Il canale fu terminato da Dario Primo di Persia, che commemora la sua opera con diverse steli di granito disposte Sulle rive del Nilo, fra cui quella di Kabret, a 200 km da Pie. L’iscrizione di Dario dice: “Il re Dario ha detto: io sono persiano. Oltre alla Persia, Ho conquistato l’Egitto. Ordinai di scavare questo canale dal fiume chiamato Nilo che scorre in Egitto al mare che inizia in Persia. Quando questo canale fu scavato come io avevo ordinato, navi sono andate dall’Egitto fino alla Persia, come io avevo voluto”. Il canale fu restaurato dal faraone ellenistico Tolomeo II nel 250 a. C.
FONTE:
ANTICO EGITTO-MAURIZIO DAMIANO-ELECTA
DIZIONARIO DELLE DINASTIE FARAONICHE-FRANCO CIMMINO- BOMPIANI
Il deserto, una infinita distesa di sabbia e rocce che si espande verso orizzonti infiniti: deserto, o piuttosto così appare oggi, ai nostri occhi.
Ma decine, centinaia di migliaia di anni fa queste distese furono savane, vegetazione, fauna, furono l’Eden.
Molto lontano da questo antico paradiso, vicino al Nilo, solo millenni più tardi sorgeranno le maestose piramidi.
Ma nei tempi remoti in cui delle piramidi non poteva esistere neppure il più pallido pensiero, la cultura umana non si sviluppava vicino al grande fiume, bensì nel cuore del Sahara egiziano, dominato da aree che oggi chiamiamo Grande Mare di Sabbia (Great Sand Sea, GSS), Ghilf Kebir, Gebel Awenat…qui si trovano le radici della cultura, dell’arte e del pensiero egizio.
Qui si trovano i più importanti siti archeologici che rappresentano il Paleolitico inferiore e medio, i siti del Paleolitico terminale e quelli del Neolitico.
Qui arrivarono le più antiche tracce culturali dell’umanità nate nel Triangolo dell’Afar, sulle sponde del Lago Tukana e nel Gran Rif Africano: i rozzi ciottoli scheggiati dall’Homo habilis, quelli più perfezionati dall’Homo erectus e poi dall’Homo sapiens.
I più antichi manufatti ritrovati e identificati con certezza, sono quelli rinvenuti dalla spedizione Damiano nel 1970, proprio sulla piana di Giza, presso le piramidi: si tratta di chopper e chopping tool della Pebbe culture (Olduvanol) risalenti a 2.500.000 – 750.000 anni fa circa e appartengono al Paleolitico basale.
In questo caso non si tratta di industria litica rinvenuta in un insediamento, bensì di ritrovamenti occasionali e rarissimi (pochi manufatti), ascrivibili piuttosto al passaggio di alcuni esemplari del Homo habilis.
Tuttavia, ritrovamenti importanti perché testimoniano del passaggio di quegli ominidi lungo la via (il “corridoio nilotico”) che dal cuore dell’Africa Orientale conduce verso il Delta, il Sinai, e l’Asia.
Dobbiamo quindi spostarci nuovamente nelle distese sahariane d’Egitto per trovare importanti tracce di presenza umana continuativa nell’arco di millenni.
Così appaiono ricchissimi siti del Paleolitico inferiore, il cui tratto comune e abbondantissimo sono le amigdale , ossia asce a mano litiche, a forma di mandorla.
Questa amigdala acheuleana (Paleolitico inferiore), rinvenuta nel Gran Mare di Sabbia egiziano (GSS), è un manufatto multiuso. Ma al di là dell’utilità vi si osserva una simmetria che è segno del nascente senso estetico nello spirito umano. Circa 250.000 – 90.000 anni fa; quartzite da arenaria metamorfosata ; Parigi, collezione privata.
Quelle del Paleolitico inferiore presentano un’industria più arcaica (Acheuleano arcaico, detto anche Abbevilliano o Chelleano) in cui le pietre di forma amigdaloidi sono sbozzate fino ad ottenere una punta e lati taglienti, anche se sono irregolari nella forma.
L’industria successiva, sempre del Paleolitico inferiore, appartiene all’ Acheuleano più evoluto, che si sviluppa in fasi denominate “acheuleano medio”, “evoluto” e “superiore”, sino all’ “acheuleano finale” (nel Paleolitico medio).
Queste amigdale hanno forme più regolari e si trovano soprattutto nel Sahara, con grandi concentrazioni ( veri e propri villaggi e atelier) nel Gran Mare di Sabbia; da queste aree si spingeranno sino alle oasi e da qui alla Valle del Nilo dal Cairo sino all’alta Nubia.
Sarà comunque nel Deserto Occidentale che si troveranno i segni più antichi di interi villaggi, con laboratori, i cui numerosi reperti si differenziano dai precedenti per la pura forma simmetrica che non è solo fra le due facce ma anche fra le due metà del manufatto, non vi è alcuna necessità pratica per questa simmetria, per questa forma perfetta.
E tutto questo non riflette solo un fine utilitaristico, ma qualcosa di più complesso, di più profondo: in quel momento di più di 250 millenni di anni fa, accade qualcosa di fondamentale nella storia dell’umanità : l’ Homo sapiens sentì sorgere in sé una necessità prima sconosciuta: quella di creare qualcosa che non fosse solo di immediata utilità pratica, ma che si armonizzasse alla praticità per altri fini.
Fini che probabilmente non erano del tutto coscienti o almeno non razionalizzabili; un “qualcosa” di interiore che rispondeva a una spinta inesplicabile: questo qualcosa possiamo vederlo con i nostri occhi, su quelle pietre: é la simmetria.
Non più orientata solo ad avere una punta o una parte tagliente, già realizzate in passato nella asimmetria, qualcosa che fosse simmetrico e armonioso, una vera ricerca della perfezione delle linee, di un disegno puro.
L’uomo scoprì di poter creare la simmetria.
Ciò corrispondeva nella sua mente a un criterio di “bellezza”?
Non possiamo saperlo, ovviamente; ma possiamo sapere che la maggiore e delicatissima lavorazione in più, necessaria alla creazione di quella simmetria, doveva soddisfare una spinta interiore così forte da spingere a tali attente e complesse lavorazioni; un qualcosa che forse, per epoca, ma per il gusto di oggi possiamo chiamare “bellezza”, e qui inizia certamente la ricerca estetica, il dialogo fra l’io interiore, e le sue mani creatrici e esecutive di quel riflesso divino che è l’anima del creatore (come più tardi avrebbero detto gli Egizi nel concetto del ka).
Da quella pietra simmetrica e pura, sino alla fine dell’epoca faraonica furono moltissime le creazioni dell’uomo egizio, non nate dal nulla, ma con passaggi graduali di un’evoluzione di pensiero e arte che portarono da quelle prime pietre agli oggetti oggi famosi, passi che sono testimoniati da reperti modesti o spettacolari, ma che sono tutte tessere di un grande mosaico dello spirito artistico egizio.
Cominciamo subito con il chiarire un punto fondamentale : i vocaboli.
Possiamo ricordare che, se un tempo I termini di Paleolitico e Neolitico si riferivano alla lavorazione della pietra ( “antica” e “nuova”), poi alla comparsa della ceramica, oggi queste terminologie hanno definizioni diverse, basate sullo stile di vita.
Semplificando molto, possiamo dire che si basa sulla sussistenza: giornaliera e basata su raccolta e caccia nel Paleolitico, a lungo termine e basata su agricoltura e allevamento nel Neolitico.
Fra i due periodi troviamo il Mesolitico, cui accenniamo più avanti.
Con il Paleolitico medio ( che in Egitto copre l’arco di tempo compreso fra 90.000 e 30.000 anni fa circa) l’industria litica si è specializzata e raffinata, arrivando a produrre i così detti microliti:punte di frecce, ami, aghi e schegge per strumenti compositi, ovviamente continua ad essere preponderante l’industria sul nucleo ( come quella dell’amigdale).
Nel Paleolitico superiore è terminale ( fra il 40.000 e il 9.000 a. C.) compaiono i primi santuari preistorici come il cerchio di pietre presso una serie di tumulti a emiciclo oltre il Gran Mare di Sabbia, scoperto nel 1993 dalla spedizione Negro-Damiano.
Nella spedizione Negro-Damiano del 1993 oltre il Grande Mare di Sabbia è stato scoperto un sito in cui una serie di tumulti è disposta a semicerchio; la disposizione è chiusa verso est dal cerchio di pietre della foto; anche il cerchio è a sua volta chiuso ad est da una pietra più alta delle altre infissa in verticale. I manufatti rinvenuti fanno datare il sito al Paleolitico superiore (40.000 – 9.000 a. C.) ; la struttura ipoteticamente può essere interpretata come un santuario solare per la disposizione verso est dei suoi elementi ; in questo caso sarebbe uno dei più antichi santuari oggi noti in Egitto
La funzione di questa installazione preistorica è ancora oggetto di studio, e ovviamente non sarà mai certa, ma la sua posizione, a Est dell’Emiciclo dei tumulti , in corrispondenza del centro esterno della curva, nonché la presenza di una pietra più grande eretta nel punto del centro corrisponde all’Est nel solstizio fa pensare ad un’installazione connessa con il percorso solare.
Al Paleolitico terminale in altre aree del pianeta segue il Mesolitico, caratterizzato da uno stile di vita intermedio fra Paleolitico e Neolitico, con caratteristiche intermedie e cangianti a seconda delle aree del pianeta ; per esempio, troviamo un Mesolitico di Khartou in Sudan, ma nell’area sahariana d’Egitto esso è assente, si preferisce parlare (proprio per lo stile di vita) di Neolitizzazione e di Epipaleolitico, con comparsa di ceramica e stile di vita intermedio ma differenziato dal Mesolitico.
I reperti archeologici rinvenuti a Nabta Playa indicano che l’occupazione umana nella regione risale ad almeno il X/VIII Millennio a. C. Fred Wendorf e l’etno-linguista Christopher Ehret hanno suggerito che le persone che occupavano questa zona a quel tempo erano pastori, utilizzavano pettini in osso di pesce e creavano ceramiche elaborate, ornate da soggetti dipinti e complicati, che appartengono ad una lavorazione fortemente associata a quella utilizzata nella parte meridionale del Sahara; la prima ceramica a Nabta Paya è datata tra il 9.800 e l’8.000 a. C., almeno 1.500 anni prima della comparsa della coltivazione e il conseguente sedentarismo. A Nabta sono state rinvenute piatti, strutture tombali ed un certo numero di lastre e megaliti rovesciati disposti su di una circonferenza.
Ma fermiamoci qui perché il tema è l’arte.
L’arco di tempo che copre la Neolitizzazione e poi il Neolitico si può datare fra la fine dell’ultima glaciazione (11.000 a. C.), e inizio di un vero Neolitico egiziano (6.000 a. C.).
In questo arco di tempo la paleoclimatologia registra le normali fluttuazioni climatiche con la fine della terza fase umida (14.500 – 6.500 a. C.), un Epipaleolitico e Neolitico con una fase semiarida (6.000 – 5.000 a. C.), è il Neolitico con la quarta fase umida (6.000 – 5.000 a. C.), dopo inizierà l’attuale fase arida.
In queste lunghe fasi umide l’attuale Sahara era abituato da popolazioni nomadi che si spostavano su un ampio territorio tra l’africa del nord ( dall’Atlantico al Mar Rosso) e l’Asia (tramite il “ponte” del Sinai).
In questo periodo, l’attuale deserto del Sahara era completamente diverso : un’immensa savana con vegetazione rigogliosa e popolata da una ricca fauna, e un ricco sistema fluviale è con grandi laghi di dimensioni superiori all’odierno lago Vittoria (68.800 km quadrati, la Sicilia ha una superficie inferiore ai 26.000 km quadrati).
Il Nilo era ancora un fiume ampio molti chilometri e la vita si svolgeva lontano dalle sue rive, sfruttando piuttosto i più gestibili rami secondari; il Delta non era abitabile, poiché era ancora un’immensa palude.
Gli habitat più favorevoli erano quelli del Sahara, come pure il Deserto Orientale d’Egitto e il Sudan.
In questi ambienti si muovevano le prime comunità raccoglitrici ( erano infatti e sopratutto donne) e cacciatori, che iniziarono con il catturare e successivamente addomesticare gli animali, e a sfruttare le granaglie selvatiche le quali nel tempo iniziarono ad essere coltivate.
Nascevano così l’allevamento e l’agricoltura, determinando il passaggio dal Paleolitico al Neolitico.
Il clima è la natura favorirono l’evoluzione delle comunità : aumentano gli spostamenti, venivano scambiate e materie prime e idee, ciò che portò anche a nuove espressioni artistiche.
Qui per Paleolitico, Neolitizzazione e Neolitico, possiamo accennare alle nuove forme di strumenti litici (punte di freccia sopratutto) dalle tipologie ormai diversissime, e allo sviluppo ed evoluzione delle ceramiche, ma soprattutto delle pitture rupestri del Sahara egiziano, che saranno il tema della prossima uscita.
Se con il termine arte intendiamo il concetto di derivazione greca che prevede la creazione di una rappresentazione della realtà che ha come scopo la riproduzione in sé e il derivante piacere estetico, che formerà poi il gusto, ne deriverà che ciò che noi chiamiamo arte in Egitto non esisteva, eccome, ma come poggiando su tutt’altro basi e strutture mentali e culturali.
Nella visione egiziana la creazione (letteralmente “nascita”) dell’opera era il il frutto dell’opera di uomini che non guardavano a sé stessi come ad artisti nel senso occidentale del termine ( che non esisteva) ma come ad artigiani ; beninteso, se il vocabolo era uno solo ( per i nostri “artisti” e “artigiani”) gli egizi erano ben consci delle abissali differenze fra un umile artigiano di provincia e un abile artigiano di corte che noi chiameremo artista.
Ed erano questi uomini che con indiscutibile genio creativo e immense abilità affinare in tradizioni millenarie, erano in grado di dare vita a quelle opere i cui fini noi oggi identificheremmo come “religiosi, culturali, politici”, ma così facendo dimenticheremmo che tali definizioni, ben definite e separate, sono molto tarde, e frutto della mentalità dei Greci ; e all’opposto della concezione egizia, in cui questi termini, e molti altri, erano inestricabilmente connessi; dire “religione” e “Stato”, per gli Egizi non avrebbe senso : sono una cosa sola, il faraone è emanazione della legge divina e custode del gregge di Dio (umanità) per volere del pantheon cosmico.
Concludendo, possiamo dunque dire che ciò che noi definiamo arte, nell’antico Egitto era una creazione che prendeva realmente vita ( nel mondo divino) aveva dunque un fine pratico, ossia diveniva parte integrante dei rituali religiosi, delle pratiche funerarie, delle celebrazioni regali e molto altro; tutte parti diverse in uno stesso mondo che funzionava grazie al l’armonia delle interconnessioni.
Attraverso un percorso storico che si dipana seguendo la cronologia dei grandi periodi che compongono la storia dell’Egitto, si partirà dalle origini fino al periodo romanoUn lungo percorso, che io e Franca Loi, faremo insieme a voi.
Le considerazioni sull’arte egizia del presente e futuri post, sono fondamentalmente tratte dai lavori di Maurizio Damiano, in particolare il volume Antico Egitto – Electa, ringrazio il professore Maurizio Damiano per la cortese supervisione e revisione e per la sua grande disponibilità.
Nota del Prof. Damiano
Grazia Musso e Franca Loi hanno pubblicato la loro introduzione al nostro lavoro sull’arte egizia (mi permetto il “nostro” poiché si basa sul mio volume dedicato al tema). Nel ricordarlo ho voluto creare un’immagine simbolica che qui vi offro volentieri.
Dalle profondità del tempo sorse la prima scintilla: quel bisogno umano di simmetria, di bellezza che vediamo nell’amigdala. Il meraviglioso volto aureo di Tutankhamon sembra pensare agli abissi del passato e della mente umana, che sa creare mondi di meraviglia e di sublimi altezze.