C'era una volta l'Egitto, Nuovo Regno, XX Dinastia

IL FARAONE RAMSES III

Di Piero Cargnino

Parliamo ora di quello che può essere considerato a tutti gli effetti l’ultimo, vero faraone del Nuovo Regno, l’ultimo ad esercitare appieno il potere regale sulle Due Terre. I suoi nomi principali erano Ramses-Hekainnu (Nato da Ra-Signore di Iunu [Eliopoli]) e Usermaatra-Meriamon (Potente è la Maat di Ra-Amato da Amon).

Figlio di Sethnakht e della Grande Sposa Reale Tiy-Mereneset regnò per oltre 30 anni su di un Egitto in piena decadenza politica ed economica dovuta a varie crisi interne che si sommarono a invasioni straniere.

Le notizie più importanti che riguardano Ramses III ci provengono dal Papiro Harris I la cui composizione fu ordinata da suo figlio Ramses IV. Altre fonti che ci parlano di questo sovrano le troviamo nel “Papiro giuridico” (o Della Congiura dell’Harem) conservato nel Museo Egizio di Torino. Il papiro descrive i processi svolti contro i cospiratori che assassinarono Ramses III durante la cosiddetta “Congiura dell’Harem” ordita dalla sua sposa secondaria Tiye e dal figlio Pentaur,  ma di questo parleremo in seguito. Della congiura parlano anche altri due papiri, il “Papiro Rollin” ed il “Papiro Lee” che analizzano l’episodio sotto l’aspetto magico elencando le varie magie utilizzate dai cospiratori citando poi le pene inflitte (la pena di morte).

Altre notizie riguardanti Ramses III le troviamo anche nelle numerose iscrizioni e rilievi presenti nel suo tempio funerario di Medinet Habu dove viene riportata la descrizione della sua incoronazione:


Durante il suo regno Ramses III si trovò suo malgrado coinvolto in quello che viene definito “medioevo ellenico”. Un periodo che inizia intorno al 1200 a.C. in cui le popolazioni elleniche in generale si trovarono coinvolte, dapprima l’invasione dei Popoli del Mare poi la discesa dei Dori che causarono la fine della civiltà micenea per poi protrarsi fino alla nascita delle “Poleis” nell’800 a.C.; è in questo periodo che si inserisce anche la guerra di Troia. Anche l’Egitto risentì delle scorribande dei nomadi libici poi dei Popoli del Mare.

Fu nell’ottavo anno di regno di Ramses III che questi popoli, in gran parte Filistei, Danuna, Shardana e Mashuash, invasero la Palestina sconfiggendo gli ittiti e distruggendo le città di Karkemish e Ugarit e, dopo aver occupato Cipro tentarono di invadere l’Egitto sia per mare che via terra. Ma, come abbiamo detto sopra,  Ramses III era un vero faraone, l’ultimo del Nuovo Regno, sconfisse i nemici in due epiche battaglie, la sua potente fanteria ricca di carri, li respinse nel Sinai mentre la flotta egizia li sconfisse quando questi tentarono di penetrare nei canali del Delta.

Ancorché meno esperti come uomini di mare, l’astuzia di Ramses III emerse in tutta la sua grandezza, schierò grandi formazioni di arcieri lungo le coste col risultato di tenere lontane le navi nemiche che vennero a trovarsi sotto una grandinata di frecce che impedivano l’approdo, quindi le navi egizie attaccarono le altre navi agganciandole con ramponi per trascinarle via. Infine nel combattimento corpo a corpo i guerrieri egiziani sbaragliarono i nemici. La battaglia è raccontata dallo stesso Ramses III che la fece incidere sulle pareti del suo grande tempio di Medinet Habu:

E Ramses III, paragonandosi a Montu il dio della guerra, continua:


Questi avvenimenti purtroppo incisero sull’economia del paese ed ingenerarono lotte intestine che neppure Ramses III, tanto meno i suoi successori, riusciranno a fermare, il declino dell’Egitto proseguirà per oltre un secolo fino alla fine della XX dinastia e con essa del Nuovo Regno. Ramses III soggiogò i Popoli del Mare riducendoli a suoi sudditi e, a suo dire, li fece stanziare a sud di Canaan; a questo proposito non esistono prove a sostegno. Secondo alcuni Ramses III non riuscì ad impedire che i popoli del mare si stanziassero a Canaan quindi tollerò la cosa dichiarando che era frutto di una sua personale deliberazione. Fu così che Ramses III dovette subire la  formazione di nuovi Stati nella regione dove nacque la cosiddetta “Pentapoli filistea” formata da Gaza, Ascalona, Gath, Ekron e Ashod che causarono il collasso dell’impero egiziano in Asia.

Secondo la Bibbia da quelle parti doveva trovarsi anche Israele ma nessuna notizia storica lo conferma. Ramses III si trovò ad affrontare anche due grandi invasioni nella parte occidentale del Nilo da parte dei Libu e dei Mashuash  nel 5º e 11º anno di regno. Ramses III riuscì a vincere in tutte e due le battagli anche grazie alla profonda riforma effettuata nell’organizzazione della struttura dell’esercito che venne suddiviso in corpi separati, fanteria appoggiata da carri da guerra, vasto impiego nelle fila dell’esercito di truppe mercenarie (Libu, Shardana e Kehek), corpi ausiliari e reparti di sussistenza. A fronte di tali vittorie i popoli dell’area medio orientale non osarono rifiutare i tributi allo stato e non ostacolarono le spedizioni egiziane che continuarono a sfruttare le miniere e le cave del Sinai, cosa che fu di grande giovamento durante il regno del figlio, Ramses IV.

Lo sforzo con il quale Ramses III si impegnò per riportare l’Egitto alle passate glorie non fu sufficiente a coprire il costo elevato delle campagne militari ed a risentirne fu il tesoro dello Stato che venne via via gravemente intaccato. Questo contribuì alla progressiva perdita  dell’influenza egiziana in Asia. La gravità della situazione ebbe una forte ripercussione intorno al ventinovesimo anno di regno quando non fu neppure più possibile provvedere all’invio delle razioni spettanti ai lavoratori che scavavano le tombe a  Deir el-Medina. Scoppiò una sommossa che originò il primo “sciopero” della storia, documentato nel famoso “Papiro dello sciopero”, conservato a Torino, del quale abbiamo già ampiamente parlato. 

Ma cosa contribuì ad accentuare una decadenza che, anche se ormai era nell’aria da tempo, ebbe ripercussioni così gravi che andarono via via accentuandosi fino a creare un collasso politico ed economico, causa di un periodo di crisi interne tali da ingenerare sommosse popolari dovute alla scarsità di cibo. Le inondazioni del Nilo si fecero più scarse  mandando in crisi l’agricoltura, il grano iniziò a scarseggiare al punto da costringere a ridurre le razioni distribuite agli operai che, come abbiamo già detto in precedenza, indissero uno sciopero documentato in un papiro conservato a Torino. La causa di tutto il disordine che si verificò in Egitto, e non solo, in quanto furono colpite anche le popolazioni dell’intera Mesopotamia ed a quanto è emerso da studi recenti anche l’intera Europa.

Oggi gli studi di esperti geologi e vulcanologi hanno portato a pensare che le cause siano da riportare ad un evento climatico catastrofico. Il Prof. Francis Ludlow, esperto in vulcanologia del Trinity College, a Dublino, ha svolto una approfondita ricerca nella quale è stato analizzato il comportamento dei vulcani durante tutto il neozoico. Per la precisione il neozoico è il periodo attuale che va da 2,5 milioni di anni fa ai giorni nostri ed è diviso in due epoche, pleistocene e Olocene. Le evidenze maggiori sono emerse dallo studio dei vulcani islandesi, una delle più grandi eruzioni del supervulcano Hekla, il più noto d’Islanda, del quale nell’ultimo millennio sono state censite una ventina di eruzioni, pare abbia generato una potente eruzione proprio nell’epoca che stiamo trattando.

Le eruzioni dei vulcani islandesi creano grossi problemi all’attuale traffico aereo, ma quelle del supervulcano Hekla devono essere state veramente catastrofiche. Pare che durante il regno di Ramses III, o poco prima, si sia verificata una violenta eruzione che immise nell’atmosfera milioni di tonnellate di polveri e ceneri che, trasportate dai venti, si sparsero per tutta l’Europa investendo anche il Medio Oriente ed il nord Africa, Egitto compreso. Questo terribile evento contribuì a rallentare le alluvioni del Nilo; si sa che la prosperità dell’antico Egitto era legata al Nilo e alle sue inondazioni, alimentate dai monsoni e fondamentali per sostenere l’agricoltura della regione. Questa andò in crisi per quasi due decenni, già sotto Ramses III iniziò a verificarsi un abbassamento della temperatura alla quale l’Egitto non era preparato.

Per correttezza bisogna però dire che la causa principale della mancanza di inondazioni del Nilo non è ancora del tutto chiara, nonostante spesso sia avvenuta in coincidenza di eruzioni vulcaniche. Cosa che si è verificata nuovamente ed ha potuto essere accertata:

(Coloro che fossero maggiormente interessati ad approfondire l’argomento delle eruzioni vulcaniche islandesi ed il loro impatto sulla società egizia, e non solo, può consultare le pubblicazioni del Prof. Francis Ludlow del Trinity College di Dublino e del Prof. Michael McCormick del Dipartimento di Storia della Johns Hopkins University).

Gli effetti maggiori si fecero sentire poi sotto i regni di Ramses VI e Ramses VII. Ovviamente (in un certo senso) tutte queste vicende non vengono narrate nelle rappresentazioni sui monumenti ufficiali, Ramses III era troppo impegnato a cercare di emulare il suo avo Ramses II con l’intento di dimostrare l’esistenza di una tranquilla continuità del proprio regno con quello del suo grande predecessore. Anche se direttamente non trasmise ai posteri il decadimento in cui si trovava il paese conducendo una vita tranquilla, gli ultimi periodi della sua vita non furono proprio tanto tranquilli. A farcelo sapere è proprio suo figlio e successore Ramses IV il quale fece redigere il famoso “Papiro Giuridico” o (Papiro della congiura dell’Harem” che oggi si trova al Museo Egizio di Torino

LA CONGIURA DELL’HAREM

Sulla “Congiura dell’harem”, vedi anche: https://laciviltaegizia.org/2022/06/05/le-cospirazioni-ramses-iii/

Come abbiamo detto in precedenza, gli ultimi anni di regno di Ramses III non furono tranquilli ma nulla lasciava prevedere come si sarebbero conclusi. Ramses III ebbe tre mogli, la prima Grande Sposa Reale era la regina Iside-Hemdjert, le altre due erano Tyti e Tiye, tra i vari figli ebbe il suo diretto successore Ramses IV Amonherkhopeshef dalla sposa Tyti, il futuro Ramses VI dalla regina Iside-Hemdjert e colui che diverrà poi Ramses VIII sempre da Tyti; ebbe anche un altro maschio Pentaour dalla sposa secondaria Tiye.

Verosimilmente Pentaour non avrebbe avuto nessuna possibilità di succedere al padre in linea diretta e questo non era gradito a Tiye che ordì una congiura per tentare di porre sul trono il proprio figlio ma perché ciò avvenisse, Ramses III e il principe Ramses (futuro Ramses IV) dovevano essere eliminati. Tiye fu in grado di convincere, corrompendoli, maggiordomi, ufficiali, dignitari e funzionari d’ogni livello dell’amministrazione e si avvalse dei servi per portare messaggi oltre le mura dell’Harem. Ad organizzare la tresca ci pensò l’importante funzionario di corte Pebekkamen che divenne il fiduciario di Tiye nel gestire l’andirivieni clandestino delle informazioni. Pebekkamen si avvalse anche dell’aiuto di un maggiordomo di nome Mastesuria, un ispettore del bestiame di nome Panhayboni e due amministratori, Panuk e Pentua.

Nella primavera del 1155 a.C., Ramses III si era reinsediato a Tebe per la celebrazione della festa rituale di ringiovanimento e rigenerazione, la Heb-Sed, quel giorno si recò nel suo Harem come era solito fare ma questa volta l’accoglienza non fu per nulla cordiale. Grazie all’abilità di Panhayboni i cospiratori, dopo aver convinto l’ispettore del tesoro reale, Pairy, riuscirono a penetrare nell’Harem. Il fatto stesso che tutti questi cospiratori siano riusciti a penetrare nel sorvegliatissimo Harem reale denuncia la crisi della corte e l’inizio della inarrestabile decadenza delle istituzioni che fecero grande il Nuovo Regno.

La congiura si basò principalmente sull’uso della “magia nera” con la quale cercarono di confondere le guardie dell’Harem riuscendo così a passarsi le disposizioni da attuare. Con il ricorso a incantesimi e formule magiche i congiurati cercarono anche di infrangere la protezione naturale dei molti dei e geni che possedeva il faraone quando indossava sul copricapo reale l’ureo. Gli incantesimi e i sortilegi furono praticati dal mago di corte, Prekamenef, e dal medico personale di Ramses III, Iyroy. Tanto doveva essere il terrore dei cospiratori i quali stavano per eseguire uno dei più grandi sacrilegi della religione egizia, l’uccisione di un faraone, il dio in terra, che continuarono a praticare incantesimi anche mentre l’aggressione al re aveva luogo.

La congiura era stata in effetti ben preparata e raggiunse lo scopo prefissato, Ramses III fu assassinato anche se in un primo momento pare che il re sia sopravvissuto per alcuni giorni all’attentato. Ma come venne ucciso Ramses III? La questione è stata dibattuta a lungo sollevando varie discussioni nel corso degli anni. Il fatto che sia stato riportato che il re sopravvisse per alcuni giorni all’attentato portò gli studiosi a credere che l’arma che lo uccise fosse il veleno. L’esame della mummia non fu sufficiente ad indurre qualcuno a chiedersi cosa ci facevano delle bende avvolte intorno al collo del sovrano, cosa mai riscontrata in altre mummie.

Nessuno si preoccupò del fatto anche perché il corpo del faraone non presentava ferite evidenti. Recentemente un gruppo forense tedesco ha effettuato un approfondito esame della mummia ponendo particolare attenzione al bendaggio eccessivo intorno al collo. La cosa insospettì due professori di radiologia dell’Università del Cairo, il prof. Ashraf Selim e Sahar Saleem i quali sottoposero la mummia ad una tomografia computerizzata l’esito della quale lasciò stupefatti i radiologi. Dalla TAC è emerso che le bende nascondono una gravissima ferita lungo tutta la gola talmente profonda da raggiungere le vertebre. “Una ferita a cui nessuno avrebbe potuto sopravvivere” fu il commento. Dall’esito degli esami condotti il paleopatologo Albert Zink, dell’Eurac di Bolzano, l’esperto di genetica molecolare di Tubinga Carsten Puser, con la collaborazione dell’egittologo Zahi Hawass sono giunti alla conclusione che Ramses III sia morto in seguito al taglio della gola e non per avvelenamento. Da uno studio più approfondito degli esiti della TAC sulla mummia venne notato che la stessa era mancante dell’alluce sinistro che risultava reciso di netto, probabilmente con una scure.

Gli imbalsamatori posero pietosamente un rotolino di lino per nascondere tale violenza, aggiunsero anche sei amuleti attorno al piede per favorirne la guarigione nell’aldilà. Una curiosità, nella cachette di Deir el-Bahari (DB320), accanto alla mummia di Ramses III è stata rinvenuta la mummia di un giovane uomo sconosciuto. La mummia è stata sottoposta alle stesse analisi di quella di Ramses III ed è emerso che entrambe  condividono l’aplogruppo del cromosoma Y Elbla oltre al 50% del materiale genetico; secondo il Prof. Zink questo significherebbe che i due potrebbero essere padre e figlio. Poiché la mummia del giovane non era bendata ma avvolta in una pelle di capra, ritenuta sprezzante perché ritualmente impura, ciò ha portato a identificare i resti in questione con il figlio cospiratore Pentaour.

Tornando alla congiura, i cospiratori non furono in grado di portare a termine il loro piano, Ramses IV prese subito il controllo della situazione, i congiurati furono subito catturati. Subito si istituì un processo a dirigere il quale vennero convocati dodici autorevoli magistrati per fare completa luce sull’accaduto. Come abbiamo detto il “Papiro giuridico” di Torino è la  fonte principale su questa vicenda, fatto redigere da Ramses IV, elenca, con dovizia di particolari, i processi che vennero celebrati, emergono figure di rilievo coinvolte nel complotto. Primi fra tutti Tiye ed il figlio Pentaour, il maggiordomo Pebekkamen oltre a sei concubine, sette funzionari di Palazzo, due ispettori del Tesoro, due ufficiali dell’esercito, due scribi reali, il potente comandante dell’esercito in Nubia e un araldo.

Il resoconto dei tre processi che furono istituiti parla di 38 condanne a morte ma il numero dei condannati fu sicuramente più alto se si tiene conto che ai personaggi d’alto rango fu concesso di suicidarsi. Il Papiro racconta inoltre che furono anche condannati sette magistrati che vennero sedotti da alcune concubine alle quali cedettero, per loro la pena consistette nel taglio del naso e delle orecchie. Nessun accenno viene fatto nei testi che decorano i templi e la tomba di Ramses IV in quanto vigeva la disposizione che impediva di redigere nei testi ufficiali i peccati contro la Maat, ossia contro la giustizia e l’ordine cosmico che era garantito dal faraone, tali fatti potevano solo comparire  nei documenti d’archivio.

Fonti e bibliografia: 

  • Franco Cimmino, “Ramesse II il Grande”, Milano, Tascabili Bompiani, 2000,
  • Sergio Pernigotti, “L’Egitto di Ramesse II tra guerra e pace”, Brescia, Paideia Editrice, 2010
  • Kenneth Kitchen, “Il Faraone trionfante. Ramses II e il suo tempo”, Bari, Laterza, 1994,
  • Edda Bresciani, “Ramesse II”, Firenze, Giunti, 2012
  • Cyril Aldred, “I Faraoni: l’impero dei conquistatori”, Milano, Rizzoli, 2000
  • Sergio Donadoni, “Tebe”, Electa, 2002
  • Mario Tosi, “Dizionario enciclopedico delle divinità dell’antico Egitto”, Ananke, 2006
  • Manfred Claus, “Ramesse il Grande”, Roma, Salerno Editrice, 2011
  • Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Bari, Laterza, 1990
  • Henry James, “Ramesse II”, Vercelli, White Star, 2002
  • Christian Leblanc, Alberto Siliotti, “Nefertari e la valle delle Regine”, Giunti, 1993
  • Elvira D’Amicone, “Nefer: la donna dell’Antico Egitto”, Federico Motta Editore, Milano, 2007
  • Claire Lalouette, “L’impero dei Ramses”, Roma, Newton & Compton, 2007
  • Anna Maria Donadoni Roveri, Alessandro Roccati, Enrica Leospo, “Nefertari. Regina d’Egitto”, La Rosa, 1999
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IL FARAONE  SETHNAKHT

Di Piero Cargnino

Parlare dei faraoni della XX dinastia è un problema, come abbiamo detto in precedenza gli epitomatori di Manetone fanno riferimento a quanto avrebbero appreso dallo stesso nelle sue “Aegyptiaca” cioè che regnarono dodici sovrani di Diospoli (Tebe) per 135 o 178 anni, anche se in realtà furono solo dieci.

La XIX dinastia finì con un periodo di anarchia, dopo i regni di Siptah e Tausert, ma subito giunse Sethnakht che con tutta probabilità non era di stirpe reale ma un comandante dell’esercito nel quale aveva già servito fin dai tempi di Merenptah. Potrebbe essere stato imparentato in qualche modo con la famiglia reale ma non certo al punto da vantare diritti alla successione. Visto lo sfacelo provocato dai sovrani che lo avevano preceduto, Sethnakht si ribellò ed assunse i pieni poteri riportando rapidamente l’ordine in tutto l’Egitto.

Sethnakht fu il primo sovrano della XX dinastia ma di lui non sappiamo quasi nulla. Il suo glorioso passato come militare lo portò a rifiutare di essere considerato successore di Siptah e Tausert tanto che non li considerò mai ritenendosi successore di Seti II. Da alcuni viene considerato un usurpatore (ma di chi?), dopo Tausert non è che ci fossero pretendenti al trono. Dal suo nome teoforo riferito a Seth si può ritenere che la sua provenienza fosse il Delta del Nilo.

Abbiamo già accennato, parlando di Tausert, del fatto che alla sua morte, o poco prima, scoppiò una guerra civile il cui svolgimento è raccontato sulla Stele di Elefantina fatta incidere nel secondo anno di regno di Sethnakht nella quale si parla di una guerra civile innescata da suoi oppositori nel nord dell’Egitto appoggiati da non meglio specificati mercenari “asiatici”. Sethnakht emerse vittorioso dalla contesa riuscendo a schiacciare i suoi oppositori ed a impadronirsi dell’oro, ornamenti e vesti preziose che avevano accumulato i mercenari asiatici. A questo punto si dedicò alla ricostruzione e riorganizzazione del suo regno. Troviamo conferma anche nel Papiro Harris che attribuisce a Sethnakht il merito di aver riportato l’ordine e la tranquillità nell’intero Egitto.

La sua Grande Sposa Reale, e madre dell’erede Ramses III, fu Tiy-Mereneset, forse figlia di Merenptah. Si pensava che il suo regno fosse durato 2 o 3 anni ma nel 2007 è stata rinvenuta una stele di quarzo, appartenuta a Bakenkunshu “Primo Profeta di Amon” dove è citato il quarto anno di regno di Sethnakht. In quanto a costruzioni non troviamo opere di rilievo ad eccezione del tempio di Amon-Ra a Karnak che Sethnakht fece iniziare ma a completarlo ci penserà poi suo figlio Ramses III. Fece anche iniziare la costruzione della tomba KV11 che sarà poi del figlio Ramses III, ma dovette interrompere i lavori perché durante lo scavo andò a sconfinare nella KV10 di Amenmesse.

Quando Sethnakht assunse al trono fece traslare il corpo di Seti II nell’attuale KV15 usurpando la tomba e forse facendo distruggere il corpo di Tausert sostituendosi a lei nelle decorazioni parietali. Va chiarito che queste sono solo supposizioni poiché nulla dimostra che ciò corrisponda al vero.

La tomba KV14 venne fatta ampliare da Sethnakht rendendola una delle più estese della Valle dei Re, dall’ingresso si dipartono otto corridoi in discesa attraverso i quali si raggiunge una camera funeraria con  soffitto a volta sorretto da otto pilastri con quattro camere incompiute agli angoli, probabilmente questa doveva essere la camera funeraria di Tausert e forse dello stesso Seti II.

Sul lato posteriore, due corridoi in piano portano alla camera funeraria che il faraone Sethnakht aveva fatto costruire per se, qui si trova un sarcofago in granito danneggiato con il relativo coperchio, segue un altro corridoio, non ultimato. I corridoi sono decorati con i capitoli del “Libro dei Morti” e del “Libro delle Porte”, in quella che avrebbe dovuto essere la camera di Tausret si trova un soffitto astronomico e sulle pareti testi del “Libro delle Porte” e del “Libro delle Caverne”. Molto simile a questa è anche la camera funeraria di  Sethnakt.

Per quanto riguarda il sarcofago di  Sethnakht si pensa che anche questo sia stato usurpato a Seti II. Alla sua morte, Sethnakht venne in un primo tempo collocato nella tomba KV14 poi non si hanno più notizie sulla collocazione della sua mummia.

Nel 1898, l’egittologo Victor Loret scoprì la tomba KV35, la tomba, inizialmente prevista per Amenhotep II, venne usurpata poi agli inizi del Terzo Periodo Intermedio. Durante la XXI dinastia venne utilizzata come deposito per la mummie che venivano riposte nelle varie stanze della tomba per salvarle dalle incursioni dei ladri che si facevano sempre più frequenti. Mentre le mummie collocate nel locale h2 della tomba sono state riconosciute, negli altri locali si trovano numerosi corpi o resti non identificabili. Secondo alcuni la mummia di Sethnakht sarebbe la cosiddetta “mummia nella barca” (una mummia rinvenuta già sbendata, forse per un antico saccheggio, riversa in una barca rituale di legno).

Inutile dire che altri non la pensano così, l’egittologo Aidan Dodson non concorda con l’assegnazione a Sethnakht della mummia in quanto a suo parere sarebbe la mummia di un parente di Amenhotep II proprietario della tomba. Il dibattito non ha più ragione di esistere perché nel frattempo la “mummia nella barca” è sparita in seguito ad un saccheggio nel 1901 prima che fosse possibile ogni analisi.  

Fonti e bibliografia:

  • Cyril Aldred, “I Faraoni: l’impero dei conquistatori”, Milano, Rizzoli, 2000
  • Sergio Donadoni, “Tebe”, Electa, 2002
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Christiane Desroche-Noblecourt e AA.VV . “Egitto” – Rizzoli Editore, 1981
  • Mario Tosi, “Dizionario enciclopedico delle divinità dell’antico Egitto”, Ananke, 2006
  • Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Bari, Laterza, 1990
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Alfred Heuss e atri., “I Propilei”, Verona, Mondadori, 1980
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LA XX DINASTIA

Di Piero Cargnino

Per quanto riguarda la XX dinastia, oltre al solito Manetone (che va sempre preso con cautela) ci viene in aiuto il famoso Papiro Harris. Risalente al regno di Ramses IV il papiro scritto in ieratico è di carattere religioso-storico e chi parla è Ramses III. La parte religiosa non è altro che un elenco di donazioni fatte dallo stesso Ramses III ai templi delle varie divinità da Tebe a Eliopoli a Menfi, Karnak e molti altri, elenco che occupa quasi per intero il papiro e si conclude con la richiesta di benedizione al proprio figlio Ramesse IV. Nella parte storica del papiro vengono narrati gli avvenimenti e i torbidi sociali che hanno caratterizzato l’inizio della dinastia e di come Ramesse III avesse riportato la stabilità riorganizzando l’amministrazione dello stato e soprattutto l’esercito.

Nel papiro il sovrano descrive le spedizioni da lui organizzate a Punt, per l’approvvigionamento della mirra, nel Sinai per il turchese, pietra magica molto ricercata, ed in un luogo non specificato per il rame. Sono descritte le varie guerre contro i popoli del mare condotte anche grazie all’integrazione nell’esercito dei Shardana e dei Mashuash fatti prigionieri che avevano fatto atto di sottomissione allo Stato. Ovviamente, come era uso in Egitto, il papiro a noi giunto, forse copia di un originale, voleva essere un elogio al padre Ramses III da parte del figlio perché incontrasse il favore degli dei nel suo viaggio nell’aldilà, nel contempo dimostrare la fedeltà di Ramses IV nei confronti del padre e dello stato, non deve essere preso alla lettera in quanto non ha alcuna pretesa storica.

Come abbiamo detto il papiro ci parla anche del periodo successivo alla morte della regina Tausert che fu caratterizzato da disordini che non permisero una successione immediata di Setnakht cosa che avvenne dopo un certo lasso di tempo. Lasso di tempo che potrebbe essersi protratto per qualche anno secondo un brano nel quale si paragona questo periodo ad uno precedente di depressione, anche se pare in gran parte immaginario:

Il testo continua a raccontare di stragi e della negligenza verso il culto degli dei finché la pace non venne ristabilita con l’ascesa al trono del faraone Setnakht. E’ chiaro che lo scopo di questo brano è più che altro quello di esaltare il nuovo sovrano e per farlo lo scriba è ricorso a notizie che riguardano la XVIII e XIX dinastia e che risalgono a tempi precedenti la dominazione degli Hyksos.

Viene da pensare che l’accenno ad “Arsu, un siriaco” altro non sia che un velato riferimento a “colui che aveva fatto il re“, il cancelliere Bay.

Manetone parla di dodici sovrani di Diospoli (Tebe) che si sarebbero avvicendati al trono per 136 anni secondo Sesto Africano, o per 178 secondo Eusebio da Cesarea, racconta di un periodo di eventi emozionanti, e di almeno un grande faraone (che però non cita). Nonostante i nemici dell’Egitto, dopo le umilianti sconfitte subite in precedenza premessero sempre più ai confini, gli inizi della XX dinastia lasciavano presagire un periodo di relativo splendore.

In realtà i faraoni di questa dinastia furono dieci e se escludiamo Setnakht, Ramses III, Ramses IX e Ramses XI, la durata degli altri fu alquanto breve, decisamente inferiore a quella che Manetone cita per l’intera dinastia (in totale circa 110 anni). Questi faraoni continuarono a far scavare le loro tombe nella Valle dei Re ma non tutti i Ramessidi vennero sepolti nelle loro tombe e le mummie di almeno tre di essi furono in seguito traslate nella tomba di Amenhotep II con le altre.

Cosa strana è il fatto che, a differenza dei loro predecessori, i faraoni della XX dinastia costruirono le loro tombe secondo uno stile diverso, invece di occultare l’ingresso della tomba per prevenire eventuali violazioni, questi dotarono l’ingresso di un maestoso portale completamente visibile. Immaginatevi che manna per i razziatori di tombe. Va detto inoltre  che questi, per la maggior parte insignificanti sovrani, si muovevano assai raramente dai loro palazzi nel Delta noncuranti dell’importanza e delle ricchezze che accumulavano i sacerdoti di Amon-Ra. Come vedremo questo atteggiamento avrà conseguenze molto gravi nella storia successiva.

Non si costruirono più grandiosi monumenti, salvo in alcuni casi, non scoppiarono più guerre con gli asiatici e con Ramses VI cessarono pure le spedizioni in Sinai. L’Egitto si trovò ad affrontare un progressivo e lento decadimento, ma nonostante tutto incontriamo in questo periodo numerose iscrizioni e papiri di grande interesse che trattano argomenti di varia natura completamente slegati fra loro come fossero articoli a se stanti senza alcun collegamento materiale o geografico tra loro. Verso la fine della dinastia il faraone era in effetti il sovrano solo del Nord mentre al Sud il vero sovrano era il pontefice di Karnak.

Come abbiamo detto questo è un periodo dove abbondano le testimonianze scritte più che in qualsiasi altro periodo della storia egizia. Queste però provengono in massima parte dalla zona di Tebe, abbiamo numerosi diari di lavoro degli operai delle necropoli i quali lamentano l’assenza di direttive precise per i lavori tanto che per lunghi periodi di tempo rimangono in ozio. In alcuni scritti si lamenta l’eccessiva presenza di stranieri a Tebe, Libi o Meshwesh. Certamente costoro non erano graditi e non facevano nulla per esserlo e spesso erano causa di sollevamenti o tumulti con evidenti e disastrose conseguenze sulla popolazione indigena.

Le difficoltà politiche ed economiche che caratterizzano questo periodo storico portano ad una sospensione delle razioni dei lavoratori. A causa di questo si innesca un lungo conflitto tra i lavoratori che vivono a Deir el-Medina e le autorità governative. Abbiamo notizie certe sulle difficoltà che dovevano affrontare gli operai in quel periodo. Più di una volta le razioni furono distribuite ai lavoratori con due mesi di ritardo. Al Museo Egizio di Torino è custodito un papiro che riveste una grande importanza per illustrare la situazione, in modo particolare quella che si venne a creare durante il regno di Ramses III, il cosiddetto “Papiro dello sciopero”.

Il testo in ieratico, scritto dallo scriba Amunnakht, riporta la notizia di quello che si può considerare a tutti gli effetti il primo “sciopero” della storia. In un primo tempo i lavoratori si ribellano rifugiandosi prima nella necropoli di Tebe e poi nei templi di Tutmosi III e Ramses II. Le autorità decidono di accordare agli scioperanti il pagamento delle razioni di grano mensili da loro richieste ma i tumulti continuano perché gli scioperanti volevano parlare direttamente col faraone. Il resto del papiro si perde in una confusione di differenti testi.

Fonti e bibliografia:

  • Cyril Aldred, “I Faraoni: l’impero dei conquistatori”, Milano, Rizzoli, 2000
  • Sergio Donadoni, “Tebe”, Electa, 2002
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Christiane Desroche-Noblecourt e AA.VV . “Egitto” – Rizzoli Editore, 1981
  • Mario Tosi, “Dizionario enciclopedico delle divinità dell’antico Egitto”, Ananke, 2006
  • Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Bari, Laterza, 1990
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Alfred Heuss e altri., “I Propilei”, Verona, Mondadori, 1980
Mai cosa simile fu fatta, Musica, XX Dinastia

OBOI E ASTUCCIO

Oboi: Giunco; lunghezza 38cm, 44cm, 45 cm, 48 cm.
Museo Egizio di Torino, Collezione Drovetti – C. 6258
Astuccio porta oboi: legno dipinto, diametro 5,5 cm, lunghezza 70 cm
Museo Egizio di Torino, Collezione Drovetti – C. 6278

La musica e la danza avevano un ruolo importante nella vita sociale degli Egizi per allietare non solamente di momenti di svago, ma anche e sopratutto le cerimonie religiose.

Dai contesti archeologici, soprattutto del Nuovo Regno, sono venuti alla luce numerosi strumenti musicali la cui esistenza è dimostrata anche dalle scene figurate riprodotte sulle pareti delle tombe.

Arpe, lire, sistri, liuti, tamburelli, crotali, Oboi, flauti producevano la più svariata gamma di suoni e accompagnavano l’esecuzione di danze ritmate.

All’originaria collezione Drovetti apparteneva questa serie di oboi in giunco, composti da due parti a incastro una delle quali è fornita di un diverso numero di fori: da tre a otto.

Le quattro esili canne erano custodite all’interno di un contenitore cilindrico che è stato decorato con cura su tutta la superficie esterna.

Fregi a motivi geometrici si alternano a bande con ornamenti vegetali policrome in un fitto susseguirsi di piccoli disegni.

Nella parte centrale del l’astuccio è riprodotta una scena di danza c’è si snoda intorno al perimetro.

Alcuni danzatori, probabilmente nubiani, ballano in mezzo a un papireto eseguendo il ritmo cadenzato di un tamburello suonato da un loro compagno.

Le esili figure stilizzate degli uomini danno realisticamente il senso dei loro passi di danza.

Fonte

  • I grandi musei : il Museo Egizio di Torino – Silvia Einaudi – Electa
  • Museo Egizio di Torino
Mai cosa simile fu fatta, XX Dinastia

CROTALO CON CARTIGLIO

Avorio, Lunghezza 20 cm
Museo Egizio di Torino, Collezione Drovetti – C. 6921

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Uno degli strumenti musicali più diffusi nell’antico Egitto era il crotalo, la cui origine si può probabilmente far risalire alla lontana epoca Predinastica.

I crotali nella loro forma più semplice sono costituiti da bastoncini, diritti o ricurvi, fabbricati con legno,osso o avorio, che in genere venivano accoppiati affinché, con la loro percussione reciproca, producessero un suono simile al battito delle mani.

Il loro uso è attestato soprattutto come accompagnamento ritmato di danze rituali e cerimonie funebri.

In particolare la presenza del volto della dea Hathor su alcuni esemplari induce a pensare che essi fossero connessi al culto di questa divinità, di cui è noto il legame con la musica e la danza.

Nel Nuovo Regno divennero particolarmente frequenti i crotali a forma di braccio, con evidente riferimento alloro tipo di suono che doveva imitare il battere delle mani.

Questo esemplare in avorio di raffinata fattura proviene da un contesto regale, come dimostra la presenza del cartiglio contenente il nome della “sposa divina” Ahmose: una principessa o regina non identificata.

Con il titolo di “sposa divina” (Hemet netjer), rappresentato dai tre segni geroglifici posti al di sopra del cartiglio, si indicavano tradizionalmente le donne appartenenti alla famiglia reale, dimostrazione della natura divina che veniva riconosciuta al sovrano e ai suoi congiunti.

Vedi anche: https://laciviltaegizia.org/2023/11/06/un-crotalo-a-torino/

Il crotalo riproduce un braccio ricurvo sul cui polso sono i tagliate sottili linee che imitano un bracciale.

La mano affusolata è caratterizzata da lunghe ed esili dita le cui unghie sono state incise con particolare realismo.

Fonte

I grandi musei : Museo Egizio di Torino – Silvia Einaudi – Electa

Mai cosa simile fu fatta, Stele, XX Dinastia

STATUA DI RAMESSUNAKHT

Granito grigio, altezza 75 cm
Karnak, cortile della Cachette – Scavi di George’s Legrain 1904
Museo Egizio del Cairo, JE 36582 = CG 42162

Statua di Ramessunakht, primo sacerdote di Amon-Ra

La carriera di Ramessunakht è nota grazie a diversi documenti.

La carica più importante da lui rivestita fu quella di primo sacerdote di Amon-Ra, che detenne sotto i regni successivi di Ramses IV, V e VI.

Di Ramessunakht si sa che guidò la spedizione, che nel corso del regno di Ramses IV, si recò nello uadi Hammamat per procurarsi blocchi di pietra da costruzione.

Il potere di lui era tale da permettergli di edificare un proprio tempio funerario, recentemente riportato alla luce, tra le colline di Dra Abu el-Naga.

La statua lo rappresenta nella classica posizione dello scriba seduto.

Sculture di questo genere sono attestate in ogni periodo della storia faraonica.

La novità è qui rappresentata dal babbuino appollaiato sulle spalle.

L’animale era sacro a Thot, patrono degli scribi e inventore della scrittura, e la scelta di rappresentarlo con le mani che poggiano sulla testa della persona ha il senso di porrerla sotto la protezione della divinità medesima.

La statua era stata dedicata a Ramessunakht dal figlio Nesamon, anch’egli primo sacerdote di Amon – R a Tebe.

I tratti del volto sono quelli tipici dell’epoca ramesside.

Gli occhi sono stretti ed allungati, il naso sottile, la bocca stretta e larga con gli angoli posti in ulteriore risalto da due pieghe oblique.

La parrucca, tripartita e con i capelli realizzati in onde sottili, lascia scoperte le orecchie.

Lo sguardo è rivolto verso il basso, nel tipico atteggiamento dello scriba concentrato sul proprio lavoro.

L’abbigliamento è costituito da una tunica con le maniche plissettate e da una gonna, anch’essa plissettata nella parte inferiore.

L’abito è aderente e trasparente sul torace dove oltre ai muscoli pettorali è posto i risalto il ventre prominente , segno inequivocabile dell’elevato status e dell’agiatezza goduti da Ramessunakht.

Le braccia sono posate sulle cosce coperte dalla gonna su cui si sviluppa un geroglifico con i titoli e il nome di Ramessunakht.

La mano destra è rappresentata come se tra le dita vi fosse uno stilo la sinistra stringe il rotolo del papiro.

Fonte

Tesori egizi nella collezione del Museo del Cairo – F. Tiradritti – fotografie L’Araldo De Luca – Edizioni White Star.

Mai cosa simile fu fatta, Stele, XX Dinastia

STELE DI BAY

Calcare dipinto; altezza cm 24,5, larghezza cm 41
Deir el- Medina, Temenos del tempio di Hathor
Scavi di E. Baraize 1912
Museo Egizio del Cairo – JE 43566

Questa stele, dedicata da Bay al dio ariete Amon, proviene dal villaggio degli operai di Deir el-Medina.

I colori sono ancora vivaci ed è caratterizzata dalla presenza di tre orecchie dipinte di blu, giallo e verde sul lato destro, rappresentazioni delle orecchie del dio ” che ascolta le preghiere”.

È questa una forma del dio Amon alla quale soprattutto i ceti sociali modesti si rivolgevano durante il Nuovo Regno, quando maggiori erano le tracce lasciate dai culto della pietà personale accanto a quelli della religione ufficiale praticata nei templi e a corte.

Il proprietario della stele è un operaio del villaggio ed è ritratto sul lato sinistro, separato con una linea verticale dalle orecchie divine, mentre è Inginocchiato con le mani alzate in segno di adorazione.

Nel l’iscrizione sovrastante Bay spiega: “Adorazione di Amon-Ra da parte del servitore nella Sede della Verità, Bau”, ove “Sede della Verità” si riferisce alla tomba reale.

Nella parte superiore della stele compaiono due arieti affrontati e con il capo adorno delle piume di Amon, del disco solare e dell’ureo, inframmezati da una brocca poggiata su un tavolino.

In alto l’iscrizione identifica i due animali con “Amon-Ra, l’ariete Perfetto”.

Fonte e fotografia:

I tesori dell’antico Egitto – National Geographic – Edizioni White Star.