C'era una volta l'Egitto, Nuovo Regno, XVIII Dinastia

IL CREPUSCOLO DELLA XVIII DINASTIA

Di Piero Cargnino

Con la morte (o l’Esodo) di Akhenaton si chiude quella parentesi storica che alcuni chiamano “Rivoluzione religiosa”, tornano gli dei che fin dagli albori della civiltà hanno vegliato sul popolo egizio. Chi siede sul trono delle Due Terre dopo il faraone eretico è un enigma che ancora oggi fa scervellare molti studiosi.

Secondo alcuni sarebbe Smenkhara ma altri obiettano che varie fonti antiche parlano di una regina che però non è identificata, potrebbe trattarsi di Nefertiti, Grande Sposa Reale di Akhenaton o più probabilmente si tratterebbe di Merytaton (Ankhtkheperura Meri-Neferkheperura), prima figlia di Akhenaton e Nefertiti. Su di un monumento è citata come “l’unica figlia del Re”, anche se in realtà dopo la costruzione del monumento, Akhenaton ebbe molte altre figlie.

Merytaton “Colei che è amata da Aton”, sarebbe stata in seguito la “Grande Sposa Reale” di Smenkhara, fratellastro o figlio dello stesso Akhenaton. Il condizionale è d’obbligo in quanto la quasi totale assenza di dati storici, dovuta alla “damnatio memoriae” voluta principalmente dal faraone Horemheb, non permette una ricostruzione delle sequenze degli immediati successori di Akhenaton.

Smenkhara viene a volte confuso da alcuni con la stessa Nefertiti o con Merytaton con la quale condivide la prima parte del suo nome, Ankheperura Smenkhara-Djeser-Kheperu. Nel 1845, durante l’esplorazione della tomba di Merira II, sovrintendente della regina Nefertiti, scriba reale, maggiordomo, sovrintendente dei due tesori e sovrintendente dell’harem reale di Nefertiti, venne trovata una rappresentazione di Smenkhara e Merytaton nelle vesti di faraone e di “Grande Sposa Reale”, sovrastati dai raggi dell’Aton mentre premiano Merire.

Oggi i nomi non compaiono più ma quando li vide Lepsius, nel 1850, erano ancora ben visibili e l’egittologo li copiò. Non mi dilungo a raccontarvi la grande confusione che si venne a creare, cercherò di spiegarla in poche parole. I due nomi erano: <<“Ankhtkheperura meri” [amato da] “Neferkheperura” >> e << “Neferneferuaton meri” [amato da] “Uaenra” >>, ma sia  Neferkheperura che Uaenra erano i nomi reali di Akhenaton, (li amava tutti e due?).

Nella stele di Berlino (cat. 17813) compare un rilievo dove è raffigurato Akhenaton con un altro re in un atteggiamento che parrebbe affettuoso se non addirittura intimo. Di conseguenza per tutta la seconda metà dell’800 e fino agli anni ’70 del novecento si pensava che lo stesso Smenkhara fosse nominato con svariati epiteti femminili in quanto tra i due ci sarebbe stato un rapporto omosessuale.

Gli egittologi Marc Gabolde e James Peter Allen esaminando alcuni oggetti provenienti dalla tomba di Tutankhamon che recavano il nome di Neferneferuaton, appellato come “desiderato/a da Akhenaton”, in origine erano iscritti come Akhet-en-hyes “utile al suo sposo”; mentre il primo epiteto potrebbe anche riferirsi a Smenkhara, il secondo, che parla di uno sposo, non può che riferirsi ad una donna.

Va detto inoltre che per quanto riguarda Merytaton il suo sesso è confermato dalle forme femminili presenti nel suo cartiglio e dal suo epiteto “Akhet-en-hyes” (Utile al Suo Sposo). Nella foto n. 4 sono riprodotti tre cartigli esplicativi. <<Ankheperura nella versione femminile (93, 94) e in quella maschile (95). 93: Ankheperura desiderata da Neferkheperura (Akhenaton). 94: Ankhteperura desiderata da Uaenra Akhenaton). 95: Ankheperura desiderato da Uaenra >>.

Che Smenkhara abbia sposato Merytaton non ci dovrebbero essere dubbi in quanto viene chiamato da Akhenaton “suo genero”, questo porterebbe a pensare che, almeno nell’ultima parte del suo regno sia stato nominato coreggente con il faraone. Unico indizio archeologicamente testato di cui disponiamo circa la durata del regno di  Smenkhara è la data dell’anno 1 che compare su una giara di vino proveniente “dalla casa di Smenkhara”.

Secondo Aidan Dodson Smenkhara non avrebbe mai regnato ma sarebbe stato solo coreggente di  Akhenaton a partire dal tredicesimo anno di regno di quest’ultimo. James Allen pensa che sia stato un effimero successore dell’altrettanto effimera Neferneferuaton (Merytaton). Altri ipotizzano che abbia regnato due o tre anni perché su alcune giare di vino trovate ad Amarna compare la dicitura “anno 2, “anno 3” sebbene il nome del faraone non compaia.

Capite in che terreno ci stiamo muovendo? Se poi ci rivolgiamo agli epitomi di  Manetone la confusione nella conoscenza di questo periodo sale alle stelle, essi riportano che ad Akhenaton successe:

Secondo l’egittologo Marc Gabolde Achencheres sarebbe Neferneferuaton (Merytaton) e a causa di un  errore di trascrizione sarebbero stati riportati 12 anni e 1 mese anziché  2 anni e 1 mese. In un simposio tenutosi al Metropolitan Museum of Art, venne affermato che:

Bene, mentre questi due “effimeri sovrani” spariscono nel nulla, forse seguendo le sorti di Aketaton, qualcuno già pensava al dopo e si stava organizzando per lasciare la città e tornare a Tebe. Questo era Ay, un personaggio molto influente alla corte di Akhenaton, maestro dei cavalli imparentato con Nefertiti, alcuni pensano che fosse addirittura il padre. Da quello statista potentissimo che era, con un’esperienza di 25 anni riuscì a staccarsi dal credo di Aton divenendo il primo reggente al trono durante il regno di Tutankhamon, cosa che gli permise di succedere a quest’ultimo al momento della sua morte prematura.  

Fonti e bibliografia:

  • Elio Moschetti, “Akhenaton storia di un’eresia”, Torino, Ananke, 2009
  • Margaret Bunson, “Enciclopedia dell’antico Egitto”, La Spezia, Melita Edizioni, 1995
  • Alfred Heus et al., “I Propilei”, vol. I, Verona, Mondadori, 1980
  • Alan Gardine, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Franco Cimmino, “Akhenaton e Nefertiti, Storia dell’eresia amarniana”, Milano, Bompiani, 2002
  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Aidan Dobson e Dyan Hilton, “The Complete Royal Families of Ancient Egypt”, Thames & Hudson, 2004
  • Cyril Aldred, “Akhenaton il Faraone del sole”, Newton & Compton, 1979
C'era una volta l'Egitto, Nuovo Regno, XVIII Dinastia

PRELUDIO ALLA RIVOLUZIONE RELIGIOSA

Di Piero Cargnino

Come abbiamo detto in precedenza il regno di Amenhotep III fu un periodo di prosperità e di pace quale il popolo egizio non aveva mai conosciuto prima. Dalla Nubia e dall’Asia affluivano i migliori prodotti e beni preziosi. I rapporti tenuti con la Grecia e Micene erano ottimi ed anche con essi venivano importati ed esportati vari prodotti di artigianato e generi alimentari.

Numerosi dignitari contribuivano ad inviare al palazzo reale i loro prodotti, di molti di questi dignitari se ne conosce il nome che compare sulle loro statue e nelle tombe, in modo particolare quelli che sono stati impressi sui sigilli delle anfore contenenti cibarie, vino, birra da essi prodotta.

Grande interesse veniva dimostrato dal sovrano verso il proprio tempio funerario ma anche verso gli altri templi della capitale come di Karnak e Luxor; in un testo a lui dedicato compaiono lunghe epigrafi che elencano le sue elargizioni in oro e pietre dure da lui offerte per adornare i templi, si tratta di cifre veramente incredibili.

Particolarmente ingenti erano i doni che Amenhotep III elargiva al tempio di Amon-Ra il cui clero diventava sempre più ricco, e non solo doni ma anche titoli, il sacerdote di Amon, Ptahmose, fu il primo a riunire alla sua autorità sacerdotale anche quella di visir.

La ricchezza del clero era tale da creare potere e quel potere i sacerdoti lo usavano per interferire anche negli affari di stato cosa che era mal sopportata dalla corte. Certo non immaginavano la tempesta che si sarebbe abbattuta di li a poco sulle loro certezze sconvolgendo le antiche credenze ed i loro più cari ideali. La religione egizia, quale si tramandava da quasi duemila anni, scaturiva dall’insieme di numerosi culti tribali in origine indipendenti.

Ciascuna città, se non addirittura villaggio, aveva il suo dio protettore, spesso erano feticci il più delle volte in forma di animale, alcuni di questi acquisirono maggior prestigio di altri, vedi Bastet di Bubasti, la dea cobra Edjo di Buto, Thoth come ibis di Ermopoli e molti altri. Con l’unificazione l’Egitto si trovò a dover far fronte a questo problema che risolse elevando alcune divinità ad un rango superiore senza però abolire quelle di rango inferiore. Non solo ma, rappresentando gli stessi dei ora sotto una forma ora con un altro aspetto, riuscì a fondere le varie credenze senza abolirne alcuna.

Gli stessi dei sono rappresentati con aspetti che variano in funzione di un luogo o di un rituale, Thoth è di regola un uomo con la testa da ibis, ma viene anche rappresentato come cinocefalo o come la Luna; Khepri compare come uno scarafaggio con il corpo umano ma viene anche rappresentato come semplice scarafaggio, Hathor, la dea vacca di Dendera, era la stessa Hathor adorata a Menfi in forma di sicomoro, gli esempi potrebbero continuare a lungo.

Se poi pensiamo al dio sole Ra lo vediamo rappresentato come un uomo con la testa di falco ed il disco solare sul capo. Ra è forse la principale divinità dell’antico  Egitto identificato con il sole di mezzogiorno egli governava il mondo intero, la terra, il cielo e l’oltretomba, abitualmente era accostato ad Horus, da cui ebbe origine il dio Ra-Horakhti che vuol dire “Ra (che è) Horus dei due orizzonti”. Lo troviamo più tardi associato anche al dio Amon a formare il dio Amon-Ra. Un altro aspetto fondamentale del dio Ra è quello di Aton che in precedenza era solo un’altra forma di Ra.

Ancorché quando parliamo del dio Aton subito lo leghiamo indissolubilmente alla figura del faraone Amenhotep IV (Akhenaton) non dobbiamo trascurare il fatto che il culto di Aton era già assurto a maggior livello ben prima. Il termine “Aton” lo troviamo già in uso almeno dal Primo Periodo Intermedio e seguirà nel Medio Regno dove una delle prime volte che viene citato è nei Testi dei sarcofagi.

Un riferimento ancora più esplicito è contenuto nella Storia di Sinuhe dove si racconta che alla sua morte il re Ammenemes I si unisce al sole:

In questo caso il termine itn non si riferisce al sole come Ra bensì proprio con la parola “Aton”. Il disco solare che lo rappresenta. Più esplicita e comprensibile è invece la frase che contiene l’epiteto spesso usato per indicare “l’Aton vivente”:

in questo caso itn, tradotto con “disco” è chiaramente riferito al corpo celeste.

Quella che chiamiamo “rivoluzione religiosa”, attribuendola esclusivamente ad  Akhenaton col quale vedrà la reale introduzione, iniziò con Thutmose IV il quale forse rimase talmente colpito dal suo sogno, fatto mentre riposava sotto la testa della Sfinge, nel quale gli comparve Ra-Horemakhet (Harmakis). In seguito si diffuse ancor più con Amenhotep III, probabilmente condizionato dall’influenza asiatica che si era fatta maggiormente sentire in Egitto durante il suo regno.

Ed è proprio Amenhotep III che, inizia un percorso di lento ma inesorabile allontanamento della casa reale e di tutta la corte dall’enorme potere acquisito nel tempo dal clero di Amon di Karnak pur continuando con le sue elargizioni. Col tempo Amenhotep III iniziava a soffrire il prepotente affermarsi dei sacerdoti del dio Amon insofferenti al loro ruolo strettamente religioso.

Un primo segnale lo da trasferendo la residenza reale nella nuova reggia costruita a Malqata, località nei pressi di Tebe il cui antico nome era “Per-Hay” (Casa della Gioia), il palazzo era chiamato “palazzo dell’Aton abbagliante”.

Esaminando attentamente le iscrizioni coeve di Amenhotep III notiamo che l’uso del termine è assai più frequente del solito, cosa che ci porta a vedere in ciò un’anticipazione di quello che succederà di li a poco. Un curioso particolare che si allaccia a quanto sopra è il fatto che la barca usata dalla regina Tiye sul lago che il sovrano fece costruire per lei (di cui abbiamo parlato in precedenza), era chiamata “l’Aton risplende”. In una tomba della necropoli di Tebe, risalente al regno di  Amenhotep III, troviamo che l’occupante vantava il titolo di “Maggiordomo della Dimora dell’Aton”; con questo pare più che giustificato pensare che l’Aton fosse già adorato a Tebe prima di Akhenaton.

Un’altra testimonianza la troviamo nella stele di Suti e Hor dove è inciso un inno solare che esprime un pluralismo di credenze, di cui alcune del tutto innovative, che precorrono gli inni all’Aton di epoca successiva. Poi arriverà  Amenhotep IV (Akhenaton).

Fonti e bibliografia:

  • Enrichetta Leospo e Mario Tosi “l potere del re il predominio del dio”, Ananke, 2005
  • Cimmino, Franco, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bompiani, Milano 2003
  • Ala Gardiner, “La civiltà egizia”, Einaudi, Torino 1997
  • Sergio Donadoni, “Tebe”, Milano, Electa, 1999
  • Mario Tosi,  “Dizionario enciclopedico delle divinità dell’antico Egitto”, Torino, Ananke, 2005
  • Cyril Aldred, “Akhenaton il faraone del sole”, Grandi tascabili economici Newton, 1996
  • John Wilson, “Egitto, I Propilei” volume I, Arnoldo Mondadori, Milano, 1967
  • Agnès Cabrol, “Amenhotep III le magnifique”, ed. Le Rocher, 2000
  • A. Piankoff e E. Hornung, “Das Grab Amenophis’ III im Westtal der Könige”, 1961 William L. Moran, “Le lettere di Amarna”, Johns Hopkins University Press, 1992
XVIII Dinastia

IL SACRARIO DELLA REGINA TIYE

Di Patrizia Burlini

Museo Egizio del Cairo (attualmente il sacrario si trova ancora a Piazza Tahrir).
XVIII Dinastia – Regno di Akhenaton

La splendida donna ritratta in questo pannello, ancora visibile, è una delle più importanti regine egizie.

Le foto ritraggono la regina Tiye, Grande Sposa Reale di Amenhotep III, così come rappresentata nel sacrario rivestito in lamina d’oro che fu trovato nella tomba KV55. Purtroppo il sacrario andò irrimediabilmente danneggiato nell’antichità e la disastrosa campagna di scavi non aiutò a recuperare tutte le informazioni che gli oggetti contenuti nella tomba avrebbero potuto fornire.

In questa immagine si vedono bene i raggi dell’Aton che offrono a Tiye l’Ankh, la vita

Ciò nonostante, i pannelli mostrano una grande raffinatezza esecutiva, tipica dell’epoca post—amarniana. Ulteriori immagini nei commenti

Il sacrario in primo piano, così come fu trovato nella KV55
Possibile ricostruzione del sacrario. Fonte:
https://www.jstor.org/stable/40000077?read-now=1&seq=14…

Foto: Zhanna fomockina, web