A cura di Ivo Prezioso
I corredi funerari dimostrano chiaramente che andavano sviluppandosi un’organizzazione sociale e un ordinamento gerarchico, controllati da una facoltosa e potente élite. Le grandi necropoli di centri come Ieraconpoli e Naqada (risalenti al 3800 a.C. circa), sono, infatti, costituite da poche tombe contenenti corredi molto abbondanti. Col passare dei secoli le misure degli ipogei divennero sempre più importanti, fino a culminare nella costruzione delle piramidi monumentali. La Tomba 100 di Ieraconpoli, la cosiddetta Tomba dipinta, risalente più o meno al 3600 a.C., costituisce un validissimo esempio di ricca sepoltura, sicuramente appartenuta a qualche importante capo o addirittura a un monarca del periodo Naqada II.
Si è notato che, già a partire dal periodo Naqada I, alla classe dirigente veniva assegnato uno spazio separato all’interno della necropoli principale; col passare del tempo le furono addirittura destinate aree ben distinte, come dimostra la Necropoli “T” a Naqada. Altra testimonianza della presenza di funzioni amministrative relative alle prime società statali in formazione durante il periodo Naqada II, ci viene fornita dalle impronte di sigilli impresse sull’argilla posta a chiusura di recipienti e porte nella “città meridionale” a Naqada. Contemporaneamente vanno sempre più consolidandosi un’idea religiosa, una mitologia ed un insieme di riti che più tardi confluiranno in diverse “scuole teologiche”. La testimonianza di questo sviluppo ci è senz’altro fornita dalle consuetudini funerarie (seppellire i morti in determinate posizioni e accompagnati da ricchi corredi) e anche dall’iconografia. Divinità femminili dall’aspetto bovino, per esempio, erano collegate alla monarchia come testimonia la Tavolozza di Narmer o anche, al cielo, come dimostra un’altra Tavolozza rinvenuta a el-Gerza nella tomba 59, risalente al periodo Naqada II, che potrebbe essere la più antica rappresentazione nota della dea Hathor. Inoltre, le rappresentazioni di imbarcazioni, di grandi figure femminili con le braccia sollevate, piante, animali del deserto e segni indicanti l’acqua, appaiono collegate a credenze sull’esistenza di un mondo oltremondano e sulla fiducia in una rinascita. Sempre durante questo periodo, le rappresentazioni di santuari dimostrano che già esistevano centri cultuali e finanche una sorta di specialisti della religione che più tardi sarebbero andati a formare una vera e propria casta sacerdotale.
Verso la fine del predinastico cominciano a comparire le prime forme di scrittura che sono attestate ad Abydo. E’ lecito supporre che siano state determinate dall’esigenza di indicare oggetti appartenenti alla casa reale e affinché il nome del sovrano potesse essere letto in modo univoco e corretto, a causa della verosimile presenza di marcate differenze linguistiche e l’uso di vari dialetti. Rappresentazioni di scene belliche o di fortificazioni su tavolozze risalenti alla fine del predinastico indicano chiaramente che i conflitti armati tra i vari “principati” non dovevano essere una rarità. Mancano, al contempo, prove di invasioni straniere attraverso lo Uadi Hammamat o altrove.
Le differenze genetiche osservabili tra le antiche popolazioni egizie erano palesemente dovute alla differente origine dei vari gruppi che per primi si insediarono nella regione e che provenivano da Nord Africa, Mediterraneo, Medio Oriente, Nubia. Apparentemente, anche i componenti della élite cittadina paiono essere di etnie diverse, come sembrano indicare le analisi compiute sui resti umani esumati nella Necropoli “T” di Naqada.

Ricostruzione di una tomba di un egiziano di ceto non elevato risalente all’epoca protodinastica (Naqada II circa 3650- 3300 a.C.). Pur molto povere queste sepolture già rivelano la grande importanza che questo popolo dava all’aldilà: cibo per il lungo viaggio oltremondano, una camera per il riposo, unguenti, suppellettili .
Fonte: Egitto: l’Età dell’oro, a cura del prof. Maurizio Damiano.

La fotografia mostra i resti del muro della Tomba 100, di Ieraconpoli (circa 3600 a.C.) che è sotto vetro, in una piccola sala poco visitata del Museo del Cairo. Sfortunatamente gran parte del dipinto è andato distrutto (circa due terzi dell’intero muro), mostrando il mattone di fango sottostante.

Tavolozza di Gerza,
Il Cairo Museo Egizio. Scisto alt. 15cm. Naqada II (3650-3300 a.C. circa).
Questa tavolozza fu realmente impiegata per preparare il fard, come provano le traccedi malachite ancora presenti. Proviene dalla tomba 59 di Gerza (scavi di F.Petrie 1919) dove fu rinvenuta come offerta funeraria. Presenta una testa di vacca stilizzata e 5 stelle: la rappresentazione evocherebbe, dunque una dea celeste, come Hathor. In questo caso si tratterebbe della prima rappresentazione nota della dea bovina.
Fonte: Antico Egitto, Maurizio Damiano.

Giara da vino
Londra, Petrie Museum. Terracotta, Altezza cm. 24. Provenienza Tarkhn. Predinastico.
Grande giara dal corpo slanciato,su base stretta. Collo breve dotato di ampio labbro che si espande a disco. All’altezza della spalla sono presenti appigli concatenati in leggero rilievo, destinati probabilmente a rendere più agevole lo spostamento del vaso. Sotto le sporgenze è leggibile il nome Haty, cinto da un semplice “serekh” preceduto da un segno geroglifico raffigurante una mazza piriforme.
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