Di Piero Cargnino
Torniamo ora alle piramidi, sicuramente dopo Chefren vi aspettate di trovare la piramide di Menkaura (Micerino), invece no. Forse non tutti sanno che esiste una piramide dimenticata che forse in linea dinastica è precedente a quella di Micerino.

La linea di successione di Cheope, IV dinastia, è molto complessa e, data l’esiguità dei dati conosciuti, nonostante Manetone ed il Canone Reale di Torino, non è possibile una chiara ricostruzione delle vicende in questione. Tra i successori di Chefren parrebbe emergere il maggiore dei suoi figli, Baka, (o Bafra o Bicheris), il cui nome compare su una statua rinvenuta ad Abu Rawash e sulle rocce dello Uadi Hammamat. Il Canone Reale, nella parte riguardante la IV dinastia, è molto danneggiato e lascia il posto per uno, (o due), sovrani. Manetone cita un Bicheris al quale attribuisce un regno che appare decisamente eccessivo. Comunque non si conosce nulla di più sull’eventuale suo regno.
Per quanto riguarda il suo complesso funerario sono state avanzate ipotesi che Baka, (Bicheris), abbia scelto per la sua tomba la località di Zawijet el-Aryan quasi 4,5 km a sud-est di Giza. Ad ovest della città, nell’area desertica, si trova la necropoli nota con lo stesso nome, all’interno della quale sono presenti i resti di due piramidi, una di esse, a gradini, è conosciuta come “piramide a strati” attribuita dagli egittologi al faraone Khaba della III dinastia (che abbiamo già trattato).
L’altra, incompiuta o distrutta, sono rimaste solo le fondamenta, è ufficialmente chiamata “Piramide del Nord” o incompiuta e viene datata tradizionalmente verso la metà della IV dinastia, (2613-2494 a.C.). Non è possibile attribuire la proprietà ad uno specifico sovrano anche se, molti egittologi, fra cui Miroslav Verner, sono propensi a pensare che si tratterebbe proprio del faraone Baka, (il Bicheris di Manetone), Wolfgang Helck ed altri non sono d’accordo e ritengono improbabile questa attribuzione. Sta di fatto che le opinioni in merito all’attribuzione ad uno specifico faraone di questa piramide sono molto discordi. Secondo alcuni la sua costruzione sarebbe databile alla III dinastia ed il possessore sarebbe il faraone Nebka. Secondo Lauer sarebbe da collocare in un periodo che sta tra Snefru e Menkaura, in questo trova concordi Maragioglio e Rinaldi che però l’attribuiscono a Baufre o Djedefhor, altri figli di Cheope. Stadelmann concorda sull’epoca della costruzione attribuendola al figlio di Chefren Baka.
Il primo ad esplorare il sito fu il tedesco Karl Richard Lepsius durante le sue campagne dal 1842 al 1846, Lepsius esplorò il pozzo principale e i suoi dintorni annotandola nella sua lista pionieristica come “Pyramid XIII”.

Fu poi l’italiano Alessandro Barsanti nel 1900-1904 ad esplorarla in modo più approfondito. Quando l’allora Direttore Generale dello S.C.A. Gaston Maspero visionò gli scavi di Barsanti rimase stupefatto dalle dimensioni monumentali della costruzione e dei blocchi che la compongono.

Il suo rapporto originale, in francese, contiene descrizioni dei corridoi sotterranei e di un’enorme fossa, (la camera funeraria?), orientata est-ovest ubicata al centro della costruzione incompiuta sul cui fondo giacciono enormi blocchi di granito e calcare a formare le fondamenta.

Maspero aggiunge:
“…….spero che i migliori informati tra i turisti verranno ad ammirare questo monumento, il piacere che vivranno durante questo viaggio vale le due o tre ore necessarie……. l’immensità del compito intrapreso dagli egiziani……è notevole e fuori dall’ordinario, ma il sentimento generale è uno di quelli che non si dimenticano mai. La dimensione e la ricchezza dei materiali, la perfezione dei tagli e dei giunti, l’impareggiabile finitura del sarcofago ovale in granito, l’audacia della struttura e l’altezza pura delle pareti, tutto si unisce per comporre questo insieme unico finora”.


Nel suo diario Barsanti racconta che nel marzo 1903 si verificò un avvenimento particolare che costituì un ulteriore enigma per gli archeologi. Scoppiò un intenso temporale che riempì la fossa con oltre 3 metri d’acqua, dopo poco, improvvisamente la fossa si svuotò fino ad un metro. Subito si ipotizzò l’esistenza di una camera nascosta sotto la fossa ma l’ipotesi non fu mai verificata. Barsanti intraprese ulteriori lavori sul sito nel 1911-1912 ma l’avvento della prima guerra mondiale portò tutti gli scavi a una battuta d’arresto, e Barsanti morì nel 1917. In seguito nessun altro ha fatto ricerche su questo monumento.

La struttura e la forma che avrebbe caratterizzato la piramide non è definibile in quanto è presente solo la base che misura 200 × 200 m., stessa cosa per le dimensioni e la pendenza pianificate che non possono essere valutate. La parte ipogea consiste in un corridoio a forma di T con asse sud-nord mentre la camera è orientata est-ovest. Una ripida scalinata porta ad un breve corridoio orizzontale dal quale si accede alla camera. A metà percorso la scala è interrotta da una superficie orizzontale il cui scopo è sconosciuto. Le pareti sono lisce e non sono mai state ricoperte di pietre e la camera non è mai stata completata, solo il pavimento era finito e costituito da massicci blocchi di granito rosa, ciascuno lungo 4,5 m, alto 2,5 m e largo 1,5 m del peso di circa 100 tonnellate.

In più c’è un blocco di granito di proporzioni gigantesche che gli studiosi non riescono a spiegarsi come sia stato possibile trasportarlo all’interno della struttura. Nella parete occidentale della fossa è stato rinvenuto un curioso sarcofago di forma ovale in granito rosa probabilmente ricavato da uno dei blocchi di fondazione.

Il sarcofago fu rinvenuto con il coperchio sigillato, Barsanti, che lo aprì non trovò nessuna mummia all’interno ma solo piccole tracce di una sostanza sconosciuta che sfortunatamente non fu mai esaminata e purtroppo se ne sono perse le tracce. Sicuramente, date le sue dimensioni, (3,15 x 2,22 x 1,5 m di profondità), deve essere stato introdotto nella camera durante la costruzione delle fondazioni poiché è più grande del passaggio che conduce alla camera.

Nel 1954, fu concesso di utilizzare il sito come set per le riprese del film epico “Land of Pharaohs”. Il paesaggio di Zawyet El Aryan sembrava essere il luogo perfetto e la piramide incompiuta di Baka venne scelta come sfondo per il film. Di conseguenza, la fossa e l’ambiente circostante furono liberati dalla sabbia e dalle macerie che avevano ricoperto l’area degli scavi di Barsanti.

Dopo quella parentesi più nessuno si è interessato a quell’area ed ormai non è più possibile effettuare ulteriori approfondimenti poiché dal 1964 la piramide di Baka si trova all’interno di un’area militare ristretta ad accesso vietato di conseguenza non sono consentiti scavi. Oggi la necropoli che circonda la piramide è interamente occupata da installazioni militari e la fossa è usata come discarica locale, completamente sommersa dall’immondizia e probabilmente è stata rovinata per sempre. Le autorità egiziane, ma soprattutto i dirigenti del Ministero delle Antichità non hanno preso posizione. Su disposizione delle autorità militari questi siti archeologici sono stati chiusi, nello specifico per la piramide di Baka è stato concesso il permesso di trasformarla in discarica (sic!).
Fonti e bibliografia:
- Cimmino, Franco, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bompiani, Milano 2003
- Cimmino, Franco, “Storia delle piramidi”, Santarcangelo di Romagna, (RN), Rusconi, 1998
- Mark Lehner, “The complete Pyramids”, I edizione: 1975, Londra, Thames & Hudson Ltd., 2003
- Miroslav Verner, “Il mistero delle piramidi”, Newton & Compton 1997
- Alexandre Barsanti, Gaston Maspero: Fouilles de Zaouiét el-Aryân (1904-1905), Annales du service des antiquités de l’Égypte (ASAE) 7 (1906)
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