Antico Regno, Piramidi

LA PIRAMIDE DI SAHURA NEBKHAU

A cura di Piero Cargnino

Alla morte di Userkaf salì al trono il figlio Shaura Nebkhau che, secondo la leggenda della quale abbiamo già parlato, era il secondo dei Figli del Sole anche se in realtà pare fosse figlio di Userkaf e della regina Khentaus II. Secondo altri egittologi invece era figlio di Shepseskaf, (ultimo faraone della IV dinastia), e di Khentkaus I figlia di Micerino, quindi cugino di Userkaf. Regnò intorno al 2490 a.C., il suo regno, secondo Manetone, sarebbe durato 28 anni, dal Papiro Regio di Torino risulta che regnò circa 14 anni mentre la Pietra di Palermo cita il suo settimo censimento del bestiame che, essendo biennale, sarebbero almeno 14 anni.

Le notizie riguardanti gli avvenimenti del suo regno, come per molti altri sovrani, sono scarse e spesso lacunose, ad esse si aggiungono le varie interpretazioni degli studiosi, spesso discordanti, pertanto nessun dato è da considerarsi realmente corretto. Sempre la Pietra di Palermo racconta che intraprese missioni commerciali nella Terra del Turchese, (in Sinai presso le cave dello Uadi Maghara), dove è stato rinvenuto un graffito in ricordo di una spedizione per pacificare i nomadi locali, e nella terra di Punt. Sono state inoltre ritrovate iscrizioni su di una stele, che porta il nome di Nebkhau, nelle cave di diorite presso Abu Simbel, cosa che dimostrerebbe una forma di controllo sulla Bassa Nubia. Dalle rappresentazioni del tempio funerario della sua piramide ad Abusir si ha notizia di spedizioni contro i Libi e contro i Beduini del nordest, mentre rappresentazioni di navi d’alto mare sembrano attestare rapporti con la Siria-Palestina.

Anche Sahura fu grande devoto del dio Ra e, come il suo predecessore, fece costruire un tempio solare al quale assegnò il nome di “Possedimento di Ra”. Del tempio però non sono state ancora trovate tracce. Per la sua sepoltura scelse un luogo vicino al tempio solare di Userkaf, suo predecessore, creando così una necropoli dinastica nella parte settentrionale della città di Menfi, Abusir. Quì Sahura si fece costruire la sua piramide, e come lui anche i suoi successori diretti fino a Djedkara Isesi, ottavo faraone della V dinastia, che scelse un nuovo sito a sud di Saqqara.Non sappiamo perché Sahura scelse un posto così sperduto, tra le varie ipotesi emerge quella di Kaiser secondo cui la ragione è che questo era il luogo più a sud dal quale era possibile scorgere la cima dorata dell’obelisco di Ra ad Eliopoli. Sahura chiamò la sua piramide “L’anima di Sahura risplende”. Oggi purtroppo risplende un po meno a causa del pessimo stato di conservazione, il complesso monumentale è ancora distinguibile dalle rovine rimaste e presenta una serie completa di strutture diverse, tipiche delle fondamenta funerarie reali dell’Antico Regno. Sono ancora visibili i rilievi che decoravano il tempio a valle, il tempio funerario e le pareti della rampa processionale. Impressionante la varietà dei materiali usati per costruire il tempio, alabastro e basalto per i pavimenti, granito rosso per i piedistalli oltre a fine calcare di Tura. Le prime indagini molto superficiali del complesso monumentale di Sahura vennero effettuate dall’archeologo John Shae Perring che fu anche il primo a penetrare nelle camere ipogee della piramide, seguito poco dopo, dalla spedizione di Lepsius. Indagò pure successivamente Jean Jacques Marie de Morgan senza però approfondire più di tanto.

Dopo circa mezzo secolo di disinteresse ebbe luogo, a cura di Ludwig Borchardt, un’indagine approfondita dell’intero complesso funerario. Durante le campagne dal 1902 al 1908 venne effettuato un attento esame dell’intero complesso del quale, Borchardt pubblicò un’opera in due volumi “Das Grabdenkmal des Königs Sahurā”, (Il monumento funerario di re Sahura), che a tutt’oggi è ancora considerata l’opera più valida sul complesso di Sahura. Borchardt liberò dalla sabbia una gran parte delle colonne e parte degli architravi del tempio funerario. Numerosi reperti vennero divisi tra la Germania e l’Egitto, in Germania però non vennero esposti per mancanza di spazio, solo nel 1980 ne fu esposta una parte nel Palazzo di Charlottenburg a Berlino Ovest. Nel sito di Abusir lavorarono pure Rinaldi e Maragioglio senza però che emergessero nuovi dati significativi. Quando, nel 1994 il sito di Abusir venne aperto al turismo internazionale, fu possibile, grazie ad un esame più attento, fare una scoperta sorprendente nella parte inferiore della rampa processionale rialzata, cosa che era sfuggita a Borchardt, vennero rinvenuti una serie di blocchi decorati con rilievi straordinari dal punto di vista artistico. La piramide di Sahure poggia su una bassa altura al limite del deserto a circa 20 metri sopra la valle del Nilo. Non sono mai state fatte indagini approfondite ma, per analogia con alcune mastabe vicine, si può affermare che la piramide non fu eretta direttamente sulla roccia ma su una piattaforma di almeno due strati di spessi blocchi di calcare. Leggermente più piccola di quella di Userkaf, misura 78,75 metri di lato, (150 cubiti reali), e, con una pendenza di 50°11′ raggiungeva un’altezza di circa 47 metri. Ad un occhio attento, poiché la visuale rimane nascosta dal tempio funerario adiacente, la piramide denuncia un errore di misura dei costruttori, l’angolo sud-est è spostato a est di 1,58 metri per cui la base non risulta perfettamente quadrata. Il nucleo della piramide era costituito da sei gradoni di calcare poco pregiato. Su di essi poggiava il paramento di grandi blocchi di fine calcare bianco ben lavorati. L’ingresso si trova sotto la superficie della parete nord e dopo un breve corridoio discendente si giunge ad un piccolo vestibolo e subito uno sbarramento a caduta con blocchi di granito rosa. Segue un corridoio in lieve salita che diventa orizzontale in prossimità dell’ingresso all’anticamera. Il corridoio presenta altri tre sbarramenti con blocchi di granito rosa. L’anticamera è posta esattamente in corrispondenza dell’asse verticale della piramide e la camera funeraria si trova un po più ad ovest. La devastazione causata dai saccheggiatori è tale per cui non è più possibile ricostruire la disposizione originaria. Il soffitto a capriata è formato da tre strati, via via crescenti, di enormi blocchi di calcare. All’interno della camera funeraria, Perring trovò alcuni frammenti di basalto che ritenne dovessero appartenere al sarcofago. L’utilizzo sistematico come cava di pietra pregiata, lasciando sul posto quella di qualità inferiore ha destabilizzato l’intera struttura fino al punto che l’equilibrio delle forze non fu più garantito. I soffitti dei corridoi sotterranei e delle stanze quindi crollarono. Terremoti, verificatisi in tempi successivi, hanno finito per demolire quello che era stato risparmiato. La struttura è diventata quindi inaccessibile a causa di ulteriori terremoti avvenuti in epoca recente che hanno finito di demolire quello che era stato risparmiato. L’accesso era comunque ancora possibile fino al secolo scorso.

Fonti e bibliografia:

  • Ludwig Borchardt, “Il monumento funerario di re Sahura”, Lipsia, 1913
  • Edda Bresciani, “I testi religiosi dell’antico Egitto”, Milano, Mondadori, 2001
  • Marco Chioffi e Giuliana Rigamonti, “I racconti di Re Kheope”, Duat, 2005
  • Franco Cimmino, “Storia delle piramidi”, Rusconi, 1998
  • Mark Lehner, “The complete Pyramids”, Londra, Thames & Hudson Ltd., 1975
  • Miroslav Verner, “Il mistero delle piramidi”, Newton & Compton, 1997
  • Martin Gardiner, “La civiltà egizia”, Oxford University Press, 1961
  • Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Editori Laterza, Bari, 2008
  • Maurizio Damiano-Appia, “Dizionario enciclopedico dell’antico Egitto e delle civiltà nubiane”, Mondadori, 1996)

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