A cura di Piero Cargnino
Stando al racconto del papiro Westcar, siamo giunti all’ultimo “Figlio del Sole”, Neferirkara Kakai, (Nephercheres, Radjedef, Horo Userkhau), terzo faraone della V dinastia. Regnò intorno al 2500-2350 a.C. ma circa la durata effettiva del suo regno permangono molti dubbi, La pietra di Palermo cita cinque conte del bestiame, per cui sarebbero dieci anni, Manetone gliene assegna venti che però, visto che i suoi templi risultano incompleti, viene da pensare ad un periodo inferiore, nel Canone di Torino il suo nome non è ben definito.
Di lui non si sa molto, anche se si considera leggenda quanto raccontato nel papiro Westcar, Neferirkara Kakai e Sahura Nebkhau, di certo furono i faraoni che, dopo Redjedef decisero di adottare nuovamente il titolo di “Figlio di Ra” nel protocollo reale rendendo fissa la particella Ra nel nome, e fu Neferirkara Kakai ad introdurre l’uso di un secondo cartiglio con il nome proprio del sovrano. Durante il suo regno si rafforza la potenza delle grandi famiglie di corte, un esempio ampiamente documentato è il matrimonio della principessa Neferhetepes con il capo degli acconciatori Ti. Neferirkara concesse pure l’esenzione dal pagamento delle tasse ai templi, atto che creò un pericoloso precedente che produrrà in seguito gravi effetti.

Si sa, grazie ai papiri di Abusir, (che citerò in seguito), che fece costruire dall’architetto e visir Washptah, importante funzionario regale, il suo tempio solare che aveva chiamato col nome di “Luogo del cuore di Ra”, di questo però non è ancora stata trovata traccia. Neferikara volle anche per se una piramide che fece costruire sempre ad Abusir dove troneggiava sopra tutta la necropoli. Gli venne assegnato il nome di “Kakai è l’anima Ba” e doveva essere la più alta fra tutte quelle costruite nella V Dinastia trovandosi, tra l’altro, in un sito a 330 metri sul livello della Valle del Nilo. La struttura del suo complesso funerario fa pensare che la piramide non fu mai terminata, probabilmente per la breve durata del suo regno, e la metà inferiore della rampa sopraelevata venne poi adattata da Niuserra per la sua opera.




La piramide oggi è ridotta ad un cumulo di pietre che, con i suoi residui 50 metri di altezza, (in origine doveva raggiungere i 72 metri), svetta alta sulla Necropoli di Abusir, di lei si nota la presenza per l’impressionante struttura a gradoni del suo nucleo. Il progetto iniziale prevedeva una piramide a gradoni, una scelta inconsueta dato che l’era delle piramidi a gradoni era da tempo abbandonata. La prima costruzione conteneva sei gradoni di blocchi di pietra di alta qualità accuratamente posizionati che raggiungevano un’altezza di 52 metri. Il gradone inferiore era formato da blocchi di calcare abbastanza ben rifiniti ed era alto il doppio degli altri gradoni. Un rivestimento sempre di fine calcare bianco era già stato applicato alla struttura, ma appena completato il lavoro sul primo gradone, la piramide fu ridisegnata per formare una “vera piramide”. Questa fu quindi racchiusa in una seconda piramide a gradoni con alterazioni intese a convertirla in una vera piramide. L’intera struttura è stata quindi estesa verso l’esterno di circa 10 m e gli sono stati aggiunti altri due gradoni in altezza. Questo progetto di espansione fu condotto in modo molto approssimativo con piccoli blocchi di pietra destinati a essere incassati nel granito rosso. Tuttavia, la morte prematura del faraone ha fermato il progetto dopo che erano stati completati solo i livelli più bassi dell’involucro lasciando il lavoro che avrebbe dovuto essere poi completato dai suoi successori. Ne risultò una struttura a base quadrata di 105 metri per lato e, se il progetto fosse stato completato, avrebbe raggiunto i 72 metri di altezza con un’inclinazione di circa 54°. I restanti lavori complementari sono stati eseguiti in fretta, utilizzando materiale da costruzione scadente e più economico. Pertanto il monumento di Neferirkara mancava di diversi elementi di base di un complesso piramidale, il tempio della valle, la strada rialzata e una piramide di culto.







E stato ritrovato un piccolo insediamento di case di mattoni di fango a sud del monumento ove gli addetti al culto della sepoltura potevano svolgere le loro attività quotidiane, al posto della classica città piramidale vicino al tempio della valle. Nel 1838 l’egittologo John Shae Perring sgomberò l’ingresso di questa e di altre due piramidi. Una parte del rivestimento è ancora visibile sul lato nord dove Perring scavò tra le rovine per accedere all’ingresso della piramide. Cinque anni più tardi Lepsius catalogò la piramide di Neferirkara col n. XXI.

L’ingresso alla sottostruttura della piramide si trova vicino al centro della parete nord a circa 2 metri dal livello del suolo. Da qui parte un corridoio discendente di 1,87 metri di altezza e 1,27 di larghezza, che termina a una profondità di circa 2,5 metri sotto il livello del terreno dove diventa orizzontale e dopo poco sbuca in una specie di vestibolo cui fa subito seguito una barriera con macigno a caduta. Il corridoio presenta dei rinforzi in granito all’inizio ed alla fine. Da qui il corridoio prosegue cambiando direzione per ben due volte ma sempre verso est sbucando infine in un’anticamera che è sfalsata rispetto alla camera funeraria. Il tetto del corridoio è piatto mentre l’anticamera e la camera funeraria presentano un soffitto a capriata composto da tre strati sovrapposti di enormi lastroni di pietra, oggi ne sono rimasti solo più due. Entrambe le stanze sono orientate lungo un asse est-ovest, hanno la stessa larghezza ma l’anticamera è un po più corta. La spoliazione da parte dei saccheggiatori è stata così grave che oggi non è più possibile ricostruire l’aspetto originario con certezza. Le ricerche di Perring e di Borchardt, per quanto è stato possibile, non hanno portato al ritrovamento di nessun sarcofago, ne mummia e ne resti del corredo funerario.

Un ultimo dato interessante è che nel 1893, comparvero sul mercato illegale dei frammenti di papiri che furono acquistati da egittologi e musei, i papiri consistevano in manoscritti riguardanti Userkhau (altro nome di Neferirkara Kakai). Ludwig Borchardt, in seguito, identificò il luogo dei ritrovamenti nel vicino tempio piramidale di Neferirkara Kakai. I papiri consistono in documenti amministrativi dell’Antico Regno che risalgono approssimativamente alla V dinastia, il che li pone, anche se sono frammentari, tra i più antichi ad essere sopravvissuti fino ad oggi. In seguito furono scoperti numerosi altri frammenti di papiro che forniscono informazioni dettagliate circa la gestione di un tempio funerario reale. Vengono citati i doveri dei sacerdoti, inventari dell’equipaggiamento del tempio ed una lista delle offerte giornaliere ai due templi del sole di Abu Gorab, a nord di Abusir, oltre che lettere e permessi.

La spedizione guidata da Miroslav Verner, a metà degli anni settanta, utilizzando le informazioni riportate nel primo papiro di Abusir, riuscì a trovare il monumento funerario di Neferirkara recuperando ancora oltre 2000 frammenti di papiro. Per quanto ne so, (fino al 2009), la piramide non è visitabile, l’ingresso della piramide è chiuso da una cancellata e intorno (purtroppo) ci sono grandi cumuli di spazzatura.
Fonti e bibliografia:
- Edda Bresciani, “I testi religiosi dell’antico Egitto”, Milano, Mondadori, 2001
- Franco Cimmino, “Storia delle piramidi”, Rusconi, 1998
- Martin Gardiner, “La civiltà egizia”, Oxford University Press, 1961
- Mark Lehner, “The complete Pyramids”, Londra, Thames & Hudson Ltd., 1975
- Miroslav Verner, “Il mistero delle piramidi”, Newton & Compton, 1997
- Mario Tosi, “Dizionario enciclopedico delle divinità dell’antico Egitto”, vol. II, Ananke, 2012
- Maurizio Damiano-Appia, “Dizionario enciclopedico dell’antico Egitto e delle civiltà nubiane”, Mondadori, 1996)
- Disegni di L. Jori