“SPLENDIDO E’ DJEDKARA ISESI”
A cura di Piero Cargnino

A Menkauhor successe il figlio Djedkara Isesi. Sul fatto che fosse realmente il figlio esistono ancora forti dubbi, secondo alcuni i due sovrani erano fratelli, (figli di Niuserra), per altri invece sarebbero stati cugini, (figli di Neferefra di Niuserra). Qualunque sia stata la reale discendenza di Djedkara Isesi è però certo che il suo diritto al trono fu appoggiato e sostenuto con fermezza dalla sua sposa reale, questa è l’interpretazione che viene data basandosi sul significato di un grande complesso piramidale della sposa, degno di una regina, che vedremo in seguito. Djedkara Isesi, (Tancheres, Makara, Djed, Izozi, Horo Djedkhau), regnò intorno al 2380 a.C. per un periodo abbastanza lungo. Manetone gli attribuisce 44 anni mentre il Canone Reale di Torino riporta una durata di 28 anni, (38 secondo alcuni studiosi). Dai riscontri archeologici risulta che la data più alta corrisponderebbe alla ventitreesima conta del bestiame, poiché la prima conta avveniva l’anno dell’incoronazione considerato come primo anno, se le conte si sono tenute regolarmente ogni due anni, Djedkara Isesi dovrebbe aver governato per 44 anni.

Durante il suo regno assistiamo ad un ulteriore aumento del potere dei vari nomarchi a scapito del potere centrale, questo fatto è testimoniato dall’aumento nella sontuosità delle loro tombe mediante l’utilizzo di materiale sempre più pregiato e dal fatto che i loro nomi compaiono sempre più frequentemente. Per la sua piramide, che chiamò “Splendido è Djedkara”, scelse un altopiano di roccia, al quale si accede attraverso una rampa, a Saqqara sud. Gli arabi oggi la chiamano “Haram esh-Shawaf”, (Piramide della Sentinella).

Perring fu il primo a visitarla subito seguito da Lepsius ma fu solo nel 1880 che Gaston Maspero, sempre alla ricerca di “Testi delle piramidi”, penetrò nella sua piramide senza però raggiungere risultati di rilievo. Un’indagine archeologica sistematica venne effettuata però solo alla metà degli anni ’40 del XX secolo e fu accompagnata da una serie di circostanze sfortunate. Alexandre Varille con Abdel Salam Hussain effettuarono alcune ricerche che però dovettero interrompere bruscamente verso la fine degli anni ’40 con la perdita di tutta la documentazione di scavo. Un’avventura simile capitò pure a Fakhri agli inizi degli anni ’50. Verso metà degli anni ’80, l’archeologo egiziano Mahmud Abdel Rasek, iniziò la sua campagna di scavi partendo dalla rampa cerimoniale e dal tempio funerario. Dalle rovine del tempio funerario, non ancora studiato a fondo, apparve evidente l’impossibilità di effettuare uno studio archeologico approfondito a causa della devastazione subita e dell’incompletezza della documentazione. Veniamo ora alla sua piramide, in essa sono presenti importanti cambiamenti dal punto di vista concettuale che caratterizzeranno anche quelle dei suoi successori. La prima cosa che salta all’occhio è che, a differenza delle piramidi della IV dinastia, ed in parte anche della V, dove il megalitismo del nucleo spiccava, qui passa in secondo piano. Per la costruzione dei sei gradoni, alti fino a 7 metri di cui era composta, sono stati utilizzati piccoli ed irregolari pezzi di calcare cementati con malta argillosa.
Oggi di gradoni ne esistono solo più tre e la parte rimasta raggiunge un’altezza di circa 24 metri. Nonostante i saccheggiatori l’abbiano privata di gran parte del paramento di fine calcare bianco, la struttura si presenta in uno stato di conservazione eccellente in modo particolare sul lato nord. L’ingresso era situato sul lato nord ma non come per le precedenti piramidi, si trovava nel cortile sotto il pavimento della cappella votiva a circa 2,5 metri verso ovest dell’asse nord-sud forse coperto dal blocco che ancora oggi giace vicino all’entrata e che presenta una decorazione di stelle. Da qui si diparte un corridoio che, deviando anch’esso leggermente verso est, come quello delle altre piramidi viste in precedenza, scende finendo in un piccolo vestibolo, qui sono stati trovati resti di vasi in frantumi.

E’ molto probabile che in questo luogo si celebrassero i rituali funebri chiamati la “Frantumazione dei vasi rossi”. Passato il vestibolo si presentava subito una barriera composta da tre macigni a caduta di granito rosa, dopo di che il cunicolo proseguiva orizzontalmente ed alla fine si trovava l’ultima barriera di granito. Quindi si accedeva all’anticamera e da questa alla camera funeraria e, a differenza delle precedenti piramidi, ad una terza camera con tre nicchie, probabilmente con funzione di deposito che presentava un soffitto piatto. Il soffitto dell’anticamera e della camera funeraria era formato, come per le altre piramidi di Abusir, da una capriata composta da tre strati sovrapposti di possenti blocchi di calcare. L’interno è, come sempre, completamente devastato, non permettendo una ricostruzione della pianta originaria. Tra le macerie sono stati rinvenuti frammenti del sarcofago completamente distrutto e di vasi canopi.


Scavando tra il cumulo di detriti sono emersi i resti di una mummia appartenente ad un uomo di circa 50 anni. Stante che i saccheggiatori non hanno rimosso le barriere di granito ma le hanno aggirate scavando angusti cunicoli si potrebbe presumere che la mummia sia appartenuta allo stesso Djedkara Isesi il quale sarebbe salito al trono abbastanza giovane e quindi abbia raggiunto un’età avanzata.

Ovviamente queste congetture sono tutte da verificare in funzione del torbido periodo che intercorse tra il regno di Niuserra e quello di Djedkara Isesi. La circostanza che anche Djedkara Isesi, (come il suo predecessore Menkauhor), non costruì un tempio solare porta ad ipotizzare che dopo Niuserra si siano verificati mutamenti importanti nella teologia solare o, comunque, nella politica religiosa della dinastia facendo si che il culto di Ra sia andato via via perdendo importanza, pur senza scomparire del tutto, (il nome del sovrano contiene ancora la particella Ra). Una citazione di questo sovrano la troviamo su un frammento di vaso di alabastro, rinvenuto a Biblo nella tomba del cancelliere del re Baurdjeded, che dichiara di aver riportato, per ordine di Djedkara Isesi, un danzatore nano da Punt.

Fonti e bibliografia:
- Cimmino, Franco, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bompiani, Milano 2003
- Gardiner Martin, “La civiltà egizia”, Einaudi, Torino 1997
- Guy Rachet, ”Dizionario Larousse della civiltà egizia”, Gremese Editore
- Miroslav Verner, “Il mistero delle piramidi”, Newton & Compton, 1997
- Mark Lehner, “The complete Pyramids”, Londra, Thames & Hudson Ltd., 1975
- Djed Medu, Blog di egittologia, articolo di Mattia Mancini pubblicato il 12 gennaio 2018
- Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Editori Laterza, Bari 2008
- Web, “I Faraoni” By Luckvior
- Wilkinson Richard H., “The Complete Temples of Ancient Egypt”, Thames & Hudson, New York, 2000)