A cura di Piero Cargnino
Nell’articolo precedente abbiamo fatto riferimento a coloro che sostengono esserci una somiglianza tra il volto della sfinge e quello del faraone Chefren che si riscontra sulle statue dello stesso faraone. Personalmente propendo più verso quegli studiosi che questa somiglianza trovano azzardata. Ma allora a chi appartengono i lineamenti del volto umano della sfinge? E’ realmente l’immagine del faraone Chefren oppure, come sostengono altri è quella del grande Cheope? Secondo l’egittologo Rainer Stadelmann, il volto della sfinge sarebbe il ritratto di Cheope. Diversi altri egittologi concordano con Stadelmann ritenendo che l’ipotesi più classica (ma ancora oggi valida) si basi su argomentazioni piuttosto vaghe. Questa nuova ipotesi si sta ormai affermando a tal punto da porre in seri dubbi quello che era ormai considerato un dogma accademico. Va comunque precisato che ci troviamo sempre nel campo delle ipotesi e nulla ci consente di dire con certezza chi si nasconde dietro quel volto che da millenni sembra sorridere al visitatore mantenendo lo sguardo fisso all’orizzonte, verso il sole nascente, rivolto al mondo dei vivi.

Soffermiamoci ora ad osservare con attenzione la Grande Sfinge di Giza, è stata ricavata da una collinetta emergente nella cava dove si presume siano stati estratti i blocchi di calcare per la piramide di Cheope, cava che venne successivamente abbandonata poiché il calcare si rivelava di pessima qualità. Se non lo avete mai fatto provate a soffermarvi ad osservarla con attenzione, ad un osservatore attento non può sfuggire che la testa della statua è piccola, decisamente sproporzionata rispetto al resto del corpo del leone. Pensando alla cura con cui gli antichi egizi rispettavano le proporzioni, viene da chiedersi se è possibile che abbiano commesso un simile errore. Appare inoltre evidente che la testa si presenta molto meno erosa rispetto al resto del corpo ed anche delle pareti del recinto che la racchiude. Se si considera che, il corpo come il recinto sono stati quasi sempre sommersi dalla sabbia, la testa è da millenni esposta ad ogni tipo di erosione, basti pensare agli effetti che può provocare l’azione della sabbia sollevata dal Khamsin, il vento del deserto che per circa 50 giorni (da marzo a maggio) ogni anno tormenta l’Egitto. Nell’antichità questo vento tempestoso veniva associato al dio Seth, simbolo delle forze più oscure della natura. Tutto ciò fa supporre che originariamente la statua avesse un’altra testa, più antica, che fu poi “riscolpita”. A questo punto, visto lo stato in cui si trova il resto del corpo viene da chiedersi se la sfinge non sia stata costruita molto tempo prima e che la sua testa (magari molto danneggiata) sia stata successivamente adattata al regnante di turno.




Voglio ricordare che due egittologi di primissimo piano quali i famosi Auguste Mariette e Gaston Maspero furono tra i primi a sostenere che la sfinge di Giza doveva risalire ad un periodo storico di molto precedente, almeno al predinastico. Mariette affermò: “Questa colossale effigie era, quindi, già esistente prima dell’epoca di Cheope. Essa è di conseguenza più antica della piramide”. Un altro particolare che sfugge ai più, se non osservata con cura, è il fatto che il volto della Sfinge (escluse le orecchie) è posto un po di traverso, se confrontato con l’insieme della testa: l’occhio sinistro è situato leggermente più in alto del destro ed il punto centrale della bocca, come il resto del viso, si volgono un poco. Certo oggi il volto si presenta parecchio danneggiato ma la causa non è tutta da attribuire al deterioramento naturale, anche qui l’uomo ci ha messo del suo. Il naso è completamente mancante. Contrariamente però a quanto si pensa, non furono le truppe di Napoleone a distruggerlo e neppure quelle mamelucche. Nel 1757 il viaggiatore danese Frederick Louis Norden pubblicò gli schizzi fatti da lui a Giza, e il naso non c’era già più. Napoleone nacque il 15 agosto 1769. Una versione comprovata è espressa nel lavoro dello storico arabo al-Makrizi, egli scrive: “……….fu un fanatico religioso, lo Shayk sufi Muhammad Sa im al Dahr che, nel 1378, irritato perché i contadini adoravano ed offrivano doni ad Abul-Hol (la Sfinge), anziché alla sua confraternita, fece distruggere il naso…….”. Torniamo ai vari misteri che parlando della sfinge non scarseggiano di certo, abbiamo in precedenza accennato che per gli egizi del Nuovo Regno la sfinge rappresentava “Hor em achet” (Horus all’orizzonte) ma veniva comunemente chiamata “Quello/a del luogo eletto”. Da notare però che stiamo parlando del Nuovo Regno, ovvero decine di secoli dopo il regno di Cheope e Chefren, ovvio che questi nomi attribuiti alla sfinge non ci possono aiutare a ricostruirne le vere origini. L’egittologa Zivie-Coche, che ha studiato a fondo l’altopiano di Giza, sostiene che durante l’Antico Regno non si riscontra l’assegnazione di un nome preciso alla sfinge in quanto: “nessun testo di quell’epoca vi fa riferimento”. La spiegazione potrebbe essere che gli Egizi delle prime dinastie non conoscevano nulla sulle origini di quella enorme statua situata sull’altopiano di Giza e che pensavano fosse appartenuta ad un’altra cultura molto più antica le cui origini risalivano alla notte dei tempi. In quanto tale era considerata un simbolo sacro, del quale nulla sapevano, per cui non gli attribuirono alcun nome.




Forse la stessa cosa dovettero pensare gli storici coevi di Plinio che nel I sec. d.C. preferirono addirittura tacerne l’esistenza. Va detto che fin da quando si iniziò a studiarla si fece strada l’ipotesi che la Sfinge fosse molto più antica dell’epoca in cui viene collocata e che, in occasione di un suo precedente restauro, presentandosi ormai corrosa dal tempo, Chefren (o Cheope), fece modificare la testa, che forse in precedenza rappresentava effettivamente quella di un leone, dandogli le sembianze del faraone. Non vi sono dubbi sul fatto che almeno la testa risalga alla IV dinastia, lo si deduce da alcuni particolari tipici di quel periodo storico, il copricapo “nemes” con la piega sul capo, gli svolazzi triangolari dietro le orecchie, l'”uraeus sulla fronte, gli occhi e le labbra denunciano chiaramente la medesima configurazione che troviamo in statue di altri sovrani , Gedefre, Khafre e Menkaure.
Fonti e bibliografia:
- Margaret Bunson, “Enciclopedia dell’antico Egitto”, Melita edizioni, 1995
- Cimmino Franco, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bompiani, Milano 2003
- Paul Jordan, “Gli enigmi della Sfinge”, Roma, Newton Compton Editori, 2006
- Maurizio Damiano-Appia, “I tesori del Nilo”, Giunti Multimedia, 1997
- Edda Bresciani, “Grande enciclopedia illustrata dell’antico Egitto”, De Agostini, 2005
- Elio Moschetti, Mario Tosi, “Thutmosi IV un sogno all’ombra della sfinge”, Ananke, 2004
- Martin Gardiner, “La civiltà egizia” – Oxford University Press 1961, (Einaudi, Torino 1997
- Tiziana Giuliani, “Il Viale delle Sfingi che collega Karnak a Luxor”, da Mediterraneo Antico, 2017
- Paul Jordan, “Gli enigmi della Sfinge”, Nrwton & Compton editori, 1999
- Fugazza Stefano, “Simbolismo”, Arnoldo Mondadori arte, 1991)