A cura di Piero Cargnino
La Grande Sfinge di Giza non è solo essa stessa un enigma ma i misteri e le sorprese la attorniano rendendo sempre più affascinante lo studio di questo grandioso monumento. Voglio ora approfondire un argomento del quale in effetti se ne parla poco. A parte qualche documentario fatto in passato, non sono molti gli egittologi che ne hanno parlato e comunque solo come contorno al più ampio discorso sulla Sfinge senza mettere troppo in risalto l’importanza di questo monumento secondario ma neppure troppo, “Il Tempio della Sfinge”. Collocato proprio davanti alle zampe anteriori della Sfinge, 2,5 metri più in basso, affiancato sul lato nord dal Tempio della Valle di Chefren,





il Tempio era completamente sommerso dalla sabbia quando, nel 1925, fu scoperto da Emile Baraize, impegnato nel grande lavoro di scavo e restauro della Sfinge stessa. Del Tempio non si conosce molto, si ritiene sia stato il faraone Chefren a farlo costruire, anche se molti non concordano facendone risalire la costruzione a molto prima (stesso discorso della Sfinge). Pur essendo vicinissimi, non si riscontra alcun affinamento archeologico e architettonico tra il Tempio della Sfinge e quello di Valle di Chefren. Non si ha neppure la certezza che esista una relazione tra la Sfinge stessa ed il Tempio. L’asse est-ovest del Tempio non si trova perfettamente allineato con quello della Sfinge ma è spostato di circa 7 metri più a sud. Non comunica in alcun modo con la statua mancando di accessi immediati alla Sfinge dall’interno del Tempio, per raggiungerla e necessario percorrere passaggi a nord e a sud. Il Tempio presenta una concezione architettonica tutta particolare, è costruito con grossi blocchi di calcare all’esterno, che si presentano molto danneggiati, mentre l’interno è completamente rivestito con altri enormi blocchi, ma questi sono di granito rosso, ciascun blocco è almeno tre volte più grande di quelli della Grande Piramide. Presenta una pianta del tutto particolare, nella parte centrale si trovava un cortile aperto di 46 x 23 metri circondato sui quattro lati da enormi colonne in granito appoggiate alle quali in passato dovevano trovarsi delle enormi statue del re alte almeno tre metri, di alcune di esse rimangono i basamenti. Su entrambi i lati, occidentale ed orientale, si allarga formando dei portici con una profonda nicchia. L’accesso al Tempio avveniva attraverso due entrate poste sul lato orientale. Il soffitto è formato da enormi architravi in granito rosa che poggiano su giganteschi pilastri monolitici dello stesso materiale, il peso di ciascun blocco si stima in 115 tonnellate. All’interno, seppur danneggiato, il pavimento è ricoperto da lastre di alabastro a taglio irregolare.











Ventitré grosse nicchie nei muri interni, orientale ed occidentale, suggeriscono la presenza, in origine, di statue di culto, (secondo alcuni statue di diorite, scisto e alabastro rappresentanti Chefren). Secondo l’architetto tedesco, Herbert Ricke, che ha studiato attentamente il Tempio, le statue avrebbero rappresentato il sovrano assiso sul trono con il copricapo nemes. Non si conosce quale possa essere stata la funzione di questo Tempio; come per tutti i monumenti presenti a Giza, anche il Tempio della Sfinge non presenta alcuna iscrizione incisa sulle pareti che possa fornire informazioni. Ricke sostiene che si tratta di un Tempio solare nonostante, come era in uso allora, i nomi dei sacerdoti del Tempio non siano menzionati in alcuna iscrizione dell’epoca. Se così fosse si tratterebbe dell’antenato dei templi solari che furono costruiti durante la V dinastia. Questa ipotesi trova concordi la maggior parte degli archeologi. Come per la grande Galleria e la Camera del Re, della piramide di Cheope, anch’esso consiste in una possente costruzione in granito successivamente avvolta all’esterno da enormi blocchi di calcare, quasi a protezione di quelli interni. Come la stessa Sfinge, anche il Tempio ci sorprende con i suoi misteri e questi sono impliciti nella sua struttura architettonica. La cosa più sorprendente, che lascia maggiormente perplessi è la collocazione degli enormi massi di granito all’interno ed in parte anche di quelli di calcare esterni. A differenza dagli altri monumenti egizi che si presentano assemblati con blocchi perfettamente squadrati, il Tempio della Sfinge mostra un’architettura del tutto particolare. Il taglio dei blocchi non è a forma di parallelepipedo regolare, come in tutte la costruzioni contemporanee e successive, ciascun blocco ha strane forme che si incastrano inspiegabilmente con più angoli. Al vederli la mente ci riporta alle ciclopiche mura di Machu Pichu e Cuzco in Perù.


Si presume, da alcune prove, che il Tempio non venne mai terminato e, forse che non sia mai stato utilizzato. A questo proposito sono nate, e continuano a prosperare, le teorie più fantasiose che vanno ben oltre ogni limite scientifico serio. Certo che una pubblicazione archeologica dettagliata è meno seguita dei libretti da bancarella che colpiscono la fantasia e l’immaginazione del profano. Certamente si possono esprimere teorie alternative purché offrano almeno un minimo di attendibilità, non foss’altro che per il dovuto rispetto verso chi passa gran parte della sua vita tra le rovine del tempo per cercare di capire il nostro passato. Altrettanto rispetto e riconoscenza, innegabilmente, è dovuto ad una civiltà così remota per le testimonianze che ci ha lasciato in tutti i campi.
Fonti e bibliografia:
- Margaret Bunson, “Enciclopedia dell’antico Egitto”, Melita edizioni, 1995
- Cimmino Franco, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bompiani, Milano 2003
- Paul Jordan, “Gli enigmi della Sfinge”, Roma, Newton Compton Editori, 2006
- Maurizio Damiano-Appia, “I tesori del Nilo”, Giunti Multimedia, 1997
- Sabina Marineo, “Prima di Cheope”, Nexus Edizioni, 2013
- Robert Bauval, “Secret Chamber: The Quest for the Hall of Records”. Arrow; New Ed, 2000
- H. Spencer Lewis, “Symbolic Prophecy of the Great Pyramid”, The Rosicrucian Press, 1936
- Christiane Zivie-Coche, “Sphinx, le père la terreur”, Agnes Viénot Editions, 1997
- Edda Bresciani, “Grande enciclopedia illustrata dell’antico Egitto”, De Agostini, 2005
- Elio Moschetti, Mario Tosi, “Thutmosi IV un sogno all’ombra della sfinge”, Ananke, 2004
- Martin Gardiner, “La civiltà egizia” – Oxford University Press 1961, (Einaudi, Torino 1997
- Tiziana Giuliani, “Il Viale delle Sfingi che collega Karnak a Luxor”, da Mediterraneo Antico, 2017
- Paul Jordan, “Gli enigmi della Sfinge”, Nrwton & Compton editori, 1999
- Fugazza Stefano, “Simbolismo”, Arnoldo Mondadori arte, 1991)