A cura di Andrea Petta
L’immagine della maschera funebre di Tutankhamon che emerge dalla terza bara ha lasciato Carter senza parole, come lascerà attoniti milioni di persone per la sua stordente bellezza. Le fasce dorate che chiudono il bendaggio riportano il benvenuto di Nut e di Geb nell’aldilà, sormontate dalla figura del “ba” del Faraone che tiene tra le zampe due simboli “shen” di potere. Per la prima volta, una mummia faraonica intatta.

Finora si parlava di oggetti: magnifici, spirituali, esoterici, oppure di tutti i giorni, intimi, privati. Ma oggetti. Ora si parla della salma di un ragazzo morto 3200 anni prima. Carter ha già profondamente riflettuto su questo momento: da una parte la scienza e la conoscenza, dall’altra il rispetto per un defunto. Potrebbe fermarsi qui, e lasciare Tutankhamon al suo riposo.

Ma l’esperienza con la tomba di Amenhotep II lo ha profondamente colpito: richiusa la tomba con la mummia del Faraone all’interno, la stessa è stata profanata poco dopo, gli oggetti rubati, la mummia dilaniata dai tombaroli moderni. Non esita: troppo forte la paura di lasciare i tesori presumibilmente nascosti sulla mummia ai predoni; troppo urgente la voglia di conoscenza. Sa che non si presenterà più per lui una possibilità del genere.
Forse Carter pensa anche di essere arrivato al traguardo, che potrà finalmente dedicarsi con calma all’esame della mummia del Faraone fanciullo.
Si sbaglia di grosso.
Le resine usate dagli imbalsamatori del sovrano sono colate ovunque. Impregnano lo spazio tra la seconda e la terza bara, e imprigionano impietosamente il corpo del re. L’idea di Carter è di ripetere l’operazione con cui ha “sfilato” la prima bara dalle altre, ma nonostante tutti i suoi tentativi deve abbandonarla. Troppo tenace la presa di quelle resine. Carter annota che lo strato esterno del bendaggio “è come se fosse carbonizzato”.
Il 31 ottobre vengono tolti tutti gli oggetti esterni, le bande in oro che chiudono il bendaggio, gli amuleti, i collari. Si spera che il calore del sole possa sciogliere quella massa resinosa. Curiosamente Carter annota i passaggi della Bibbia in cui si fa riferimento agli unguenti funebri, forse un parallelo con le usanze ebraiche.


La mummia di Tutankhamon all’apertura della terza bara e durante l’esame della mummia, con ancora la maschera funebre sulla testa
Il giorno dopo, con l’aiuto di dieci manovali, il gruppo seconda/terza cassa con la mummia dentro viene portata al laboratorio e lasciata qualche ora sotto il sole, inutilmente. Viene anche estratta la prima cassa rimasta nel sarcofago, in cui rimane un solo, stupefacente oggetto: un basso letto funerario decorato con teste di leone, che ha sopportato il peso dei tre sarcofagi (calcolato da Carter come superiore ad una tonnellata) per più di tre millenni.


Il cataletto che ha sorretto il peso delle tre bare per più di tremila anni. Le due teste di leone riprendono quelle del letto funerario ritrovato nell’Anticamera
Finalmente l’11 novembre, con l’ausilio del prof. Derry dell’Università del Cairo, si decide di esaminare la mummia direttamente all’interno della terza bara. La salma del Faraone viene spruzzata con un leggero strato di paraffina e vengono incise le bende. Man mano vengono raccolti tutti gli amuleti funerari sul corpo di Tutankhamon, prontamente catalogati da Carter ed affidati alle cure di Lucas per la conservazione.


All’epoca furono diffuse solo due foto della testa del Faraone, avvolta in un drappo bianco a nascondere il fatto che era stata spiccata dal corpo nel tentativo di staccare la maschera funebre
Vengono annotati ben sedici strati di bende e di amuleti che avvolgono il corpo; alla fine la conta degli oggetti posti sulla mummia di Tutankhamon arriva a 143. Da soli riempirebbero un museo.
Ci vogliono sei giorni per liberare il corpo del re e staccare la maschera funebre, usando dei coltelli arroventati per riuscirci; anche se non viene annotato da Carter, è certo che alcuni danni alla mummia siano stati inferti proprio in questa fase. Le foto di Burton mostreranno già la testa spiccata dal corpo negli sforzi per liberarla dalla maschera.
Finalmente il 17 novembre il volto di Tutankhamon appare agli archeologi. Carter annota: “
…appare estremamente raffinato e colto. Il viso ha lineamenti belli e ben formati. La testa mostra una forte somiglianza strutturale con Akh-en-Aten (nota: lo scheletro della KV55 ritenuto all’epoca Akhenaton)…una somiglianza che fa propendere per un legame di sangue”.

L’esame preliminare della mummia è concluso ed il corpo viene ricomposto in una cassa di legno grezzo in attesa di decidere cosa fare; rimane il problema delle bare incollate tra di loro.

Usare degli acidi è impensabile: la soluzione migliore appare il calore. Carter e Lucas decidono di inserire dei fogli di zinco a protezione della terza bara (lo zinco fonde a 500 °C, fungeva anche da termometro di sicurezza) e le capovolgono a testa in giù, scaldando da sotto con delle stufe a cherosene mentre la seconda bara è ricoperta da panni bagnati per proteggerla. Dopo più di tre ore, la terza bara inizia a scivolare giù, le lampade vengono spente e dopo un’ulteriore ora pian piano si stacca.
Lo stesso processo ha scaldato e staccato anche la maschera dalla terza bara, pagando però un caro prezzo: buona parte del decoro sulla parte posteriore si è staccato e spezzato. Frammenti di vetro e di pietre dure rimangono nella resina e vengono staccati uno ad uno per tentare di ricomporre il, decoro. I danni sono tuttora visibili sulla parte posteriore della maschera.
Ci vogliono più di cinque mesi per catalogare, pulire e restaurare tutti gli oggetti trovati sul corpo del Faraone. Finalmente, il 6 maggio 1926, sono pronti per il trasporto al Cairo.
Ci vorranno altri quattro anni per svuotare del tutto la tomba, con l’usuale precisione e meticolosità, ma lo zenit è stato raggiunto, Carter ha incontrato il suo destino. L’Egitto gli ha portato via l’amore, forse, ma ha donato anche a lui l’immortalità che Tutankhamon e gli Egizi anelavano.
La stagione di scavi è conclusa, ma Carter la “chiude” con una nota strana sul suo giornale degli scavi: pochi giorni prima di partire, dalla sua casa di Tebe ha visto una coppia di sciacalli sulle colline. Uno è una femmina normale.
Ma l’altro è un enorme sciacallo nero, una cosa che Carter in 35 anni non aveva mai visto. Forse Anubi è tornato per dare un ultimo saluto al suo protetto, che aveva vegliato per millenni nel buio della tomba.
Io vedo le tue bellezze, o Osiride, re Nebkheperure
La tua anima vive! Le tue vene sono salde!
La tua fermezza è sulla bocca di tutti i viventi
O Osiride, re Tutankhamon
Il tuo cuore è nel tuo corpo per l’eternità