Di Andrea Petta
È lei.
È quella che è sempre stata “l’altra maschera”. Perché i riflettori sono sempre stati puntati su quella, stupefacente, di Tutankhamon.


La maschera appena estratta dalla bara d’argento, prima della ripulitura.
È stato il più grande cruccio di Montet fino alla sua morte: che “l’altra maschera” non ricevesse le dovute attenzioni, il dovuto posto tra i capolavori dell’arte orafa egizia; come un padre dispiaciuto perché non vengono apprezzate le doti del proprio figlio.


È composta da due pezzi che si incastrano, uno frontale ed uno dorsale. Copriva completamente la testa ed il torace della mummia, ma non la schiena.
La realizzazione è in lamina d’oro, ma è molto più sottile di quella di Tutankhamon (0.6 mm contro gli 1.5-3.0 mm di quella di Tutankhamon). La sottigliezza della lamina d’oro ha fatto sì che si danneggiasse parecchio nella deposizione del Faraone nella bara d’argento.

Il Faraone è raffigurato giovane (Psusennes regnò per quasi 50 anni e morì invece in età avanzata). Gli occhi, le sopracciglia ed il laccetto della barba cerimoniale sono incastonati sulla base in oro, e sono in pasta vitrea nera (sclera bianca in calcite). La barba è stata realizzata separatamente ed applicata al volto successivamente.

Sulla fronte, come sulla bara d’argento, è inserito il solo ureo, sempre in oro.
La decorazione sul petto del Faraone è composta da dodici collane di dischetti, seguite da due serie di foglie ed una di fiori di loto.

FONTI:
- Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):
- Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
- Pierre Montet, Les constructions et le tombeau d’Osorkon II à Tanis (1947)
- Nozomu Kawai, Royal Tombs Of The Third Intermediate And Late Periods: Some Considerations (1998)
- Foto: Aidan McRae Thomson, Hans Ollermann, Merja Attia, Meretseger Books