Di Andrea Petta
Come abbiamo visto, il 28 febbraio 1940, alla presenza del Re Faruk I, Pierre Montet procedette all’apertura del sarcofago nero di Psusennes.
Non ci è dato di sapere che cosa si aspettasse Montet dopo due sarcofagi “riciclati”; forse un terzo sarcofago usurpato, forse un cartonnage sulla mummia del Faraone.
Invece no.


Aperto il sarcofago si presentò agli occhi un capolavoro assoluto dell’arte funeraria egizia, di un valore inestimabile: una bara in argento massiccio ed oro, creata appositamente per Psusennes.
In realtà non è argento puro ma una lega composta prevalentemente da argento, con oro e rame. Un valore inimmaginabile al tempo, dal momento che l’Egitto non aveva miniere d’argento e doveva importarlo.
Il Faraone è rappresentato come Osiride, con le mani sul petto che impugnano il flagello ed il pastorale. I tratti del viso sono idealizzati e ricordano i ritratti reali del periodo Ramesside. Una fascia d’oro circonda la fronte (ricordate quella sulla mummia di Tutankhamon?), ornata da un ureo in oro massiccio. Gli occhi sono intarsiati con pasta di vetro colorata e delineati in nero.
Il re indossa il “nemes” e la barba cerimoniale, di cui si vedono chiaramente i lacci che la fissavano alla testa realizzati in rilievo.

Al collo è raffigurato un ampio collare inciso nell’argento, che termina con fiori di loto rivolti verso l’alto.

Tre uccelli con le ali spiegate sono raffigurati sul petto e sullo stomaco; le loro ali si estendono fino alla vasca della bara. I tre uccelli – rispettivamente con una testa di avvoltoio, di ariete e di falco – stringono tra gli artigli gli usuali anelli “shen” (potere).

In due righe di iscrizioni che scendono fino ai piedi, il re fa un’invocazione a Nut molto simile a quelle trovate sui sacrari di Tutankhamon, ripetuta due volte:
“Parole dette dall’Osiride, il Signore delle Due Terre Aakheperre Psusennes: Oh madre Nut, stendi le tue ali su di me e fai che io sia imperituro come le stelle eterne”

Lo schema di Montet delle iscrizioni sulla bara d’argento. Si vede bene la triade di uccelli con le ali distese; sul piede Iside e Nephti
Il resto della bara è decorato con un motivo rishi, una decorazione caduta in disuso alla fine della XVIII Dinastia ma tornata in auge nella XXI. Infine, ai piedi del coperchio sono raffigurate le dee Iside e Nephti. Nut è invece rappresentata in piedi sul dorso della vasca della bara.

La vasca andò completamente in pezzi nell’estrazione dal sarcofago in granito nero e richiese un lunghissimo lavoro di restauro al Museo Egizio del Cairo
Argento, “le ossa degli dèi”.

FONTI:
- Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):
- Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
- Pierre Montet, Les constructions et le tombeau d’Osorkon II à Tanis (1947)
- Nozomu Kawai, Royal Tombs Of The Third Intermediate And Late Periods: Some Considerations (1998)
- Foto: Aidan McRae Thomson, Hans Ollermann, Merja Attia, Meretseger Books
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