Antico Regno, C'era una volta l'Egitto

GRADINI VERSO L’ETERNITA’

Di Piero Cargnino

Con la III dinastia si va instaurando un periodo di sviluppo economico, politico e culturale dell’antico Egitto che gli storici moderni hanno denominato “Antico Regno”.

Come abbiamo detto nei precedenti articoli la maggior parte degli studiosi è del parere che nel faraone Netierikhet (Djoser) si debba individuare il capostipite della III dinastia.

L’architettura monumentale che troviamo sotto il regno di Djoser ci da un’idea dell’enorme balzo in avanti, compiuto dagli egizi, nell’economia, nello sviluppo della produttività agricola, in quella manifatturiera e, soprattutto, nell’edilizia. Notiamo anche uno sviluppo di numerose altre scienze quali: la letteratura, l’astronomia, la matematica, la topografia e l’amministrazione statale.

L’importanza che assunse il faraone Djoser fu tale che, come già accennato in precedenza, in epoca tolemaica i sacerdoti del dio Khnum ad Elefantina, fecero erigere la famosa “Stele della carestia”, retrodatandola al regno di Djoser, per conferire maggiore importanza al faraone che, in quella tragica situazione, fece restaurare il tempio del dio Khnum e decretò che si ricominciasse a fare regolari offerte al dio donando ai sacerdoti del tempio la regione compresa tra Assuan e Takompso con tutte le sue ricchezze.

Forte dei progressi che si verificarono durante il suo regno, con l’intento di dimostrare la sua grandezza, Djoser non si accontentò di una semplice mastaba come tomba ma volle qualcosa di molto più grandioso. Chiamò il suo fedele architetto affidandogli il compito di edificare un complesso che potesse incutere ammirazione e timore nel visitatore, straniero e non.

Forse Imhotep illustrò al suo signore le costruzioni che venivano create in Mesopotamia, le ziqqurat, veri e propri trampolini verso il cielo, le cui dimensioni gigantesche avevano lo scopo di essere osservate dal  cielo e quindi dagli dei.

E’ parere di molti che Imhotep non pensasse ad una piramide vera, cioè ad un solido geometrico che forse lui non conosceva neppure, ma, come per le ziqqurat, pensò di costruire per il suo signore una salita verso il cielo, “Gradini verso l’eternità”.

I risultati della sua immensa opera sono ancora visibili oggi, poco meno di cinque mila anni dopo. E tali furono per i successivi faraoni della III dinastia; per assistere al primo tentativo di costruire una piramide vera, con le facce piane, dobbiamo arrivare alla “piramide romboidale” del faraone Snefru, primo re della IV dinastia, quasi due secoli dopo.

Ma come abbiamo detto dopo Djoser altre “piramidi” a gradoni vennero costruite, o almeno tentato di costruire. Tentato, certo, non tutti gli architetti erano al livello di Imhotep e soprattutto le costruzioni in pietra non erano ancora alla portata di tutti.

Lo stesso Imhotep che costruirà (o tenterà di costruire) la piramide del successore di Djoser Sekhemkhet, come vedremo in seguito, non giungerà alla fine. Seguono altre “piramidi” dalle quali si può dedurre che i tentativi di costruire opere in pietra, più duratura, non avevano ancora raggiunto un livello accettabile. Si scoprono costruzioni delle quali non si sa se vennero ultimate o meno dove la pietra tagliata è stata usata ma i resti del completamento, se mai è stata ultimata, sono stati eseguiti con mattoni di fango. Sarà poi Uni, ultimo faraone della III dinastia ad intraprendere la costruzione di quella che forse sarebbe diventata una vera piramide anche se il suo completamento, secondo gli egittologi, sarebbe da attribuire a Snefu..

A Maidun è possibile vedere una torre a gradoni, in tutto simile ad una ziqqurat, in pietra circondata da un ammasso di macerie, che forse costituivano il rivestimento. Per un’oscura ragione che non conosciamo, quello che pare fosse il rivestimento non ha resistito, o in fase di costruzione o successivamente ed è crollato. Passeremo ora ad esaminare, per quanto ci è possibile, tutte queste cosiddette “piramidi minori” prima di arrivare alla IV dinastia.

Fonti e Bibliografia:

  • Miroslav Verner, “Il mistero delle Piramidi”, Newton & Compton Ed., 2007
  • Pascal Bargent, “La stéle de la famine á Séhel”. Institut français d´archaéologie orientale, Cairo, 1953
  • Enrica Leospo, “Saqqara e Giza”, De Agostini, Novara, 1982
  • Corinna Rossi, “Piramidi”, Ed. Whitestar, 2005
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Einaudi, Torino, 1961 Jaromir Màlek, “Egitto. 4000 anni di arte”, Phaidon, 2003

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