Di Andrea Petta e Franca Napoli
Prima di addentrarci nella medicina egizia vera e propria, è doveroso fare degli accenni alle condizioni di vita degli Antichi Egizi, visto che ovviamente influenzarono la loro salute nel bene e nel male.
La Terra di Kemet, quella sottile striscia verde ai lati del Nilo circondata dal deserto, è stata densamente abitata in tutto il periodo dinastico. Si stima che la massima popolazione sia stata di circa 2,5 milioni di persone sotto Ramses II, la maggior parte contadini non proprietari, dipendenti per la loro sopravvivenza dalle piene del Nilo.
Da una parte c’erano ovviamente le tenute agricole lungo le sponde del Nilo, in cui il proprietario viveva in masserie non lontane da quelle dell’inizio del secolo scorso, e dall’altra la vita nelle città, in cui lo spazio era poco e bisognava sfruttarlo al meglio
LE CASE EGIZIE
L’abitazione ordinaria più comune nel primo Egitto predinastico era la capanna rotonda costruita con pali, canne e fango. Progressivamente questa forma fu sostituita da quella quadrata, che consentiva di gestire meglio lo spazio, soprattutto nelle zone più densamente abitate. I materiali cambiarono inoltre nel tempo, introducendo i mattoni di fango essiccati al sole che costituivano un mezzo di costruzione più stabile e duraturo, a bassissimo costo. Lo svantaggio di questo materiale è la sua relativa fragilità, ragion per cui pochissime abitazioni “originali” sono pervenute fino a noi. C’è anche da tener conto che spesso si ricostruiva più e più volte sullo stesso luogo, rendendo molto difficile capire la “cronologia” abitativa delle città. Per questo motivo i luoghi ove non si è più costruito (i villaggi degli artigiani e Akhetaton) sono state le fonti più preziose di informazioni sulle abitazioni egizie.


Anche i modellini di case o di ambienti specifici sepolti con i loro proprietari ci danno un’idea delle abitazioni “normali”, rivelandoci che spesso il giardino era la zona della casa di cui gli egizi che potevano permetterselo erano più fieri – probabilmente denotando immediatamente il loro status sociale.
Da notare che nell’Antico Egitto non esisteva la “piazza” a cui siamo abituati nell’urbanistica europea; la funzione di zona sociale ed aggregante era svolta in genere dal cortile dei templi.
La maggiore concentrazione di persone avveniva durante la costruzione delle opere statali, quali i monumenti funerari, in occasione delle piene del Nilo, durante le quali non si poteva lavorare la terra. Abbiamo tracce di abitazioni progettate per almeno 4,000 persone vicino alla piramide di Chefren a Giza (anche se si immagina che la piana accogliesse fino a 100,000 persone contemporaneamente).
Il villaggio degli artigiani che lavoravano nella Valle dei Re a Deir-el-Medina, attivo per almeno 450 anni ci mostra un esempio di tali agglomerati. Le case degli operai erano in mattoni di fango; quelle dei sovrintendenti e dei funzionari avevano le basi delle pareti in pietra. Le abitazioni più grandi avevano una zona di soggiorno separata dalle stanze da letto e dalla cucina.


Spesso il tetto, piatto, sostenuto da una o più colonne ed a cui si accedeva tramite una scala esterna, veniva adibito a zona di relax coprendolo con una tenda o un pergolato.

Il villaggio degli artigiani ad Akhetaton aggiunse un laboratorio all’esterno, probabilmente per la lontananza dagli altri centri abitati e la necessità di produrre tutto “in loco”.


Una stanza era dedicata alla possibilità di lavarsi; canali di drenaggio in pietra correvano lungo le strade.
Gli operai e le persone meno specializzate avevano di solito abitazioni con uno o due ambienti al massimo, e spesso i loro occupanti dormivano all’aperto utilizzando l’abitazione come deposito. In ogni caso veniva suggerito di mantenere la massima pulizia all’interno delle case. Ovviamente le persone più abbienti potevano permettersi abitazioni più ampie, spesso su due piani, quasi sempre con un giardino ed una piscina interna.

Le porte erano in legno e si aprivano direttamente sulla strada. Le finestre erano piccole e poste in alto, per permettere di far uscire l’aria più calda. Erano chiuse solo da persiane in legno o da tende.
Il bestiame, inizialmente tenuto all’interno del villaggio, fu successivamente spostato in recinti all’esterno, presumibilmente per migliorare le condizioni igieniche.

Soprattutto i “cantieri statali” ci offrono preziose informazioni sugli interventi medici dell’epoca: come vedremo in dettaglio esisteva un responsabile medico per gli artigiani ed uno per i servi; si teneva conto delle assenze e delle rispettive cause. Sappiamo quindi che un certo Nebnefer era malato perché punto da uno scorpione e che un poveretto di nome Tementu era stato picchiato dalla moglie tanto da non poter lavorare…

In caso di “infortunio sul lavoro” lo Stato si prendeva cura delle spese delle cure e del mantenimento della famiglia dell’operaio fino a quando non poteva rientrare al lavoro. In caso di incapacità permanete al lavoro esisteva una sorta di “pensione di invalidità”.

Pianta di un’abitazione nobile di Akhetaton. Anche qui manca il concetto di “piazza” o “cortile”: l’edificio principale è al centro ed intorno ad esso si snodano il giardino, le abitazioni del personale e gli edifici di servizio, circondati da un muro in mattoni.
Questo non vuol dire che non esistessero la povertà e la fame, ma lo stato sociale dell’Antico Egitto era sicuramente molto più avanzato di come avremmo potuto immaginarlo.