Harem Faraonico

IL “PALAZZO DI NEFERTITI”

Di Luisa Bovitutti

Il Palazzo Nord è chiamato dagli odierni abitanti del luogo “palazzo di Nefertiti”, perché probabilmente ospitò la celebre regina o forse Kiya, un’altra moglie di Akhenaton che rivestì un ruolo di preminenza nella prima parte del regno di costui. Forse qui crebbe Tutankhamon, quando ancora si chiamava Tutankhaton, e molte iscrizioni trovate in loco provano con certezza che vi abitò Meritaton, figlia maggiore ed erede del sovrano.

La ricostruzione del Palazzo Nord
La pianta de Palazzo Nord

Alcuni studiosi ritengono che il Faraone lo utilizzasse come “buen retiro”, in quanto era stato dotato di svariati giardini e di una specie di zoo che raccoglieva varie specie di quadrupedi e di uccelli, che lo rendevano un ambiente particolarmente rilassante; altri pensano che fosse una riserva dove venivano conservati vari esemplari di vita animale come simbolo del potere di Aten, dio creatore.

Esso fu scavato nel 1923 e 1924, ed a far tempo dagli anni novanta del secolo scorso i lavori ripresero ed ancora oggi vengono eseguite opere di consolidamento e di ricostruzione che hanno reso chiaramente visibile la pianta della struttura.

Il Palazzo era una residenza indipendente costruita lungo tre lati di un vasto recinto rettangolare che misurava 112 per 142 metri; al centro del lato corto ad ovest (a sinistra nelle immagini) si apriva una porta affacciata sul Nilo che dava ingresso al cosiddetto “primo cortile”, delimitato sul lato opposto da un muro nel quale si aprivano un ingresso monumentale al cortile principale, due ingressi più stretti e, forse, una finestra delle apparizioni.

Un frammento della decorazione parietale, da Amarna.

Sul lato nord del cortile (a sinistra dell’ingresso) si trovava un’area scoperta nella quale sorgevano tre piattaforme a gradini in pietra su base in gesso; quella centrale e più grande era affiancata da due file di quattro tavole delle offerte. I lati est e ovest di quest’area erano occupati ciascuno da una fila di camere parallele, forse magazzini di stoccaggio.

Sul lato sud dell’edificio (a destra dell’ingresso) si trovava uno spazio più ristretto circondato da edifici in laterizio dotati di peristilio, forse dei magazzini.

Un frammento di intarsio vitreo da Amarna

Davanti al muro che divideva i due cortili erano collocate delle statue, il cui basamento sopravvive ancora oggi.

La corte interna principale è caratterizzata da un ampio avallamento rettangolare a livello del suolo, con una fila di fosse d’albero sul lato nord (riconoscibili perché gli egizi erano soliti piantare alberi in fossa che riempivano di terra fertile, molto più scura).

Gli scavi ad oggi hanno raggiunto la profondità di otto metri sotto l’attuale livello del suolo, circostanza che ha indotto gli archeologi ad ipotizzare che più che un lago o un giardino sommerso, la depressione fosse un pozzo profondo e grande che alimentava d’acqua il giardino sommerso che si trovava nell’angolo nord-est del palazzo, al quale era collegato tramite un condotto calcareo sepolto.

L’aspetto attuale delle rovine del giardino sommerso nel Palazzo Nord

Sulla sinistra della corte centrale sorgevano tre unità immobiliari simili, decorate con rilievi che raffiguravano bovini, stambecchi ed antilopi e fronteggiate da un portico comune ipostilo.

Esse erano destinate allo stallo di differenti specie di animali ed erano costituite da uno spazio aperto al quale si accedeva dal portico e da un ambiente coperto il cui tetto era sostenuto da pilastri quadrati in mattoni; il più esterno dei tre ambienti aveva anche due serie di mangiatoie rettangolari in pietra calcarea accanto alle quali si trovavano delle pietre da pastoia alle quali legare i quadrupedi.

Un frammento di una piastrella decorata proveniente dallo “zoo”, oggi al Louvre

Gli ambienti posti di fronte allo zoo, dall’altro lato del cortile, erano occupati da quelli che sembrano edifici di servizio: case, probabilmente una panetteria e fornaci dove forse si producevano gioielli in maiolica.

Gli appartamenti reali sorgevano oltre il secondo cortile; vi si accedeva da un’apertura sul muro posteriore del cortile che conduceva ad una sala ipostila e poi ad una minuscola sala del trono.

Attraverso questa sala si entrava anche in un grande salone a più colonne, elemento centrale del palazzo; davanti ad essa c’era una terrazza in pietra che sosteneva un baldacchino su colonne di pietra che si affacciava sul cortile, raggiungibile tramite una scala o una rampa.

Un frammento di decorazione parietale da Amarna

A destra della sala del trono c’erano i locali privati dell’occupante del palazzo: la camera da letto principale ed il bagno ad essa annesso; altri spazi erano occupati da magazzini e forse da alloggi per inservienti.

A sinistra della sala del trono c’era un cortile con un giardino sprofondato nel terreno che occupava tutto l’angolo nord-est dell’edificio, attorno al quale sorgevano molteplici stanze tutte uguali, dotate di una finestra che si affacciava sul giardino e che si ipotizza potessero essere destinate ad ospitare uccelli.

La sala centrale, detta la ‘Camera Verde’, era affrescata con un fregio continuo raffigurante la vita naturale delle paludi; nel quale erano scavate delle nicchie che, forse, ospitavano dei nidi.

Un frammento della decorazione della Camera verde, che mostra un ambiente palustre ed un uccello che si sta tuffando sulla preda (ricostruzione di Nina de Garis Davies, oggi al MET di New York)
Un frammento della decorazione parietale raffigurante pesci

La corrispondente sezione dell’angolo opposto era occupata da una corte dotata di portico laterale sul quale si affacciavano cinque magazzini e sul retro un ampio vano coperto sorretto da pilastri in laterizio. Durante la vita dell’edificio i magazzini furono trasformati in abitazioni e l’androne a pilastri venne suddiviso da pareti divisorie.

La camera verde così come è stata ricostruita oggi.

La decorazione di questa struttura era uniforme: sopra una fascia di riquadri neri e blu si alternavano bande blu e rosse, separate da una sottile striscia bianca e sormontate da un fregio di uccelli kheker; la parte di parete superiore, di colore giallo, recava figure di uomini e animali, soprattutto uccelli e pesci. I soffitti erano, a quanto sembra, dipinti con un pergolato di vite. Anche i pavimenti erano decorati con scene della natura.

Nella parte posteriore del palazzo furono ricavate diverse scale, e ciò induce a ritenere che l’edificio avesse più piani.

FONTI:

E' un male contro cui lotterò

I SERVIZI IGIENICI

Di Andrea Petta e Franca Napoli

Abbiamo visto come le principali fonti di informazioni sulle abitazioni egizie ci vengono fornite dai villaggi degli artigiani che non sono più stati “sepolti” dalle generazioni successive.

Nessuno di questi villaggi aveva dei pozzi: l’acqua era portata con dei contenitori dal Nilo e furono costruite delle cisterne comuni.

La zona per lavarsi con lo scarico delle acque reflue in una ricostruzione di James Dunn

La pulizia personale era considerata di importanza basilare e sia ricchi che poveri cercavano di lavarsi il più spesso possibile. Spesso una stanza della casa era adibita proprio a questa funzione, con un pavimento in pietra liscio e leggermente inclinato per far defluire l’acqua.

Non si conosceva il sapone, ma un surrogato formato da calcite, natron, sale e miele veniva usato come una sorta di scrub. Le donne cercavano di mantenere la pelle morbida con unguenti ed olii aromatici.

Famosi sono i coni di grasso animale impregnati di profumi che venivano collocati sulle parrucche dei più facoltosi durante i banchetti o altre cerimonie e che, sciogliendosi, liberavano le loro essenze.

Coni profumati sulle teste di giovani donne, tomba di Nebamun

Venivano utilizzati anche deodoranti, che secondo gli scritti pervenuti fino a noi, erano creati con la polpa di carruba o con incenso.

Sia uomini che donne si radevano il corpo per motivi igienici (i parassiti erano estremamente frequenti); gli uomini si radevano spesso anche la testa. Un’eccezione era composta dai pastori, spesso raffigurati con lunghe barbe.

Non ci sono evidenze di malattie veneree, anche se la prostituzione era presente come in tutta la storia umana.

All’interno delle case, vicino alla camera da letto che costituiva la stanza più riservata della casa e spesso posizionata nella zona sud-ovest, una o più stanze fungevano da bagno, latrina e ripostiglio.

Il “bagno” era dotato di un pavimento in lastre di pietra leggermente inclinato, con le pareti rivestite fino a una certa altezza (circa mezzo metro) con lastre di pietra grezza per proteggere dall’umidità e dagli schizzi.

Il drenaggio delle acque reflue veniva fornito posizionando un catino sotto uno scarico che raccoglieva l’acqua veicolata dall’inclinazione del pavimento, o talvolta tramite canali di drenaggio che attraversavano il muro esterno irrigando l’eventuale giardino intorno alla casa o scaricando direttamente nella sabbia del deserto. In mancanza di un sistema di acqua corrente, si immagina che l’acqua venisse versata da un inserviente posizionato dietro un basso muretto che separava la “zona doccia” dalla latrina.

I bisogni corporali venivano “espletati” normalmente su sedili di mattoni o di legno sotto i quali veniva posta una sorta di pitale oblungo riempito di sabbia o un vaso in terracotta chiudibile con un coperchio.

L’aspetto delle latrine egizie, con lo spazio per un vaso al di sotto della seduta

Le case più raffinate potevano avere sedili per i bisogni in pietra o ceramica, posti su grandi contenitori, sempre con della sabbia.

Uno dei primi sedili pervenuti fino a noi
Sedile in pietra calcarea, periodo di Amarna
E qui siamo al Museo Egizio di Torino, nella zona dedicata alla tomba di Kha e Merit: a destra la scatola dei cosmetici di Merit, e a sinistra il sedile per i bisogni della coppia
Una riproduzione moderna del sedile di Kha e Merit

I rifiuti venivano regolarmente portati in discariche all’esterno dei villaggi.

Ogni aspetto della vita quotidiana doveva avvicinarsi alla “Ma’at”, mantenendo un decoro ed un ordine che ebbero effetti positivi sulla salute degli Antichi Egizi.

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LE ABITAZIONI

Di Andrea Petta e Franca Napoli

Prima di addentrarci nella medicina egizia vera e propria, è doveroso fare degli accenni alle condizioni di vita degli Antichi Egizi, visto che ovviamente influenzarono la loro salute nel bene e nel male.

La Terra di Kemet, quella sottile striscia verde ai lati del Nilo circondata dal deserto, è stata densamente abitata in tutto il periodo dinastico. Si stima che la massima popolazione sia stata di circa 2,5 milioni di persone sotto Ramses II, la maggior parte contadini non proprietari, dipendenti per la loro sopravvivenza dalle piene del Nilo.

Da una parte c’erano ovviamente le tenute agricole lungo le sponde del Nilo, in cui il proprietario viveva in masserie non lontane da quelle dell’inizio del secolo scorso, e dall’altra la vita nelle città, in cui lo spazio era poco e bisognava sfruttarlo al meglio

LE CASE EGIZIE

L’abitazione ordinaria più comune nel primo Egitto predinastico era la capanna rotonda costruita con pali, canne e fango. Progressivamente questa forma fu sostituita da quella quadrata, che consentiva di gestire meglio lo spazio, soprattutto nelle zone più densamente abitate. I materiali cambiarono inoltre nel tempo, introducendo i mattoni di fango essiccati al sole che costituivano un mezzo di costruzione più stabile e duraturo, a bassissimo costo. Lo svantaggio di questo materiale è la sua relativa fragilità, ragion per cui pochissime abitazioni “originali” sono pervenute fino a noi. C’è anche da tener conto che spesso si ricostruiva più e più volte sullo stesso luogo, rendendo molto difficile capire la “cronologia” abitativa delle città. Per questo motivo i luoghi ove non si è più costruito (i villaggi degli artigiani e Akhetaton) sono state le fonti più preziose di informazioni sulle abitazioni egizie.

Il villaggio degli artigiani di Deir el Medina presso la Valle dei Re (Foto Stig Alenas)
Deir el Medina (ricostruzione di Jean Claude Golvin)

Anche i modellini di case o di ambienti specifici sepolti con i loro proprietari ci danno un’idea delle abitazioni “normali”, rivelandoci che spesso il giardino era la zona della casa di cui gli egizi che potevano permetterselo erano più fieri – probabilmente denotando immediatamente il loro status sociale.

Da notare che nell’Antico Egitto non esisteva la “piazza” a cui siamo abituati nell’urbanistica europea; la funzione di zona sociale ed aggregante era svolta in genere dal cortile dei templi.

La maggiore concentrazione di persone avveniva durante la costruzione delle opere statali, quali i monumenti funerari, in occasione delle piene del Nilo, durante le quali non si poteva lavorare la terra. Abbiamo tracce di abitazioni progettate per almeno 4,000 persone vicino alla piramide di Chefren a Giza (anche se si immagina che la piana accogliesse fino a 100,000 persone contemporaneamente).

Il villaggio degli artigiani che lavoravano nella Valle dei Re a Deir-el-Medina, attivo per almeno 450 anni ci mostra un esempio di tali agglomerati. Le case degli operai erano in mattoni di fango; quelle dei sovrintendenti e dei funzionari avevano le basi delle pareti in pietra. Le abitazioni più grandi avevano una zona di soggiorno separata dalle stanze da letto e dalla cucina.

A Deir el Medina si possono ancora riconoscere i vari ambienti in cui era divisa l’abitazione tipica degli artigiani; in alcuni casi è sopravvissuta anche la scala che portava al tetto della casa
Resti di una casa popolare ad Akhetaton

Spesso il tetto, piatto, sostenuto da una o più colonne ed a cui si accedeva tramite una scala esterna, veniva adibito a zona di relax coprendolo con una tenda o un pergolato.

Ricostruzione di una casa egizia con il terrazzo adibito a zona di relax

Il villaggio degli artigiani ad Akhetaton aggiunse un laboratorio all’esterno, probabilmente per la lontananza dagli altri centri abitati e la necessità di produrre tutto “in loco”.

La pianta del villaggio degli artigiani di Akhetaton mostra 72 abitazioni tutte uguali + due più grandi (angoli in basso) per i supervisori. Si nota l’assenza di qualsiasi piazza.
La ricostruzione del villaggio degli artigiani di Akhetaton di Jean Claude Golvin

Una stanza era dedicata alla possibilità di lavarsi; canali di drenaggio in pietra correvano lungo le strade.

Gli operai e le persone meno specializzate avevano di solito abitazioni con uno o due ambienti al massimo, e spesso i loro occupanti dormivano all’aperto utilizzando l’abitazione come deposito. In ogni caso veniva suggerito di mantenere la massima pulizia all’interno delle case. Ovviamente le persone più abbienti potevano permettersi abitazioni più ampie, spesso su due piani, quasi sempre con un giardino ed una piscina interna.

Gli ambienti di una casa egizia: da sinistra l’ingresso con un piccolo altare (di solito anch’esso costruito con mattoni di fango), una stanza di soggiorno, una stanza di disimpegno che poteva essere utilizzata anche per lavarsi o adibita a dispensa e la cucina, collegata ad una cantina e con la scala per salire sul tetto (disegno Marion Cox)

Le porte erano in legno e si aprivano direttamente sulla strada. Le finestre erano piccole e poste in alto, per permettere di far uscire l’aria più calda. Erano chiuse solo da persiane in legno o da tende.

Il bestiame, inizialmente tenuto all’interno del villaggio, fu successivamente spostato in recinti all’esterno, presumibilmente per migliorare le condizioni igieniche.

Ricoveri per gli animali all’esterno del villaggio degli artigiani di Akhetaton

Soprattutto i “cantieri statali” ci offrono preziose informazioni sugli interventi medici dell’epoca: come vedremo in dettaglio esisteva un responsabile medico per gli artigiani ed uno per i servi; si teneva conto delle assenze e delle rispettive cause. Sappiamo quindi che un certo Nebnefer era malato perché punto da uno scorpione e che un poveretto di nome Tementu era stato picchiato dalla moglie tanto da non poter lavorare…

Una delle case più famose d’Egitto: l’abitazione/laboratorio dello scultore Thutmosi, autore del busto di Nefertiti (ricostruzione Dominic Perry)

In caso di “infortunio sul lavoro” lo Stato si prendeva cura delle spese delle cure e del mantenimento della famiglia dell’operaio fino a quando non poteva rientrare al lavoro. In caso di incapacità permanete al lavoro esisteva una sorta di “pensione di invalidità”.

Pianta di un’abitazione nobile di Akhetaton. Anche qui manca il concetto di “piazza” o “cortile”: l’edificio principale è al centro ed intorno ad esso si snodano il giardino, le abitazioni del personale e gli edifici di servizio, circondati da un muro in mattoni.

Questo non vuol dire che non esistessero la povertà e la fame, ma lo stato sociale dell’Antico Egitto era sicuramente molto più avanzato di come avremmo potuto immaginarlo.

Harem Faraonico

AMARNA: L’HAREM

Di Luisa Bovitutti

La nuova capitale voluta da Akhenaton venne chiamata Akhet-Aton (che significava Orizzonte di Aton, oggi Amarna) ed era stata costruita su di un’area desertica e pianeggiante che non era mai stata sede di precedenti culti; circondata da un lato da un anfiteatro roccioso lungo quindici chilometri e dal lato opposto da terre coltivabili, venne eretta molto rapidamente, usando soprattutto mattoni di fango essiccati al sole e poi intonacati di bianco.

Ricostruzione del palazzo reale di Amarna realizzata dall’archeologo Jean-Claude Golvin: l’harem occupava tutto il lato sinistro della costruzione e ad esso si accedeva tramite l’ingresso verso il quale si sta dirigendo la fila di persone

Nell’arco di un ventennio giunse ad ospitare tra i ventimila ed i cinquantamila abitanti, ma alla morte di Akhenaton fu abbandonata, i materiali lapidei vennero asportati lasciando solo i mattoni ed andò rapidamente in rovina; attualmente sono in corso lavori di scavo, interpretazione e ricostruzione delle rovine sotto la direzione del dott. Barry Kemp dell’EES (Egypt Exploration Society).

La città era divisa in quartieri che si estendevano attorno ad un nucleo abitativo centrale nel quale sorgevano il Palazzo Reale, il Grande Tempio chiamato Per-Aten e vari edifici amministrativi tra i quali l’archivio reale, dove furono rinvenute le famose Lettere di Amarna; gran parte della zona ad ovest fu sepolta sotto le moderne coltivazioni, mentre si sono conservate molte strutture dell’area est.

Dipinto parietale proveniente dal Palazzo del re (che è un edificio indipendente dal palazzo reale), oggi all’Ashmolean museum

Sulla base delle rovine riportate alla luce e di alcuni rilievi tombali è stato possibile ricostruire la pianta generale del sito ed individuare l’area dell’harem, che occupava un ampio quartiere del complesso palaziale, il quale si estendeva in lunghezza per almeno 580 metri ed occupava la striscia di terra posta tra il lato ovest della strada reale ed il Nilo.

Una scena nella tomba amarniana di May (TA14), molto danneggiata ma fortunatamente ricostruita, mostra l’aspetto che doveva avere l’ingresso monumentale del palazzo, oggi sepolto sotto le moderne coltivazioni: esso si affacciava sulla riva del Nilo ed era caratterizzato da un elegante colonnato che correva lungo tutto il lato dell’edificio, nel quale si apriva la porta coronata da urei.

Rilievo parietale dalla tomba di May: sullo sfondo si nota il colonnato della facciata del palazzo reale.

Gli appartamenti di stato occupavano la parte occidentale del palazzo ed erano stati costruiti in pietra; essi comprendevano un cortile di circa 160 mq., adornato lungo i lati est ed ovest con una fila di statue un granito del re e di Nefertiti, che conduceva a una serie di corti e saloni, e, forse, ad una Finestra delle Apparizioni.

Un talatat sul quale è raffigurata la finestra delle apparizioni del palazzo reale

La parte orientale invece era stata realizzata in gran parte in laterizio; si trattava di un quartiere largo circa 35 metri suddiviso in una serie di singoli edifici che si affacciavano sulla strada reale a est e sul citato cortile a ovest; in esso avevano sede l’harem e dei magazzini.

Pavimento dipinto proveniente dal palazzo reale di Amarna

Una porta monumentale posta nella parete est del recinto del palazzo permetteva di raggiungere il cortile che divideva l’edificio dell’harem in due costruzioni distinte non del tutto simmetriche; oltrepassato questo cortile si accedeva al Ponte che collegava il Grande Palazzo alla Casa del Re, posta ancora più a est.

Il cosiddetto “harem settentrionale” comprendeva un giardino sommerso fiancheggiato su ogni lato da una fila di piccole camere, forse magazzini o alloggi per la servitù, e da un’area colonnata a sud che includeva un portico rivolto sul giardino; i pavimenti di questa zona erano ricoperti di intonaco di gesso sul quale erano dipinte a colori vivaci vasche con pesci e fiori e figure di prigionieri asiatici ed africani legati.

Decorazioni provenienti da Amarna

Oltrepassato il portico, si faceva ingresso in un ampio salone a due ordini di colonne ed a pianta quadrata, che comunicava a sud-est con un grande vano con dodici colonne intarsiate di maiolica; anche in queste stanze la pavimentazione era dipinta con immagini di prigionieri e di uccelli palustri.

Le dame di corte abitavano probabilmente nelle stanze che fiancheggiavano la sala principale; ognuna di esse aveva pianta quadrata con una colonna centrale, e comunicavano con due piccole stanze adiacenti a sud.

Decorazioni provenienti da Amarna

La parte meridionale era costituita da un gruppo di stanzette dal pavimento dipinto che immettevano in un portico aperto affacciato su un giardino sul lato est; i locali più a nord erano destinati come abitazioni per la servitù e magazzini.

Nella tomba di Ay ad Amarna (che non fu mai utilizzata in quanto divenne Faraone dopo Tutankhamon e si fece scavare una nuova tomba nella valle dei Re), vi è un interessantissimo rilievo parietale che raffigura in modo dettagliato una parte del palazzo reale ed i quartieri dell’harem; l’immagine è incompleta perché il muro non è stato finito.

Raffigurazione delle stanze delle donne, dalla tomba di Ay

L’unica sezione completata dell’immagine si trova sull’architrave sopra l’ingresso e rappresenta due edifici speculari e indipendenti separati da uno spazio con quattro alberi, che potrebbero rappresentare un giardino oppure i sicomori sacri

Ai lati ci sono due edifici autonomi: uno è costituito da un magazzino e da una dispensa, nella quale i servi stanno mangiando e preparando cibo; l’altro, più grande, è composto da due parti comprendenti una stanza con una colonna e due piccole camere e pare essere l’harem in quanto è abitato da sole donne e ha delle guardie fuori dalle porte.

Frammento di pavimento dipinto proveniente da Amarna

Le donne sono egizie e straniere, riconoscibili dalle trecce, abitualmente portate dalle ittite e dalle siriane, rappresentate mentre suonano vari strumenti musicali e ballano; una di loro sta mangiando mentre un’altra sta pettinando una compagna.

FONTI AGGIUNTIVE