Di Piero Cargnino
A Cheope avrebbe dovuto succedergli il primogenito Kawab figlio della regina Meritites I. Kawab sposò la propria sorella Hetepheres II ed i loro figli furono Duaenhor, Kaemsekhem e Mindjedef oltre alla futura regina Meresankh III. Ebbe modo di assumere i titoli di: “Officiante di Anubi, Sacerdote di Selkis, Figlio del Corpo del Re, Primogenito del Corpo del Re, Principe ereditario, “Conte”, Unico compagno d’amore, Visir”.
Come si può vedere non si fece mancare nulla; purtroppo per lui però non ebbe modo di goderne a lungo perché premorì al padre e fu sepolto in una grande mastaba doppia nella parte est della necropoli di Giza, si tratta della n. G7110 che appartiene alla moglie mentre lui si trovava nella n. G7120 dove in un rilievo sulla porta Kawab compare in piedi davanti a sua madre, sotto la scritta in geroglifico: << zȝ.s mr.s kȝ-wˤb, zȝt nṯr.s ḫrp jmȝt sšmt mrt-jt.s mwt.f mst n ḫwfw >> (“Suo figlio, il suo amato, Ka-wab, la figlia del suo dio, colei che è al comando degli affari del jmAt, Meritites, sua madre, che lo partorì a Khuf.”).
Il complesso delle due mastabe presenta quattro pozzi come parte integrante delle mastabe stesse. Il primo G7110A non è mai stato utilizzato. Il secondo G7110B, che in origine sarebbe stato previsto per Hetepheres II ma anche questo non fu mai utilizzato probabilmente perché alla morte di Kawab Hetepheres si risposò col di lui fratello Djedefre.
Il terzo pozzo G7120A conteneva la sepoltura di Kawab, sul posto è stato rinvenuto un sarcofago di granito rosso sul quale era iscritto il seguente testo ripartito in tre parti:
- << Un dono che il re dà e Anubi, primo della capanna divina, una sepoltura nella necropoli come possessore di uno stato ben fornito davanti al grande dio, officiante di Anubi, sacerdote di Selket, Kawab >>,
- << un dono che il re dà e Anubi, primo della capanna divina, una sepoltura nella necropoli nel cimitero occidentale, essendo invecchiato con grazia, il figlio del re del suo corpo, Kawab >>,
- << il figlio maggiore del re del suo corpo, officiante di Anubi, Kawab >>.

In linea di successione il trono spettò al secondogenito Djedefra, noto anche come Radjedef e Ratoises che regnò intorno al 2558 a.C. Come in ogni buona famiglia di regnanti nacquero dei dubbi che fosse stato lo stesso Djedefra a far assassinare il fratello (non si hanno notizie in proposito).

La durata del regno di Djedefra è controversa, il Papiro Regio di Torino gli attribuisce un regno di soli otto anni, ma sono stati trovati riferimenti al suo undicesimo censimento del bestiame, cosa che avveniva ogni due anni come sotto le dinastie precedenti, quindi il regno di Djedefra sarebbe durato almeno 22 anni, (11 nell’improbabile eventualità che il censimento fosse diventato annuale).
Come abbiamo detto, primogenito di Cheope e di una moglie secondaria, sposò la sorellastra Hetepheres II, forse per rafforzare il proprio diritto al trono. A quanto risulta sarebbe stato il primo sovrano ad introdurre il titolo di “Sa Ra”, (figlio di Ra).

Anche Djedefra pensò di farsi costruire una piramide che volle chiamare “Il Firmamento di Djedefra” ma per la costruzione scelse un altro luogo, mi sa che per seguire la dinastia del faraone Cheope ci toccherà ora spostarci di circa otto chilometri a nord-est della piana per raggiungere il sito di Abu Rawash, da considerarsi un ampliamento della necropoli di Giza.

Non sono chiare le ragioni per cui giunse ad optare per questa scelta, secondo alcuni fu per sottolineare la propria indipendenza e per porre la propria tomba più in alto, vicino al Sole, che il faraone adorava in modo particolare.

Il suo intento era quello di superare in grandezza e maestosità quella di suo padre Cheope e per distinguersi ancor più scelse un altro luogo. Infatti non molti sanno che forse la più bella, la più alta e splendente di tutte, che le eclissava per dimensioni, maestosità e ricchezza non si trovava a Giza ma ad Abu Rawash.
Il primo ad identificarla e indagarla fu l’egittologo ed antropologo britannico John Shae Perring nel 1840, in seguito Lepsius la inserì al secondo posto della sua lista. Nel 1880 venne esaminata da Flinders Petrie ma un vero studio sistematico avvenne solo nel 1901 ad opera del francese Emile Gaston Chassinat in seguito al ritrovamento di diverse statue danneggiate ed una grande quantità di blocchi calcarei e di granito di Assuan presenti sul sito. Ricerche più approfondite vennero effettuate nel 1960 da Vito Maragioglio e Celeste Rinaldi. Stando al ritrovamento di sue statue spezzate, pare volontariamente, e di tentativi di abrasione del nome su alcuni monumenti, è stato ipotizzato che questo sovrano sia stato considerato un usurpatore e quindi condannato alla damnatio memoriae.

Chassinat ipotizzò che la sua piramide non fosse mai stata completata, o che addirittura fosse stata distrutta come segno di vendetta per l’uccisione del fratello Kwaf., ma tale affermazione viene contestata in quanto la piramide presenta un rivestimento in granito rosso, sienite, e quarzite rossa nei corsi inferiori, rivestimento che veniva eseguito solo a piramide ultimata. Tali supposizioni sembrerebbero inoltre smentite da alcuni graffiti presenti nelle fosse delle barche solari di Cheope che proverebbero che sia stato appunto Djedefra a celebrare i riti funebri per il sovrano scomparso, circostanza che sembrerebbe ipotizzare una successione regolare. Oggi la maggior parte degli archeologi, con in testa l’immancabile Zahi Hawass, affermano che non solo la piramide era stata completata, ma era addirittura la più alta di tutto il complesso di Giza e i materiali usati per edificarla erano di qualità più pregiata rispetto a quelli delle “sorelle”. In epoca romana sarebbe poi stata smantellata e la pietra riutilizzata per edificare altre opere al Cairo. Va detto inoltre che in seguito a studi più recenti, sono stati individuati pozzi e gallerie scavati da ladri di tombe, questo fa pensare che i ladri non avrebbero mai violato la piramide se questa non fosse stata finita e sigillata.
La piramide, grazie anche al fatto di essere edificata in cima ad una collina, sarebbe stata alta 154 metri, 7,62 in più della piramide di Cheope. Ognuna delle singole facce, alla base, misurava 122 metri e l’angolo di inclinazione era di 64 gradi, nonostante una variazione che impediva all’edificio di cadere. Fu usato granito rosso di Assuan, lo stesso utilizzato, in parte, per la piramide del padre Cheope, che arrivava da oltre 800 chilometri di distanza attraverso il Nilo. Secondo gli studiosi per edificare la piramide ci vollero otto anni di lavoro e oltre 15.000 persone (sarebbe interessante sapere su quali basi poggiano queste teorie). Ogni singolo masso pesava circa 25 tonnellate e si calcola che servissero 370 persone per sollevarlo. Nel complesso quindi sarebbe stata la più imponente piramide egizia mai costruita. Solidissima, enorme, destinata ad accogliere con tutti gli onori il faraone nel passaggio all’altra vita.
L’esterno manifestava tutta la maestosità del sovrano, la piramide era ricoperta da granito lucidato e da una lega di oro, argento e rame che al sole brillava, aumentando così l’impressione della grandezza e del potere del sovrano.


Nella parete nord c’è un residuo di un ingresso che conduce alla stanza in cui furono sepolti i morti. Durante gli scavi è stato riscontrato il ritrovamento di un frammento del sarcofago in granito rosa..


La camera funeraria è molto profonda e ampia. A far luce sul mistero della “quarta piramide di Giza”, come venne chiamata, è ora un gruppo di archeologi internazionali che da anni sta scavando minuziosamente ad Abu Rawash. rivelando particolari inediti anche sull’enigmatico faraone cui è dedicata. Le rovine della “Piramide Perduta” di Djedefra, ad Abu Rawash, (oggi sito militare ad accesso ristretto), non superano i dieci metri d’altezza; nel corso degli anni hanno dato origine a leggende e supposizioni, a partire dal suo stato considerato finora incompiuto.

Nel 1900 sono state trovate tre teste di pietra di quarzite del faraone e scavi più recenti hanno rivelato uno spazio vuoto per una barca. Oltre alla piramide di Djedefre, sono state trovate anche due piramidi più piccole, a sud-ovest della piramide quella della moglie di Djedefre, Chentatenka a sud-est di ignoto.
Fonti e bibliografia:
- Simpson, William Kelly, “The Mastabas of Kawab, Khafkhufu I e II”, Boston: Museum of Fine Arts, 1978
- Cimmino Franco, “Dizionario delle dinastie faraoniche”. Bompiani, Milano, 2003
- Gardiner Alan, “La civiltà egizia”, Oxford University Press, 1961 (Einaudi, Torino, 1997
- Grimal, Nicolas, “Storia dell’antico Egitto”, Editori Laterza, Bari 2008
- Mark Lehner, “The complete Pyramids”, Thames & Hudson, 1997
- Miroslav Verner, “Il mistero delle Piramidi”, Newton & Compton, 2002
- V. Maragioglio, C. Rinaldi, “Le piramidi di Zedefra e di Chefren”, English translation by A. E. Howell, Canessa, 1966
- Mario Tosi, “Dizionario enciclopedico delle divinità dell’antico Egitto”, Ananke, 2006
- Edda Bresciani, “Grande enciclopedia illustrata dell’antico Egitto”, De Agostini, 2005
- Guy Rachet, “Dizionario Larousse della civiltà egizia”, Gremese Editore, 1994 Zahi Hawass in un’intervista a Matteo Sacchi per “il Giornale”)